Pensioni, la Cassazione a Sezioni Unite fissa i termini per la rendita vitalizia

Lunedì, 25 Agosto 2025
Le Sezioni unite della Corte di cassazione chiudono un lungo contrasto giurisprudenziale: prescrizione decennale, con decorrenza dal momento in cui il lavoratore conosce l’omissione contributiva.

Il diritto del lavoratore a costituire la rendita vitalizia ex art. 13 della legge n. 1338/1962 è soggetto a prescrizione decennale. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 22802/2025 a Sezioni Unite sanando un contrasto tra dottrina e giurisprudenza e prassi amministrativa dell’Inps. Il termine, tuttavia, non decorre più in modo automatico dal momento in cui si verifica l’omissione contributiva, ma dal giorno in cui il lavoratore viene a conoscenza della mancata regolarizzazione da parte del datore di lavoro o dell’impossibilità di quest’ultimo di provvedere.

Il quadro normativo

L’istituto della rendita vitalizia è disciplinato dall’articolo 13 della legge n. 1338/1962. La norma prevede che, quando i contributi previdenziali non siano stati versati e risultino ormai prescritti (ossia dopo cinque anni), il datore di lavoro, oppure il lavoratore in sua sostituzione, possa costituire presso l’Inps una rendita vitalizia reversibile, di importo corrispondente alla pensione che sarebbe spettata se i contributi fossero stati regolarmente accreditati.

Per lungo tempo, la giurisprudenza non ha fornito un’interpretazione univoca: alcuni giudici ritenevano il diritto imprescrittibile, altri applicavano la prescrizione decennale, ma facendola decorrere dal momento in cui maturava la prescrizione dei contributi (l’Inps seguiva quest’ultima impostazione).

La decisione delle Sezioni Unite

La Cassazione ha ora fissato tre punti fermi:

  • il diritto non è imprescrittibile, ma soggetto al termine ordinario di dieci anni previsto dall’articolo 2946 del Codice civile;
  • la decorrenza non coincide più con il mero decorso dei termini contributivi, ma con il momento in cui il lavoratore ha effettiva conoscenza dell’omissione e dell’impossibilità per il datore di regolarizzare;
  • resta ferma la possibilità di chiedere il risarcimento del danno pensionistico ai sensi dell’art. 2116, comma 2, c.c., il cui termine prescrizionale decorre dal momento in cui il danno si manifesta, solitamente con il diniego o la liquidazione ridotta della pensione.

Gli effetti pratici

Con la pronuncia delle Sezioni Unite, i termini vengono così definiti:

  • 10 anni per la costituzione della rendita vitalizia da parte del datore di lavoro ex art. 13 L. 1338/1962;
  • 10 anni per la costituzione della rendita vitalizia da parte del lavoratore, con decorrenza dalla conoscenza dell’omissione e non dal semplice decorso dei termini contributivi;
  • 10 anni anche per l’azione risarcitoria ex art. 2116, comma 2, c.c.

Resta ferma, comunque, la possibilità per il lavoratore di costituire la rendita vitalizia tramite l’articolo 30 della legge n. 203/2024. La disposizione da ultimo richiamata, come noto, ha concesso da quest’anno una nuova facoltà di costituzione della rendita vitalizia in capo al lavoratore, in aggiunta a quella attualmente vigente, non soggetta a termine di prescrizione, attivabile quando i termini per la procedura ordinaria, come sopra modificati dalle SS.UU. della Cassazione, siano prescritti. L’Inps ha regolato l’istituto con Circolare n. 48/2025.

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