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Riforme: Boschi attacca M5S, svolta illiberale? E' una bugia
Puglia: Vendola, 10 anni governo sono lunghi, ora tocca ad altri
Pensioni, piu' facile nella Pa licenziare chi ha i requisiti per la pensione anticipata
Tra le varie novità in materia previdenziale contenute nel Dl 90/2014, oltre all'abolizione del trattenimento in servizio, il comma 5 dell'articolo 1 del provvedimento amplia l’ambito applicativo dell’istituto della risoluzione unilaterale del contratto da parte della P.A. Kamsin Il governo ha infatti esteso l'istituto ricomprendendo anche il personale delle autorità indipendenti e i dirigenti medici responsabili di struttura complessa che sino ad oggi erano rimasti esclusi. La misura, com'è noto, concede la facolta' alle Pa di risolvere il rapporto di lavoro nei confronti dei dipendenti che hanno maturato la massima anzianità contributiva, cioè i requisiti per la pensione anticipata a decorrere dal 1° gennaio 2012 (42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne) a condizione però, si ritiene, che non siano soggetti alla penalizzazione (cfr Circolare della Funzione Pubblica 2/2012).
Con riferimento all’ambito applicativo dell’istituto, quindi si può riscontrare una novità rispetto alla disciplina preesistente: la norma estende tale facoltà al personale delle autorità indipendenti e dirigenti medici responsabili di struttura complessa (categorie in precedenza escluse) mentre l'istituto continua a non trovare immediata applicazione nei comparti sicurezza, difesa ed esteri. Con l'intervento in questione inoltre la misura dovrebbe essere resa strutturale e cioè esercitabile dalle Pa anche oltre il 2014, limite temporale invece previsto prima del Dl 90/2014.
La Disciplina previgente - L’istituto, come anticipato da Pensioni Oggi, non è nuovo a differenza di quanto rilanciato dai quotidiani nelle ultime settimane. E' infatti disciplinato dall’articolo 72, commi da 8 a 11, del D.L. 112/2008, che ha introdotto la facoltà per le P.A. (nell’esercizio dei propri poteri generali di organizzazione) di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro e il contratto individuale (con preavviso di sei mesi) nei confronti del personale dipendente. La misura tuttavia, pur comprendendo i dirigenti, escludeva magistrati, professori universitari e dirigenti medici responsabili di struttura complessa che avessero maturato l’anzianità massima contributiva, prevista all'epoca, cioè i 40 anni. Per una lacuna legislativa la misura inoltre non risultava (e non risulta) applicabile al personale dei comparti sicurezza, difesa ed esteri, le cui modalità applicative della disposizione erano rinviate ad un D.P.C.M., da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del D.L. 112/2008, decreto che non risulta, ad oggi, adottato.
Pare utile anche precisare che, nell'applicazione della risoluzione del rapporto di lavoro da parte delle Pa, l’articolo 16, comma 11, del D.L. 98/2011 ha escluso l’obbligo di motivazione di ciascun provvedimento, stabilendo che l’esercizio di tale facoltà da parte delle P.A. “non necessita di ulteriori motivazioni qualora l'amministrazione interessata abbia preventivamente determinato in via generale appositi criteri di applicativi con atto generale di organizzazione interna, sottoposto al visto dei competenti organi di controllo”.
Zedde
Delega fiscale, reddito per cassa per 4 milioni di imprese
Dopo il varo dei primi due schemi di decreto legislativo di attuazione della delega fiscale, il primo sulle semplificazioni e la dichiarazione precompilata e l'altro sulla riforma del catasto, Palazzo Chigi sta lavorando per chiudere il terzo decreto prima della Pausa estiva. Kamsin E' quanto si apprende da fonti vicine all'esecutivo che confermano l'intenzione di Renzi di accelerare sull'attuazione della delega fiscale in tempo utile per rispettare la scadenza di fine anno. Il terzo provvedimento sarà dedicato all'abuso di diritto e al riordino delle sanzioni, un testo che potrebbe approdare in Consiglio dei ministri ai primi di agosto per poi essere inviato alle Commissioni di Camera e Senato prima della pausa estiva.
Il pacchetto piu' corposo è invece previsto per Settembre quando, in un quarto provvedimento, l'esecutivo ha in programma di cambiare la tassazione per le piccole imprese che usano i regimi fiscali semplificati. Per circa 4 milioni di contribuenti dovrebbe arrivare la tassazione per cassa e non più per competenza. Il reddito d'impresa si calcolerà quindi su entrate ed uscite effettive e non su costi e ricavi teorici del periodo preso in considerazione. Sembra una misura di poco conto ma in realtà la modifica potrà aiutare a superare il problema dei mancati incassi dovuti ai ritardi nei pagamenti, soprattutto delle Pa. Le tasse, in altri termini, si pagheranno solo su quanto realmente incassato.
Stretti, come accennato, i tempi per il riordino. Il quarto decreto dovrebbe essere chiuso entro ottobre ed approvato definitivamente entro fine anno, probabilmente assieme alla legge di stabilità 2015. Nel decreto ci sarà poi un'accelerazione sulla fatturazione elettronica tra privati che dovrebbe aiutare ad accorciare i termini di pagamento anche al di fuori dei rapporti con le Pa. Inoltre, per favorire la capitalizzazione delle piccole aziende le società individuali e di persone si vedranno tassare il reddito che resta in azienda in base alla nuova Iri (Imposta sul reddito imprenditoriale, prevista nella delega) secondo l'aliquota proporzionale allineata all'Ires (società di capitali), cioè il 22,5%, mentre solo la parte di reddito che verrà prelevata dall'imprenditore e dai soci subirà l'aliquota Irpef di competenza, concorrendo alla formazione dell'imponibile complessivo. Infine, arriveranno anche un nuovo regime fortettario al posto del regime dei minimi articolato secondo il settore economico di attività e un sistema semplificato per le imprese di nuova costituzione.
Per finire l'esecutivo dovrebbe approvare il nuovo processo tributario, con la revisione della riscossione nazionale locale, il riordino del regime di tassazione trasnazionale ed una revisione dell'Agenzia delle Entrate per favorire la lotta all'evasione fiscale.
Zedde
Il governo non cede sulle riforme Boschi si va avanti senza paura
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Il governo non cede sulle riforme Boschi non e' svolta autoritaria
- Roma, 21 lug. - "Qualcuno parla di svolta autoritaria: questa e' un'allucinazione e come tutte le allucinazioni non puo' essere smentita con la forza della ragione". Maria Elena Boschi mette in chiaro le cose e, nella replica in aula al Senato a conclusione del dibattito che precede l'avvio del voto sulle riforme, il ministro per le Riforme scandisce, tra rumorose proteste nell'emiciclo, che "parlare di svolta illiberale e' una bugia e le bugie in politica non servono".
"E' stato un privilegio - spiega - partecipare alla discussione generale in questi giorni. E' un percorso difficile ma affascinante quello che stiamo facendo insieme. Il governo ha legato in modo indissolubile il proprio cammino al percorso delle riforme", una sottolineatura importante che la Boschi lega a una precisazione altrettanto 'pesante', alla luce della mole di emendamenti che gravano sull'iter del pacchetto al Senato: "Ci potra' essere un tentativo di rallentare questo cambiamento, un ostruzionismo che ci puo' portare a lavorare una settimana di piu' e a sacrificare un po' di ferie, ma noi manterremo la promessa di cambiare il paese".
Del resto, il ddl sulle riforme costituzionali e' un "testo ampiamente condiviso", sostenuto "sin dall'inizio anche da forze che non fanno parte della maggioranza, come Forza Italia" ed e' "frutto del lavoro di questi mesi; un testo che e' stato migliorato" e "il governo ha sempre rivendicato l'ascolto, il dialogo e il confronto. Lo ha fatto per la riforma della Pubblica Amministrazione, per quella delicata della giustizia e anche per le riforme costituzionali che rappresenta la madre di tutte le riforme". Si dice soddisfatta, la Boschi, per il fatto che il testo sia "ampiamente condiviso" e che "abbia una maggioranza piu' ampia di quella del governo e' un valore aggiunto". Inoltre, sottolinea che si tratta di un "testo depurato dallo scontro ideologico". Quindi, ammonisce: "Vorremmo affrontare la discussione nel merito, non sulla simpatia o antipatia di chi lo ha proposto. Non abbiamo paura delle idee. Come diceva Pratolini: 'Non ha paura delle idee chi ne ha'". "Tutto e' migliorabile, sempre, ma noi sappiamo che su questa riforma c'e' un consenso ampio anche dal mondo accademico. La riforma non e' un'approssimazione casuale, ma poggia su spalle solide", rivendica.
I relatori. "Ho letto che per il ministro Boschi il tempo della trattativa e' chiuso e ci sono rimasto male... Perche' io sono convinto che buona parte del percorso e' stato fatto in commissione ma ancora una buona parte ci resta da fare nell'esame dell'aula", dice Roberto Calderoli quando e' il suo turno di intervenire in aula al Senato. "Abbiamo riportato sui binari - aggiunge - un treno che andava per conto suo". Da Anna Finocchiaro arrivano parole destinate a pesare, considerato lo spazio che i frondisti hanno nel suo partito, come in quello dell'altro grande contraente, FI.
"Invito i colleghi, fermo restando che quest'aula e' sovrana - avverte la capogruppo Pd al Senato - a riflettere sui toni che imprimiamo al nostro dibattito perche' rischiamo di perdere per strada la pulizia dell'opera alla quale siamo chiamati, il rigore del disegno costituzionale. Le parole, se utilizzate con violenza, rischiano di diventare inutili. Le parole 'regime', 'deriva autoritaria', 'violenza sulla Costituzione' se pronunciate in quest'aula sono macigni. Questa conclusione arriva dopo trenta ore di discussione generale in Aula e anni di dibattito sulle riforme costituzionali. Dire che il lavoro e' segnato da fretta, approssimazione e accelerazione non e' aderente alla realta' dei fatti".
Boschi: ddl riforme illiberale? E' un'accusa allucinante
- Roma, 21 lug. - Il ddl sulle riforme costituzionali e' un "testo ampiamente condiviso" sostenuto "sin dall'inizio anche da forze che non fanno parte della maggioranza, come Forza Italia" ed e' "frutto del lavoro di questi mesi; un testo che e' stato migliorato". Lo ha detto in aula al Senato il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, intervenendo in sede di replica.
"Il governo ha sempre rivendicato l'ascolto, il dialogo e il confronto. Lo ha fatto per la riforma della Pubblica Amministrazione, per quella delicata della giustizia e anche per le riforme costituzionali che rappresenta la madre di tutte le riforme", ha aggiunto. Soddisfatta, la Boschi, per il fatto che il testo sia "ampiamente condiviso" e che "abbia una maggioranza piu' ampia di quella del governo e' un valore aggiunto". Inoltre, ha sottolineato che si tratta di un "testo depurato dallo scontro ideologico".
Quindi, ha ammonito: "Vorremmo affrontare la discussione nel merito, non sulla simpatia o antipatia di chi lo ha proposto. Non abbiamo paura delle idee. Come diceva Pratolini: 'Non ha paura delle idee chi ne ha'". "Tutto e' migliorabile, sempre - ha sostenuto - ma noi sappiamo che su questa riforma c'e' un consenso ampio anche dal mondo accademico. La riforma non e' un'approssimazione casuale, ma poggia su spalle solide". Poi la frase che ha fatto piu' discuetere. "Qualcuno parla di svolta autoritaria: questa e' un'allucinazione e come tutte le allucinazioni non puo' essere smentita con la forza della ragione".
"Parlare di svolta illiberale - ha proseguito tra le proteste rumorose dell'aula - e' una bugia e le bugie in politica non servono". Non servono neppure le "rappresentazioni macchiettistiche" della riforma. Mentre ha sottolineato che "l'urgenza" delle riforme costituzionali "deriva anche dall'esigenza di dimostrare in Europa che le riforme non solo sono iniziate ma vanno avanti. Bisogna rispondere agli interrogativi - ha proseguito - e all'urlo di cambiamento lanciato dai cittadini anche con il voto alle elezioni europee".
Secondo Boschi, "Questa riforma e' l'ultima chance di credibilita' per la politica tutta e sono convinta che nessuno abbia intenzione di sprecarla. E' stato un privilegio partecipare alla discussione generale in questi giorni. E' un percorso difficile ma affascinante quello che stiamo facendo insieme. Il governo ha legato in modo indissolubile il proprio cammino al percorso delle riforme". - "Noi - ha proseguito il ministro - siamo chiamati a trovare un accordo alto per l'interesse dei cittadini.
Questa e' la premessa di tutte le altre riforme da quella fiscale a quella delicata della giustizia. Noi abbiamo bisogno di uno Stato piu' semplice, coraggioso, di un paese piu' forte". "Ci potra' essere un tentativo di rallentare questo cambiamento, un ostruzionismo che ci puo' portare a lavorare una settimana di piu' e a sacrificare un po' di ferie, ma noi manterremo la promessa di cambiare il paese".
Statali, pronto il piano Madia per riformare la dirigenza pubblica
Introduzione di ruoli unificati anche per la dirigenza delle amministrazioni non statali, con possibilità di scambio tra dirigenti appartenenti a ruoli diversi, omogeneizzazione delle retribuzioni, nuove modalità di conferimento degli incarichi dirigenziali. Kamsin Sono queste le principali parole d'ordine dettate dal disegno di legge di Riforma della Pubblica Amministrazione con il quale il governo intende cambiare la figura del dirigente pubblico. Secondo le linee guida illustrate dal ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia nel Cdm dello scorso 10 luglio l'intervento, che sarà all'esame del Parlamento dai primi di Settembre, prevede che i dirigenti non possano rimanere in carica per più di tre anni e alla scadenza potranno tentare di essere confermati solo dopo aver superato un nuovo esame. Per chi non supera l'esame di conferma è previsto l'eventuale ritorno alla qualifica di funzionario. In ogni caso un dirigente, nel corso della carriera, non potrà ricoprire lo stesso incarico per più di due mandati.
Il lavoro dei dirigenti sarà inoltre sottoposto ad una valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici e, per quanto riguarda la durata del mandato, il governo dovrà, nei decreti attuativi della Delega, prevedere la definizione di presupposti oggettivi per la revoca degli incarichi dirigenziali, anche in relazione del mancato raggiungimento degli obiettivi. Tra le novità annunciate dal Ministro Madia c'è anche la facoltà di licenziamento per il dirigente che rimane privo di incarico oltre un determinato periodo.
Il progetto di riforma non si ferma però qui. Nelle intenzioni di Palazzo Chigi c'è anche una riduzione degli organici dirigenziali il cui numero dovrà essere vincolato al rispetto di un determinato rapporto rispetto al numero complessivo dei dipendenti nella Pa. Poi nascerà l'albo unico, una misura che consentirà allo Stato di effettuare un unico concorso per la qualifica dirigenziale e poi procedere all'assegnazione dei vincitori presso i Dicasteri o le Pa in cui i posti risultano disponibili. Da ultimo a cambiare saranno anche i meccanismi premiali, cioè le indennità di risultato che oggi, è questa l'accusa che viene sollevata al Governo, vengono distribuite praticamente a pioggia. In vista la possibilità di restringere i criteri di assegnazione dell'indennità e di prevederla solo se l'intero ufficio raggiunge determinati target. Il dirigente, pertanto, per conseguire il bonus dovrà lavorare al miglioramento dell'ufficio in cui lavora con benefici sul lavoro di squadra piuttosto che sui meriti del singolo.
Zedde