Pensioni, I precoci mantengono l'uscita a 41 anni di contributi nel 2019

Eleonora Accorsi Mercoledì, 28 Novembre 2018
La misura a differenza dell'Ape sociale è strutturale e, pertanto, non rischia di essere cancellata il prossimo anno. Da chiarire solo se resta confermato lo scatto dei cinque mesi della speranza di vita.
L'avvincinarsi della manovra economica per il prossimo anno sta creando molte apprensioni tra i lavoratori, incerti del proprio destino previdenziale. C'è tuttavia una misura che allo stato attuale non rischia di essere cancellata nè deve essere prorogata. Si tratta dei cd. lavoratori precoci in condizioni di difficoltà ai quali l'articolo 1, co. 199-205 della legge 232/2016 ha consentito l'uscita con 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica. Questo canale di pensionamento, a differenza dell'ape sociale, è stato reso strutturale e già finanziato annualmente e, pertanto, proseguirà anche il prossimo anno.

Il beneficio pensionistico in discussione, come noto, è riconosciuto ai lavoratori dipendenti, anche del pubblico impiego, nonchè i lavoratori iscritti alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi (artigiani, commercianti e coltivatori diretti) in possesso di contribuzione al 31 dicembre 1995, che hanno almeno 12 mesi di contribuzione per periodi di lavoro effettivo precedenti il raggiungimento del diciannovesimo anno di età e che si riconoscono in una delle seguenti situazioni evidenziate (dopo le modifiche apportate dalla legge 205/2017):

a) siano lavoratori dipendenti in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell'ambito della procedura di conciliazione obbligatoria (ex art. 7, della legge 604/1966), hanno concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi

b) siano lavoratori dipendenti o autonomi che assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi dell'art. 3, co. 3 della legge 104/1992Dal 1° gennaio 2018, a seguito di un correttivo inserito nella legge di bilancio 2018, vengono inclusi anche i soggetti che assistono, un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i settanta anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. 

c) siano lavoratori dipendenti o autonomi con una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile, superiore o uguale al 74 per cento; 

d) siano lavoratori dipendenti compresi nelle quindici professioni definite gravose e che svolgono tali attività da almeno sette anni negli ultimi dieci o da almeno sei anni negli ultimi sette prima del pensionamento;

e) siano lavoratori dipendenti addetti a mansioni usuranti o risultino lavoratori notturni come già individuati dal Dlgs 67/2011 (si veda: lavori usuranti).   

I lavoratori nelle predette condizioni potranno, quindi, il prossimo anno continuare ad avvalersi della pensione anticipata con il requisito ridotto a 41 anni di contributi anzichè 41 anni e 10 mesi (donne) o 42 anni e 10 mesi gli uomini. Per poter accedere al beneficio il lavoratore interessato deve presentare domanda all'Inps per il riconoscimento dell'esistenza dei titoli abilitanti allegando ad essa la documentazione comprovante il possesso dei requisiti. Detta domanda deve essere inoltrata, di regola, entro il 1° marzo di ogni anno secondo le indicazioni diffuse dall'Inps a cui si rimanda per i relativi dettagli. Va detto che il predetto requisito contributivo ridotto a 41 anni è oggetto degli adeguamenti alla speranza di vita Istat. Pertanto, salvo correzioni legislative da qui alla fine dell'anno, nel 2019 i lavoratori interessati a questa forma di pensionamento dovranno raggiungere 41 anni e 5 mesi di contributi.

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