Pensioni
Riforma Pensioni, Cisal: è tempo di intervenire. Basta parole
Anche se la Corte Costituzionale ha respinto il referendum relativo all'abolizione della legge Fornero sul sistema pensionistico, solo il Governo non si è reso conto che essa è già stata ampiamente bocciata, respinta, rifiutata dai cittadini italiani". Kamsin E' quanto dichiara Francesco Cavallaro, Segretario Generale della Cisal, in relazione a quanto sostenuto dal Ministro Poletti, intenzionato a riaprire la tematiche previdenziali non appena saranno approvati i decreti attuativi del Jobs act.
"Ci attendiamo dunque - continua Cavallaro - che il Parlamento azzeri la legge Fornero e proponga un percorso sulla previdenza condiviso con le parti sociali e, almeno per una volta, trasparente e attento al rispetto dei diritti costituzionali. Primo fra tutti - precisa Cavallaro - il diritto di proprietà, in quanto i contributi previdenziali sono soldi dei lavoratori e non strumento di alchimie contabili per sanare i conti dello Stato".
"Queste considerazioni - conclude il segretario Cisal - confermano la richiesta di sempre della Cisal di provvedere con assoluta priorità ad una strutturale riforma fiscale per una più equa redistribuzione della ricchezza e per far cessare lo scandaloso fenomeno di evasione fiscale e contributiva che sta massacrando l'economia del Paese e in primis il suo sistema previdenziale".
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Zedde
Riforma Pensioni, Damiano: quota 100 è una proposta "robusta e solida"
Il presidente della Commissione Lavoro della Camera chiede intanto un rapido intervento sull'opzione donna con la rimozione delle due Circolari Inps del 2012.
Kamsin "Aprire un tavolo di confronto serio sulla flessibilità in uscita, esodati e ricongiunzioni onerose dopo il 20 Febbraio." E' quanto torna a chiedere l'ex-ministro del lavoro e attuale presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano. "Il Ministro Poletti ha dichiarato che dopo il Jobs Act ci sarà spazio per un confronto, una riflessione seria, per una revisione dell'età pensionabile.
Accogliamo con positività l'apertura del Ministro ma nel frattempo che si decide su come ritoccare la legge Fornero sarebbe utile che il Ministero del Lavoro rimuova quelle restrizioni che impediscono alle lavoratrici di accedere all'opzione donna nel 2015, una interpretazione illegittima imposta dall'Inps nel 2012 in accordo però con i titolari del Lavoro e dell'Economia dell'epoca" ha ricordato Damiano. "Sarebbe un ulteriore segnale che il Governo, dopo lo stop alla penalizzazione approvato con la legge di stabilità 2015, si interessa ai problemi concreti dei lavoratori".
Tornando ai correttivi alla Legge Fornero Damiano ricorda come sia necessario rivedere il meccanismo degli adeguamenti alla speranza di vita. "L'articolo 12 del Decreto Legge 78 del 2010 ha applicato la speranza di vita in modo selvaggio verso tutti i lavoratori nell'AGO e nelle forme sostitutive ed esclusive senza tener conto delle specifiche esigenze di ciascun comparto". E' evidente però che non tutti i lavori sono uguali e quindi è necessario calibrare gli adeguamenti in funzione del tipo di attività svolta. E' una questione di giustizia sociale".
Quanto alla flessibilità in uscita le proposte avanzate da Damiano sono note da tempo. La minoranza Dem suggerisce due proposte, alternative, l'una all'altra per anticipare le uscite: l’introduzione di un criterio di flessibilita’ a partire dai 62 anni di eta’ con 35 di contributi per consentire l’accesso alla pensione con una piccola penalità sulle quote retributive dell'assegno, oppure l’adozione della “Quota 100″.

"Si tratta di proposte che hanno un costo piu' elevato rispetto ad altre ipotesi ventilate dai quotidiani le quali - a nostro avviso - rischiano però di essere solo dei "palliativi" sostiene Damiano. L'obiettivo deve essere piuttosto quello di ristabilire un meccanismo di gradualità semplice da comprendere per i lavoratori come accadeva con le quote della pensione di anzianità sino al 2011. In questo contesto le nostre due proposte sostenute dai dem appaiono "strutturali, robuste e solide" precisa Damiano.
"Deve comunque restare ferma la possibilità di accedere alla pensione, indipendentemente dall'età anagrafica, con 41 anni di contributi (sia per uomini che per donne, ndr) e senza l'applicazione di penalizzazioni, perchè chi ha lavorato una vita intera non deve vedersi ridursi l'assegno".
seguifb
Zedde
Pensioni / Esodati, nessuna salvaguardia se la domanda è in ritardo
Chi ha ricevuto conferma dall'Inps di poter accedere alla salvaguardia deve presentare domanda di pensione entro la data di decorrenza indicata dall'Inps.
Kamsin Non presentare domanda di pensione dopo aver ricevuto la certificazione di poter fruire della salvaguardia espone al rischio di perdere il diritto al beneficio di ottenere la pensione con le vecchie regole pensionistiche. E' quanto ha indicato il messaggio inps 9305/2014 con riferimento a quei lavoratori che hanno avuto il via libera definitivo dall'Inps ad andare in pensione con le regole ante-fornero.
"I soggetti in possesso della lettera certificativa possono presentare la domanda di pensione in salvaguardia in qualsiasi momento successivo all’apertura della finestra al pari di tutti gli altri assicurati. In tali casi, tuttavia, qualora alla data di presentazione della domanda di pensione in salvaguardia risulti raggiunta la copertura finanziaria prevista dalla legge per ciascuna categoria di lavoratori salvaguardati, la domanda stessa dovrà essere respinta”.
La vicenda. La questione era nata da diverse interrogazioni poste agli uffici territoriali dell'Inps volte a comprendere se, dopo la ricezione della certificazione, fosse possibile ritardare la presentazione della domanda di pensione anche di diversi mesi al fine di conseguire un assegno piu' elevato. Secondo l’Inps, invece , il lavoratore che non rispetta la prima decorrenza utile della pensione in salvaguardia si assume il rischio di non avere poi diritto a pensione sulla base dei requisiti previsti per i salvaguardati.
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Zedde
Inps, stretta sui medici che non segnalano il decesso del pensionato
I medici che accertano la morte di un pensionato devono darne notizia all'Inps entro 48 ore dalla data del decesso pena una sanzione fino a 300 euro.
Kasmin L'Inps avvia una nuova stretta contro una forma di truffa particolarmente macabra, quella attuata da coloro che nascondono la morte di un familiare per continuare a percepire la pensione. Grazie alle nuove disposizioni contenute nella legge di Stabilità per il 2015 (legge 190/2014), che stanno per entrare in vigore, i margini di azione per i furbi si riducono notevolmente.
L'istututo ha pubblicato, infatti, la scorsa settimana la Circolare 33/2015 con la quale ricorda che i medici che accertano la morte di un pensionato devono darne comunicazione all'Inps entro 48 ore, pena una sanzione tra i 100 e i 300 euro. In particolare, per i medici necroscopi c'è l'obbligo di invio telematico all'Inps del certificato di accertamento del decesso entro 48 ore dall'evento con le stesse modalità per la trasmissione delle certificazioni di malattia online.
Dalla data del decesso, le prestazioni in denaro già erogate al pensionato da parte dell’INPS si intendono corrisposte con riserva, ai fini della verifica del diritto.
Gli Uffici pagatori (Banche e Poste), sui cui conti correnti tali somme sono accreditate, sono tenuti: 1) a restituire prontamente all’Istituto le somme corrisposte con riserva, nel caso in cui si accertasse che il beneficiario non ne avesse avuto diritto; 2) a fornire all’INPS le generalità del soggetto che ha disposto di tali somme, in caso di impossibilità sopravvenuta ad effettuare la restituzione.
La normativa è volta a correggere il ritardo dell'anagrafe nella comunicazione del decesso, ritardo che poteva arrivare anche ad alcune settimane, permettendo agli interessati di percepire comunque una o due rate di pensione non dovuta.
Al di là dell'aspetto penale, il fenomeno sebbene ridotto negli ultimi anni, comporta una perdita per l'Inps di alcuni milioni l'anno, somme che dovrebbero essere gradualmente recuperate grazie alle nuove procedure.
seguifb
Zedde
Pensione anticipata, stop alla penalizzazione solo sino al 2017
L'Inps in un recente messaggio ha già dato istruzione alle proprie sedi di non applicare la riduzione percentuale della pensione anticipata per le nuove prestazioni in attesa di ulteriori istruzioni.
Kamsin La riforma Monti Fornero ha previsto, per i lavoratori che accedono alla pensione anticipata con un'età inferiore ai 62 anni, la riduzione del trattamento di pensione di un importo pari all' 1 % per ciascuno dei primi due anni mancanti ai 62 anni d'età (60 e 61), destinata poi ad aumentare del 2% per ogni ulteriore anno di anticipo rispetto ai 60 anni di età.
La penalizzazione non opera sull'intero trattamento di pensione ma solo sulla eventuale quota retributiva maturata sino al 31 dicembre 2011. Quindi le prestazioni calcolate con il sistema contributivo (dal 1° gennaio 1996) e nella gestione separata non vengono comunque interessate dalla penalizzazione. Successivamente, il "decreto mille proroghe" del 2012 ha disposto la sospensione della penalizzazione per i soggetti che maturino il requisito contributivo per la pensione anticipata entro il 31 dicembre 2017. Tale sospensione opera, però, a condizione che l'anzianità contributiva necessaria al pensionamento sia maturata considerando solo contribuzione derivante da "prestazione effettiva di lavoro", a cui il legislatore ha esplicitamente assimilato solo i seguenti periodi di contribuzione figurativa: il congedo di maternità, il servizio militare, la malattia e infortunio e la cassa integrazione guadagni ordinaria.
La materia è stata, poi, ulteriormente modificata nel 2013 con due provvedimenti che hanno incluso tra i periodi assimilabili alla prestazione effettiva di lavoro quindi utili a evitare la penalizzazione anche le assenze dal lavoro per la donazione di sangue e di emocomponenti, i congedi parentali di maternità e paternità, nonché i congedi e i permessi concessi ai sensi della legge n. 104/1992 in favore del lavoratore disabile grave o di un suo familiare.
Da ultimo, con la legge di Stabilità 2015, il Parlamento è di nuovo intervenuto prevedendo uno stop generale alla penalizzazione con effetto sulle pensioni anticipate con decorrenza dal 1° gennaio 2015 e limitatamente ai soggetti che maturino i requisiti contributivi entro il 31 dicembre 2017.

In altri termini, la penalizzazione per le pensioni anticipate con decorrenza da gennaio 2015 è in ogni caso esclusa, indipendentemente dalla qualità della contribuzione con cui si raggiunge il diritto. L'Inps in un recente messaggio ha già dato istruzione alle proprie sedi di non applicare la riduzione percentuale della pensione anticipata per le nuove prestazioni in attesa di ulteriori istruzioni.
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Zedde
A cura del Patronato Acli
Opzione Donna, il Comitato Avvia la Class Action al Tar
Finirà davanti al Tar del Lazio, con una class action il nodo dell'«opzione donna». Si tratta della possibilità concessa dalla legge 243 del 2004 per le donne con almeno 57 anni d'età e 35 anni di contributi di andare in pensione ma con l'assegno calcolato con il sistema contributivo.
Kamsin Parte la class action per ottenere la pensione a 57 anni. Il Comitato guidato da Daniella Maroni ha dato ufficialmente il via libera alla raccolta delle firme per la promozione del ricorso innanzi al Tar del Lazio contro l'Inps volto ad ottenere la revoca o la modifica delle Circolari Inps 35 e 37 del 14 marzo 2012 che impediscono alle lavoratrici che maturano i requisiti nel 2015 di accedere alla cd. opzione donna.
L'Inps è intervenuta il 2 dicembre scorso con un messaggio interno ai propri uffici (messaggio inps 9304/2014) con il quale ha riaperto i termini per la domanda in attesa di ricevere istruzioni dai ministeri vigilanti (Lavoro ed Economia), che non risulta siano ancora arrivate. In sostanza gli sportelli lnps devono continuare ad accettare le domande anche nel 2015, ma non si sa se esse poi verranno accolte. Il comitato opzione donna ha ritenuto insufficiente il messaggio Inps e ha quindi deciso di avviare il ricorso collettivo, che, una volta raccolte tutte le adesioni, sarà depositato al Tribunale amministrativo del Lazio.
Per l'avvio dell'azione giudiziaria, guidata dagli avvocati Maestri e Sacco, è richiesto il raggiungimento di un numero minimo di adesioni pari a 200 ricorrenti ed il pagamento di un contributo di 300 euro (quota che ricomprende tutte le tasse e le spese). Il contributo - scrivono dal Comitato - dovrà essere versata esclusivamente a mezzo bonifico sul conto corrente dedicato alla class action di cui saranno comunicate le coordinate a partire dal 16 febbraio.
Per partecipare le aderenti devono altresì stampare ed inviare agli avvocati che seguono la causa un mandato difensivo (un fac-simile è qui disponibile). La firma del mandato deve essere autenticata, precisano dal Comitato, innanzi al pubblico ufficiale dell'anagrafe del Comune di residenza, ad un notaio, o presso gli studi degli avvocati Sacco e Maestri. Il mandato originale deve essere quindi spedito ai legali per posta o consegnato agli avvocati in occasione della sottoscrizione. I legali hanno dato disponibilità anche ad organizzare trasferte in altre città per raccogliere le adesioni delle lavoratrici che non riuscissero ad ottenere l'autenticazione della firma presso il Comune o presso un notaio.
Al mandato occorre sempre allegare una fotocopia della carta di identità, del codice fiscale e della distinta del bonifico effettuato (anche quando viene consegnato personalmente presso lo studio dei legali).
I tempi del ricorso. L'obiettivo del Comitato è di raggiungere la soglia minima di adesioni e di notificare e depositare il ricorso collettivo entro il 31 Marzo 2015 presso il Tar del Lazio. Una volta depositato il ricorso, il TAR dovrà fissare l'udienza d'ufficio in una data compresa tra il 90mo e il 120mo giorno dal deposito. Pertanto, ricordano dal Comitato, già entro l'estate il Tar potrebbe, se non ci saranno intoppi, esprimersi sul ricorso.
seguifb
Zedde

