Quota 100, Quanto si perde andando in pensione prima

Bernardo Diaz Sabato, 01 Dicembre 2018
Il meccanismo che il Governo si accinge a varare non prevede alcuna penalità sulle regole di calcolo dell'assegno. Ma nonostante ciò continuano a girare cifre allarmanti circa una riduzione del trattamento sino al 20%.
In queste ore continuano ad essere rilanciate tante percentuali su quanto perdono in pensionati andando in pensione con la quota 100 anzichè attendere l'età (o i contributi) necessari per la pensione con le regole attuali. Si parla di penalità che vanno dal 5 al 20% e ci si lascia ad una serie di commenti che lascerebbero intuire che aderire alla novità non sarebbe conveniente. Per tutelare il valore dell'assegno. Questi ragionamenti fanno un pò sorridere; è un pò come fare la scoperta dall'acqua calda.

E' ovvio che se vado in pensione con 38 anni di lavoro e 62 anni invece che attendere i 42/43 anni previsti con la Legge Fornero, la pensione risulterà inferiore per via del fatto che ho lasciato prima il posto di lavoro. Otterrò una pensione inferiore perchè ho versato meno contributi rispetto ad una persona che si ritira 5 anni dopo. E perchè tecnicamente si riduce il rendimento della quota contributiva della pensione dato che attiverò un coefficiente di trasformazione inferiore rispetto a quello che godrei aspettando altri cinque anni. Ma questo discorso lo potrebbe fare anche una persona che ha 42 anni di contributi e decide, pur potendo andare in pensione attualmente, di restare in servizio per altri 3 anni, sino a 45 anni di contributi. Non diremmo certo che se esce "subito", con 42 anni di versamenti, sta subendo una penalità sulla pensione. Fa parte delle regole del gioco.

Per cui ragionare esclusivamente in termini di quanto perderei sul reddito pensionistico in realtà non ha molto senso. Quel che conta sapere è che la quota 100 non prevede penalità sulle regole di calcolo della pensione, dato non affatto scontato sino a poco tempo fa. Pertanto se ho 18 anni di contributi al 1995 continuerò ad avere il calcolo retributivo sino al 2011; se ho meno di 18 anni al 1995 la pensione mi sarà calcolata con il contributivo dal 1996 in poi. E' appena il caso di evidenziare, peraltro, come la maggior parte dei beneficiari della quota 100 si trova nella seconda casistica e, quindi, ha larga parte dell'assegno calcolata con il sistema contributivo. Avrebbe quindi più senso chiederci quanto rende un anno in più di lavoro in pensione secondo le normali regole di calcolo dell'assegno. Per farlo è possibile utilizzare questo strumento realizzato da PensioniOggi che consente rapidamente di farsi un'idea di come muta il valore dell'assegno allo spostamento dell'età di uscita. 

Una cosa di cui, inoltre, non si tiene conto riguarda la distinzione da fare tra quanti sono ancora in costanza di attività lavorativa e quanti no. Per i primi si può concretizzare l'opzione di cui abbiamo appena discusso, e cioè restare comunque in servizio arrivando maturare una pensione più succulenta, per i secondi evidentemente no. Per queste platee l'alternativa attuale è attendere l'età di 67 anni. E' chiaro che se dal prossimo anno ci sarà l'opzione di uscire con 62 anni e 38 di contributi chi avrà questi requisiti aderirà al regime senza farsi troppi problemi.

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