Cumulo: Troppi ritardi nel pagamento della pensione

Paolo Piva Lunedì, 19 Marzo 2018
Il problema ora sono gli oneri di gestione delle pratiche: 65 euro a pensionato. Questa mattina la manifestazione davanti all'Inps del Comitato Cumulo e Casse Professionali.
Basta ritardi nell'erogazione delle pensioni in regime di cumulo. Con questo slogan sono scesi oggi davanti alla sede centrale dell'Inps un folto gruppo di professionisti tra cui medici, odontoiatri, psicologi, architetti ed ingegneri per sbloccare il pagamento delle pensioni. Dopo un'attesa spasmodica per arrivare solo lo scorso febbraio alla sigla della convenzione quadro tra Inps e Casse Professionali per il pagamento della pensione migliaia di pensionandi pensavano di vedere la luce in fondo al tunnel a breve. Invece la scorsa settimana è saltato fuori un ulteriore ostacolo: i costi per la gestione della pratica, pari a 65 euro a pensionato. Con un grottesco scaricabarile tra Inps e Casse circa chi debba farsene carico.

L'Istituto guidato da Boeri ha preso la sua posizione: non sarà l'Inps a sborsare i denari preoccupato dalla tenuta dei conti dell'Istituto ed ha scritto, peraltro in modo irrituale, una lettera ai professionisti invitandoli a fare pressione sulle Casse di appartenenza affinchè sostenessero loro questi costi. La Casse dal canto loro hanno risposto picche perchè è la legge ad imporre la gestione del cumulo all'Inps. E pertanto dovrebbe essere l'Istituto a dover mettere mano al portafogli. Morale della favola: è ancora tutto fermo a distanza di oltre 15 mesi dall'entrata in vigore della legge. Inevitabile la protesta. "Ci sentiamo presi in giro" hanno gridato i professionisti al sit-in di protesta davanti la sede dell'Inps di via Ciro il Grande. Un ritardo grave che si ripercuote soprattutto su quei lavoratori che si sono già dimessi dal posto di lavoro nella speranza di ricevere la pensione con il cumulo. E che sono rimasti da mesi senza stipendio e senza pensione.

Particolarmente allarmante il caso di una psicologa che lavorava presso la pubblica amministrazione. Il datore di lavoro lo scorso anno ha risolto d'ufficio il rapporto per raggiungimento del limite di età (66 anni e 7 mesi) senza possibilità di optare per il trattenimento in servizio sino a 70 anni avendo l'interessata maturato il minimo di 20 anni di contributi per la pensione di vecchiaia. L'amministrazione, applicando correttamente la Circolare Madia del 2012, aveva infatti considerato raggiunto il diritto a pensione di vecchiaia proprio in virtu' del cumulo (considerando anche i contributi presso la Cassa psicologi oltre quelli versati presso l'ente pubblico) e, quindi, aveva sciolto il rapporto ritenendo che avrebbe avuto la pensione immediatamente. La lavoratrice si è trovata così senza stipendio e senza pensione. Senza poter far nulla. Un caso grottesco che la dice lunga su come è stata tenuta scarsamente in considerazione la vicenda anche da parte dei ministeri vigilanti. Altri professionisti invece pur avendo raggiunti i requisiti per il cumulo senza considerare la contribuzione nella Cassa si trovano impossibilitati ad uscire perchè temono che la loro prestazione non sarà liquidata finchè non si sbloccherà la questione con le Casse. Dovendo il cumulo interessare tutti i periodi contributivi presso le diverse gestioni previdenziali. 

Assurda ora la questione di chi si debba far carico dei costi di gestione delle pratiche. Premesso che il regime di convenzione Inps e Casse già esisteva con la totalizzazione nazionale sin dal 2007 (in merito alla quale non sono stati mai sollevati problemi di costi) i pensionandi in cumulo si dicono pronti anche a pagare di tasca propria il conto dei 65 euro. Purchè si riesca finalmente a ricevere la pensione. 

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