Eleonora Accorsi

Eleonora Accorsi

Sono una giornalista freelance. Collaboro con diverse testate e blog nella redazione di notizie ed approfondimenti su materie fiscali e di diritto del lavoro. Dal 2014 collaboro con la redazione di PensioniOggi.it

Mercoledì 14 gennaio alle 9,30 dovrebbe iniziare La camera di consiglio della Corte costituzionale per dare o meno il via libera al Referendum sulle Pensioni.

Kamsin "Auspichiamo che la Corte Costituzionale dica sì al Referendum contro la Riforma Fornero del 2011 che ha penalizzato milioni di lavoratori e giovani precari". E' quanto afferma una nota diffusa dai Capigruppo della Lega Nord alla Camera dei Deputati con cui lancia anche l'hashtag #nonfatescherzi.

La Corte dovrebbe esprimersi la prossima settimana sull'ammissibilità del quesito referendario promosso dal partito di Matteo Salvini che intende abrogare l'articolo 24 della Dl 201/2011. "Oltre 500mila cittadini hanno espresso la volontà di abolire la Legge Fornero, una normativa che ha penalizzato l’entrata e l’uscita nel mondo del lavoro, ha allungato l’attività lavorativa di milioni di donne già impegnate nel lavoro familiare e ha creato il problema degli esodati lasciando senza stipendio né pensione centinaia di migliaia di lavoratori. Abrogarla significa ridare dignità al lavoro ed ai lavoratori e dare la speranza di un futuro migliore ai nostri giovani" affermano la nota.

Lo svolgimento del Referendum si potrebbe tenere, qualora la Corte darà parere positivo, entro la prossima primavera. Dall'abolizione dell'articolo 24 del Dl 201/2011 non ci sarà alcun vuoto normativo ricordano dalla Lega: "verrà semplicemente fatta rivivere la precedente disciplina che prevedeva la possibilità di ingresso alla pensione di anzianità con un minimo di età anagrafica, le cd. quote, e contributiva oppure, indipendentemente dall'età anagrafica, con 40 anni di contributi". Una normativa che già contemplava il lento innalzamento alla speranza di vita.

Impossibile tuttavia predire l'esito del giudizio della Consulta. Come già anticipato da PensioniOggi.it al momento le speranze circa l'ammissibilità del referendum sono piuttosto ridotte. Il quesito ha effetti rilevanti sui conti pubblici e sulla stabilità finanziaria (Monti stimò in oltre 10 miliardi l'anno i risparmi per lo stato una volta a regime) e, pertanto, pur non vertendo direttamente su una legge tributaria o di bilancio rischia di incappare, comunque, nel divieto previsto dall'articolo 75 della Costituzione.

Qualora si svolgesse il referendum si tornerebbe indietro di 4 anni. Nel 2015 secondo quanto stabiliva la vecchia normativa (si veda la tabella seguente) era possibile accedere alla pensione di anzianità con 61 anni e 3 mesi, unitamente al quorum 97,3 e 35 anni di contributi, oppure, indipendentemente dall'età anagrafica, con 40 anni di contributi. Naturalmente sarebbero virtualmente in pensione anche tutti coloro che hanno raggiunto la quota 96 (es. con 60 anni e 36 di contributi) entro il 2012. Troppo bello per essere vero!

seguifb

Zedde

Il Ministro in risposta ad una interrogazione in Commissione Lavoro si dice disponibile ad approfondire una diversificazione dei criteri di innalzamento dell'età pensionabile in base alla tipologia di lavoro.

Kamsin C'è la disponibilità dell'Inps e del Governo a valutare la possibilità di diversificare il criterio di adeguamento dell'aspettativa di vita in base alle specifiche caratteristiche dell'attività lavorativa. E' quanto ha detto ieri in Commissione Lavoro della Camera dei Deputati il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti in risposta all'interrogazione promossa da alcuni deputati del Pd. Gli interroganti hanno evidenziato come sull'aspettativa di vita sarebbe opportuno differenziare gli adeguamenti sulla base delle professioni esercitate nella vita lavorativa. Il ragionamento dei deputati è che, come emerge dagli studi demografici, un operaio ha una aspettativa di vita piu' breve rispetto a quella di un professionista e pertanto l'applicazione degli aumenti non può essere generalizzata. Attualmente, invece, il recente decreto 16 dicembre 2014 innalzerà, dal prossimo 1° gennaio 2016, i requisiti previdenziali di tutti i comparti di 4 mesi senza tener conto delle diverse aspettative di vita dei lavoratori.

Gli onorevoli chiedono, pertanto, al Governo la sospensione del decreto citato per dare corso agli approfondimenti necessari per individuare un criterio di adeguamento dell'aspettativa di vita che tenga conto anche delle mansioni svolte, delle qualifiche, della durata dell'attività lavorativa e dell'effettiva durata della pensione in essere.

Lo Studio - Gli interroganti sottolineano in particolare che, un recente studio, realizzato da Carlo Maccheroni, componente del Centro di ricerca sulle dinamiche sociali dell'università Bocconi e docente di demografia all'università di Torino, dimostra che un laureato di 35 anni oggi ha un'aspettativa di vita di 7,6 anni in più rispetto ad un coetaneo con un titolo di studio inferiore. La maggiore aspettativa di vita è leggermente diversa per le donne: una laureata di 35 anni oggi, infatti, sempre secondo lo studio, ha una prospettiva di sopravvivenza di 6,5 anni più lunga di una coetanea con titolo di studio inferiore. La differente mortalità sottintende differenze nella gestione della salute e nelle condizioni di vita, spiega il professor Maccheroni, ma le disuguaglianze non sono riconducibili solo al diverso bagaglio di conoscenze acquisite durante il percorso scolastico/formativo, che di per sé implica una differenza retributiva che influenza la vita e la salute, ma si manifestano anche nell'attitudine ad ampliare le proprie conoscenze in molti campi.

Chi ha un grado di istruzione più elevato, secondo la ricerca che ha quantificato queste differenze, ha più facilità a reperire e gestire conoscenze, che regolano positivamente i comportamenti riguardo a uno stile di vita salutare e a un più informato accesso alle cure sanitarie. Aggiunge sempre lo studio, che analizza anche sistemi di welfare: un sistema che basa il calcolo della pensione su dati medi di aspettativa di vita uguali per tutti, come dalla «riforma Dini», rischia di creare sperequazioni nel trattamento. Le statistiche dimostrano, infatti, che la vita media è aumentata tanto per gli uomini come per le donne, ma ciò che questa ricerca evidenzia è che per gli strati sociali più bassi aumenta meno che per quelli più alti. Le politiche sociali varate dai Governi negli ultimi decenni, conclude il docente universitario, non sono quindi ancora riuscite ad incidere positivamente sulla situazione.

Un recente studio dell'INSEE (struttura di ricerca francese) ha dimostrato quanto pesino le differenze sociali sulla longevità, tanto da arrivare ad accertare che l'aspettativa di vita di un dirigente, è di sei anni e sei mesi più elevata, rispetto ad un coetaneo operaio. Una precedente ricerca in Inghilterra – Galles del 2004, già verificava che l'aspettativa di vita dopo i 65 anni, per i professionisti è di circa 18 anni, mentre quella di un operaio non qualificato di circa 13 anni.

Ciò significa che coloro che hanno svolto lavori meno qualificati e hanno versato per 40 anni contributi e oltre, godono della pensione per un numero minore di anni e ciò dovrebbe essere sufficiente a supportare la motivazione che null'altro si può chiedere a coloro che svolgono lavori manuali e che hanno iniziato l'attività lavorativa dall'età di 15 anni.

Pertanto, concludono i Parlamentari interroganti, sull'aspettativa di vita sarebbe opportuno differenziare le tipologie di lavoro, classificare in modo dettagliato i lavori usuranti, rivedere anche quali lavori nella realtà portino ad una vita più breve, come dimostrano alcuni studi statistici sui macchinisti e personale viaggiante sui treni. Del resto l'applicazione delle disposizioni in materia di aspettativa di vita sta già creando situazioni gravi per i lavoratori e, in particolare, le lavoratrici esclusi dalle deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, proprio a causa degli incrementi dei requisiti pensionistici per l'aspettativa di vita.

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Zedde

Nel testo della legge di stabilità resta il taglio di 150 milioni di euro al fondo destinato al finanziamento delle prestazioni per i lavoratori usuranti.

Kamsin Nonostante le modifiche apportate durante i lavori parlamentari al testo della legge di stabilità resta il taglio al fondo destinato al finanziamento del pensionamento anticipato dei lavoratori addetti alle mansioni particolarmente faticose e pesanti (i cd. lavori usuranti).

La misura è prevista all'articolo 1, comma 721 della legge 190/2014 in cui si precisa che la dotazione per i lavoratori in parola, prevista dalla legge 247 del 2007 (articolo 1, comma 3, lettera f) viene ridotta di 150 milioni di euro a decorrere dal prossimo anno.

Il fondo, previsto dalla citata legge, era dotato di 383 milioni di euro per finanziare il pagamento delle pensioni dei lavoratori che facevano domanda di accesso ai benefici per i lavori usuranti di cui al D.Lgs 67/2011. Pertanto, dal 2015 il fondo per i lavoratori in questione si riduce a 233 milioni di euro contro i 383 milioni di euro stanziati tra il 2013 e 2014.

I fondi in questione garantiscono ai lavoratori che hanno svolto attività particolarmente faticose e pesanti e/o lavoro notturno la possibilità di accedere alla pensione prima dei requisiti Fornero. Nel 2015, ad esempio, i lavoratori in parola possono accedere alla prestazione con 61 anni e 3 mesi ed un quorum pari a 97,3 unitamente ad almeno 35 anni di contributi. Il taglio ai fondi comporterà, qualora le risorse dovessero risultare insufficienti per soddisfare le nuove domande di accesso ai benefici, la prima data utile per l'accesso alla pensione verrà differita dall'Inps in esito al monitoraggio delle risorse. 

Seguifb

Zedde

Tra le altre scelte che il Governo si accinge a compiere nelle prossime settimane c'è quella sull'attuale sistema di uscite verso la pensione che secondo molti all'interno dell'esecutivo dovrebbe essere reso più flessibile. La stessa recente nomina di Tito Boeri alla presidenza dell'Inps potrebbe favorire un restyling pensionistico.

Kamsin Il premier durante le feste natalizie ha subito fatto capire che la nomina di Boeri non rappresenta il primo passo verso nuovi interventi in materia previdenziale. Ma, come afferma il sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, «una manutenzione della legge Fornero» potrebbe essere «utile» ed il governo esaminerà, in occasione della Riforma della Governance dell'Inps, quelle proposte volte ad introdurre maggiore flessibilità delle uscite verso il pensionamento.
 
Fonti vicine a Palazzo Chigi fanno osservare come già in questa direzione si colloca un emendamento alla legge di stabilità approvato in Parlamento con cui sono state eliminate le penalizzazioni per chi va in pensione con il requisito dei 42 anni di anzianità contributiva prima di aver compiuto i 62 anni di età. Vediamo dunque quali sono le ipotesi attualmente sul tavolo di Palazzo Chigi e cosa significano per i lavoratori.

La prima, nota a molti, è quella relativa ai pensionamenti flessibili. L'ipotesi vuole far agguantare la pensione a chi ha raggiunto almeno 62 anni e 35 di contributi, seppur con una penalità dell'8%. La penalità decresce del 2% l'anno per ogni anno di permanenza sul lavoro e, pertanto, si azzera al compimento di 66 anni. 

C'è poi l'ipotesi di consentire il pensionamento con il perfezionamento della quota 100 (somma di anzianità contributiva e anagrafica) cara al presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano. Qui si vuole introdurre un meccanismo simile alla vecchia pensione di anzianità partendo da un minimo anagrafico e contributivo con il contestuale perfezionamento di una quota data dalla somma dell'età anagrafica e contributiva. Nei fatti si potrebbe accedere alla pensione con 62 anni e 38 anni di contributi, con 61 anni e 39 di contributi oppure con 60 anni e 40 di contributi.

Da menzionare anche il cd. prestito pensionistico, un'idea elaborata dall'Ex ministro del lavoro, Enrico Giovannini, che consentirebbe di anticipare l'età pensionabile sino ad un massimo un paio d'anni rispetto ai requisiti vigenti. L'anticipo poi sarebbe restituito con dei micro prelievi una volta conseguito l'assegno previdenziale. Infine, un'altra ipotesi rilanciata in questi giorni dopo la nomina di Boeri all'Inps è quella di estendere in favore di tutti i lavoratori l'opzione per il calcolo contributivo dell'assegno in cambio di un anticipo sull'età pensionabile. Qui si potrebbero ottenere anticipi molto piu' consistenti al prezzo però di un assegno decurtato anche del 25% rispetto alle regole standard.

Il confronto a Palazzo Chigi è già partito. Del resto sul versante previdenziale c'è già un intervento obbligato nell'agenda del Governo: la riforma della governance dell'Inps che dovrà diventare più snella e funzionale. Riforma che potrebbe vedere la luce entro febbraio. Entro tale mese, pertanto, si dovrebbero conoscere le intenzioni del Governo. Sullo sfondo c'è poi la decisione della Consulta sul referendum abrogativo della Riforma Fornero. Se dovesse essere giudicato ammissibile, ipotesi per ora remota, il Governo dovrebbe proporre una Riforma molto piu' profonda.

Seguifb

Zedde

Qualora passasse il referendum le prestazioni potrebbero essere conseguite a 61 anni e 3 mesi oppure con 40 anni di contributi. Verrebbe abolito anche il sistema contributivo dal 1° gennaio 2012.

Kamsin Dovrebbe iniziare mercoledì 14 gennaio alle 9,30 la camera di consiglio della Corte costituzionale sull'ammissibilità del referendum che intende abrogare la Legge Fornero. Il relatore sarà il giudice Mario Rosario Morelli. Entro il 10 gennaio, Presidenza del Consiglio e ministero del Lavoro dovranno inoltre presentare le memorie per dimostrare davanti ai giudici della Corte l'eventuale inammissibilità del referendum abrogativo, promosso dalla Lega Nord.

Se ci sarà il via libera dei giudici costituzionali, il Governo Renzi dovrà stabilire una data per il voto in una domenica compresa fra il 15 aprile e il 15 giugno.

Semplice il testo del quesito proposto dalla Lega Nord: «Volete che sia abrogato: l'articolo 24 (Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici) del decreto legge 6 dicembre 2011, n.2011
modificazioni e integrazioni successive?».

Difficile, però, comprendere se la Consulta darà il via libera. Il fatto, osservano in molti, è che il quesito ha effetti rilevanti sulla stabilità dei conti pubblici e, pertanto, rischia di essere dichiarato inammissibile dalla Consulta.

Qualora la Corte desse il via libera si aprirebbero, tuttavia, scenari molto interessanti. Il Governo sarebbe costretto ad approvare entro la primavera, per evitare la consultazione, una nuova legge in materia previdenziale. Infatti, se il referendum fosse ammesso e delle urne emergesse la volontà di abrogare la Riforma del 2011 si ritornerebbe al vecchio sistema delle quote e delle finestre mobili. Cosa significherebbe in concreto? Che si potrebbe andare in pensione con requisiti molto piu' agevoli rispetto a quelli attuali.

Ad esempio nel 2015 secondo quanto stabiliva la vecchia normativa (si veda la tabella seguente) era possibile accedere alla pensione di anzianità con 61 anni e 3 mesi, unitamente al quorum 97,3 e 35 anni di contributi, oppure, indipendentemente dall'età anagrafica, con 40 anni di contributi.

Effetti positivi anche per le prestazioni di vecchiaia. Invece degli attuali 66 anni e 3 mesi la vecchia normativa chiedeva, per il 2015, 65 anni e 3 mesi di età per gli uomini e per le donne del pubblico impiego e soli 60 anni e 6 mesi per le donne nel settore privato.


Senza contare che verrebbe abolito anche il sistema contributivo dal 1° gennaio 2012 con conseguenze positive sull'importo degli assegni per coloro che erano nel sistema retributivo sino al 2011. Una grana considerevole per Renzi.

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Zedde

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