Nicola Colapinto

Nicola Colapinto

Nicola Colapinto, avvocato con specializzazione in diritto del lavoro, seguo le principali questioni giuslavoristiche e previdenziali per PensioniOggi.it. 

Nel consiglio dei Ministri del 20 Febbraio il Governo estenderà la maternità a tutte le lavoratrici iscritte alla gestione separata dell'Inps, come per le partite Iva.

Kamsin Nel Consiglio dei ministri di venerdì prossimo sarà messa nero su bianco l'estensione della tutela della maternità a tutte le lavoratrici ricomprendendo anche le iscritte alla gestione separata dell'Inps e alle partite Iva. A prometterlo è stato ieri il premier Matteo Renzi su Twitter che ha confermato l'accelerazione sull'approvazione dei decreti attuativi della legge 183/2013 (il cd. Jobs Act).

A differenza di quanto avviene per le dipendenti, però, le «mamme autonome» non saranno obbligate a smettere di lavorare per cinque mesi, perché questo potrebbe essere un danno per la loro attività. Potranno scegliere se farlo oppure no. Se lo faranno, avranno diritto a un assegno finanziato in parte dallo Stato, in parte dai contributi di lavoratori e aziende. Il sostegno al reddito sarà garantito anche in caso di mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro: l'assegno sarà «anticipato» dall'Inps che poi si rivarrà sull'azienda. L'eventuale stop per maternità, non potrà portare all'interruzione del contratto. Tutte queste misure saranno contenute nel decreto attuativo del Jobs act che riguarda la cosiddetta conciliazione lavoro-famiglia.

Ma nel provvedimento in arrivo sul tavolo del Consiglio dei ministri ci sono altre due novità importanti che toccano tutte le madri lavoratrici, sia dipendenti sia autonome. «I giorni in cui il bambino è ricoverato in ospedale ha  spiegato il sottosegretario al Lavoro Teresa Bellanova non saranno conteggiati come congedo di maternità, né obbligatorio né facoltativo». L'altro intervento riguarda i neonati prematuri: «Oggi se un bimbo nasce in anticipo rispetto alla data presunta del parto comunicata all'Inps quei giorni vengono persi ai fini del congedo obbligatorio. Il decreto dirà che sarà possibile recuperarli anche superando il limite dei tre mesì dopo la nascita».

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Molti parlamentari sia di maggioranza che di opposizione chiedono al Governo di mantenere gli impegni assunti dal presidente del Consiglio e di intervenire. 

Kamsin Settimane chiave per la soluzione della stangata sulle partite Iva arrivata con la legge di stabilità con l'anno nuovo. Il provvedimento che ha elevato dal 5% al 15% l'aliquota forfettaria per il regime agevolato «dei minimi» riducendo il tetto di fatturato per l'accesso al meccanismo da 30 mila a 15 mila euro è stata una vera batosta per centinaia di migliaia di professionisti che si affacciano sul mercato quest'anno. 

I relatori al decreto milleproroghe hanno annunciato la presentazione di alcuni emendamenti al provvedimento all'esame della Camera dei Deputati. I relatori Marchi e Sisto hanno avvertito che sul versante fiscale si sia ragionando su due ipotesi di aggiustamento: «O prorogare la normativa precedente o consentire la scelta» tra vecchio regime (al 5%) e il nuovo (al 15% ma senza limiti, né di durata né di età).

Caccia anche alle risorse per evitare o almeno limitare l'aumento dei contributi per professionisti e freelance iscritti alla gestione separata Inps. Servono non meno di 180 milioni di euro per riuscire a coprire il congelamento del rincaro dal 27% al 30% (a cui va aggiunto lo 0,72% di quota maternità).  Alla fine potrebbe anche spuntare una situazione di compromesso, che consentirebbe non di impedire del tutto l'aumento ma almeno di contenerlo in un solo punto percentuale. In realtà, non bisogna dimenticare che la progressività dei rincari dovrebbe portare a raggiungere addirittura quota 33% nel 2018.

Tra le altre misure che potrebbero vedere la luce nel milleproroghe c'è la riapertura dei termini per il pagamento rateale dei debiti con Equitalia: il piano di rientro rateale potrà durare fino a 72 mesi e essere chiesto fino a luglio 2015 da tutti i contribuenti decaduti entro fine 2014. Sempre i relatori hanno annunciato un emendamento per la proroga di tre mesi degli sfratti. Ma è subito intervenuto il Ministro Lupi che ha chiarito: «Nessuna proroga o miniproroga degli sfratti. Si sta studiando una norma che tuteli i nuclei familiari che rientrano in quei casi di sfratto per fine locazione di particolari categorie di inquilini».

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Zedde

L'onorevole Pd dalla Commissione Lavoro della Camera chiede al Governo di rimediare ai due errori contenuti nella legge di stabilità in materia di pensioni.

Kamsin Almeno due criticità che penalizzano soprattutto le lavoratrici donne devono essere affrontate il prima possibile. E' quanto chiedono alcuni deputati del Pd - capofila Maria Luisa Gnecchi - al Governo con una risoluzione approvata lo scorso Dicembre in occasione del via libera alla legge di stabilità 2015.

La depenalizzazione. In primo luogo c'è la questione della depenalizzazione degli assegni liquidati sino al 2014. Nella legge di stabilità 2015 è passato, infatti, un emendamento per disapplicare le suddette penalizzazioni almeno fino al 31.12.2017. Il Governo però ha riformulato l'emendamento originario togliendo le penalizzazioni solo per le pensioni con decorrenza dal gennaio 2015. Mentre sono state lasciate per coloro che sono usciti entro il 2014. Dai dati forniti dall'Inps il taglio ha colpito 11.825 donne e 3.338 uomini da gestioni private e 9.432 donne e 772 uomini da gestioni pubbliche.

La riformulazione del Governo limitando quindi la cancellazione delle penalizzazioni dall'1.1.15 colpisce 21.257 donne e 4.110 maschi i cui trattamenti continueranno ad essere tagliati "a vita". Ancora una volta, dunque, sono le donne ad essere più penalizzate; la conseguenza sarà inevitabilmente l'attivazione di contenzioso in sede giudiziaria da parte di coloro che hanno subito la penalizzazione sul calcolo della pensione.

Il tetto agli assegni. L'altra questione riguarda l'introduzione del tetto alla crescita degli assegni per chi era nel retributivo sino al 2011. Questa modifica ha l'obiettivo di evitare che la misura della pensione risulti essere superiore alla pensione calcolata con le regole vigenti fino al 31.12.11. Va ricordato che il requisito minimo per la pensione di anzianità era 40 anni di contributi e la pensione veniva calcolata fino al massimo di 40 anni, per la prima volta nella storia previdenziale la manovra Fornero ha previsto due requisiti contributivi diversi per uomini e donne, 42 anni e 1 mese per gli uomini e 41 anni e 1 mese per le donne. Esisteva una differenza di età per la pensione di vecchiaia, ma mai una differenza di requisito contributivo.

Dato che tale misura comporta che per il calcolo della prestazione pensionistica si prenderà a riferimento il requisito minimo di accesso alla pensione anticipata, non tenendo conto dei contributi versati oltre tale limite, si creerà l'assurda situazione che a parità di contribuzione versata, per esempio 43 anni, per una donna verranno utilizzati per il calcolo solo 41 anni e sei mesi di contribuzione mentre per l'uomo 42 anni e sei mesi, realizzando una palese discriminazione nei confronti delle donne.

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In dirittura d'arrivo anche il decreto che riforma la cassa integrazione. Tra le novità attese c'è anche il superamento della cassa a zero ore ad eccezione delle riconversioni industriali.

Kamsin Il governo chiuderà il secondo capitolo del jobs Act il prossimo 20 Febbraio. Dopo i due provvedimenti approvati a dicembre che introducono da un lato il contratto di lavoro a tutele crescenti e la modifica dell'articolo 18 e, dall'altro lato, per chi perde il lavoro, altri due decreti stanno per vedere il disco verde nel Cdm di fine mese. I provvedimenti riguarderanno la riforma delle tipologie contrattuali che sarà inserita nei cosiddetto testo unico semplificato e la riforma degli ammortizzatori sociali, in particolare la cassa integrazione.

Dal primo decreto attuativo si attende l'abolizione dei contratti parasubordinati: "O si è lavoratori dipendenti o si è lavoratori autonomi, questa è la distinzione fondamentale spiega Filippo Taddei, responsabile economia del Pd. E il lavoro dipendente potrà essere svolto con il contratto a tutele crescenti o con il contratto a termine. II primo più conveniente del secondo, il secondo mantenuto per particolari esigenze". Sul punto il decreto potrebbe fissare in 24 mesi la durata massima del contratto a termine contro i 36 attuali, ma in compenso alzerebbe dal 20 al 30% il rapporto tra dipendenti a tempo indeterminato e a termine. Sulla causale resta confermata la norma attuale che la ha tolta.

Dovrebbero sparire quindi i co.co.co e co.co.pro ed essere introdotte specifiche tutele per i lavoratori autonomi con partita iva "genuina". Secondo Taddei chi lavora con partita Iva ma ha un unico committente o professionisti a inizio carriera legati, per esempio, a una sola committenza o a un solo progetto di lavoro dovrà avere "un plafond di tutele per esempio in caso di ritardo nei pagamenti dell'unico committente, malattie o maternità". Se, per esempio, "un programmatore ottiene una commessa di sei mesi e per un mese si ammala vogliamo aiutarlo a non perdere il lavoro". Tutele analoghe a quelle per la malattia sono allo studio per la maternità.
 
L'altro decreto dovrebbe riguardare la cassa integrazione. La formula che si intende adottare è "più la usi più paghi". Una sorta di clausola bonus/malus per le aziende che fanno maggior ricorso alla Cig. Secondo Taddei se si aumentano i contributi a carico delle aziende che ne fanno maggior uso si potrebbe innestare un circolo virtuoso limitando "in futuro gli abusi nell'interesse degli onesti». Tra le novità attese c'è anche il superamento della cassa a zero ore ad eccezione delle riconversioni industriali.

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La proposta targata Tito Boeri prevedeva un taglio progressivo sulle pensioni calcolate con il sistema retributivo oltre una determinata soglia.

Kamsin "Quando verrà il momento faremo discussioni su tutto". Così il ministro Giuliano Poletti uscendo dal convegno sul lavoro organizzato dal Partito democratico a Torino si è limitato a rispondere sull'ipotesi ventilata dal presidente dell'Inps Tito Boeri di intervenire sulle cosiddette pensioni d'oro, oltre i 3mila euro, che sono tali soprattutto grazie al sistema retributivo non più in vigore.

Il taglio immaginato da Tito Boeri. La proposta targata Boeri, presentata con un articolo sul sito la voce.info firmato con Fabrizio Patriarca e Stefano Patriarca, è un intervento sugli assegni staccati dall'Inps calcolati col cosiddetto metodo retributivo, vale a dire quello che prevedeva di conteggiare le pensioni sulla base di una media aritmetica degli ulitmi stipendi da lavoratore. Sistema andato progressivamente in soffitta a partire dal 1996, ma ancora «in vigore», almeno pro quota, per i pensionati di vecchia data. Boeri vorrebbe assicurare allo Stato un gettito da 4 miliardi di euro l'anno colpendo gli assegni da 2mila euro (lordi) in su con una stangata progressiva: da 2mila e fino a 3mila euro, sforbiciata del 20% sulla quota di pensione calcolata col retributivo; 30% fino a 5mila e 50% oltre. 

Secondo quanto scriveva Boeri, «principi di equità distributiva e intergenerazionale legittimano interventi sulle pensioni in essere circoscritti a 1) redditi pensionistici  al di sopra di un certo importo e 2) su quella parte della prestazione che non è giustificabile alla luce dei contributi versati, vale a dire la differenza fra le pensioni che si sarebbero maturate con il sistema contributivo definito dalla legge del 1995, e quelle effettivamente percepite».

L'economista, presidente in pectore dell'Inps, ritiene che «un prelievo circoscritto a quanto avuto in più rispetto ai contributi versati eviterebbe anche effetti negativi sui contribuenti». Ciò perché «darebbe un messaggio forte e chiaro ai lavoratori, quelli che pagano le pensioni agli attuali pensionati: se i vostri accantonamenti previdenziali vi danno diritto a prestazioni calcolate con il metodo contributivo (ciò che i varrà per tutti i lavoratori in Italia), non avrete nulla da temere, le vostre prestazioni future non verranno mai toccate dal consolidamento fiscale». Da temere, invece, hanno gli «sfortunati» che ora potrebbero veder tagliato in un colpo solo l'assegno mensile. I «colpiti» sarebbero circa 1,7 milioni di soggetti così suddivisi: 850mila ex dipendenti privati, 770mila ex statali e 100mila autonomi.

Le probabilità di un intervento del Governo in tal senso tuttavia appaiono ridotte. Oltre allo scoglio della Corte Costituzionale che ha sempre affermato l'intangibilità dei diritti acquisiti non c'è all'interno del governo e della maggioranza alcun accordo sull'introduzione di una misura del genere. 

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