Nicola Colapinto

Nicola Colapinto

Nicola Colapinto, avvocato con specializzazione in diritto del lavoro, seguo le principali questioni giuslavoristiche e previdenziali per PensioniOggi.it. 

Si riaprono i termini per chiedere un piano di rate per i debiti con il fisco. Chi è decaduto fino a fine 2014 può fare la richiesta entro il 31 luglio.

Kamsin Disco verde alla riapertura dei termini per la rateizzazione delle cartelle di Equitalia. Lo prevede un emendamento contenuto nel decreto legge milleproroghe 2015 approvato ieri in prima lettura della Camera dei Deputati. In relazione anche al momento di particolare crisi e difficoltà finanziaria delle famiglie e delle imprese del nostro Paese, i relatori in accordo con il governo hanno dato parere positivo ad una nuova proroga dei termini per chiedere la rateizzazione delle cartelle di Equitalia. Il provvedimento era molto atteso dai contribuenti che, in forza della crisi economica, erano decaduti dal beneficio della rateizzazione perché avevano saltato delle rate.

La misura prevede quindi che i contribuenti decaduti entro il 31 dicembre 2014 potranno richiedere la concessione di un nuovo piano di rateizzazione fino a un massimo di 72 rate mensili, presentando la richiesta entro e non oltre il 31 luglio 2015, mentre la possibilità era scaduta nel luglio 2014. A seguito della presentazione della richiesta, non potranno essere avviate nuove azioni esecutive nei confronti del beneficiario. Se la rateazione è richiesta dopo una segnalazione effettuata da una pubblica amministrazione prima di eseguire un pagamento (ai sensi dell'articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973), la stessa non può essere concessa limitatamente agli importi che ne costituiscono oggetto. 

Sempre sul fisco tra le altre misure, torna in vita il vecchio regime dei minimi Iva (con tassazione agevolata al 5%) che coesisterà per tutto il 2015 con il nuovo regime (al 15%). Niente da fare per l'aumento dell'Iva sul pellet. Capitolo importante anche per quanto riguarda il "rientro" dei cervelli. Se ne era parlato già con l'Investment compact, ma alla fine la proroga degli incentivi per arginare la "fuga dei cervelli" e rendere più invitante la prospettiva di tornare in patria è arrivata, per i prossimi due anni. Passa anche da 4 a 6 anni la durata massima degli assegni di ricerca.

Fino al 30 luglio, inoltre, i sindaci, anche le unioni di Comuni, potranno chiedere la riapertura degli uffici soppressi per effetto del riordino. Slitta invece a fine anno il termine per completare l'unione dei Comuni Per "compensare" la reverse charge dell'Iva, il governo ha deciso di prorogare fino a fine 2016 l'anticipo di una quota degli appalti alle imprese, quota aumentata al 20% per attenuare i problemi di liquidità delle aziende. Congelato per il 2015 l'ampliamento dell'accesso al Fondo di garanzia per le Pmi alle imprese fino a 499 addetti. Slitta alla fine del 2017 la riforma dell'esame di abilitazione degli avvocati, mentre per due anni la titolarità delle farmacie si potrà ottenere con la sola iscrizione all'albo, salvo che per le 2.600 nuove sedi oggetto del concorso straordinario.

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Il Ministro del Lavoro annuncia l'introduzione del contratto di lavoro a tutele crescenti a partire da Marzo. Via libera anche alla riforma degli ammortizzatori sociali.

Kamsin «Dal primo marzo le aziende potranno assumere con le nuove regole". E' quanto ha detto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, alla presentazione del rapporto Ocse sull'Italia. Ancora pochi giorni dunque ed il contratto a tutele crescenti, con le sue novità anche sui licenziamenti ed il superamento del reintegro in gran parte dei casi, sostituito dall'indennizzo economico (si veda la tavola allegata all'articolo con le novità), sarà operativo.

Tutto questo alla vigilia del Cdm che oggi darà il via libera definitivo al relativo decreto attuativo, insieme a quello che ridisegna gli ammortizzatori sociali con la nuova Aspi (Naspi), la nuova indennità di disoccupazione che scatterà invece dal primo maggio. Sul contratto a tutele crescenti
resta, però, ancora da sciogliere la questione sui licenziamenti collettivi: ossia se escluderli  come richiesto non solo a gran voce dai sindacati ma anche nel parere delle commissioni Lavoro di Senato e Camera  o meno dal campo di applicazione delle nuove norme. Su cui c'è il no di Ncd.

Un nodo sul quale, viene sottolineato, la discussione  e la mediazione  sarà aperta fino all'ultimo. «Chiediamo al Consiglio dei ministri di disattendere» il parere, «confermando il testo originario», afferma il presidente della commissione Lavoro di Palazzo Madama, Maurizio Sacconi (Area popolare), secondo cui «se venisse meno anche questa novità positiva il provvedimento perderebbe gran parte del contenuto innovativo che continuiamo a giudicare timido».

Al Consiglio dei ministri arriverà sicuramente anche lo schema di decreto legislativo, previsto sempre dal Jobs act, sulla revisione delle tipologie contrattuali, il cosiddetto «Codice dei contratti»: come affermato dallo stesso Poletti, l'orientamento è di dire addio ai co.co.pro (non sarà possibile stipulare nuove collaborazioni a progetto e per quelle esistenti si gestirà la «transizione»), di abolire l'associazione in partecipazione ed il Job sharing e di rimodulare le regole per le Partite Iva. Mentre resta confermato a 36 mesi il tetto per i contratti a termine senza causale. Alcune limature dovrebbero arrivare anche sul contratto di apprendistato.

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Tra le misure approvate anche la proroga al 30 giugno 2015 del termine per la presentazione all'INPS della domanda per il riconoscimento dei benefici previdenziali previsti dalla normativa vigente per l'esposizione all'amianto.

Kamsin Stop all'aumento dei contributi per i professionisti senza cassa, posticipo dei termini per presentare la domanda per il riconoscimento dei benefici connessi all'amianto previsti con la legge di stabilità per il 2014. Sono queste le principali novità che passano nel decreto legge milleproroghe (il Dl 192/2014) su cui l'Aula di Montecitorio darà il primo disco verde in giornata. Ma andiamo con ordine.

Partite Iva. L'articolo 10-bis, introdotto in sede referente, ridetermina l'aliquota contributiva per i lavoratori autonomi, titolari di partita IVA, iscritti alla gestione separata INPS, che non risultino iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria né pensionati nelle seguenti misure: 27 per cento per gli anni 2014 e 2015 (in luogo, rispettivamente, del 27 e del 30 per cento previsti dalla normativa vigente); 28 per cento per l'anno 2016 (in luogo del 31 per cento previsto dalla normativa vigente); 29 per cento per l'anno 2017 (in luogo del 32 per cento previsto dalla normativa vigente).

Agli oneri finanziari derivanti, pari a 120 milioni per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, si provvede per 120 milioni per il 2016 e per 85 milioni per il 2017 mediante la riduzione del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica e per 60 milioni per il 2015 e per 35 milioni per il 2017 mediante riduzione del Fondo speciale di parte corrente. Ecco dunque come saranno rideterminate le aliquote nella gestione separata negli anni a venire.

Com'è noto è importante ricordare che nei prossimi quattro anni le aliquote previdenziali a carico dei soggetti titolari di partita IVA sarebbero dovute crescere fino al 33,5 per cento del reddito nel 2018, così come stabilito dalla riforma varata dall'ex Ministro del lavoro, Elsa Fornero. Il nuovo emendamento approvato blocca l'aliquota per il 2015 al 27 per cento e prevede un minimo di aumento, un punto percentuale di aumento, nel 2016 e nel 2017. Questo significa che molti piccoli lavoratori autonomi, per i quali l'apertura della partita IVA ha rappresentato una forma di auto impiego con cui mettere sul mercato quelle che erano le proprie competenze e capacità lavorative in un Paese dove, oggettivamente, la disoccupazione è importante, avrebbero avuto da questo provvedimento un colpo fatale.

Proroga dei termini sull'amianto. E' stato inoltre introdotto un emendamento che posticipa dal 31 gennaio 2015 al 30 giugno 2015 il termine per la presentazione all'INPS della domanda per il riconoscimento dei benefici previdenziali previsti dalla normativa vigente per l'esposizione all'amianto, da parte di soggetti (assicurati INPS e INAIL) collocati in mobilità dall'azienda per cessazione dell'attività lavorativa, che avevano presentato domanda dopo il 2 ottobre 2003 (data dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 269 del 2003), a condizione di avere ottenuto in via giudiziale definitiva l'accertamento dell'avvenuta esposizione all'amianto per un periodo superiore a 10 anni e in quantità maggiori dei limiti di legge. Per la copertura finanziaria degli oneri, indicati in 0,3 milioni per il 2015, 0,5 milioni per il 2016 e in 0,6 milioni a decorrere dal 2017, il provvedimento indica che andranno a carico delle risorse del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica.

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Dovrà passare di nuovo all'esame della Consulta il prelievo che interessa circa 50mila pensionati d'oro con trattamenti previdenziali superiori a 90mila euro annui.

Kamsin Torna di nuovo alla Consulta il contributo di solidarietà sulle pensioni introdotto con la legge di stabilità 2014 (legge 147/2013). A chiamare in causa la Consulta è questa volta la Corte dei conti (sezione giurisdizionale per il Veneto -  giudice unico delle pensioni), investita della questione da un ricorso di un gruppo di ex magistrati, docenti, ufficiali delle forze armate e dirigenti pubblici e privati. Torna in forse, dunque, lo sforzo chiesto a circa 50mila pensionati, che ricevono un assegno superiore a 14 volte il minimo (circa 91mila euro all'anno).

Il contributo, come si ricorderà, è di natura progressiva ed è articolato sui trattamenti pensionistici nel seguente modo: 6% di trattenuta tra 91.251,16 e 130.358,80 euro (da 14 a 20 volte il minimo); 12% di trattenuta per la parte eccedente i 130.358,81 euro e 195.538,20 euro (da 20 a 30 volte il minimo); 18% per la parte eccedente i 195.538,20 euro (oltre 30 volte il minimo). Il contributo si applica per il triennio 2014-2016.

Il contributo di solidarietà fu introdotto in un primo momento nel 2011 con il decreto legge 98/2011 per poi essere abrogato dalla Consulta nel 2013 (sentenza 116/2013). La censura della Corte Costituzionale rilevò che il provvedimento era discriminatorio perchè riguardava solo i pensionati “ senza garantire il rispetto dei principi fondamentali di uguaglianza a parità di reddito, attraverso una irragionevole limitazione della platea dei soggetti passivi”.  Con la nuova norma il legislatore ha cercato, però, di rispondere ai rilievi della Consulta del 2013  sottolineando il carattere eccezionale dell'intervento, limitato al triennio 2014-2016, e aveva specificato che i soldi sarebbero stati trattenuti ai pensionati «anche al fine di concorrere al finanziamento» delle salvaguardie per gli esodati, una sorta di solidarietà previdenziale.

L'escamotage non basta però secondo la Corte dei conti. Prima di tutto, spiegano i magistrati contabili, il fatto che le risorse siano trattenute dalle gestioni previdenziali e non riversate allo Stato non fa nessuna differenza, dal momento che lo Stato rimane l'unico titolare della competenza previdenziale e l'Inps è un suo «ente strumentale». Nemmeno la finalità salva esodati risulta decisiva per i magistrati, perché la norma non prevede una destinazione esclusiva di queste risorse al finanziamento delle "salvaguardie" ma spiega che gli enti previdenziali le utilizzano «anche» per questo scopo. In questo quadro, anche la nuova sforbiciata si presenta come «definitiva», perché le somme trattenute dagli enti previdenziali non sono ovviamente recuperabili, e assume secondo la Corte dei conti l'aspetto di un «prelievo tributario»

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Le aziende che fanno un massiccio ricorso alla cassa integrazione dovranno pagare l'anno successivo un contributo più alto. Oggi la cassa integrazione è finanziata anche con un contributo fisso a carico delle aziende. Il decreto attuativo dei Jobs act renderà mobile la soglia.

Kamsin Le aziende che faranno ricorso alla cassa integrazione pagheranno un contributo piu' elevato. Una sorta di bonus-malus, un criterio ben noto nelle assicurazioni auto. La novità sarà inserita nel quarto decreto attuativo del Jobs act, la riforma del mercato del lavoro, che dovrebbe arrivare il 20 febbraio sul tavolo del consiglio dei ministri, insieme a quello che ridurrà il numero dei contratti precari. «Il nostro obiettivo è cambiare la cassa integrazione, renderla sostenibile per evitarne la cancellazione», dice Filippo Taddei, il responsabile economia del Pd. Oggi la cassa integrazione è finanziata anche con un contributo fisso a carico delle imprese: il 2,9% del monte salari per quelle con meno di 50 dipendenti, il 3,2% per quelle che superano tale soglia.

Il decreto attuativo renderà mobile quella soglia: la forchetta non è stata ancora definita, possibile che si vada da un minimo del 2% ad un massimo del 4%. Tuttavia il principio è chiaro: le aziende che fanno un massiccio ricorso alla cassa integrazione pagheranno un contributo più alto mentre quelle che la usa meno dovranno versare una percentuale più bassa.

In altri termini il bonus malus rappresenterebbe un freno agli abusi e un premio a chi rispetta le regole, magari versando quel 3% senza mai vederlo tornare indietro. Oltre alla misura Taddei conferma che ci sarà anche una stretta sul monitoraggio delle richieste. Un monitoraggio diverso, concentrato sulla cosiddetta stagionalità: «Se anno dopo anno - spiega Taddei -  si vede che la stessa azienda presenta le stesse richieste nello stesso periodo dell'anno, vuol dire che c'è qualcosa che non va. Forse dietro non c'è una crisi aziendale, con il doveroso intervento a sostegno da parte dello Stato, ma solo un'impresa che sta ottimizzando il ciclo produttivo, utilizzando i contributi pubblici e delle altre imprese».

C'è poi una terza novità nel decreto allo studio del governo: la cancellazione della cassa integrazione a zero ore, in cui i lavoratori che prendono il sussidio non lavorano. Nei primi dieci mesi dell'anno scorso sono stati 540 mila. «Anche questo - conclude Taddei -  è un uso distorto degli ammortizzatori sociali. Questa strada sarà percorribile solo in caso di vera e propria riconversione industriale, cioè quando si, passa a una produzione diversa, rendendo necessario lo stop agli impianti e la riqualificazione dei dipendenti».

Intanto, secondo i dati della Cgil, le ore di cassa integrazione richieste sono diminuite del 6% nel 2014, ma nonostante ciò il bilancio resta pesante: le ore autorizzate restano infatti abbondantemente sopra il miliardo (1,1 per la precisione) con una perdita di reddito complessiva pari a circa 4,3 miliardi. In pratica si sono perse ore di lavoro per 530.000 lavoratori equivalenti a tempo pieno, pari a un taglio in busta paga di 8.000 euro a testa. La Cgil segnala che il 2014 è il terzo peggior anno dal 2008, e porta il totale delle ore autorizzate in sette anni a 6,6 miliardi. L'anno scorso sono esplose soprattutto le richieste di cassa straordinaria (+18,4%) che nell'anno ha rappresentato il 60% delle richieste totali, mentre per la cassa ordinaria le richieste sono diminuite del 30% e per la cassa in deroga del 19%. «Con questi dati e una crescita pari allo zero - dice il segretario confederale Serena Sorrentino - ridimensionare gli ammortizzatori sociali, come contenuto nel Jobs act, sembra una follia».

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