Eleonora Accorsi

Eleonora Accorsi

Sono una giornalista freelance. Collaboro con diverse testate e blog nella redazione di notizie ed approfondimenti su materie fiscali e di diritto del lavoro. Dal 2014 collaboro con la redazione di PensioniOggi.it

La pressione congiunta del Parlamento delle forze sociali dovrebbe spingere l'istituto previdenziale ad estendere il regime sperimentale donna previsto dalla legge 243/2004.

Tra pochi giorni sarà l'8 marzo, la giornata internazionale dedicata alla donna. Le lavoratrici hanno tuttavia ben poco da festeggiare in quanto si è ridotta quella concreta opportunità di poter lasciare in anticipo il posto di lavoro per poter dedicarsi alla famiglia oppure all' assistenza dei parenti. 

Come ben sappiamo la riforma Fornero ha lasciato inalterato la possibilità di accedere alla pensione per le lavoratrici che hanno 57 anni di età  (58 le autonome) e 35 anni di contributi a condizione di optare per il calcolo contributivo della pensione, che notoriamente è meno favorevole. Tuttavia l'Inps ha interpretato la norma aggiungendo anche la finestra mobile di 12 o 18 mesi per l'effettivo pensionamento anticipato e la stima di vita istat (3 mesi ulteriori dal 2013). Ciò ha comportato che per rispettare la scadenza dell'opzione fissata per il mese di dicembre 2015 occorre oggi maturare i requisiti di 57 anni e 3 mesi (o 58 anni e 3 mesi) entro il 2014: a maggio se autonome o entro novembre se dipendenti. 

Le richieste da parte delle lavoratrici e dei sindacati hanno tuttavia indotto le Commissioni di Camera e Senato a chiedere all'unisono il ritiro della circolare numero 35/2012. Ancora oggi tuttavia nulla è stato innovato. "Vogliamo che l'istituto previdenziale stabilisca che per l'opzione donna è sufficiente solo la maturazione dei requisiti (e quindi non la decorrenza della prestazione pensionistica) entro il 2015. Siamo convinti che entro quest'anno l'Inps tornerà sui suoi passi" ha affermato Bruno Palmieri del patronato Inca. 

L'opzione inoltre è stata prevista fino al 2015 a titolo sperimentale. Il governo, previa verifica dei risultati, potrebbe pertanto valutare una sua eventuale prosecuzione anche per il 2016 come chiedono i sindacati.

I giudici tributari di Milano ribadiscono che le pensioni privilegiate tabellari hanno carattere risarcitorio anche con riguardo ai militari di leva.

Secondo quanto stabilito dalla sentenza numero 505/2014 pronunciata dalla sezione numero 38 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, le pensioni privilegiate tabellari assegnate anche ai militari di leva hanno solo carattere risarcitorio e dunque vanno equiparate a quelle di guerra e vengono dunque esentate dalle tasse.

La questione era nata da un militare di leva che, a causa di un'infermità conseguita in servizio, aveva ricevuto dal Ministero della Difesa una pensione tabellare privilegiata decurtata tuttavia delle relative ritenute fiscali. L'amministrazione della Difesa aveva ritenuto che la pensione avesse una natura reddituale diventando quindi assoggettabile alle ritenute Irpef. Il militare aveva richiesto il rimborso di tali somme portando l'amministrazione innanzi alla Commissione regionale di Milano. I giudici tributari gli hanno dato ragione in quanto le ritenute fiscali erano state "indebitamente applicate".

Nelle motivazioni depositate in sentenza il giudice ha ritenuto che il "trattamento pensionistico percepito dal ricorrente abbia esclusivamente carattere risarcitorio in quanto la diminuita capacità lavorativa trova il suo presupposto nella condizione di invalidità del soggetto del tutto indipendentemente dal servizio prestato".

I giudici tributari hanno quindi rappresentato che non possono sussistere cause ostative all'equiparazione delle pensioni privilegiate tabellari a quelle di guerra che hanno una funzione chiaramente di tipo risarcitorio. 

Nelle conclusioni il Collegio Regionale Lombardo ha dunque confermato il diritto al rimborso delle ritenute fiscali indebitamente applicate dal Ministero della Difesa ed ha anche aggiunto che l'esenzione, oltre alle pensioni erogate ai militari per infermità, menomazioni e lesioni riportate per causa di servizio, spetta anche ai militari di leva.

I lavoratori interessati dalle nuove decorrenze della legge 122/2010 chiedono la pubblicazione dei decreti che stanziano i fondi per l'anno 2014.

Nell'incontro che si è svolto ieri nella sede della Cgil di Roma è stato di nuovo affrontato il problema dei lavoratori che hanno subito lo scivolamento della finestra di decorrenza per effetto della legge 122/2010. L'incontro, patrocinato dalla Cgil e dall'Inca, ha denunciato con forza il ritardo nella pubblicazione dei decreti che devono coprire le annualità dal 2014 in poi.

"Chiediamo innanzitutto che il nuovo governo pubblichi i relativi decreti in tempo utile per evitare periodi di discontinuità economica ai lavoratori interessati" afferma Bruno Palmieri del patronato Inca. "Ad oggi infatti i provvedimenti vengono approvati con forte ritardo rispetto alle reali esigenze e ciò comporta un periodo di vuoto economico che può durare anche 11 mesi. E' un comportamento inaccettabile".

Palmieri ha ricordato anche che "l'ultimo decreto (il DM 76353 del 16 ottobre 2013 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 16 dicembre 2013, ndr) è l'ennesimo imbroglio perché ha previsto, a differenza dei precedenti,  l'erogazione delle prestazioni sostegno al reddito solo sino al 31 dicembre 2013 lasciando di fatto a metà del guado quei lavoratori che avrebbero avuto la nuova decorrenza nel 2014. Si tratta di una nuova ed inutile complicazione che sta creando disagi e confusione per tutti gli interessati" ha concluso il rappresentante sindacale. 

La questione - L'articolo 12, comma 5-bis, del DL 78/2010 convertito con legge 122/2010 ha concesso la proroga del sostegno del reddito ai lavoratori collocati in mobilità ordinaria o lunga e cessati dal servizio nel periodo ricompreso tra il 31 ottobre 2008 e il 30 aprile 2010; e ai lavoratori titolari di assegno straordinario a carico dei fondi di solidarietà di settore con decorrenza compresa tra il 1° novembre 2008 e il 31 maggio 2010.

Tali soggetti possono ottenere il prolungamento dell'intervento di tutela del reddito per un numero di mensilità pari al periodo di tempo intercorrente tra la data di decorrenza, calcolata in base alle disposizioni vigenti prima dell'entrata in vigore della legge 122 del 2010, e quanto risultante dall'applicazione di tale legge.

In pratica si tratta di un periodo di slittamento della prestazione pensionistica variabile che può passare da 2 a 11 mesi a seconda delle situazioni. In attuazione della disposizione il governo ha pubblicato sino ad oggi tre decreti: il DM 63665 del 2012; il DM 68225/2012 e, infine, il DM 76353/2013. I citati decreti hanno erogato le prestazioni in favore dei soli lavoratori che avrebbero avuto la finestra pensionistica - calcolata con le vecchie regole - entro il 31 dicembre 2013. Si attende dunque la pubblicazione dei decreti che coprano gli anni seguenti.

I contratti collettivi devono prevedere l'assunzione a tempo indeterminato dei collaboratori abusivi. Le imprese dovranno versare il 5 per cento della contribuzione.

Com'è noto la recente legge di stabilità 2014 ha riaperto i termini per la sanatoria degli associati in partecipazione ammettendo al beneficio tutte quelle imprese che stipulano accordi entro il 31 marzo 2014 e che depositano i relativi atti presso l'Inps entro il 31 luglio 2014.

Possono beneficiare della sanatoria le imprese che hanno abusato dei contratti di associazione in partecipazione sostenendo dei costi piuttosto contenuti. La procedura ha lo scopo di incentivare l'assunzione a tempo indeterminato di tutti gli ex collaboratori delle imprese; dal canto loro i datori ottengono diversi benefici che comprendono anche la possibilità di sanare gli illeciti sulle questioni contributive ed amministrative pregresse.

La procedura per fruire della sanatoria - Le imprese che vogliano fruire della sanatoria devono stipulare entro il 31 marzo 2014 un contratto collettivo che preveda  l'assunzione, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, entro i successivi 3 mesi, dei collaboratori che hanno lavorato con l'impresa in forma abusiva.

Attraverso la stipula del contratto collettivo l'impresa ottiene la garanzia di chiudere le questioni pendenti con il passato: il lavoratore "regolarizzato" ha infatti l'onere di rinunciare a qualsiasi potenziale rivendicazione in merito al rapporto abusivo. L'assunzione del collaboratore dovrà essere accompagnata dal versamento, da parte dell'impresa, di un contributo pari al 5 per cento della quota di contribuzione prevista carico degli associati per i periodi di durata del rapporto pregresso entro un tetto massimo pari a 6 mesi.

Una volta concluso il versamento il datore dovrà depositare l'accordo collettivo comprensivo degli atti di conciliazione individuale e dei contratti di assunzione presso la sede Inps competente per territorio. L'adempimento deve essere completato entro il 31 luglio 2014. Una volta asssunto l'azienda non può licenziare il collaboratore regolarizzato per un periodo pari a 6 mesi a meno che non sussista una giusta causa o giustificato motivo soggettivo.

Completata la procedura, il datore di lavoro consegue l'estinzione degli illeciti in materia di versamenti contributivi, assicurativi e fiscali; inoltre beneficia della revoca di provvedimenti amministrativi emanati in conseguenza delle contestazioni riguardanti i medesimi titoli.

La lettera di un esodato a Matteo Renzi

Mercoledì, 26 Febbraio 2014
 La lettera aperta di un anonimo esodato al neo Premier, Matteo Renzi, denuncia la propria assurda situazione e la necessità di ulteriori correttivi alle norme sino ad oggi approvate. 

Egr. Sig. Primo Ministro, Le invio questa lettera volendo presentarLe la mia situazione, condivisa peraltro da molte decine di migliaia di lavoratori dipendenti ancora alle prese con le dram­matiche conseguenze della riforma delle pensioni: l'argomento non è nuovo, ma non per questo meno d'attualità. Mi scuso ma, per i motivi che sto per esporLe, la mia lettera non può essere firmata, non per mia volontà.

Due anni fa un altro esodato, Pietro Lando, scrisse all'allora ministro Fornero pregan­dola: "di non farmi continuare a vivere con questa infinita amarezza del sentirmi raggi­rato e derubato dal mio Governo, dal mio Paese", per i 57.000 euro di contributi pagati inutilmente per il riscatto di laurea.

La mia situazione è ancora più drammatica e beffarda: anch'io ho pagato una cifra superiore ai 50.000 euro per il riscatto, ma a tutt'oggi non ho alcuna sicurezza di avere la mia pensione, come avrebbe dovuto essere, nel 2015, ma, (anzi!) ieri mi ha comunicato il febbraio 2020 come data probabile per riscuoterla, finalmente.

Per il solo fatto di aver inoltrato domanda di essere riconosciuto come esodato (si badi bene chiesto, non già riconosciuto tale) mi è fatto divieto di procurarmi anche un solo euro con un qualsivoglia lavoro (!) pena la perdita di ogni diritto, mentre se fossi titolare di pensione potrei tranquillamente guadagnare, pagando ovviamente le tasse. Non è possibile, naturalmente, che io possa sopravvivere dignitosamente sei anni senza pensione né la possibilità di avere un onesto, minimo introito. Altri ex colleghi, nella stessa situazione, lavorano facendo fatturare la moglie o i figli, ma io non ho questa possibilità; così l'azienda per cui lavoro fattura le mie provvigioni al mio superiore gerarchico che poi mi passa, in nero, il netto. Così invece di pagare il 23% di tasse ne pago, data la sua superiore aliquo­ta, il 60%! Non mi si può certo definire un evasore fiscale, ma essendo un lavoratore "in nero" non posso neppure firmare questo mio appello.

Quindi, grazie alla riforma Fornero, il governo non solo mi ha derubato di 50.000 euro per farmi comprare qualcosa (la pensione di anzianità) che poi non mi vuole più dare, ma mi ha tolto perfino la dignità di lavoratore onesto costringendomi a lavora­re di nascosto: alla fine io sono il fuorilegge e non chi ha fatto quel disastro di riforma. Non riesco a trovare le parole per esprime­re l'infinita amarezza per questa situazione che mi obbliga a scriveLe senza poter mettere in calce la mia firma, senza poter mostrarLe il mio volto! Oltre che derubato, il governo mi fa anche sentire truffaldino. Spero che il governo che Lei si appresta a guidare possa finalmente risolvere questa situazione, che non è certo unica dato che, come riportava la stampa la scorsa settima­na, solo il 20% degli esodati ha finito il proprio calvario.

Con osservanza e speranza,

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