A suo avviso era necessario “produrre nel nostro Paese elementi di flessibilità ed è stato bene che nell'arco del tempo si siano introdotte tipologie contrattuali e si siano flessibilizzati i rapporti di lavoro, ma il guaio è stato combinare questo dato con un dato di costo e di regole che hanno reso questi contratti più flessibili e meno costosi".
Le scelte del governo "Se si comparano contratti rigidi e costi alti con contratti flessibili e costi più bassi – ha proseguito - non è difficile spiegare perché l'85% degli avviamenti al lavoro nel 2014 sono stati con contratti flessibili o precari, proprio per il vantaggio dell'utilizzazione di queste tipologie contrattuali". "La nostra scelta – ha sostenuto - è stata quella di cambiare radicalmente questo impianto e lavorare per produrre le condizioni per cui il contratto a tempo indeterminato torni ad essere il modo normale di assunzione nel nostro Paese. Lo abbiamo fatto affrontando una discussione difficile nel merito della riforma del contratto, intervenendo sulla struttura del contratto e della sua regolamentazione, lo abbiamo fatto sul piano economico con la legge di stabilità attraverso la decontribuzione e togliendo dalla base imponibile per l'Irap il costo del lavoro dei contratti a tempo indeterminato".
"I numeri ci stanno dicendo che abbiamo ragione, perché da 4 mesi i contratti a tempo indeterminato aumentano e quindi c'è un passaggio da forme più precarie a forme più stabili e credo che questo sarà il segno di quest'anno. Mi auguro e sono sicuro che accadrà che un numero rilevante di contratti a tempo determinato, di collaborazione o altre tipologie passeranno a tempo indeterminato producendo un miglioramento delle condizioni dei lavoratori".