Riforma Pensioni, Per la Cgil l'uscita flessibile è da 62 anni

Eleonora Accorsi Martedì, 10 Luglio 2018
La Cgil fissa i temi che dovranno essere oggetto del confronto con il Governo in vista della presentazione della prossima legge di bilancio. Dubbi sulla quota 100 con 64 anni e 36 di contributi.
Sulle pensioni serve un'iniziativa seria che dia risposta ai tanti problemi e nodi irrisolti. E' il messaggio lanciato questa mattina dal segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli, nella prima iniziativa condivisa sulle pensioni intitolata "pensioni: adesso risposte concrete" che si è tenuta oggi a Roma dopo l'insediamento del nuovo Governo. Obiettivo una riforma organica della previdenza, che superi strutturalmente la legge Monti-Fornero; una vera riforma previdenziale, sostenibile ed equa, che parli a tutte le generazioni, perché non bastano parziali aggiustamenti annunciati in queste ultime settimane.

Cgil: Proposta leghista insufficiente

La Cgil esprime dubbi sulla proposta avanzata dalla Lega (quota 100 con 64 anni e 36 di contributi, uscita a 41 anni e 5 mesi di contribuzione a prescindere dall'età anagrafica, calcolo contributivo e tetto massimo di due o tre anni ai contributi figurativi e superamento dell'ape social) anche se un giudizio complessivo potrà essere dato solo in occasione della diffusione del testo ufficiale del Governo.  "Se dovessimo basarci sulle notizie apparse sui giornali - ha detto Ghiselli - il presidente dell’Inps Boeri può stare tranquillo: quell’intervento, con quei paletti, non farà saltare i conti pubblici, costerà pochi miliardi di euro e non avrà nulla a che vedere con la cancellazione della legge Fornero". Per questa ragione noi lo considereremmo insufficiente. Ma se fosse reale la disponibilità annunciata di realizzare un confronto su questi temi, un confronto vero e non una semplice consultazione, potremmo avere la possibilità di valutare ogni aspetto, al di fuori di atteggiamenti opposti, demagogici o allarmistici.

Durante l'iniziativa il sindacato ha ribadito che la flessibilità in uscita deve essere garantita dai 62 anni senza vincoli reddituali minimi, anche nel sistema misto, come previsto nella piattaforma condivisa lo scorso anno con la Cisl e Uil. Va inoltre riconosciuto e  valorizzato a pieno il lavoro di cura e delle donne, compresa la proroga di opzione donna, come misura transitoria verso una soluzione strutturale. "Serve poi una reale commisurazione delle condizioni d’accesso alla pensione alle diverse speranze di vita connesse alle diverse attività, affermando comunque il limite dei 41 anni di contributi; poi la pensione contributiva di garanzia a favore delle carriere discontinue, povere o a bassa contribuzione, che è una cosa diversa da uno zoccolo minimo garantito a tutti (anche a chi non ne ha bisogno)" dichiara Ghiselli.

Giovani penalizzati

Altro tema da affrontare secondo i sindacati è il rallentamento dell’innalzamento dell’età pensionabile che porterà i giovani di oggi ad avere pensioni da fame e ad un'età di 70 anni. Per questa ragione, ricordano, il sistema va corretto attraverso meccanismi compensativi che consentano di ragguagliare una pensione dignitosa anche incentivando il riscatto dei periodi di inoccupazione facendo leva sul fattore fiscale e su un meccanismo di rivalutazione dei montanti più generoso che faccia da contraltare alla ormai endemica stagnazione del prodotto interno lordo o rivedendo i coefficienti di trasformazione dei montanti. Secondo la Cgil il pilastro pubblico deve rimanere centrale nella creazione di un moderno sistema di welfare. Da questo punto di vista, infatti, il pilastro della previdenza complementare è insufficiente perchè non viene attivato da coloro che più ne avrebbero bisogno come precari, giovani, lavoratori nel mezzogiorno, dipendenti di piccole imprese, donne (sono poco meno di 3milioni i lavoratori che vi hanno aderito).

“Tutto questo – è il messaggio che arriva al termine del Convegno – lo vogliamo accompagnare con la ripresa dell’iniziativa unitaria insieme a Cisl e Uil: la nostra piattaforma comune rimane il punto di riferimento da riprendere e da rilanciare sia nei luoghi di lavoro sia nei territori per dare maggiore forza alla vertenza”.

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