Eleonora Accorsi

Eleonora Accorsi

Sono una giornalista freelance. Collaboro con diverse testate e blog nella redazione di notizie ed approfondimenti su materie fiscali e di diritto del lavoro. Dal 2014 collaboro con la redazione di PensioniOggi.it

Il decreto Destinazione Italia raddoppia le sanzioni per i datori che non rispettano le norme dell'orario di lavoro.

La nuova stretta sul lavoro nero è contenuta nel decreto Destinazione Italia (Dl 145/2013 convertito con legge 9/2014). Tra le tante materie regolate dal decreto c'è infatti una rimodulazione degli importi della sanzioni per i datori di lavoro che impiegano manodopera non regolare e non rispettano gli orari di riposo.  Vediamo dunque quali sono le novità introdotte. 

Orario di lavoro - Relativamente alle violazioni connesse al mancato rispetto dell'orario di lavoro il provvedimento dispone l'incremento in misura doppia delle sanzioni sulle violazioni della durata massima settimanale dell'orario di lavoro, del riposo settimanale e di quello giornaliero. Le nuove sanzioni si applicano alle condotte illecite commesse dal 24 dicembre 2013, la data di entrata in vigore del Dl 145/2013. Escluse dall'intervento, e dunque dall'incremento delle sanzioni, le violazioni connesse al godimento delle ferie.

La durata massima settimanale dell'orario di lavoro, secondo quanto disposto dall'articolo 4 del Dlgs 66/2003, non può superare, per ogni periodo di sette giorni, le 48 ore, incluse le ore di straordinario. Il rispetto di questa media deve avvenire nell'ambito di un periodo di riferimento, di norma pari a quattro mesi, fatte salve specifiche disposizioni della contrattazione collettiva. Il ministero del Lavoro (Circolare 8/2005) ha chiarito inoltre che nel computo delle ore, oltre alle ferie e alla malattia non si devono considerare neanche le assenze dovute a gravidanza e infortunio. Tutti i restanti periodi di assenza, con diritto alla conservazione del posto, sono invece ricompresi nell'arco temporale di riferimento, sia pur con indicazione delle ore pari a zero.

Il riposo settimanale - Le multe salgono anche per quanto riguarda le violazioni legate al mancato rispetto del riposo settimanale: l'articolo 9, del Dlgs 66/2003, stabilisce che il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero, a eccezione dei casi previsti dalla norma stessa. Con le modifiche apportate dalla legge 133/2008, il periodo di riposo consecutivo viene determinato come media in un arco temporale non superiore a 14 giorni.

Le sanzioni - Con l'entrata in vigore del Dl 145/2013 la sanzione per il superamento dei limiti dell'orario di lavoro è dunque compresa tra 200 e 1.500 euro. Qualora la violazione riguardi più di cinque lavoratori o si sia verificata in almeno tre periodi di riferimento, la multa sale da 800 a 3mila euro. E se nella violazione sono coinvolti più di 10 lavoratori o questa si è protratta per almeno cinque periodi, la sanzione è compresa tra 2mila a 10mila euro. Per la violazione del riposo settimanale la sanzione prevista è quella relativa al superamento delle quarantotto ore settimanali di media, con gli stessi importi appena indicati.

Il riposo giornaliero - Per il riposo giornaliero le nuove sanzioni prevedono l'importo da 100 a 300 euro se la violazione coinvolge fino a cinque lavoratori o due periodi di riferimento. Le sanzioni passano da 600 a 2mila euro qualora la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori o si è verificata in almeno tre periodi di ventiquattro ore. Se riguarda più di dieci lavoratori o almeno cinque periodi, l'importo è ricompreso tra i 1.800 e i 3mila euro.

Restano ancora da definire sgravi Imu per i proprietari e la riduzione Iva per i costruttori impegnati nel social housing.

Il decreto casa arriverà mercoledì in Consiglio dei ministri all'interno di un provvedimento complessivo riguardante per lo sviluppo. All'esame del consiglio ci sarà anche il Jobs act, piano scuole e forse lo sblocco dei pagamenti Pa.

Tra le misure piu' importanti che potrebbero avere la luce verde c'è  la riduzione dell'Imu al 4 per mille per tutti i proprietari che affittano la seconda o terza casa a canone concordato ma anche la previsione di una riduzione delle imposte, semplificazioni e premi urbanistici per i costruttori che realizzano immobili vincolando una quota degli appartamenti all'affitto secondo la formula del social housing.

Inoltre tra le misure che dovrebbero avere luce verde c'è il piano straordinario di recupero degli alloggi Iacp da 568 milioni che dovrà essere attuato entro sei mesi e sarà finanziato in gran parte (500 milioni) con fondi dello stesso ministero recuperati con le revoche dei fondi a opere bloccate. Le Regioni si sono opposte agli sconti per l'acquisto di alloggi popolari da parte di inquilini che li abitano ma alla fine il compromesso dovrebbe essere stato raggiunto: gli sconti saranno inseriti nel quadro nazionale ma l'entità degli stessi saranno definiti in ambito locale, caso per caso, con accordi fra centro e periferie.

Cedolare Secca al 10% - Nel decreto casa è prevista poi la riduzione ulteriore dal 15 al 10% dell'aliquota della cosiddetta cedolare secca per chi affitta a canone concordato. Una misura che costerà 29,7 milioni di euro l'anno e che segue la discesa dal 20 al 15% già decisa con il decreto del fare. L'obiettivo della misura è rendere nuovamente conveniente su larga scala il contratto a canone concordato anche rispetto al canone di libero mercato che in questi anni è stato fortemente penalizzato dalla stasi del mercato immobiliare.

Formula Rent to buy - Nel decreto Lupi ci saranno certamente anche alcune norme per rendere più favorevole il cd. «Rent to buy», lo strumento che consente all'inquilino di riscattare l'appartamento utilizzando i canoni di affitto pagati come rate anticipate da scalare dal prezzo di acquisto dell'immobile. Nel provvedimento si dovrebbe consentire il differimento del momento della decisione di riscattare la proprietà dell'immobile al settimo anno lasciando le imposte sull'immobile a carico dell'ente proprietario in un primo momento.

Detrazione Irpef 900 € - Accanto ai benefici per il proprietario prodotti dalla riduzione dell'aliquota della cedolare secca il decreto dovrebbe prevederne uno anche per l'inquilino. Per il conduttore che affitta un immobile a canone concordato è previsto un aumento della detrazione Irpef fino a 900 euro per le fasce di reddito più basse (fino a 15.493,71 euro), a fronte dei 450 euro attuali. In questo caso la concorrenza che si tenta di sbaragliare a colpi di incentivi fiscali non è solo quella del mercato libero, ma anche e soprattutto quella del mercato nero.

Fondi Rifinanziati - Nel decreto c'è poi un doppio rifinanziamento. Da un lato si provvede al raddoppio del Fondo affitti per famiglie bisognose, portandolo da 100 a 200 milioni di euro. Dall'altro, si rifinanzia il Fondo per la morosità incolpevole per 241 milioni che passa dai 140 milioni attuali a 381 milioni. Il fondo aiuta le famiglie in difficoltà pagando la rata dell'affitto che la famiglia non riesce a pagare.

Nel decalogo che raccoglie le osservazioni degli esponenti del partito democratico tra cui l'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, si chiede all'esecutivo di accelerare sull'introduzione dei pensionamenti flessibili.

Nel Jobs Act non si parla di previdenza. Così ammette, forse disarmando molti lettori, il decalogo che raccoglie le osservazioni di una vasta schiera di esponenti del partito democratico, tra cui l'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, per migliorare ed integrare il Jobs Act promosso dal neo-premier Matteo Renzi. Documento le cui prime misure dovrebbero già cominciare ad intravedersi nel Cdm previsto questa settimana ma che non conterranno novità per il fronte previdenziale.

I firmatari del Decalogo osservano che il governo non ha una linea chiara sul fronte previdenza e chiedono l'apertura di un cantiere per affrontare i principali temi ad oggi irrisolti. Ai primi punti c'è l'introduzione di una maggiore flessibilità in uscita dal lavoro: "Il governo presenterà una propria proposta basata sul disegno di legge C.857" si legge nel documento.

Si tratta della proposta di legge presentata l'anno scorso da Damiano che prevede l'introduzione della possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia già a 62 anni (con almeno 35 anni di contributi) con una penalizzazione graduata sulla base dell'età del pensionando. La proposta si è "arenata" con il governo Letta dopo che il MEF ha posto problemi di copertura finanziaria; il Ministro Giovannini stava quindi lavorando ad un piano alternativo basato sull'idea di un prestito pensionistico che il pensionato avrebbe poi restituito una volta conseguita la pensione. Ora il nuovo governo dovrebbe indicare che strada seguire.

Nel decalogo si chiede anche la soluzione del problema delle ricongiunzioni onerose e la definizione di alcuni meccanismi che garantiscano una pensione adeguata e dignitosa per le giovani generazioni. Qui l'idea è quella di garantire con un trattamento economico minimo al di sotto del quale non è possibile scendere in modo da mettere al riparo chi in futuro non riesca, con il sistema contributivo, ad ottenere un assegno "dignitoso" per la vecchiaia. 

Nel documento si chiede anche l'apertura di un tavolo di concertazione tra governo e parti sociali finalizzato a rivedere il meccanismo di indicizzazione delle pensioni medio basse e quello riguardante l'esclusione "anacronistica" dei lavoratori parasubordinati dall'applicazione del principio di automaticità delle prestazioni previdenziali ed assistenziali prevista per i lavoratori dipendenti.

Su quest'ultima questione i firmatari della proposta chiedono l'estensione anche ai lavoratori iscritti alla gestione separata Inps, della regola secondo la quale sono dovute al lavoratore dipendente le prestazioni previdenziali ed assistenziali anche qualora l'imprenditore non abbia versato regolarmente i contributi dovuti alle gestioni previdenziali.

L'istutito di previdenza nazionale conferma la deroga per i non lavoratori vedenti iscritti alla gestione Ex-Inpdap.

{div class:article-banner-left}{/div}

L'Inps ha precisato con il messaggio 3116/2014 la normativa applicabile per il conseguimento della pensione di vecchiaia e anticipata per i lavoratori non vedenti iscritti alla gestione pubblica ex Inpdap
L'istituto previdenziale ha confermato, dopo i dubbi sollevati da alcuni operatori del settore, che per il conseguimento della pensione di vecchiaia nulla è stato innovato e, pertanto, restano in vigore i requisiti vigenti prima dell'entrata in vigore della Riforma Fornero.

"Anche successivamente all'approvazione del decreto legge 201/2011 che ha modificato le regole di accesso alla pensione a decorrere dal 1° gennaio 2012, per il diritto alla pensione di vecchiaia vengono confermate le disposizioni già in vigore alla data del 31 dicembre 1992 sia per quanto riguarda il requisito anagrafico sia per quanto riguarda il requisito contributivo cioè i 15 anni". 

L'Inps ribadisce tuttavia che ai lavoratori in questione vanno applicati gli adeguamenti alla speranza di vita Istat a decorrere dal 1º gennaio 2013 (3 mesi) e la finestra mobile come prevista dall'articolo 12, commi 1 e 2 del Dl 78/2010.

Con riguardo alle modalità di accesso alla pensione anticipata l'istituto ricorda che si applicano i requisiti validi per la generalità dei lavoratori dipendenti. Pertanto, a decorrere dal 1° gennaio 2014, per il ritiro indipendentemente dall’età anagrafica saranno necessari 42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne.

A Poletti i sindacati chiedono un tavolo di confronto per risolvere le principali questioni del sistema previdenziale e degli esodati.

Completata la formazione del nuovo governo, Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto un incontro urgente al ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. I sindacati vogliono porre innanzi al Ministero le principali questioni che riguardano il sistema previdenziale italiano. Sul tavolo l'introduzione di nuovi pensionamenti flessibili, la soluzione della questione esodati, lo stanziamento delle risorse per gli ammortizzatori sociali e correzioni al sistema della previdenza complementare.
È quanto ha affermato una nota congiunta dei segretari confederali di Cgil, Cisl, Uil. 

Critica nei confronti del nuovo governo soprattutto la Cgil che ha accusato Renzi di non aver inserito nel suo programma una riforma pensionistica in grado di affrontare quelle problematiche che ancora oggi attendono una risposta efficace.
Nell'incontro i sindacati chiedono anche di accelerare la riforma del modello di governance degli enti previdenziali e assicurativi avviata dal precedente ministro del Lavoro Enrico Giovannini.

© 2022 Digit Italia Srl - Partita IVA/C.f. 12640411000. Tutti i diritti riservati