Stipendi, la testimonianza del lavoratore non salva il datore dalla sanzione per il pagamento in contanti

Nicola Colapinto Lunedì, 29 Marzo 2021
I chiarimenti in una nota dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro. La dichiarazione del lavoratore che confermi di non essere stato pagato in contanti è irrilevante nel profilo sanzionatorio.
La dichiarazione del lavoratore di non essere stato pagato in contanti non basta ad evitare la sanzione da 1.000 a 5.000 euro per la mancata tracciabilità dei pagamenti delle retribuzioni. Lo rende noto l'ispettorato nazionale del lavoro nella nota prot. n. 473/2021 pubblicata la scorsa settimana in risposta ad una richiesta di chiarimenti.

Tracciabilità dei pagamenti

I chiarimenti riguardano l'obbligo di tracciabilità dei pagamenti delle retribuzioni (inclusi gli anticipi) scasttato dal 1° luglio 2018 ai sensi dell'articolo 1, co. 910-914 della legge n. 205/2017. Come noto l'obbligo riguarda ogni rapporto di lavoro di tipo subordinato (ad eccezione del lavoro domestico) e i compensi derivanti dai rapporti originati da contratti di collaborazione coordinata e continuativa nonchè i contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci ai sensi della legge 3 aprile 2001, n. 142.

Dal 1° luglio 2018 la retribuzione e anticipi di essa vanno necessariamente corrisposti attraverso uffici di banche o poste con uno dei seguenti mezzi: a) bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore; b) tramite strumenti di pagamento elettronico; c) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale indicato dal datore di lavoro; d) emissione di assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato. L'impedimento s'intende comprovato quando il delegato a ricevere il pagamento è il coniuge, il convivente o un familiare, purché di età non inferiore a sedici anni. La violazione dell'obbligo è oggetto di una sanzione pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro (qui i dettagli).

La questione

All'Inl era stato chiesto la possibilità di non applicare il regime sanzionatorio in caso di mancata esibizione da parte del datore di lavoro di documenti attestanti il pagamento della retribuzione con strumenti tracciabili, a fronte di dichiarazioni dei lavoratori che confermino di non essere stati pagati in contanti. Per la soluzione del quesito, spiega l'Inl, rileva la norma del comma 912 della legge n. 205/2017 (che ha previsto il nuovo obbligo): «La firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell'avvenuto pagamento della retribuzione».

Tale norma, infatti, spiega l'Inl, determina l'irrilevanza della dichiarazione del lavoratore/collaboratore, ai fini dell’esclusione della responsabilità del datore di lavoro, che confermi di essere stato pagato con uno strumento tracciabile, in assenza della relativa prova ricavabile dalla tracciabilità intrinseca di tali mezzi di pagamento. Anzi, è proprio in ragione della capacità di tali strumenti di fornire la prova del loro utilizzo che il legislatore li ha imposti ai fini del pagamento delle retribuzioni. L'Inl richiama precedenti indicazioni, secondo le quali l'osservanza dell'obbligo è strettamente connesso all'effettiva tracciabilità delle operazioni e alla loro possibile verifica da parte degli ispettori. Ciò in particolare riferimento ai mezzi di pagamento che, pur se non esplicitamente consentiti dalla legge, sono stati ritenuti comunque idonei ad assolvere alla funzione antielusiva, perché sempre tracciabili come ad esempio il pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un c/c o conto pagamento ordinario, soggetto alle dovute registrazioni e non un c/c di tesoreria con mandato di pagamento.

Documentazione da conservare

L'Inps spiega, infine, che in capo al datore di lavoro sussiste un obbligo di conservazione della documentazione - in particolare le ricevute di versamento - , anche in caso di pagamenti effettuati su carta di credito prepagata intestata al lavoratore, non collegata a un Iban, al fine di garantire la tracciabilità delle operazioni eseguite, anche attraverso la loro esibizione agli ispettori. Nelle ipotesi di dubbia corresponsione della retribuzione attraverso gli strumenti tracciabili, resta possibile, sulla base della valutazione del personale ispettivo, l'eventuale attivazione di procedure di verifica presso gli istituti di credito differenziate a seconda del sistema di pagamento adottato.

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