Stipendio in contanti, raddoppia la sanzione se l'importo è superiore a 3mila euro

Vittorio Spinelli Giovedì, 13 Settembre 2018
I chiarimenti in una circolare dell'Ispettorato Nazione del Lavoro. Se l'ammontare mensile supera i 3mila euro i datori saranno sanzionabili anche secondo la normativa sull'antiriciclaggio.
Se l'ammontare mensile della retribuzione supera i 3.000 euro i datori di lavoro e i commettenti che pagano in contanti potranno essere sanzionati anche in base alla normativa che vieta l'utilizzo del contante. I datori di lavoro potranno, quindi, essere sanzionati due volte, la prima per la violazione dell'obbligo scattato lo scorso 1° luglio 2018 di pagamento dello stipendio in contanti, l'altra per violazione della normativa antiriciclaggio con multe che vanno dai 3.000 a 50.000 euro. Lo mette nero su bianco l'Ispettorato nazionale del lavoro nella nota prot. n. 7369/2018 fornendo istruzioni sulle attività di controllo del rispetto del nuovo obbligo.

Il divieto e le sanzioni

Come noto dallo scorso 1° luglio datori di lavoro e committenti sono tenuti a pagare paghe e compensi e ogni relativo acconto, a lavoratori e collaboratori, solo attraverso una banca o un ufficio postale o facendo uso di mezzi di pagamento tracciabili; dunque non è più consentito il pagamento in contante, pena l'applicazione della sanzione da 1.000 a 5.000 euro per mensilità di paga (per la quale è stato consumato l'illecito) e a prescindere dal numero di lavoratori interessati. Ebbene a questo riguardo l'Ispettorato precisa che, nel caso in cui l'ispettore riscontri pagamenti in contanti per importi mensili complessivamente pari o superiore a 3.000 euro, si configura, altresì, la violazione dell'art. 49, comma 1, del dlgs n. 231/2007 da segnalare alle ragionerie territoriali dello stato, e che comporta l'applicazione dei una sanzione da 3.000 a 50.000 euro.

Detto questo la nota dell'ispettorato spiega meglio il perimetro di applicazione della nuova disciplina scattata lo scorso 1° luglio 2018. In primo luogo il documento ribadisce che il divieto di pagamento in contanti si riferisce soltanto alle somme erogate a titolo di retribuzione, pertanto l’utilizzo di detti strumenti non è obbligatorio per la corresponsione di somme dovute a diverso titolo, quali ad esempio quelle imputabili a spese che i lavoratori sostengono nell’interesse del datore di lavoro e nell’esecuzione della prestazione (es: anticipi e/o rimborso spese di viaggio, vitto, alloggio), che potranno, quindi, continuare ad essere corrisposte in contanti. Inoltre in considerazione della natura mista (risarcitoria e retributiva), l'indennità di trasferta è da ricomprendere nell'ambito degli obblighi di tracciabilità, diversamente da altre somme versate esclusivamente a titolo di rimborso (documentato) che hanno natura, invece, solo restitutoria. Ciò perché la ratio della norma è anche quella di mettere gli ispettori in condizione di verificare gli effettivi importi versati al lavoratore «forfettariamente», al fine di verificare il rispetto dei limiti d'imponibilità fiscale e contributiva (art. 51, comma 5, del Tuir).

Modalità di pagamento della retribuzione

La nota precisa, inoltre, che tra gli strumenti di pagamento ammessi per datori e committenti, è previsto il «pagamento in contanti presso sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un c/c di tesoreria con mandato di pagamento». L'Inl precisa che è conforme alla ratio della norma anche l'ipotesi in cui il pagamento sia effettuato al lavoratore in contanti presso lo sportello bancario ove il datore di lavoro abbia aperto e risulti intestatario di un c/corrente o conto di pagamento ordinario soggetto a registrazioni. In tal caso, infatti, è comunque assicurato il fine antielusivo della norma, tenuto conto che il pagamento è tracciabile da parte degli organi di vigilanza.

Secondo l'Ispettorato, infine, anche il pagamento delle retribuzioni con lo strumento del "vaglia postale" è ammissibile in quanto può rientrare nell'ambito della previsione che consente l'"emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato". A condizione però che siano rispettate le condizioni e le modalità di cui all’art. 49, commi 7 e 8, del D.Lgs. n. 231/2007 - ai sensi dei quali "gli assegni circolari, vaglia postali e cambiari sono emessi con l'indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità" e "il rilascio di assegni circolari, vaglia postali e cambiari, di importo inferiore a 1.000 euro può essere richiesto, per iscritto, dal cliente senza la clausola di non trasferibilità" - e vengano esplicitati nella causale i dati essenziali dell’operazione (indicazione del datore di lavoro che effettua il versamento e del lavoratore/beneficiario, data ed importo dell’operazione ed il mese di riferimento della retribuzione).

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