Pensioni

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L'ex premier: "Rispetto la sentenza, ma si dimentica che ci attendeva la Troika Difficile garantire le prestazioni, le decisioni delle corti europee divergono".

Kamsin «Rispetto la sentenza della Corte, come sempre, ma sono perplesso». Così Mario Monti, Presidente del Consiglio dei Ministri il cui Governo nel dicembre 2011 ha dato il via libera alla controversa norma sul blocco dell'indicizzazione delle pensioni bocciata Venerdì scorso dalla Corte Costituzionale. «Quello della Corte è un mondo calmo, riflessivo, che deve ragionare ex post e non è esposto alle tempeste che i governi devono affrontare in situazioni di emergenza. Il nostro primo dovere allora era evitare il default. In quel caso, come oggi in Grecia, sarebbero state a rischio le pensioni, non solo il loro aumento per recuperare l'inflazione. Immagino che la questione sia stata dibattuta anche all'interno della Corte: secondo resoconti giornalistici la sentenza sarebbe stata adottata con sei voti a favore e sei contrari e il sì determinante del presidente».

Monti difende l'operato del suo governo giustificato dalla logica dell'emergenza e dalla necessità di tenere sotto controllo lo spread ricordando, peraltro, come si fosse riusciti ad evitare lo sgancio dall'inflazione almeno degli assegni piu' bassi, inferiori cioè a 1450 euro al mese lordi. «Dal punto di vista finanziario la situazione dell'Italia di allora puntava pericolosamente in direzione della Grecia. Se non avessimo preso le misure necessarie, sarebbe intervenuto il default oppure sarebbe arrivata la Troika. La Corte non avrebbe avuto nulla da eccepire. Ma l'Italia avrebbe perduto il proprio credito oppure la sovranità nazionale».

«La situazione era tale per cui nei giorni precedenti il decreto sembrava inevitabile bloccare l'indicizzazione di tutte le pensioni, a prescindere dal reddito. Ma Elsa Fornero e io - e con noi i nostri colleghi - ci siamo ribellati nelle nostre stesse coscienze. Pur di evitare il blocco per le più povere, riaprimmo le posizioni del precedente "scudo fiscale" e imponemmo ex post un tassazione supplementare».

Impossibile, secondo Monti, colpire solo gli assegni superiori a 3700 euro al mese, come fece nel 2007 il governo Prodi senza che la Consulta avesse da obiettare: «Non ce lo potevamo permettere. Occorreva un risparmio maggiore, e poi c'era un problema di equilibrio politico. Le misure sulle pensioni, sgradite al Pd, facevano parte di un pacchetto in cui erano comprese misure sgradite al Pdl, l'Imu e l'inasprimento della lotta all'evasione fiscale. Solo grazie a questo mix di sacrifici politici, il "SalvaItalia" venne approvato dal Parlamento, rapidamente e a larga maggioranza».

Per quanto riguarda la quantificazione delle risorse Monti ammette che «avremmo dovuto fare uno sforzo in più, ma in quelle settimane si lavorava con una fretta diabolica. Giusto per rinfrescare la memoria storica: lo spread, che a novembre aveva toccato i 574 punti base, oscillava attorno ai 500. Oggi è a 110. Per collocare Btp decennali bisognava remunerarli all'8 per cento, oggi all'1,4. Il petrolio costava 110 dollari il barile, oggi 57. Il cambio dell'euro con il dollaro era 1,35, oggi è 1,12. Mario Draghi era appena entrato in carica e, lungi dall'assumere atteggiamenti espansivi, lanciò l'idea di un fiscal compact rigoroso, subito fatta propria dalla Germania».

L'ex Premier poi ribadisce che l'intervento della Corte non sottrae al Governo la possibilità di intervenire nuovamente per limitare i danni: «non sono abbastanza competente, ma ovviamente una Corte che dichiara una legge incostituzionale compie parte del suo compito. D'altra parte il governo può intervenire nuovamente, tenendo conto dei rilievi della Corte. Immagino che non si rassegnerà a subirne silente l'impatto finanziario».

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Zedde

I lavoratori soggetti alle nuove regole pensionistiche con contribuzione mista hanno a disposizione diverse strade per centrare l'uscita.

Kamsin Per i lavoratori interessati dalla riforma previdenziale Fornero del 2011 che hanno contribuzione mista, cioè accreditata presso diverse gestioni previdenziali, può essere utile verificare quali sono le opzioni per avvicinarsi al traguardo della pensione. È chiaro che non ci sono scorciatoie in quanto la maggior parte delle opzioni prevedono comunque il versamento, direttamente o indirettamente di un onere, ma può risultare comunque utile avere un quadro entro cui è possibile muoversi per anticipare l'uscita. 

Chi ha contribuzione mista e non ha ancora raggiunto i requisiti per il conseguimento di una prestazione diretta a carico di una gestione previdenziale, ipotesi ormai sempre piu' frequente a causa della discontinuità dell'attività lavorativa, deve infatti valutare attentamente quali strumenti l'ordinamento mette a disposizione per riunire le diverse contribuzioni ai fini del conseguimento di un'unica prestazione previdenziale.  

Vediamo dunque, attraverso una tavola ragionata, quali sono le opzioni disponibili e a quale "prezzo" è possibile percorrerle.

La ricongiunzione - La prima facoltà da tenere a mente per il lavoratore è quella di ricongiungere a pagamento i versamenti effettuati in diverse gestioni previdenziali in un'unica gestione. La ricongiunzione è esercitabile sia dai lavoratori dipendenti che dagli autonomi e professionisti (ad eccezione però degli iscritti alla gestione separata) con un onere che può essere rateizzato. Con la ricongiunzione è possibile maturare una qualsiasi pensione nella gestione accentrante con le regole di calcolo previste per quest'ultima.

Con l'abolizione della pensione di anzianità, la necessità del pagamento di un onere e la sostanziale equiparazione dei requisiti per il conseguimento della pensione di vecchiaia in tutte le gestioni della previdenza pubblica, questo istituto è divenuto ormai meno utilizzato rispetto al passato. Ma resta pur sempre una strada percorribile per riunire tutti gli spezzoni contributivi e centrare i 41 anni e mezzo di contributi (42 anni e mezzo per gli uomini) necessari per uscire con la pensione anticipata.

La totalizzazione - Una seconda strada per chi possiede contributi in diverse casse previdenziali è quella di maturare la pensione di vecchiaia o di anzianità in regime di totalizzazione. L'istituto interessa praticamente tutte le gestioni previdenziali comprese le casse professionali e la gestione separata Inps. A differenza della ricongiunzione, la totalizzazione è completamente gratuita e non trasferisce i contributi da una gestione all'altra.

Il calcolo però viene effettuato con il sistema contributivo (di regola) e, pertanto, può comportare una decurtazione nel trattamento economico erogato. Con la totalizzazione si può conseguire una prestazione pensionistica al perfezionamento di 40 anni e 3 mesi di contributi (piu' una finestra mobile di 21 mesi) indipendentemente dall'età anagrafica oppure con 65 anni e 3 mesi unitamente a 20 anni di contributi (piu' una finestra mobile però di 18 mesi). Ad esempio se ci sono 21 anni di contributi nella gestione dipendenti e altri 20 nella gestione separata questi contributi si possono "sommare" per ottenere un'unica prestazione.

Il cumulo ex legge 228/2012 - La terza strada è piu' recente in quanto è stata introdotta con la legge di stabilità 2013. Consente ai lavoratori iscritti presso due o più gestioni previdenziali - ad eccezione delle casse professionali - di cumulare gratuitamente tali contributi per conseguire la pensione di vecchiaia. La facoltà di cumulo in questione è totalmente gratuita ed inoltre ha il vantaggio di lasciare inalterato il sistema di calcolo applicabile in base alle anzianità maturate. Questo istituto tuttavia può essere utilizzato solo se non è stato maturato un diritto a pensione nelle gestioni interessate ed all'età anagrafica prevista per la pensione di vecchiaia. Quindi mai prima dei 66 anni e 3 mesi (almeno di regola).

Questa facoltà può essere utile ad esempio se un lavoratore ha 10 anni di contributi nella gestione inps dipendenti ed altri 10 nella gestione separata. Senza tale istituto il lavoratore non avrebbe mai conseguito un diritto a pensione in nessuna delle due gestioni (perchè mancavano i 20 anni di  contributi) e avrebbe dovuto quindi totalizzare a 65 anni e 3 mesi rimettendoci però sull'importo dell'assegno per il diverso sistema di calcolo. Con il cumulo, invece, potrà ottenere a 66 anni e 3 mesi una prestazione di vecchiaia mantenendo il sistema di calcolo previsto nelle rispettive gestioni.

Il Computo nella Gestione Separata - Chi è iscritto alla Gestione Separata può chiedere il computo in tale gestione dei contributi accreditati nella Gestione Inps dipendenti, nei fondi speciali per i lavoratori autonomi e negli altri fondi sostitutivi ed esclusivi dell'Ago (articolo 3, Dm 282/1996). L'istituto è attivabile però solo da quei lavoratori in possesso di anzianità contributiva al 1° gennaio 1996 (però con meno di 18 anni di contributi alla medesima data); che abbiano 15 anni di contributi di cui almeno 5 nella gestione separata. Il Computo è gratuito ma comporta che il calcolo dell'assegno sia determinato completamente con il sistema contributivo. 

Con questo strumento i lavoratori possono però centrare l'uscita con le regole previste per i contributivi puri indicate dalla Legge Fornero (cioè pensione a 66 anni e 3 mesi con 20 anni di contributi; a 41 anni e 6 mesi di contributi indipendentemente dall'età anagrafica (42 anni e 6 mesi gli uomini); a 63 anni e 3 mesi di età unitamente a 20 anni di contributi "effettivi" a condizione che l'importo dell'assegno non risulti inferiori a 2,8 volte l'assegno sociale.

Il Cumulo per i contributivi puri - Scarsamente utilizzata e conosciuta invece la possibilità di cumulare i contributi per chi è entrato nel mondo del lavoro successivamente al 31.12.1995. Il Dlgs 184/1997 consente infatti a chi non è in possesso di anzianità contributiva a tale data e risulti iscritto presso due o più gestioni previdenziali - compresi i periodi lavorati nelle casse professionali a condizione che queste ultime abbiano adottato il sistema contributivo - la possibilità di sommare tali periodi per ottenere una prestazione previdenziale al perfezionamento dei requisiti previsti dalla legge Fornero per i contributivi puri.

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«Il governo e l'Inps devono applicare la sentenza emessa dalla Corte costituzionale sulla rivalutazione delle pensioni così come avvenne con il contributo di solidarietà su quelle d'oro che fu restituito a stretto giro». Kamsin Chiede il segretario generale dello Spi-Cgil, Carla Cantone. "Dopo la vicenda degli esodati un altro clamoroso colpo alla legge Fornero: la sentenza della Corte Costituzionale conferma che la cosiddetta riforma non sta in piedi e che le norme vigenti vanno cambiate". «È del tutto evidente - aggiunge Cantone - che bisognerà tornare al meccanismo di rivalutazione ante Fornero. La sentenza su questo è molto chiara: non si può fare cassa con i pensionati. Le pensioni da lavoro, che sono state conquistate e non regalate, devono essere tutelate».

Aprire subito il confronto per introdurre piu' flessibilità in uscita
Secondo la leader della Cgil "il governo sbaglia a non aprire urgentemente un confronto su come modificare la legge nel suo complesso, richiesta avanzata più volte unitariamente dai sindacati", ricorda. "Ora - conclude la dirigente sindacale - restituire subito il maltolto ai pensionati, a partire da quelli con assegni pari a tre volte il minimo".

Palazzo Chigi, conclude la leader del sindacato pensionati Cgil, deve quindi «rimettere mano a tutto l'impianto di una riforma che ha penalizzato anziani, adulti e giovani», intervenendo «anche sul capitolo esodati ed età pensionabile». I punti chiave secondo il sindacato sono «la reintroduzione del sistema delle quote unitamente ad una misura per i lavoratori precoci: 40-41 anni di contributi è limite massimo che può essere chiesto per andare in pensione ad un operaio che ha iniziato a lavorare a 15 anni. Particolare attenzione va riservata anche alle lavoratrici» sostengono dalla Cgil. «Sappiamo che sono state depositate diverse proposte di legge in tal senso dal Pd alla Camera e che sono condivise anche dalla maggioranza delle forze politiche. Non si comprende quando si inizierà a fare sul serio».

Il Condacons lancia un'azione collettiva
In arrivo anche una class action promossa dal Codacons a favore dei pensionati per la rivalutazione degli assegni pensionistici inferiori ai 2.400 euro mensili. Il presidente dell'associazione dei consumatori, Carlo Rienzi, intende incalzare raccogliendo i ricorsi di migliaia di pensionati perché «tagliare gli assegni pensionistici o bloccare la rivalutazione delle pensioni, come ha sostenuto la Consulta, è un atto illegittimo». La stessa Costituzione, conclude «prevede l'obbligo di dare una vita libera e dignitosa ei lavoratori e ai pensionati, i quali hanno diritto ad aumenti delle pensioni proporzionali alla crescita del costo della vita».

seguifb

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L'ex ministro del Lavoro Elsa Fornero non condivide la sentenza della Corte Costituzionale di ieri secondo la quale è illegittimo il blocco dei trattamenti pensionistici al costo della vita per gli assegni superiori a tre volte il minimo Inps.

Kamsin Non riesco a capire. Bloccare le pensioni alte, o comunque non quelle più basse, in un momento di grave crisi finanziaria è una manovra contro la quale è difficile eccepire». Elsa Fornero, il ministro del welfare che nel governo Monti aveva avviato la riforma delle pensioni non condivide la sentenza della Corte Costituzionale di ieri secondo la quale è illegittimo il blocco dei trattamenti pensionistici al costo della vita per gli assegni superiori a tre volte il minimo Inps. Lo fa in una intervista raccolta dal Quotidiano de la Repubblica.

Professoressa Fornero, come commenta la sentenza che la commosse durante il suo governo? «Non la commento, perché non la conosco nel dettaglio. Ma la prima osservazione è che non era certo una norma stabilita da me. Per una volta, il governo Monti era stato unanime nel ritenere che per ragioni di emergenza finanziaria fosse motivato stabilire quel blocco. Non era facile, e di fatti io stessa ne fui colpita, e chiesi che la norma non fosse estesa a chi percepiva 1000 euro almese, o meno. Una richiesta personale fatta proprio alla luce della mia comprensione dei problemi».

Dunque la norma non faceva parte della riforma pensionistica? «Assolutamente no. Non fu una norma proposta da me e non entrò nella riforma. Fu dovuta alla situazione economica tragica del Paese, da tutti conosciuta. Il governo impose il blocco per due anni. E l'indicizzazione delle pensioni più basse fu sbloccata grazie al mio intervento».

Ora la decisione della Consulta addebita fino a 5 miliardi allo Stato? «E difficile pensare che quella norma fosse incostituzionale nelle circostanze di quel periodo. Non si trattava di una retribuzione differita a chi la percepiva, non corrispondeva ai contributi versati. E questa norma arrivava in un momento in cui tutti piangevano per i giovani senza lavoro. É difficile vederla ora come incompatibile con la Costituzione». «Sei sindacati difendono l'indicizzazione delle pensioni alte, è un fatto paradossale, che fa pensare che il mondo va alla rovescia. E non capisco neppure perché sollevare ora, quando l'intera manovra era digerita, un dubbio di incostituzionalità».

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Zedde

Il provvedimento consentirà di erogare le mensilità residue nell'anno 2015 ai lavoratori destinatari del Dm 85708 del 24 Ottobre scorso.

Kamsin E' stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto 88332/2015 che concede il pagamento delle mensilità residue del 2015 per i lavoratori esodati ante 2010 destinatari del decreto interministeriale n. 85708 del 24 ottobre 2014. E' previsto un onere di 19,8 milioni di euro a carico del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione.

L'articolo 1 del citato decreto prevede infatti la concessione "del prolungamento dell'intervento di tutela del reddito, con esclusione della contribuzione figurativa, in favore dei lavoratori gia' destinatari del decreto n. 85708 del 24 ottobre 2014. In favore dei lavoratori [...] il prolungamento del sostegno al reddito e' concesso limitatamente alle mensilita' residue nell'anno 2015 e relative al prolungamento degli interventi di sostegno al reddito autorizzati con decreto interministeriale n. 85708 del 24 ottobre 2014".

Destinatari. Il decreto interessa i lavoratori, di cui ai profili di seguito illustrati, la cui finestra fissa di accesso alla pensione calcolata prima del Dl 78/2010 si aprisse nel corso del 2014 e che, per effetto dell'applicazione del citato decreto legge, fosse slittata successivamente al 31 dicembre 2014. Questi lavoratori, infatti, hanno potuto beneficiare del sostegno di cui al Dm 85708/2014 solo sino alla data del 31 Dicembre 2014 mentre risultavano scoperte le, eventuali, mensilità del 2015. I profili dei lavoratori interessati dal provvedimento sono:

a) i lavoratori collocati in mobilita' ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive  modificazioni, sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 30  aprile 2010 (cessati dal servizio entro la medesima data) e che maturano i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennita' di  mobilita'  di  cui  all'articolo  7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223;

b) i lavoratori collocati in mobilita'  lunga ai sensi dell'articolo 7, commi 6 e 7, della legge 23 luglio 1991, n.  223, e successive modificazioni e integrazioni, per effetto di accordi collettivi stipulati entro il 30 aprile 2010;

c) i lavoratori che al 31 Maggio 2010, sono titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarieta' di settore di cui all'art. 2, comma 28, della  legge  23 dicembre 1996, n. 662. 

Un esempio - Si immagini un lavoratore che abbia raggiunto il diritto a pensione (es. la quota 97,3) nel marzo 2014 e che avrebbe, pertanto, visto l'apertura della finestra fissa di accesso al 1° luglio 2014, data in cui termina l'assistenza dell'indennità di mobilità ordinaria (o lunga) o l'assegno straordinario di sostegno al reddito a carico dei fondi di solidarietà di settore. Per effetto della legge 122/2010 ora la sua pensione verrà erogata il 1° Aprile 2015. E quindi sta subendo un vuoto economico di quasi un anno.

Il decreto interministeriale 85708 gli ha consentito di ottenere, seppur in ritardo rispetto alle reali necessità, la copertura delle mensilità tra agosto 2014 ed il 31 dicembre 2014 mentre risultavano ancora scoperte le mensilità del 2015 (gennaio-aprile). Ora grazie al Dm 88332/2015 anche tali mensilità potranno essere corrisposte a completamento della copertura prevista dall'articolo 12, comma 5-bis del Dl 78/2010.

Il testo del Dm 88332/2015

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Zedde

E' l'effetto della sentenza 70/2015 con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo, per il biennio 2012-2013, il blocco della perequazione sui trattamenti pensionistici di importo superiore a tre volte il minimo INPS.

Kamsin Il Governo dovrà trovare dai 5 ai 10 miliardi di euro per restituire quanto indebitamente sottratto a 6 milioni di pensionati con la Legge Fornero del 2011. Ben piu' del «tesoretto» da 1,6 miliardi del governo Renzi messo da parte con il Def e poi congelato dalla Ragioneria dello Stato per ridurre il debito pubblico. E' questo l'effetto principale della Sentenza della Corte Costituzionale 70/2015 con la quale è stata "bocciata" la norma della Legge Fornero del 2011 con la quale si è fermata la rivalutazione all'inflazione dei trattamenti previdenziali superiori a 3 volte il trattamento minimo inps (circa 1450 euro lordi al mese) per gli anni 2012 e 2013. 

L'indicizzazione, com'è noto, è un meccanismo che tutela dall'inflazione il valore degli assegni che altrimenti verrebbero erosi nel tempo nel loro potere d'acquisto. In pratica, l'Istat determina la percentuale di incremento del livello dei prezzi da un anno all'altro e l'Inps eroga, da quel momento in avanti, la pensione aumentata di quella percentuale.

Dal 1° gennaio 2014, la rivalutazione è stata poi riattribuita seppur con gradualità in funzione dell'importo  senza prevedere alcun recupero per gli anni di blocco. Ciò ha portato inevitabilmente a una perdita irrecuperabile e quindi a una riduzione del potere di acquisto. Per questo, il diritto a una prestazione previdenziale adeguata risulta irragionevolmente sacrificato essendo intaccati i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale. La pensione è, infatti, intesa quale retribuzione differita in un quadro di solidarietà.

Gli effetti della sentenza. La Sentenza è destinata a produrre effetto solo sugli assegni di pensionati che avevano nel 2012 un assegno superiore a 1.446 euro al mese (lordi) e 1.486 euro nel 2013. L'effetto sarà duplice: da un lato vedranno crescere l'assegno mensile di alcune decine di euro e dall'altro dovrà essere corrisposto loro un ristoro oscillante tra i mille e i 2mila euro (lordi) in media per recuperare quanto indebitamente lasciato sul terreno in questi anni. L'entità del recupero, in entrambi i casi, dipende dal valore dell'assegno: piu' è alto il rateo mensile maggiore sarà l'importo che dovrà essere corrisposto al pensionato. Ma bisogna comunque considerare che una parte di questi denari tornerà allo Stato come tassazione Irpef. Non ci saranno effetti invece sugli assegni piu' bassi, in quanto questi sono stati già pienamente indicizzati all'inflazione nel biennio incriminato.

Le modalità di restituzione dovranno essere concordate dall'Inps e dal Governo. In astratto si può ipotizzare la restituzione immediata anche se è piu' probabile l'approvazione di una apposita legge che preveda la rateizzazione del rimborso, come è accaduto in passato, e come stanno già ipotizzando all'Economia; in tale occasione, peraltro, è possibile anche che si decida di confermare il blocco biennale solo sugli importi piu' elevati (ad esempio su quelli superiori a 6-7 volte il trattamento minimo). Il viceministro, Enrico Morando, reagisce così alla notizia: «Sembrerebbe una sentenza che rende obbligatoria la restituzione di ciò che era stato non pagato in base al blocco delle indicizzazioni...». Più tardi Palazzo Chigi fa filtrare che è in corso la verifica dell'impatto della sentenza sui conti pubblici. Una «prova non facile», l'ammissione, ma «troveremo una soluzione». Di certo il rischio è che si mettano a repentaglio le ipotesi di intervento per correggere le altre storture della Legge Fornero.

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