Riforma Pensioni, Si tratta sulla flessibilità in uscita da 62 anni

redazione Martedì, 11 Febbraio 2020
Nell'incontro di ieri tra Governo e sindacati nessuna proposta concreta per superare la quota 100 dal 2022. La parte sindacale preme per preservare il meccanismo di calcolo dell'assegno.
Ancora un incontro interlocutorio tra Governo e Parti Sociali per la flessibilità in uscita. Il terzo tavolo di confronto che si è tenuto ieri al Ministero del Lavoro da inizio anno, con all'ordine del giorno il superamento della quota 100, non ha prodotto un progetto chiaro su come alleggerire lo scalone che si produrrebbe dal 1° gennaio 2022 con la scadenza dell'uscita a 62 anni e 38 di contributi. Nell'incontro, durato appena un'ora, c'è stato solo uno scambio di battute con i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil che hanno esposto il proprio progetto, basato sulla possibilità di lasciare il lavoro a 62 anni di età, oppure con 41 di contributi indipendentemente dall’età senza alcun ricalcolo contributivo. La parte sindacale chiede anche di tener conto della specifica condizione delle donne, dei lavoratori discontinui e precoci, dei lavori gravosi o usuranti e introdurre una pensione contributiva di garanzia per i giovani.

Il Governo, pur condividendo l'impianto di base dei sindacati, non ha formulato una proposta concreta in attesa di sciogliere il nodo delle risorse a disposizione. Che dovranno tener conto anche di altri capitoli di spesa oltre alla flessibilità in uscita tra cui, in particolare, la pensione di garanzia per i giovani, la rivalutazione delle pensioni e l'eventuale incremento della quattordicesima per gli assegni bassi. La scadenza per una bozza programmatica sulla flessibilità in uscita è fissata grosso modo tra due mesi: a metà aprile infatti il governo dovrà quanto meno abbozzare, nel Documento di economia finanza, le linee di politica economica per il 2021, da concretizzare poi con la legge di Bilancio.

In attesa della proposta dell'esecutivo i sindacati mettono comunque le mani avanti anticipando di non essere disposti a scambiare la flessibilità in uscita con il ricalcolo contributivo dell'assegno. “Siamo assolutamente contrari all’ipotesi di ricalcolo interamente contributivo, che, come dimostrano le nostre simulazioni, rischia di pesare eccessivamente sulle future pensioni, con un taglio fino al 30% dell’assegno lordo. Un metodo che determinerebbe addirittura un vantaggio per lo Stato perché imporrebbe al lavoratore un onere aggiuntivo maggiore del beneficio eventualmente concesso” ha detto Roberto Ghiselli, rappresentate sindacale della Cgil al termine dell'incontro. Nel tentativo di trovare una via mediana l'esecutivo potrebbe verificare anche la fattibilità della vecchia proposta di Pier Paolo Baretta e Cesare Damiano di un’uscita flessibile da 62-63 anni con un 2 per cento di riduzione del 2 per cento per ogni anno di anticipo (Pdl 857 del 2013).

Un risultato del tavolo è invece l'annuncio che a breve verrà istituita la Commissione paritetica sui lavori gravosi. La Commissione dovrebbe essere operativa entro metà Marzo e concludere i lavori entro il 31 dicembre 2020. Obiettivo del lavoro: costituire la base per una diversificazione dell'età pensionabile in funzione della gravosità delle mansioni (un compito praticamente quasi impossibile che risponde più ad una logica politica che di reale esigenza).

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