Ai lavoratori è concessa la facoltà di coprire retroattivamente i periodi di contribuzione omessa dal datore di lavoro pagando il relativo onere di riscatto. 

Il Riscatto della Contribuzione Omessa e Prescritta

Accade talvolta che per alcuni periodi lavorati il datore di lavoro si sia "dimenticato" di versare i relativi contributi previdenziali. Si tratta di un fatto abbastanza grave perchè produrrà un danno irreversibile per il lavoratore che spesso si accorge della sorpresa solo una volta raggiunta l'età pensionabile quando controlla il proprio estratto conto previdenziale. Quando ormai l'omissione contributiva risulta prescritta e, quindi, nulla può essere più chiesto al datore di lavoro.

Per arginare gli effetti negativi per il lavoratore, soggetto debole del rapporto, l'ordinamento consente di non subire interamente le conseguenze dell'inadempimento del datore: l'articolo 13 della legge 1338/1962 ha introdotto, infatti, la facoltà di riscatto di questi periodi in misura pari alla pensione o alla quota di pensione adeguata che spetterebbe al lavoratore dipendente in relazione contributi omessi. Tale procedura, denominata tecnicamente costituzione della rendita vitalizia consente, in sostanza, di non perdere ai fini pensionistici i periodi per i quali il datore di lavoro non ha adempiuto ai suoi obblighi contributivi.

Si noti che la procedura in questione riguarda solo la contribuzione omessa e prescritta, cioè quella superiore, di regola, a cinque anni a ritroso dall'insorgenza dell'obbligo contributivo per il datore. Nell'ambito, infatti, del termine di prescrizione di cinque anni, i contributi non versati dal datore di lavoro vengono garantiti dal principio di automaticità delle prestazioni grazie al quale l'accredito della posizione previdenziale dell'assicurato avviene automaticamente a carico dell'Inps la quale potrà rivalersi sul datore di lavoro che ha effettuato l'omissione contributiva.

Soggetti Legittimati
La facoltà in questione può essere esercitata dal datore di lavoro, se disponibile a sanare l'omissione contributiva posteriori , oppure dal lavoratore, ove il datore medesimo non provveda. In tal caso il lavoratore, una volta ottenuto il riscatto, può fare causa al datore di lavoro per ottenere risarcimento del danno ai sensi dell'articolo 2116 del codice civile. La facoltà di riscatto riguarda generalmente solo i lavoratori dipendenti iscritti presso l'assicurazione generale obbligatoria mentre la facoltà è sempre esclusa per i lavoratori autonomi, in quanto titolari loro stessi dell'obbligo contributivo. 

In merito, però, la Corte costituzionale con la Sentenza 568/1989 ha aperto alla tutela dei lavoratori autonomi più deboli il cui rapporto assicurativo dipende comunque da altri: si tratta in particolare dei familiari coadiuvanti e coadiutori dell'imprenditore artigiano o commerciale in grado di provare con documenti dell'epoca (come ad esempio la dichiarazione dei redditi) che nel periodo in cui risulti l'omissione contributiva c'è stata un effettivo svolgimento dell'attività lavorativa (Circolare Inps 31/2002); nonchè dei coltivatori diretti, coloni e mezzadri in relazione a periodi prescritti non coperti da contribuzione oppure a iscrizioni negli elenchi per un numero di giornate inferiori (Circolare inps 32/2002). Parimenti possono essere autorizzati al riscatto i collaboratori iscritti alla gestione spearata Inps che non siano obbligati al versamento diretto della contribuzione (Circolare Inps 101/2010) come ad esempio i collaboratori coordinati, a progetto, occasionali o i lavoratori autonomi occasionali nonchè gli associati in partecipazione. Per i dipendenti pubblici, dopo i recenti orientamenti dell'Inps e del Ministero del Lavoro, le omissioni contributive restano a carico delle stesse amministrazioni con la sola esclusione degli iscritti alla CPI. In ogni caso nel settore pubblico la prescrizione è stata sospesa sino al 31.12.2022 (Circ. Inps 25/2020).

Per quanto riguarda i termini per la presentazione della domanda non è prevista alcuna forma di decadenza dalla facoltà di riscatto nè è vietata la presentazione di successive domande, anche per lo stesso periodo di lavoro, nei casi in cui quelle precedenti non hanno trovato accoglimento. La domanda, peraltro, può essere presentata da soggetti già titolari di pensione o meno e, in tal caso, non è necessaria neanche la presenza di un requisito contributivo minimo.

La prova del rapporto di lavoro
Questione dibattuta in giurisprudenza è sempre stata quella delle prove da produrre per esercitare l'indicata facoltà. A tal fine l'articolo 13 della legge 1338/1962 cita che il rapporto di lavoro deve risultare da documenti di data certa, dai quali possano evincersi l'effettiva esistenza e la durata del rapporto stesso, nonchè la misura della retribuzione corrisposta al lavoratore. La norma in questione è stata oggetto di censura da parte della Corte Costituzionale la quale, con la sentenza 568/1989, ha dichiarato incostituzionale l'articolo 13 della lagge 1338/1962 nella parte in cui, salva la necessità della prova scritta sull'esistenza del rapporto di lavoro da fornirsi dal lavoratore, non consente di provare altrimenti la durata dello stesso e l'ammontare della retribuzione (Circolare Inps 183/1990). Attualmente, pertanto, la necessità della prova scritta deve essere limitata a dimostrare i fatti da cui desumere la quantificazione del rapporto e l'esistenza del rapporto di lavoro subordinato, mentre sia la durata che la retribuzione corrisposta possono essere provati con ogni mezzo (per un puntuale riepilogo delle prove utili: Circ. Inps 78/2019).

Effetti sulla pensione
Il versamento delle somme dovute per riscatto contributivo determina che i relativi contributi vanno riferiti, ad ogni effetto, al perito riscattato e, di conseguenza, possono anche incidere sul momento di maturazione dei requisiti per la pensione nonchè sulla sua decorrenza. In particolare se la rendita viene liquidata al soggetto pensionato essa ha l'effetto di immediata integrazione della pensione già in essere oltre a poter comportare una liquidazione anteriore della stessa (Circolare Inps 12/1996). Nei casi in cui il trattamento di quiescenza non è stato ancora attribuito al lavoratore, i contributi versati a titolo di costituzione della rendita vengono valutati a tutti gli effetti sia ai fini della maturazione del diritto che della misura di tutte prestazioni previdenziali erogate dall'assicurazione generale obbligatoria.

Calcolo dell'Onere
Per le anzianità di riscattare che ricadono nel sistema retributivo l'onere è quantificato in termini di riserva matematica; per i periodi che ricadono nel sistema contributivo l'onere è calcolato in percentuale secondo le modalità indicate dal Dlgs 184/1997 applicando l'aliquota contributiva obbligatoria vigente, alla data di presentazione della domanda di riscatto, nella gestione pensionistica in cui opera il riscatto stesso (qui sono disponibili ulteriori indicazioni circa le modalità di calcolo dell'onere).

Regolarizzazioni Contributive
Si rammenta che l'istituto in questione può essere utilizzato per coprire periodi in cui la contribuzione sia stata omessa dal datore di lavoro. Qualora invece il lavoratore abbia ragione di ritenere che la contribuzione sia stata versata ma per qualche ragione essa non risulta accreditata sul conto assicurativo (situazioni possibili in particolare per eventi che si collocano prima degli anni '80 quando il libretto di lavoro non era stato ancora digitalizzato) è possibile chiedere all'Inps la regolarizzazione della posizione contributiva producendo tutta la documentazione in possesso del lavoratore e del datore di lavoro e comunque ogni altro documento utile a certificare l'esistenza del rapporto di lavoro nel periodo in questione. In particolare occorre trasmettere il libretto di lavoro, le buste paga e, ove disponibile, la tessera assicurativa con le relative marche assicurative che attestino il versamento dei relativi contributi da parte del datore di lavoro per il periodo mancante.

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