Lavoro

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E' stato firmato ieri il decreto di attuazione che consente di rendere operativa l'agevolazione. Ora si dovrà attendere che l'Inps recepisca il provvedimento e ne dia comunicazione con una circolare o un messaggio nei prossimi giorni.

Kamsin Disco verde al bonus bebé, il beneficio a sostegno dei nuovi nati tra il 1° gennaio 2015 e il 31 Dicembre 2017,  introdotto dalla legge di stabilità 2015. Il Consiglio dei ministri di ieri ha adottato il decreto di attuazione che consente di rendere operativa l'agevolazione; il decreto del Presidente del consiglio dei ministri era atteso entro la fine di gennaio, scadenza fissata dalla stessa legge di stabilità (la 190/2014).

Quanto vale il bonus. Per favorire le nascite, con il comma 125 della legge 190 ha introdotto un bonus di 960 euro all'anno, da erogarsi su base mensile, per ogni nuovo nato o adottato tra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017. L'incentivo viene riconosciuto alle famiglie che hanno un indicatore della situazione economica equivalente (Isee) non superiore a 25mila euro, valore ottenuto utilizzando il nuovo indicatore entrato in vigore proprio all'inizio di gennaio. Non solo. Se l'Isee non supera i 7.000 euro, l'importo del bonus passa a 1.920 euro l'anno. E qui si presenta un'ulteriore difficoltà, perché proprio dal primo gennaio è entrata in vigore la nuova versione dello strumento per selezionare all'accesso alla prestazioni sociali, rivisto per contrastare gli abusi da parte degli evasori. Il debutto non è stato facile, un po' per la necessità di stipulare nuove convenzioni con i Caf (centri di assistenza fiscale) un po' per la maggiore complessità del nuovo modello, che tra l'altro attribuisce maggiore peso alla componente patrimoniale ed in particolare alle abitazioni. Chi vuole compilare l'Isee deve indicare anche le giacenze medie sul conto corrente, un dato che a quanto pare le banche non sono ancora attrezzate a fornire per questa specifica finalità.

In ogni caso il beneficio viene riconosciuto fino al terzo anno di età del figlio o al terzo anno di entrata in famiglia per quelli adottati. L'erogazione del bonus, però, non è automatica, ma avviene su richiesta all'Inps da parte degli interessati. Le modalità operative necessarie per implementare questa procedura sono contenute nel Dpcm che è stato firmato ieri.

A proposito di sostegno alla famiglia, va ricordato che il nuovo strumento si aggiunge ad altri che già esistono ma funzionano attraverso canali diversi: attualmente ci sono l'assegno al nucleo familiare per i lavoratori dipendenti (Anf), quello simile erogato da i Comuni, l'assegno di maternità per le lavoratrici non occupate, le detrazioni Irpef per i figli a carico e il bonus bebè una tantum riconosciuto da qualche Regione.

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E' stato pubblicato dal Ministero del lavoro, nella sezione "Pubblicità Legale" del proprio sito, il decreto che istituisce il Fondo per le politiche attive del lavoro ai sensi dell'articolo 1, comma 125, legge 147/2013. Kamsin Il Fondo ha il compito di favorire il reinserimento lavorativo dei fruitori di ammortizzatori sociali anche in deroga e dei lavoratori in stato di disoccupazione attraverso il potenziamento delle politiche attive del lavoro.

Il Decreto individua diverse tipologie di iniziative finanziabili, anche sostenute da specifici programmi formativi: sperimentazione del contratto di ricollocazione; realizzazione di percorsi di orientamento formativo; percorsi formativi professionalizzanti per l'aggiornamento e il potenziamento delle competenze-chiave; percorsi formativi per la ricerca attiva di lavoro e per l'autoimprenditorialità; tirocini di inserimento o di reinserimento lavorativo; interventi di aiuto alle attività professionali autonome, alla creazione d'impresa ed al rilevamento di imprese da parte di lavoratori ed alle attività di cooperazione; incentivi all'assunzione e per la mobilità territoriale dei lavoratori.

Per l'accesso al Fondo delle politiche attive, le Regioni dovranno presentare una domanda di contributo al Ministero del lavoro con la relativa modulistica.

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Saranno completate nell'anno 2015, le proroghe a 24 mesi di Cigs dei programmi di crisi per cessazione di attività (articolo 1, comma 110 legge 190/2014). E' quanto ha comunicato il Ministero del Lavoro con la Circolare numero 1 del 22 Gennaio 2015. Via Veneto ha precisato che procederà all'istruttoria delle sole istanze relative alle proroghe del trattamento di cigs che abbiano avuto inizio entro e non oltre il 31 dicembre 2014 per cessazione di attività, per consentire alle aziende di adottare le idonee misure di tutela dei lavoratori sospesi.

Il Ministero ha precisato che si procederà nell'esame istruttorio in ordine cronologico di presentazione delle istanze e fino a concorrenza delle risorse finanziarie previste in complessivi 60 milioni di euro, e che le eventuali istanze riferite a programmi di proroghe di crisi aziendale per cessazione di attività, decorrenti dal 1° gennaio 2015, non potranno essere prese in esame.

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In dirittura d'arrivo anche il decreto che riforma la cassa integrazione. Tra le novità attese c'è anche il superamento della cassa a zero ore ad eccezione delle riconversioni industriali.

Kamsin Il governo chiuderà il secondo capitolo del jobs Act il prossimo 20 Febbraio. Dopo i due provvedimenti approvati a dicembre che introducono da un lato il contratto di lavoro a tutele crescenti e la modifica dell'articolo 18 e, dall'altro lato, per chi perde il lavoro, altri due decreti stanno per vedere il disco verde nel Cdm di fine mese. I provvedimenti riguarderanno la riforma delle tipologie contrattuali che sarà inserita nei cosiddetto testo unico semplificato e la riforma degli ammortizzatori sociali, in particolare la cassa integrazione.

Dal primo decreto attuativo si attende l'abolizione dei contratti parasubordinati: "O si è lavoratori dipendenti o si è lavoratori autonomi, questa è la distinzione fondamentale spiega Filippo Taddei, responsabile economia del Pd. E il lavoro dipendente potrà essere svolto con il contratto a tutele crescenti o con il contratto a termine. II primo più conveniente del secondo, il secondo mantenuto per particolari esigenze". Sul punto il decreto potrebbe fissare in 24 mesi la durata massima del contratto a termine contro i 36 attuali, ma in compenso alzerebbe dal 20 al 30% il rapporto tra dipendenti a tempo indeterminato e a termine. Sulla causale resta confermata la norma attuale che la ha tolta.

Dovrebbero sparire quindi i co.co.co e co.co.pro ed essere introdotte specifiche tutele per i lavoratori autonomi con partita iva "genuina". Secondo Taddei chi lavora con partita Iva ma ha un unico committente o professionisti a inizio carriera legati, per esempio, a una sola committenza o a un solo progetto di lavoro dovrà avere "un plafond di tutele per esempio in caso di ritardo nei pagamenti dell'unico committente, malattie o maternità". Se, per esempio, "un programmatore ottiene una commessa di sei mesi e per un mese si ammala vogliamo aiutarlo a non perdere il lavoro". Tutele analoghe a quelle per la malattia sono allo studio per la maternità.
 
L'altro decreto dovrebbe riguardare la cassa integrazione. La formula che si intende adottare è "più la usi più paghi". Una sorta di clausola bonus/malus per le aziende che fanno maggior ricorso alla Cig. Secondo Taddei se si aumentano i contributi a carico delle aziende che ne fanno maggior uso si potrebbe innestare un circolo virtuoso limitando "in futuro gli abusi nell'interesse degli onesti». Tra le novità attese c'è anche il superamento della cassa a zero ore ad eccezione delle riconversioni industriali.

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Ameno di dodici mesi di distanza dal decreto Poletti si profila un nuovo intervento, il quarto negli ultimi due anni e mezzo, sui contratti a termine. Ci sarà una fase di transizione per le collaborazioni a progetto che poi verranno cancellate. Stessa sorte toccherà probabilmente al lavoro ripartito.

Kamsin Sui contratti a termine si potrebbe tornare indietro. La loro durata massima, che lo stesso governo Renzi aveva portato, per quelli senza causale, da uno a tre anni nel suo primo provvedimento importante, potrebbe scendere da 36 a 24 mesi, e c'è l'ipotesi anche di ritoccare il numero di proroghe, per ridurle da 5 a 3. A parziale compensazione, però, viene alzato un altro tetto: se oggi ogni azienda, sul totale dei dipendenti, non può avere più del 20% di lavoratori a termine il limite sarà portato più in alto, probabilmente al 30%. Mentre nulla cambia sulla causale, che non dovrà essere indicata dal datore di lavoro.

Il governo sta mettendo a punto il Dlgs di riordino delle tipologie contrattuali  il terzo attuativo del Jobs act atteso per il consiglio dei ministri del 20 febbraio e con l'occasione si potrebbe profilarsi un nuovo intervento sui contratti a termine. «L'obiettivo  afferma il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei  è quello di promuovere il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, per effetto del mix tra maggiore flessibilità in uscita e incentivi, contrastando l'area grigia dei contratti parasubordinati, che mascherano rapporti di subordinazione».

Confermate le altre novità del decreto che dovrebbe procedere, come stabilito nel disegno di legge delega, al «disboscamento» delle forme di lavoro più precarie. Dovrebbe scomparire il lavoro a chiamata, che però potrebbe lasciare il passo a un ricorso più facile ed esteso ai voucher, i buoni per le prestazioni occasionali. L'apprendistato di 1° (diploma e qualifica professionale) e 3° livello (alta formazione) avrà una forte semplificazione da concordare con il ministero dell'Istruzione. Possibile il rafforzamento anche del part-time verticale, cioè la possibilità di lavorare solo in alcuni giorni della settimana accettando una riduzione dello stipendio. Si prevede il graduale superamento delle collaborazioni a progetto. Restano da definire le nuove regole per le collaborazioni coordinate e continuative,  le associazioni in partecipazione, e il lavoro a chiamata: il governo vorrebbe cancellarlo del tutto ma nella ristorazione la modifica non va giu'.

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Esprime dubbi sui dati della Cassaintegrazione diffusi nei giorni scorsi dall'Inps, Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera. Lo fa tramite un'intervista raccolta dal Fatto Quotidiano questa mattina, dopo la denuncia fatta dal suo blog dopo aver letto i dati dell'Istituto sulla cassa integrazione relativa al 2014. Kamsin  Cosa l'ha allarmata? Ho letto una dichiarazione dell'Inps nella quale si affermava che il totale delle ore di Cassa integrazione autorizzate nel 2014 si attestava a 1 miliardo e 112 milioni registrando una diminuzione di circa il 6% rispetto allo stesso consuntivo del 2013 indicato in 1 miliardo e 182 milioni.

Quindi, una bella notizia? Certo. Però io verifico trimestralmente i dati dell'Inps e ricordavo che il consuntivo del 2013 non era quello indicato ma 1 miliardo e 76 milioni, oltre 100 milioni di meno. Quindi se confrontiamo il dato 2013 con quello del 2014 si ha un aumento del 3% e non una diminuzione.

Cosa ha risposto l'Inps? Che l'Istituto provvede nel mese di giugno di ciascun anno a rivedere e aggiornare la cifre del mese di gennaio. Dopo la revisione, quindi, si è arrivati a 1 miliardo e 182 milioni. Ma se vogliamo monitorare davvero la Cig dobbiamo confrontare dati omogenei.

Quale sarà, infatti, il dato rivisto a giugno? Sarebbe opportuno non fare dichiarazioni affrettate. E perché quella fretta? Non lo so. Avrebbero dovuto precisare che si trattava di un confronto tra dati non omogenei.

L'Inps ha cercato di mostrarsi gentile con il governo?
Non voglio essere malizioso ma qualcuno può essere indotto in tentazione e magari se si può fornire un dato positivo lo si fa. Ma non è corretto. A proposito di Inps ci sono state polemiche sulla nomina del nuovo presidente accusato di non avere i requisiti adeguati.

Qual è il suo giudizio? Le osservazioni sui requisiti del nuovo presidente venivano soprattutto da parte di Forza Italia e Ncd. Come presidente di Commissione ho pensato fosse giusto valutare il problema. Abbiamo convocato Boeri per un'audizione a cui è venuto da Londra. Per quello che mi riguarda le spiegazioni fornite sono state più che sufficienti. Su 32 votanti, abbiamo avuto 4 astensioni del M5S e un voto contrario di Forza Italia.

A che punto è la discussione sui decreti delegati del Jobs Act? Il parere del Parlamento non è vincolante e quindi il governo può non tenerne conto. Sarà un passaggio politico. A me premono tre cose: cancellare il riferimento ai licenziamenti collettivi; inserire un criterio di proporzionalità tra infrazione e sanzione; aumentare le indennità in caso di licenziamento.

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