Pensioni, Quando l'indebito pensionistico è sanabile

Bernardo Diaz Venerdì, 14 Maggio 2021
Se il pensionato ha sottaciuto colposamente o dolosamente fatti rilevanti sul diritto o sulla misura della pensione la prescrizione decennale opera in favore del pensionato a partire dalla data in cui l'ente previdenziale viene a conoscenza dei fatti rilevanti. 
Talvolta capita che il pensionato abbia omesso informazioni che possano determinare la revoca o la riduzione di un trattamento previdenziale. Se tali fatti devono essere comunicati dal pensionato all'ente previdenziale in quanto non conosciuti o conoscibili direttamente da quest'ultimo e, dunque, siano riconducibili ad una condotta colposa o dolosa del titolare questi è tenuto a rifondere l'ente previdenziale delle somme indebitamente percepite.

In questi casi, infatti, la prescrizione decennale inizierà a decorrere solo dalla data in cui l'Istituto previdenziale viene a conoscenza o del fatto o dei fatti che incidono sul trattamento previdenziale. Rendendo più difficile fermare la pretesa restitutoria avanzata dall'ente previdenziale.

Si pensi ad esempio ad un pensionato titolare di un assegno ordinario di invalidità che ometta di dichiarare all'Inps i redditi percepiti da un lavoro prestato all'estero che riducano la misura della prestazione di invalidità; o ancora una vedova titolare di pensione ai superstiti che ometta di dichiarare all'Inps la presenza di redditi esteri. In queste circostanze la prescrizione decennale resta sospesa fino a quando l'Istituto non è posto in condizione di conoscere, a seguito della lettera con la quale lo Stato estero comunica la posizione contributiva accreditata, la reale situazione previdenziale dell'assicurato e i redditi percepiti. Se lo Stato estero comunica tali informazioni dopo molti anni il pensionato può trovarsi, quindi, davanti alla formazione di un indebito pensionistico piuttosto intenso e considerevolmente anche superiore al decennio prescrizionale.

La sanatoria

Se, tuttavia, il pensionato ha agito in assenza di dolo la legge consente la sanatoria degli indebiti maturati entro il 31 dicembre 1995 e/o entro il 31 dicembre 2000. L’articolo 1, commi da 260 a 265, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 dispone infatti che non si proceda al recupero delle prestazioni indebite qualora l’interessato, in assenza di dolo, sia stato percettore di un reddito personale imponibile IRPEF (senza includere la casa di abitazione, i trattamenti di fine rapporto e le relative anticipazioni, nonché le competenze arretrate soggette a tassazione separata) per l’anno 1996 di importo pari o inferiore a 8.263,31 euro e se superiore a tale importo il recupero è limitato nella misura del 75% della somma complessiva. L'articolo 38, comma 7, della legge n. 448/2001 ha replicato successivamente la sanatoria anche nei confronti dei ratei maturati tra il 1° gennaio 1996 ed il 31 dicembre 2000 alle medesime condizioni (sanatoria del 100% se il reddito è pari o inferiore a 8.263,31€  riferito all'anno 2001 e del 25% se superiore). Tale ultima sanatoria non ha però interessato le gestioni pubbliche (ex-Inpdap). Nessun beneficio è previsto per coloro che abbiano dolosamente sottaciuto i fatti rilevanti. 

Se, invece, il pensionato ha comunicato tempestivamente all'Istituto di previdenza quei fatti che incidono sulla misura del trattamento pensionistico non si formerà alcun indebito. Anzi. Se l'istituto di previdenza non corregge il trattamento previdenziale revocandolo o riducendolo (a seconda degli effetti conseguenti alla comunicazione) le somme corrisposte in eccedenza sucessivamente alla predetta comunicazione non possono formare più oggetto di restituzione nei confronti dell'Istituto previdenziale e restano, pertanto, acquisite dal pensionato.

Prestazioni Assistenziali

La normativa sopra esposta riguarda le prestazioni previdenziali; nel caso l'indebito si sia formato su prestazioni assistenziali (es. invalidità civile, assegni sociali) si versa nel campo dell'indebito civile (art 2033 cc) con la conseguenza che il pensionato sarà tenuto a rifondere anche gli interessi legali maturati nel periodo a seconda della sua buona o mala fede senza possibilità di alcuna sanatoria. La giurisprudenza ha avuto modo più volte, comunque, di temperare le pretese degli enti previdenziali in presenza della sostanziale buona fede del percettore e di una situazione idonea a generare affidamento circa la spettanza della prestazione. Ciò sulla scorta del fatto che si tratta di prestazioni normalmente destinate al soddisfacimento di bisogni alimentari propri e della famiglia.

Nelle prestazioni di invalidità civile peraltrova segnalata anche la sanatoria di cui all’articolo 42, comma 5, del decreto legge 30/09/2003, n. 269, convertito dalla legge n. 326/2003. La disposizione da ultimo richiamata prevede la non ripetibilità delle somme relative a prestazioni di invalidità civile indebitamente percepite dai soggetti privi dei requisiti reddituali prima dell'entrata in vigore del citato decreto legge.

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