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L'esecutivo potrebbe presentare in Senato un emendamento per consentire al personale delle Province in soprannumero di accedere alla pensione con le vecchie regole sino al 2018.

Kamsin I dipendenti degli enti di area vasta in esubero dopo lo svuotamento delle funzioni provinciali previsto dalla legge Delrio potrebbero essere collocati a riposo, in deroga alla disciplina Fornero a partire dal 2015. Stessa sorte potrebbe toccare al personale delle Regioni e nelle partecipate coinvolte nei processi di ristrutturazione. E' questa l'ipotesi a cui sta lavorando Palazzo Chigi per trovare una soluzione all'emergenza del personale impiegato nelle Province. L'ipotesi, già anticipata da pensionioggi.it nei giorni scorsi, potrebbe arrivare sotto forma di emendamento al ddl di stabilità che l'esecutivo presenterà questa settimana al Senato.

La Riforma Delrio ha, infatti, messo in soprannumero il 50% del personale nelle province normali e il 30% di quello impiegato nelle province che si stanno trasformando in Città Metropolitane. Ebbene, per consentire lo svuotamento dei vecchi enti di area vasta, circa 28mila persone secondo i calcoli parlamentari, la proposta prevede di prepensionare tutti coloro che, risultati in soprannumero, matureranno entro il 31 Dicembre 2018 i requisiti pensionistici ante Fornero (cioè, in pratica, la vecchia pensione di anzianità). Saranno gli enti a comunicare, entro 90 giorni, i beneficiari della misura con i termini e le modalità della risoluzione unilaterale del rapporto.

Gli altri lavoratori in soprannumero saranno presi in carico dagli altri enti, Regioni e Comuni in primis ma anche uffici giudiziari ed altre amministrazioni dello Stato tra cui agenzie, università ed enti pubblici non economici. A tal fine l'emendamento governativo fissa al 31 Marzo del prossimo anno la data entro cui deve essere individuato il personale non prepensionabile da mantenere quello, invece, da inserire in appositi piani di mobilità.

La decisione sarà assunta nelle riunione odierna a Palazzo Chigi nella quale si farà il punto sulle modifiche alla manovra che il Governo presenterà al Senato.

Zedde

In molti casi la fotografia della situazione economica equivalente sarà meno generosa rispetto al passato. Gli immobili avranno un maggior peso e si farà riferimento alla giacenza media del conto corrente.

Kamsin Cambia radicalmente, dal 2015, il metodo di calcolo dell'indicatore della situazione economica delle famiglie, che serve per accedere a sconti ed agevolazioni di vario genere, soprattutto per i servizi sociali, socio-sanitari e scolastici: dalle rette degli asili nido alle tasse universitarie, dalle case di cura per gli anziani ai risparmi sulla Tares.

Punti cardine della Riforma è dare un maggior peso al patrimonio, tenere conto dei redditi esenti da Irpef (come le pensioni di invalidità o assegni di accompagnamento) e della giacenza media annua dei conti correnti. Tra i dati che bisognerà autodichiarare per la Dsu, la dichiarazione sostitutiva unica necessaria per ottenere l'Isee, viene inserito, infatti, anche quello della giacenza media del conto corrente proprio per pesare meglio la ricchezza delle famiglie. Il solo dato del saldo a fine anno, infatti, rischiava di essere un parametro ingannevole dal momento che bastava prelevare tutti i risparmi dal conto corrente per risultare poco abbiente.

Dal prossimo anno, invece, sia il dato sulla giacenza media sia quello sul saldo vanno inseriti nella dichiarazione sostitutiva da presentare all'Inps o all'ente erogatore del servizio per il quale si chiede la prestazione agevolata. Si ricorda, peraltro, che ai secondo un accordo siglato tra Abi, Poste e Ministero del Lavoro il dato della giacenza media potrà essere chiesto dal correntista allo sportello della propria banca.

Gli effetti per i contribuenti saranno dunque diversi rispetto a quanto accaduto sino ad oggi. Penalizzati saranno soprattutto tutti coloro che hanno una casa di proprietà (perchè l'immobile peserà di piu' nel calcolo), e alcuni pensionati perchè nel calcolo rientrerà anche la pensione di invalidità o l'assegno sociale e il reddito dei figli che possono contribuire alle esigenze del genitore.

L'Isee sarà invece piu' vantaggioso per chi ha disabilità gravi e per le famiglie che hanno tre o piu' figli.

Per l'attuazione del nuovo Isee, i Comuni dovranno ridefinire le soglie di accesso alle prestazioni sociali agevolate che erogano, come i contributi per i ricoveri nelle Rsa per gli anziani o gli sconti per le rette degli asili nido.

Oltre al cambiamento dei parametri in base ai quali sarà calcolato l'Isee, a cambiare sarà anche il modo in cui l'Inps acquisirà le informazioni: solo alcuni dati, infatti, saranno autodichiarati dal contribuente, mentre tutti gli altri saranno estratti dall'anagrafe tributaria e dai data base Inps.

Per il cittadino, una semplificazione deriverà dal fatto che molte informazioni, come il reddito complessivo, non saranno più richieste al cittadino in sede di dichiarazione, ma direttamente recuperate negli archivi.

Il Nuovi Redditi

Nella nuova definizione dell'Isee, oltre al reddito Irpef entrano tutti i redditi tassati con regimi sostitutivi o a titolo di imposta (come ad esempio i contribuenti minimi, i redditi da cedolare secca sugli affitti), tutti i redditi esenti e quindi anche tutti i trasferimenti monetari ottenuti dalla Pubblica  Amministrazione (assegni al nucleo familiare, pensioni di invalidità, assegno sociale, indennità di accompagnamento...), i redditi figurativi degli immobili non locati e delle attività mobiliari. Vengono invece sottratti gli assegni corrisposti al coniuge in seguito a separazione o divorzio, destinati al mantenimento del coniuge e dei figli (precedentemente valorizzati sia nell'Isee del ricevente che in quello del datore).

Vengono invece diversamente valutati, con una riduzione della loro incidenza i redditi da lavoro dipendente (viene sottratta una quota del 20% fino a 3mila euro); i redditi da pensioni e trattamenti assistenziali (viene sottratto il 20%, fino a un massimo di mille euro); le spese per gli affitti (sale da 5.165 a 7.000 euro, l'importo massimo della spesa l'affitto registrato che può essere portato in deduzione e si aggiungono 500 euro ogni figlio convivente dopo il secondo); si incrementano le spese per le disabilità accorpando tali spese in tre distinte classi: disabilità media, grave, e non autosufficienza.

Il patrimonio - Il patrimonio cambia considerando il valore degli immobili ai fini Imu, non più Ici. Riducendo la franchigia sulla componente mobiliare che viene però articolata in funzione del numero dei componenti il nucleo familiare (franchigia più alta per le famiglie più numerose), viene preso in considerazione il patrimonio all'estero e viene riconosciuto un maggior peso per le seconde case.

Zedde

La possibilità del via libera della Corte Costituzionale al referendum promosso dalla Lega aprirebbe la strada ad un ampio restyling della Riforma Fornero.

Kamsin Per ora le uniche novità sicure che porteremo a casa dal prossimo 1° gennaio 2015 sono lo stop temporaneo (sino al 2017) alla penalizzazione per chi raggiunge i requisiti per la pensione anticipata (42 anni e mezzo di contributi, 41 anni e mezzo le donne) e un taglio agli assegni d'oro degli alti funzionari di stato. Un risultato frutto di una lunga trattativa sulla legge di stabilità, trattativa che ancora non si è conclusa e che potrebbe imbarcare sul treno della manovra finanziaria ulteriori provvedimenti "tampone" (si pensi ad esempio alla misura in favore dei quota 96 della scuola).

Ma la domanda è: ci sarà spazio, a breve, magari all'inizio del prossimo anno, per una ampia revisione dell'età pensionabile? Per ora nulla di concreto anche se, come sottolinea il Corriere Della Sera, un importante restyling della Legge Fornero sarebbe praticamente inevitabile qualora la Corte Costituzionale ammettesse il referendum promosso dalla Lega Nord per abolire la Riforma del 2011.

È chiaro che se il referendum fosse ammesso, il governo, per evitare il rischio dell’abrogazione della Fornero che aprirebbe una voragine nei conti pubblici, dovrebbe intervenire sulla stessa riforma in modo da ottenere che la Corte ritenga non più giustificato il voto. La decisione della Consulta, dice il segretario della Lega Matteo Salvini, arriverà questo mese, per consentire l’eventuale voto in primavera.

Ma anche se il referendum non fosse ammesso, alcune partite andranno ugualmente sistemate. Il sistema previdenziale dovrà essere calibrato per garantire maggiore flessibilità in uscita e risolvere, in questo modo, i problemi economici di quei tanti lavoratori rimasti intrappolati nelle maglie della Riforma Fornero: si tratta di lavoratori che hanno un'età troppo bassa per andare in pensione ma, avendo perso il lavoro, hanno un'età troppo alta per trovare un impiego alternativo.

Per queste persone allo studio ci sono molte ipotesi, già anticipate da pensionioggi.it. Tutte sono accomunate dalla possibilità di riconoscere un anticipo di diversi anni rispetto alle regole attuali al prezzo di una riduzione dell'assegno pensionistico. Si pensi, ad esempio, alla proposta Damiano sui cd. pensionamenti flessibili, che consentirebbe l'uscita già a 62 anni con 35 anni di contributi; alla proposta elaborata dall'ex ministro del Lavoro Enrico Giovannini, il cd. prestito pensionistico, secondo la quale si riconoscerebbe un anticipo di due anni della pensione con l'applicazione di un micro-prelievo sull'assegno pieno una volta conseguita la pensione; oppure la proposta di estendere anche in favore degli uomini, ed oltre il 2015, l'opzione donna, cioè l'accesso alla pensione con 57 anni e 35 di contributi a condizione però di avere l'assegno tutto calcolato con il sistema contributivo (con una riduzione quindi piu' significativa dell'assegno rispetto alle ipotesi precedenti).

In attesa di conoscere le decisioni della politica l'altro dato sicuro è che per l'intero 2015 i pensionati vedranno un assegno praticamente congelato per l'indicizzazione in base all'inflazione che sarà infatti solo dello 0,3%. La pensione minima lorda aumenterà dai 500,88 euro del 2014 ai 502,38 euro del 205. Oltre 14 volte il minimo, quindi a 7.012,32 euro scatterà un contributo di solidarietà del 6%. Contributo che diventerà del 12% sopra i 10.017,60 euro e del 18% sopra i 15.026,40 euro.

Zedde

Secondo i sindacati in realtà la perdita secca nella busta paga degli statali è stata ancora più alta rispetto a quella evidenziata dall'Istat.

Kamsin In tre anni i dipendenti pubblici hanno perso circa, in media, 600 euro lorde in busta paga. E' quanto emerge dalle tabelle Istat sulla retribuzione lorda procapite dei dipendenti pubblici del 2013, raffrontate con le stesse tabelle relative all'anno 2010. La riduzione si spiega sia con il congelamento dei rinnovi contrattuali e lo stop degli scatti, sia con il freno al turn over nella Pa. Secondo l'istituto di statistica si è passati da 34.662 euro lordi percepiti in media nel 2010 a 34.079 euro nel 2013: cioè 583 euro in meno. Fino al 2010 non si era mai registrata una diminuzione delle retribuzioni lorde pro capite nella pubblica amministrazione. 

E con l'attuale manovra la situazione non è destinata a migliorare di molto. Il Governo ha infatti confermato il blocco del rinnovo dei contratti per il pubblico impiego, una misura contro la quale i sindacati hanno annunciato manifestazioni, proteste ed azioni legali. 

Proprio nel mese di ottobre la GildaUnams, dopo avere aderito ad un ricorso pendente davanti al Tribunale di Roma, in cui è stata sollevata questione di legittimità costituzionale sul blocco dei contratti, ha organizzato anche dei ricorsi collettivi in tal senso. E adesso anche Cgil e Cisl hanno promosso analoghe iniziative con il deposito di un ricorso avvenuto il 28 novembre scorso, sempre presso il Tribunale di Roma, per chiedere lo sblocco dei contratti. Anche in questo caso, le due maggiori confederazioni sindacali hanno chiesto al giudice di sollevare questione di legittimità costituzionale sulle norme che prevedono il blocco.

Zedde

 

Stop al reintegro nei casi di licenziamento per motivi economici od organizzativi e limiti certi per i licenziamenti disciplinari. Le misure si applicheranno solo ai nuovi assunti con il contratto a tutele crescenti.

Kamsin Con il via libera definitivo del Senato al Jobs Act il Governo cambierà, già entro la fine dell'anno, il sistema di tutele contro i licenziamenti illegittimi. La principale novità su questo fronte è che per tutti i nuovi assunti dal 1° gennaio 2015 con contratto a tempo indeterminato cadrà il totem simbolo dello Statuto dei lavoratori: sarà possibile licenziare anche per ingiustificato motivo economico o disciplinare pagando solo un indennizzo (e non dovendo piu' reintegrare in servizio il dipendente). 

Licenziamenti Economici - In altri termini le tutele dell’art.18 non varranno più per i licenziamenti economici: il lavoratore non potrà più ricorrere al giudice per chiedere il reintegro nel posto di lavoro, gli spetterà invece «un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio».

Si ipotizza una mensilità e mezza ogni anno di anzianità di servizio sino ad un tetto di 24 mensilità. In ogni caso, per limitare il ricorso al giudice, sarà incentivata la conciliazione: l’azienda potrebbe versare subito un indennizzo al lavoratore, fino a 18 mensilità esentasse, con la possibilità di chiudere l’accordo in un mese. A differenza di quanto avviene ora, il reintegro non sarà più possibile nemmeno se la motivazione è «manifestamente insussistente».

Licenziamenti Disciplinari - Sul fronte dei licenziamenti disciplinari la tutela reale rimarrà ma solo per fattispecie limitate assimilabili ai licenziamenti discriminatori. Ed è proprio questo il nodo più complicato da sciogliere. Anche qui la regola è l’indennizzo crescente con l’anzianità, ma in tribunale il reintegro resterà possibile in alcune «specifiche fattispecie» che saranno definite nel decreto attuativo. L’idea è quella di consentire il reintegro solo in caso di insussistenza del fatto materiale che viene contestato al lavoratore (si era ipotizzato anche, in un primo momento, che il reintegro potesse essere disposto solo quando l'azienda accusa il lavoratore di un reato grave che poi si rivela falso).

Ma la definizione è complessa e resta sempre in piedi la cosiddetta opzione spagnola (il cd. opting out): l’azienda potrebbe scegliere l’indennizzo anche se il giudice disponesse il reintegro. A quel punto, però, dovrebbe pagare un indennizzo ancora più alto. In tal caso si passerebbe da un minimo di 6 mesi di stipendio, anche se il dipendente è stato appena assunto ed un tetto massimo piu' alto rispetto a quello base: 30 mensilità, forse 36.

Licenziamenti Discriminatori - Non cambia niente per i licenziamenti nulli o discriminatori, cioè quelli motivati da ragioni politiche, religiose o di orientamento sessuale. In tutti i casi scatterà il reintegro nel posto di lavoro. Si tratta di ipotesi piu' di scuola che di reale applicazione. E' il caso, ad esempio, del datore che licenzia la madre durante il primo anno di vita del bambino o per motivi razziali, sessuali o legati al credo religioso.

PMI - I nodi da sciogliere riguardano anche gli effetti sulle piccole e medie imprese, cioè quelle con meno di 15 dipendenti a cui, attualmente, non si applica l'articolo 18. L'obiettivo è evitare l'aggravio dei costi e, pertanto, dovrebbe essere confermata la disciplina attualmente vigente: l'indennizzo, in caso di licenziamento illegittimo, oscilla tra le 2,5 e le 6 mensilità massime.

L'ambito di applicazione - Come scritto nella delega e come ribadito più volte dal governo, il contratto a tutele crescenti si applicherà solo ai nuovi assunti: non solo i giovani al primo contratto ma anche chi già adesso lavora e cambierà azienda. Almeno per ora, dunque, non cambia nulla per chi è già assunto con un contratto a tempo indeterminato. 

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