Pensioni

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Lo schema introdotto della legge Fornero, a due anni di distanza dal varo del decreto 201/2011 non è stato stravolto. Le ipotesi correttive che si sono susseguite in questi anni sono rimaste solo sulla carta perchè non hanno, sinora, trovato una sponda parlamentare in grado di tradurle in fatti. Kamsin E' questa, in sintesi, la fotografia del sistema previdenziale italiano all'indomani della Riforma Fornero, quel drammatico provvedimento che ha causato la perdita del sonno per moltissimi lavoratori.

In pratica non sono stati messi in discussione nè dal Governo Letta nè da Renzi i due capisaldi della Riforma. E cioè il metodo di calcolo contributivo pro rata per tutti (anche per coloro che erano stati esclusi dalla Dini del 1995) e l'aumento dell’età per il pensionamento, con un innalzamento anche dell’anzianità contributiva utile per l'accesso alla pensione anticipata.

In questo periodo l'unico fronte che ha registrato qualche sostanziale passo avanti è stato quello relativo ai cd. esodati: dai 65mila soggetti salvaguardati con la prima salvaguardia nel dicembre 2011 siamo arrivati a raddoppiare poco piu' il loro numero attraverso altri quattro provvedimenti ad hoc, l'ultimo varato nel dicembre 2013 con la legge 147/2013. Complessivamente sono poco piu' di 130 mila i lavoratori che potranno mantenere le vecchie regole di pensionamento, in via del tutto eccezionale. Un platea tutto sommato ristretta dato che gli interessati, secondo le stime della Cgil, sono oltre 250 mila, senza considerare il difficile iter che gli sventurati devono seguire per vedersi riconoscere la possibilità di accedere al beneficio.

All'appello, dispersi nel calderone delle politica romana, mancano soprattutto quei provvedimenti che dovebbero consentire un'uscita piu' flessibile, tanto sbandierati dalle forze politiche in questi mesi. Provvedimenti a carattere strutturale e non eccezionale che dovrebbero offrire una ciambella di salvataggio soprattutto a coloro che hanno perso il lavoro dopo il 2011.

Andremo invece incontro ad un inasprimento dei requisiti per l'ingresso alla pensione. A fine anno conosceremo molto probabilmente l'entità ufficiale del prossimo scatto sull'adeguamento alla stima di vita che prenderà effetto dal 1° gennaio 2016. Sulla carta sono previsti 4 mesi in piu' che si andranno ad aggiungere sia ai requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia sia ai requisiti contributivi previsti per la pensione anticipata. Non solo. Gli adeguamenti, in questa fase, sono triennali, poi diventeranno più frequenti, una volta ogni due anni con il rischio di una spirale senza fine. La riforma, peraltro, prevede solo ritocchi all’insù e non è prevista l’ipotesi di correzioni in diminuzione nel caso le tabelle sulla vita media mostrassero un andamento al ribasso. Nel 2015 aumentaranno i requisiti per la vecchiaia delle lavoratrici autonome e dipendenti in modo che, entro il 2018, i requisiti saranno allineati con quelli previsti per gli uomini. 

Per le donne si sta chiudendo inoltre la strada dell’opzione al contributivo, l'unica forma che attualmente consente di anticipare l'uscita (ma a caro prezzo) su cui si spera in una proroga. Il metodo è una sorta di "baratto": si anticipa un pò l'età per la pensione ma si accetta di avere un assegno calcolato con il sistema contributivo. In pratica, le donne possono optare per il contributivo avendo raggiunto i 57 anni e tre mesi , se dipendenti, e i 58 anni e tre mesi, se autonome. E 35 anni di contributi.

Zedde

Adesso sappiamo che sulla Pubblica Amministrazione i Decreti sono due, come ha annunciato il ministro Madia: tra poco ne conosceremo anche i contenuti, che è quello che più conta. Kamsin Così l'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano nel commentare le dichiarazioni della titolare della Funzione Pubblica Marianna Madia riguardo le novità contenute nel decreto legge sulla Riforma della Pubblica Amministrazione.

"Fino a questo momento, basandoci su informazioni sommarie, abbiamo concentrato la nostra attenzione su alcuni punti: sulla previdenza siamo soddisfatti che non siano previsti prepensionamenti per i soli lavoratori pubblici, che avrebbero creato una intollerabile discriminazione nei confronti dei lavoratori privati ed in particolare degli “esodati”. Il Governo, infatti, dovrebbe varare una norma di flessibilità del sistema pensionistico che consenta ai lavoratori pubblici e privati di andare in pensione a partire dai 62 anni. Sulla mobilità obbligatoria è positivo che sia stata smentita l’ipotesi dei 100 chilometri, ma adesso occorre che il passaggio da posto a posto di lavoro nel raggio di 50 chilometri non preveda il demansionamento dei lavoratori e che sia oggetto di un confronto preventivo e non vincolante con i sindacati. Sulla voce che è circolata relativa all’assunzione di dirigenti o simili senza concorso, ci limitiamo ad osservare che c’è la Costituzione e pure i vincitori e gli idonei di concorso, ai quali va data prioritariamente una soluzione insieme ai lavoratori precari" ha concluso Damiano.

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Il governo Renzi sarebbe favorevole a varare un nuovo provvedimento di salvaguardia, il sesto, per consentire ad ulteriori 8.000 persone la possibilità di mantenere le previgenti regole di pensionamento, piu' favorevoli. Kamsin E' quanto si apprende da fonti vicine all'esecutivo in esito alla discussione incardinata in questi giorni alla Camera alla vigilia della calendarizzazione (spostata al 30 giugno) della proposta di legge unificata in materia di esodati. La pdl 224, che raccoglie diverse soluzioni presentate l'ultimo anno dai partiti per risolvere definitivamente il problema "esodati", risulterebbe infatti troppo esosa per l'esecutivo: secondo la Ragioneria dello Stato e l'Inps costerebbe ben 47,145 miliardi tra il 2014 e il 2025, una cifra "irricevibile" secondo il Ministro dell'Economia Padoan.

L'esecutivo Renzi potrebbe invece condividere l'idea di un correttivo temporaneo per spostare, come suggerito dal Presidente della Commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano, di un altro anno il vincolo temporale per entrare in salvaguardia. Oggi il paletto risulta infatti fissato al 6 Gennaio 2015, almeno per la maggior parte dei salvaguardati, ora con la nuova misura potrebbe arrivare al gennaio 2016. Beneficiari dell'intervento sarebbero i lavoratori in mobilità, i dipendenti pubblici esonerati dal servizio, i lavoratori in congedo per la cura di parenti disabili, i cessati per accordi individuali o collettivi, i licenziati individuali e i prosecutori volontari. Nella nuova misura, che non avrebbe alcun profilo strutturale, potrebbero risultare salvaguardati anche i lavoratori cessati da un contratto a tempo determinato che si trovassero a 4 anni dalla maturazione dei requisiti previdenziali pre-riforma. In numeri si tratterebbe di circa 8.000 soggetti in più rispetto al totale generale fissato finora in 162.130 "esodati" salvaguardati, cifra quest'ultima cui è associata una stima di maggiore spesa previdenziale per 11,6 miliardi entro il 2022-2023.

Quanto alle risorse il governo potrebbe studiare l'ipotesi lanciata nei giorni scorsi dallo stesso Damiano che ha suggerito di utilizzare le dotazioni avanzate messe in campo per la seconda salvaguardia (Dl 95/2012); secondo Damiano infatti le risorse stanziate sono state superiori alle domande che hanno ottenuto il via libera dell'Inps e quindi ci sarebbe un "tesoretto" da impiegare per altri scopi. 

Il tutto ancora una volta in attesa di un intervento strutturale, possibile già con la prossima legge di stabilità, volto a tutelare stabilmente coloro che, a due anni dalla maturazione dei requisiti,  si ritrovino senza lavoro. L'idea è quella del "prestito pensionistico" alla quale aveva cominciato a lavorare l'ex ministro del Lavoro Enrico Giovannini, un'ipotesi che prevede un anticipo dell'assegno Inps (con contribuzione piena da parte del datore) per due anni prima del compimento dell'età pensionabile che poi sarebbe restituito dal lavoratore con un piccolo prelievo sull'assegno pensionistico una volta conseguita la pensione.

Zedde

Il tempo medio di erogazione delle prestazioni pensionistiche potrebbe aumentare ed essere soggetto a ritardi. E' quanto emerge nel piano triennale elaborato dall'Inps che testimonia i rischi del limitato turn-over del personale impiegatizio dell'istituto. Kamsin. Nel triennio 2014-2016 sono destinati infatti ad andare in pensione 2.405 dipendenti dell'istituto determinando così un calo del 7,5% rispetto al gennaio di quest'anno. Un ulteriore taglio che si aggiunge a quello di 3.000 unità che hanno lasciato negli ultimi 24 mesi e che, con le attuali limitazioni normative, potrà essere solo parzialmente ricoperto con 500 assunzioni; per l'Inps ne servirebbero infatti altri 2.500 per garantire un servizio adeguato alla clientela.

Nel piano viene messo nero su bianco che "il peggioramento dell'indice di giacenza non incide esclusivamente sui tempi di erogazione delle prestazioni, ma genera un peggioramento su tutti i livelli di servizio e i tempi di risposta. In particolare nell'area dei contributi, il peggioramento delle giacenze è causa di rallentamenti significativi nell'accertamento e recupero dei crediti contributivi con evidenti riflessi sulle entrate dell'istituto". E' molto probabile pertanto un allungamento dei tempi di concessione delle pensioni e in ogni caso dei tempi di risposta dall'Istituto alle richieste dei cittadini. Lo scenario indica il "superamento del limite massimo di produttività pro-capite media mensile del personale"; in pratica i dipendenti dell'Inps stanno lavorando al limite delle loro capacità e, dato il progressivo aumento dell'età media ( che è destinata a passare dai 52,6 anni del 2014 ai 57,7 del 2020) l'Inps avverte che bisognerà rivedere i criteri dell'attuale turnover e potenziare l'organico, se si vogliono mantenere standard di servizio adeguati alle legittime aspettative della collettività.

Ma ad ogni modo la cura dimagrante avviata alcuni anni fa mostra riflessi positivi sul piano finanziario. Le spese di funzionamento saranno tagliate di 517,7 milioni all'anno nel prossimo triennio; nel 2014 il risparmio aggiuntivo rispetto al 2013 sarà di 180 milioni. Scende anche la spesa complessiva che viene fissata a 4,4 miliardi nel 2014, a 4,37 nel 2015 e nel 2016. "A livello territoriale - si legge nel documento - la nuova organizzazione prevede il progressivo adeguamento in funzione dell'evoluzione delle caratteristiche dell'utenza, il mantenimento di livello di presidio del territorio adeguati e l'evoluzione verso i servizi di orientamento e consulenza". Il piano, poi, cerca di ridisegnare la struttura dell'istituto eliminando gli elementi ridondanti in esito al processo di integrazione con Inpdap ed Enpals: così le funzioni di livello dirigenziale passano da 56 a 49 e le strutture passano da 71 a 64; via libera anche al taglio del 29% dei dirigenti generali.

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Risulta fissato in euro 11.879.108,00 il limite massimo di spesa per l’erogazione della proroga del sostegno del reddito nei confronti dei lavoratori che presentino domanda per il pensionamento sulla base delle disposizioni in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici vigenti prima dell’entrata in vigore del decreto legge n. 78 del 31 maggio 2010, convertito con legge n. 122 del 2010 limitatamente alle mensilità residue nell’anno 2014. Kamsin E' quanto ha ricordato il messaggio inps 5408/2014, disponibile in allegato, che ha identificato i soggetti destinatari delle prestazioni a sostegno del reddito di cui al Dm 79413/2014 ed ha definito le modalità operative per procedere alla liquidazione delle prestazioni a sostegno del reddito.

I nominativi dei titolari di prestazione straordinaria, destinatari del decreto, saranno comunicati ai Referenti regionali con apposito file contenente i dati anagrafici, nonché l’importo e la durata della prestazione. Le sedi competenti dovranno procedere alla liquidazione di una nuova prestazione analoga all’assegno straordinario, escluso il rateo di tredicesima, il cui onere viene posto a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione.

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La Commissione europea ha aperto una procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia per la disparità, che in seguito alla riforma Fornero, si è creata a causa dei differenti requisiti contributivi necessari per aver diritto alla pensione anticipata. Kamsin Questa norma, contenuta nella legge 214/2011 art. 24 comma 10, violerebbe l'art. 157 comma l del Trattato, perché prevede il requisito contributivo, di 42 anni e 6 mesi per gli uomini e di 41 anni e 6 mesi per le donne, al fine di aver diritto alla pensione anticipata.

E' quanto ha ricordato ieri una nota diffusa da Bruxelles che chiede all'Italia un intervento rapido su questo fronte. La decisione su come operare la modifica è ora squisitamente di natura politica in quanto è possibile intervenire con due modalità: o innalzando il requisito contributivo di un anno previsto per le lavoratrici donne, portando l'asticella a 42 anni e 6 mesi per tutti, o abbassando di un anno il requisito richiesto ai lavoratori uomini (e in tal caso i requisito si attesterebbe a 41 anni e 6 mesi per tutti i lavoratori). Gli effetti però sono di segno opposto per le Casse dello stato.

Qualora infatti si decidesse per un innalzamento dell'età pensionabile delle donne, secondo le stime del Dossier Cottarelli che già a Marzo aveva contabilizzato la misura per rispondere alle richieste dell'Ue, la novità potrebbe comportare risparmi di 200 milioni di euro per il 2014, di 500 milioni di euro per il 2015 sino a raggiungere il miliardo di euro dal 2016 in poi.

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