Pensione Privilegiata, Per la Consulta l'abrogazione è legittima

Valerio Damiani Lunedì, 05 Febbraio 2018
L'abrogazione dell'istituto avvenuto con la Riforma Fornero del 2011 con riferimento ai soli dipendenti pubblici "civili" non ha generato una disparità di trattamento irragionevole.
L'abolizione della pensione privilegiata per i dipendenti pubblici "civili" è costituzionalmente legittima. Lo ha precisato la Corte Costituzionale con la Sentenza numero 20 del 2 Febbraio 2018 in cui i giudici erano stati chiamati a valutare - su richiesta della Sezione Regionale della Corte dei Conti della regione Puglia la legittimità, alla luce dei principi della Carta Fondamentale, dell’art. 6 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (cd. Riforma Fornero). 

La questione

La vicenda riguardava la domanda di pensione privilegiata ordinaria, proposta da un dirigente medico iscritto alla Cassa Sanitari e rigettata in sede amministrativa dall’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), sul presupposto che la cessazione dal servizio fosse intervenuta il 1° ottobre 2012, in data successiva all’abrogazione dell’istituto disposta dall'articolo 6 della citata disposizione legislativa.

L'Istituto della pensione privilegiata continua, infatti, a trovare applicazione soltanto «nei confronti del personale appartenente ai comparti sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico» e «ai procedimenti in corso al 6 dicembre 2011, nonché ai procedimenti per i quali, alla predetta data, non sia ancora scaduto il termine di presentazione della domanda, nonché ai procedimenti instaurabili d’ufficio per eventi occorsi prima della predetta data». Circostanze che escluse nel caso di specie dato che il dipendente non faceva parte del comparto difesa e sicurezza. 

La Corte dei Conti aveva, dunque, ravvisato elementi di incostituzionalità posto che la disposizione censurata, nel salvaguardare la pensione privilegiata ordinaria per i soli appartenenti ai comparti sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico, avrebbe determinato un’irragionevole disparità di trattamento per la generalità dei dipendenti pubblici che, pur «in presenza della stessa infermità», non possono più accedere a tale beneficio. Ed aveva quindi sollevato la questione di legittimità costituzionale circa l'articolo 6 del Decreto legge 201/2011. La Corte Territoriale lamentava, inoltre, la mancata indicazione dei risparmi di spesa indotti dalla disposizione contestata. 

L'Avvocatura dello Stato aveva, invece, difeso l'impianto normativo sulla base di due ordini di motivi. Il primo faceva leva sul fatto che la scelta di salvaguardare la pensione privilegiata per gli appartenenti ai comparti sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico sarebbe sorretta da una giustificazione oggettiva, legata alla «diversità dei rischi immanenti all’attività propria dei singoli comparti» e al fatto che tali categorie, al contrario del personale civile pubblico, siano escluse «dalla tutela INAIL». Con il secondo motivo la difesa dello stato sosteneva che una credibile valutazione preventiva dei risparmi fosse preclusa dalla molteplicità delle variabili in gioco. 

La Tesi della Consulta

La Corte Costituzionale ha però respinto le doglianze della Corte dei Conti regionale. Nel valutare l'aderenza della disposizione incriminata ai principi della Carta Fondamentale i Giudici spiegano che il regime speciale apprestato dal legislatore "rispecchia la peculiarità dei comparti difesa, sicurezza, vigili del fuoco e soccorso pubblico, individuati secondo caratteristiche ragionevolmente omogenee, e si raccorda, per un verso, al più elevato livello di rischio ordinariamente connesso al servizio svolto nei comparti indicati e, per altro verso, alla mancanza di una specifica tutela assicurativa contro gli infortuni per le infermità contratte dai dipendenti di tali settori. Le situazioni poste a raffronto non si prestano, pertanto, a una valutazione comparativa, che imponga l’estensione della disciplina derogatoria a tutti i dipendenti pubblici".

Nessun rilievo costituzionale assume anche la mancata indicazione puntuale dei risparmi generati dall'indicata abrogazione essendo questa legata ad una pluralità di variabili. La relazione tecnica, allegata al disegno di legge di conversione del d.l. n. 201 del 2011 (A.C. 4829), prefigura - dichiara la Consulta - «economie quantificabili solo a consuntivo» e puntualizza che «l’esclusione esplicita di alcune categorie di personale nonché la necessaria gradualità delle modalità di applicazione, determina nel primo triennio effetti non puntualmente quantificabili tenuto conto, anche, dei tempi di liquidazione dei benefici previsti». Il legislatore, con apprezzamento che si sottrae alle censure del rimettente, ha quindi indicato in maniera puntuale gli ostacoli che si frappongono a una plausibile previsione dei risparmi e rendono ineludibile una valutazione «a consuntivo»" scrivono i giudici. 

In definitiva, concludono i giudici, l’eliminazione della pensione privilegiata, attuata nell’àmbito di un graduale disegno di armonizzazione, non contrasta, pertanto, con il generale canone di ragionevolezza, che si configura come «principio di sistema», chiamato a orientare le scelte del legislatore in materia previdenziale. E pertanto la disposizione di cui all'articolo 6 della legge 201/2011 è costituzionalmente legittima.

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