Eleonora Accorsi

Eleonora Accorsi

Sono una giornalista freelance. Collaboro con diverse testate e blog nella redazione di notizie ed approfondimenti su materie fiscali e di diritto del lavoro. Dal 2014 collaboro con la redazione di PensioniOggi.it

Il Ministro in risposta ad una interrogazione in Commissione Lavoro si dice disponibile ad approfondire una diversificazione dei criteri di innalzamento dell'età pensionabile in base alla tipologia di lavoro.

Kamsin C'è la disponibilità dell'Inps e del Governo a valutare la possibilità di diversificare il criterio di adeguamento dell'aspettativa di vita in base alle specifiche caratteristiche dell'attività lavorativa. E' quanto ha detto ieri in Commissione Lavoro della Camera dei Deputati il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti in risposta all'interrogazione promossa da alcuni deputati del Pd. Gli interroganti hanno evidenziato come sull'aspettativa di vita sarebbe opportuno differenziare gli adeguamenti sulla base delle professioni esercitate nella vita lavorativa. Il ragionamento dei deputati è che, come emerge dagli studi demografici, un operaio ha una aspettativa di vita piu' breve rispetto a quella di un professionista e pertanto l'applicazione degli aumenti non può essere generalizzata. Attualmente, invece, il recente decreto 16 dicembre 2014 innalzerà, dal prossimo 1° gennaio 2016, i requisiti previdenziali di tutti i comparti di 4 mesi senza tener conto delle diverse aspettative di vita dei lavoratori.

Gli onorevoli chiedono, pertanto, al Governo la sospensione del decreto citato per dare corso agli approfondimenti necessari per individuare un criterio di adeguamento dell'aspettativa di vita che tenga conto anche delle mansioni svolte, delle qualifiche, della durata dell'attività lavorativa e dell'effettiva durata della pensione in essere.

Lo Studio - Gli interroganti sottolineano in particolare che, un recente studio, realizzato da Carlo Maccheroni, componente del Centro di ricerca sulle dinamiche sociali dell'università Bocconi e docente di demografia all'università di Torino, dimostra che un laureato di 35 anni oggi ha un'aspettativa di vita di 7,6 anni in più rispetto ad un coetaneo con un titolo di studio inferiore. La maggiore aspettativa di vita è leggermente diversa per le donne: una laureata di 35 anni oggi, infatti, sempre secondo lo studio, ha una prospettiva di sopravvivenza di 6,5 anni più lunga di una coetanea con titolo di studio inferiore. La differente mortalità sottintende differenze nella gestione della salute e nelle condizioni di vita, spiega il professor Maccheroni, ma le disuguaglianze non sono riconducibili solo al diverso bagaglio di conoscenze acquisite durante il percorso scolastico/formativo, che di per sé implica una differenza retributiva che influenza la vita e la salute, ma si manifestano anche nell'attitudine ad ampliare le proprie conoscenze in molti campi.

Chi ha un grado di istruzione più elevato, secondo la ricerca che ha quantificato queste differenze, ha più facilità a reperire e gestire conoscenze, che regolano positivamente i comportamenti riguardo a uno stile di vita salutare e a un più informato accesso alle cure sanitarie. Aggiunge sempre lo studio, che analizza anche sistemi di welfare: un sistema che basa il calcolo della pensione su dati medi di aspettativa di vita uguali per tutti, come dalla «riforma Dini», rischia di creare sperequazioni nel trattamento. Le statistiche dimostrano, infatti, che la vita media è aumentata tanto per gli uomini come per le donne, ma ciò che questa ricerca evidenzia è che per gli strati sociali più bassi aumenta meno che per quelli più alti. Le politiche sociali varate dai Governi negli ultimi decenni, conclude il docente universitario, non sono quindi ancora riuscite ad incidere positivamente sulla situazione.

Un recente studio dell'INSEE (struttura di ricerca francese) ha dimostrato quanto pesino le differenze sociali sulla longevità, tanto da arrivare ad accertare che l'aspettativa di vita di un dirigente, è di sei anni e sei mesi più elevata, rispetto ad un coetaneo operaio. Una precedente ricerca in Inghilterra – Galles del 2004, già verificava che l'aspettativa di vita dopo i 65 anni, per i professionisti è di circa 18 anni, mentre quella di un operaio non qualificato di circa 13 anni.

Ciò significa che coloro che hanno svolto lavori meno qualificati e hanno versato per 40 anni contributi e oltre, godono della pensione per un numero minore di anni e ciò dovrebbe essere sufficiente a supportare la motivazione che null'altro si può chiedere a coloro che svolgono lavori manuali e che hanno iniziato l'attività lavorativa dall'età di 15 anni.

Pertanto, concludono i Parlamentari interroganti, sull'aspettativa di vita sarebbe opportuno differenziare le tipologie di lavoro, classificare in modo dettagliato i lavori usuranti, rivedere anche quali lavori nella realtà portino ad una vita più breve, come dimostrano alcuni studi statistici sui macchinisti e personale viaggiante sui treni. Del resto l'applicazione delle disposizioni in materia di aspettativa di vita sta già creando situazioni gravi per i lavoratori e, in particolare, le lavoratrici esclusi dalle deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, proprio a causa degli incrementi dei requisiti pensionistici per l'aspettativa di vita.

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Tra le altre scelte che il Governo si accinge a compiere nelle prossime settimane c'è quella sull'attuale sistema di uscite verso la pensione che secondo molti all'interno dell'esecutivo dovrebbe essere reso più flessibile. La stessa recente nomina di Tito Boeri alla presidenza dell'Inps potrebbe favorire un restyling pensionistico.

Kamsin Il premier durante le feste natalizie ha subito fatto capire che la nomina di Boeri non rappresenta il primo passo verso nuovi interventi in materia previdenziale. Ma, come afferma il sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, «una manutenzione della legge Fornero» potrebbe essere «utile» ed il governo esaminerà, in occasione della Riforma della Governance dell'Inps, quelle proposte volte ad introdurre maggiore flessibilità delle uscite verso il pensionamento.
 
Fonti vicine a Palazzo Chigi fanno osservare come già in questa direzione si colloca un emendamento alla legge di stabilità approvato in Parlamento con cui sono state eliminate le penalizzazioni per chi va in pensione con il requisito dei 42 anni di anzianità contributiva prima di aver compiuto i 62 anni di età. Vediamo dunque quali sono le ipotesi attualmente sul tavolo di Palazzo Chigi e cosa significano per i lavoratori.

La prima, nota a molti, è quella relativa ai pensionamenti flessibili. L'ipotesi vuole far agguantare la pensione a chi ha raggiunto almeno 62 anni e 35 di contributi, seppur con una penalità dell'8%. La penalità decresce del 2% l'anno per ogni anno di permanenza sul lavoro e, pertanto, si azzera al compimento di 66 anni. 

C'è poi l'ipotesi di consentire il pensionamento con il perfezionamento della quota 100 (somma di anzianità contributiva e anagrafica) cara al presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano. Qui si vuole introdurre un meccanismo simile alla vecchia pensione di anzianità partendo da un minimo anagrafico e contributivo con il contestuale perfezionamento di una quota data dalla somma dell'età anagrafica e contributiva. Nei fatti si potrebbe accedere alla pensione con 62 anni e 38 anni di contributi, con 61 anni e 39 di contributi oppure con 60 anni e 40 di contributi.

Da menzionare anche il cd. prestito pensionistico, un'idea elaborata dall'Ex ministro del lavoro, Enrico Giovannini, che consentirebbe di anticipare l'età pensionabile sino ad un massimo un paio d'anni rispetto ai requisiti vigenti. L'anticipo poi sarebbe restituito con dei micro prelievi una volta conseguito l'assegno previdenziale. Infine, un'altra ipotesi rilanciata in questi giorni dopo la nomina di Boeri all'Inps è quella di estendere in favore di tutti i lavoratori l'opzione per il calcolo contributivo dell'assegno in cambio di un anticipo sull'età pensionabile. Qui si potrebbero ottenere anticipi molto piu' consistenti al prezzo però di un assegno decurtato anche del 25% rispetto alle regole standard.

Il confronto a Palazzo Chigi è già partito. Del resto sul versante previdenziale c'è già un intervento obbligato nell'agenda del Governo: la riforma della governance dell'Inps che dovrà diventare più snella e funzionale. Riforma che potrebbe vedere la luce entro febbraio. Entro tale mese, pertanto, si dovrebbero conoscere le intenzioni del Governo. Sullo sfondo c'è poi la decisione della Consulta sul referendum abrogativo della Riforma Fornero. Se dovesse essere giudicato ammissibile, ipotesi per ora remota, il Governo dovrebbe proporre una Riforma molto piu' profonda.

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Qualora passasse il referendum le prestazioni potrebbero essere conseguite a 61 anni e 3 mesi oppure con 40 anni di contributi. Verrebbe abolito anche il sistema contributivo dal 1° gennaio 2012.

Kamsin Dovrebbe iniziare mercoledì 14 gennaio alle 9,30 la camera di consiglio della Corte costituzionale sull'ammissibilità del referendum che intende abrogare la Legge Fornero. Il relatore sarà il giudice Mario Rosario Morelli. Entro il 10 gennaio, Presidenza del Consiglio e ministero del Lavoro dovranno inoltre presentare le memorie per dimostrare davanti ai giudici della Corte l'eventuale inammissibilità del referendum abrogativo, promosso dalla Lega Nord.

Se ci sarà il via libera dei giudici costituzionali, il Governo Renzi dovrà stabilire una data per il voto in una domenica compresa fra il 15 aprile e il 15 giugno.

Semplice il testo del quesito proposto dalla Lega Nord: «Volete che sia abrogato: l'articolo 24 (Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici) del decreto legge 6 dicembre 2011, n.2011
modificazioni e integrazioni successive?».

Difficile, però, comprendere se la Consulta darà il via libera. Il fatto, osservano in molti, è che il quesito ha effetti rilevanti sulla stabilità dei conti pubblici e, pertanto, rischia di essere dichiarato inammissibile dalla Consulta.

Qualora la Corte desse il via libera si aprirebbero, tuttavia, scenari molto interessanti. Il Governo sarebbe costretto ad approvare entro la primavera, per evitare la consultazione, una nuova legge in materia previdenziale. Infatti, se il referendum fosse ammesso e delle urne emergesse la volontà di abrogare la Riforma del 2011 si ritornerebbe al vecchio sistema delle quote e delle finestre mobili. Cosa significherebbe in concreto? Che si potrebbe andare in pensione con requisiti molto piu' agevoli rispetto a quelli attuali.

Ad esempio nel 2015 secondo quanto stabiliva la vecchia normativa (si veda la tabella seguente) era possibile accedere alla pensione di anzianità con 61 anni e 3 mesi, unitamente al quorum 97,3 e 35 anni di contributi, oppure, indipendentemente dall'età anagrafica, con 40 anni di contributi.

Effetti positivi anche per le prestazioni di vecchiaia. Invece degli attuali 66 anni e 3 mesi la vecchia normativa chiedeva, per il 2015, 65 anni e 3 mesi di età per gli uomini e per le donne del pubblico impiego e soli 60 anni e 6 mesi per le donne nel settore privato.


Senza contare che verrebbe abolito anche il sistema contributivo dal 1° gennaio 2012 con conseguenze positive sull'importo degli assegni per coloro che erano nel sistema retributivo sino al 2011. Una grana considerevole per Renzi.

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Le principali novità riguardano i conti correnti bancari o postali: i contribuenti dovranno portare un documento con l'indicazione della giacenza media annua e non sarà piu' sufficiente solo il saldo al 31 Dicembre.

Kamsin L'Indicatore della situazione economica equivalente nasce nel 1998 per definire la situazione economica di un cittadino e del suo nucleo familiare. Viene utilizzato dalle Amministrazioni dello stato ed altri Enti per riconoscere il diritto a godere di prestazioni sociali o assistenziali agevolate come gli assegni per la maternità, i bonus famiglia, il bonus bebè, la carta acquisti, l'erogazione di servizi sociali e tutte le agevolazioni legate allo studio, dalle tasse universitarie alle borse di studio, fino alle mense scolastiche o le agevolazioni per l'iscrizione al nido.

L'Isee consente anche di accedere ai contributi per l'affitto o i bonus per il gas, l'energia elettrica bollette telefoniche o dell'acqua oltre che alle tariffe agevolate definite dai comuni per la tariffa rifiuti, la Tasi i trasporti o i ticket sanitari. Si tratta quindi di uno strumento fondamentale per il riconoscimento dei diritti dei cittadini, in particolare delle fasce più deboli. Il nuovo modello Isee, che sarà operativo dal primo gennaio 2015, nasce proprio con l'obiettivo di garantire una maggiore equità nell'accesso alle agevolazioni, identificando meglio le condizioni di bisogno dei cittadini e contrastando le possibili pratiche elusive ed evasive. Le principali novità riguardano la certificazione dei redditi, con l'incrocio dei dati presenti negli archivi Inps e dell'agenzia delle Entrate, e una rimodulazione rispetto alla situazione reddituale con l'inclusione di redditi o trattamenti esenti.

Scende inoltre la franchigia sul patrimonio mobiliare, che però tiene conto dei componenti del nucleo familiare. Per la casa, oltre che di eventuali figli conviventi, è stato introdotto nel calcolo del valore dell'immobile anche una riduzione pari all'eventuale mutuo ancora in essere e per chi è in affitto viene aumentato a 7.000 euro l'anno l'importo massimo deducibile. Sulla disabilità, la principale novità è l'introduzione di 3 diverse franchigie sul reddito in base alla gravità del bisogno: 4.000 euro per disabilità media, 5.500 euro per disabilità grave e 7.000 euro per persone non autosufficienti (gli importi aumentano se l'interessato è un minore).

Altra novità, introdotta per rispondere più tempestivamente al mutare delle condizioni reddituali è l'Isee corrente: si tratta di una dichiarazione che può essere presentata in caso di perdita del lavoro e con un reddito che varia in misura maggiore al 25%. In questi casi il riferimento per l'accesso non sarà più la sola situazione dell'anno precedente, ma si terrà conto della condizione economica della famiglia al momento di richiesta di una prestazione sociale.

Per tutti gli utenti che si presenteranno al Caf per compilare l'Isee, segnaliamo che rispetto al passato cambiano alcuni documenti da portare. In particolare le principali novità riguardano i conti correnti bancari o postali, con l'indicazione della giacenza media annua (e non più solo il saldo al 31/12) e quindi servono gli estratti conto trimestrali e/o mensili, e gli per autoveicoli (o imbarcazioni) di proprietà alla data di presentazione della Dsu, per i quali vanno portati al Caf la targa o gli estremi di registrazione al P.R.A. e/o al R.I.D.

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Una proposta di legge all'esame della Commissione Lavoro della Camera si propone la totale abolizione degli oneri richiesti per i trasferimenti all'Inps.

Kamsin Riprenderanno dopo le feste i lavori della Commissione lavoro della Camera. È all'esame in questi giorni la proposta congiunta (C/225 Fedriga e C/929 Gnecchi) per modificare le regole sulle ricongiunzioni dei contributi pensionistici di chi ha avuto carriere lavorative "discontinue". Dopo l'introduzione della legge 122/2010 che ha abolito il trasferimento gratuito dei versamenti al Fondo Inps dei lavoratori dipendenti, le ricongiunzioni richiedono oggi un costo insostenibile per gli interessati, al punto che col provvedimento allo studio della Commissione si propone la totale abolizione degli oneri richiesti per i trasferimenti all'Inps.

Ma c'è di piu'. La proposta di legge unificata, oltre all'eliminazione degli oneri per l'esercizio della ricongiunzione dei contributi, prevede la possibilità di restituire gli oneri versati. Trattamento di favore anche per coloro che hanno accettato gli oneri della ricongiunzione, oppure la totalizzazione dei contributi, pur di raggiungere il pensionamento. Potranno chiedere il ricalcolo più favorevole di queste operazioni entro dodici mesi dall'entrata in vigore della nuova legge.

La proposta, inoltre, intende equiparare i requisiti contributivi pensionistici dell'INPS e dell'ex INPDAP, ed offrire la possibilità a coloro che sono iscritti a qualsiasi cassa previdenziale di poter ottenere, a domanda, una pensione supplementare con il sistema contributivo per coloro che sono già titolari di pensione.

Anche contro il pacchetto "ricongiunzioni", impensabile dopo la riforma Fornero, è stato opposto dal ministero del Lavoro il solito ostacolo della mancanza delle risorse necessarie per un provvedimento di questa portata. Il finanziamento sarebbe invece rinvenibile  a parere della Commissione  iniziando dal cancellare il requisito di 20 anni di contributi oggi richiesto per esercitare il cumulo introdotto di recente dalla legge 228/2012. Sempre secondo la Commissione la legge di stabilità 2015 offre margini di manovra grazie ai risparmi che derivano dal nuovo limite all'importo delle pensioni, comprese quelle già liquidate, che non potrà essere superiore a quello spettante con le norme ante riforma.

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