Pensioni, Inflazione e Pil colpiscono gli assegni nel 2015

Mercoledì, 07 Gennaio 2015
La mancata crescita del Pil e dell'inflazione produrrà due effetti negativi sui trattamenti pensionistici sia di chi deve andare in pensione nel 2015 sia di chi è titolare di un trattamento pensionistico.

Kamsin Assegni piu' magri quest'anno. La colpa è di un Pil negativo e di un'inflazione ormai prossima allo zero. Due fattori che hanno effetti diretti sui portafogli sia dei pensionati che dei laoratori che quest'anno andranno in pensione. Ma andiamo con ordine.

Per chi è già pensionato. Il problema è l'inflazione o meglio la bassa inflazione. Quest'anno infatti i trattamenti saranno rivalutati, in via provvisoria, solo dello 0,3 per cento. Briciole sulle quali l'Inps dovrà recuperare anche un 0,1% di rivalutazione erroneamente attribuita per il 2014.  Per il 2015 il meccanismo prevede l'adeguamento al 100% dell'indice Istat per le pensioni fino a tre volte il trattamento «minimo» (1.503,64 euro), mentre per quelle di importo superiore la rivalutazione sarà via via decrescente, fino a scomparire, come si vede nella tabella.

Il punto è che per il 2015 proprio l'indice Istat utile per la perequazione — fissato a novembre dal ministero dell'Economia — sarà solo dello 0,30% e, dunque, i benefici saranno di conseguenza prossimi allo zero. Non solo, Poiché per il 2014 sono stati corrisposti incrementi superiori dello 0,10% a quanto dovuto, il risultato sarà un aumento ancora più basso: solo 0,20%. Per i trattamenti sopra i 3mila euro mensili lordi, per effetto di ulteriori aggiustamenti e conguagli, si arriverà addirittura a un taglio dell'assegno.

Per chi va in pensione nel 2015. Il fattore di rischio qui è il Pil. La scarsa crescita del Prodotto Interno Lordo, infatti, si ripercuote negativamente sulla rivalutazione dei contributi versati all'Inps (è il c.d. montante contributivo) su cui si calcola la pensione determinando, così, un assegno più basso. L'ultimo valore è risultato negativo (-0,1927%) e potrebbe quindi comportare addirittura una svalutazione dei contributi. Come dire che a fronte di 100 mila euro di contributi, la pensione è calcolata su 99.800 euro circa.

Per ora l'Inps ha rassicurato i lavoratori annunciando di considerare il tasso pari a 1: perciò non ci sarà alcuna rivalutazione, ma neppure svalutazione. La questione resta tuttavia aperta: l'Inps, infatti, è in attesa di pronunciamento definitivo da parte dei ministeri vigilanti (economia e lavoro).

La questione riguarda quelle quote di anzianità presenti sul conto assicurativo al 31 Dicembre 2013 da valorizzare con il sistema contributivo e solo dai lavoratori che saranno collocati in pensione quest'anno (e probabilmente negli anni successivi se il tasso non tornerà in territorio positivo). In base al meccanismo di calcolo contributivo introdotto nel 1995 dalla riforma Dini, infatti, il montante contributivo viene annualmente rivalutato in base all'andamento della crescita nominale del Pil degli ultimi 5 anni. Ora se i Dicasteri interpellati daranno un parere contrario alla soluzione proposta dall'Inps i lavoratori rischiano di ottenere un assegno piu' magro.

Gli effetti. In tale ipotesi per i lavoratori con almeno 18 anni di contributi al 1995, la perdita sarà più contenuta, perchè nei loro confronti, il sistema di calcolo contributivo si applica pro rata solo dal 1° gennaio 2012. Invece coloro che erano nel sistema misto l'incidenza del calcolo sarà più intensa in quanto costoro si ritrovano la pensione calcolata in buona parte con il sistema contributivo.

Nessun effetto per chi, invece, è già pensionato o cessa dal servizio nel 2014: la riforma del 1995 ha previsto che nell'anno di cessazione la rivalutazione montante sia per legge pari ad 1 e quindi l'accumulo dei contributi versati nell'ultimo anno di lavoro, dato dalla somma dei contributi dei lavoratori lavoro, non subisce alcuna rivalutazione nè svalutazione.

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Zedde

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