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Pensioni, per le lavoratrici assegni del 30% piu' bassi degli uomini
Donne penalizzate nel mondo del lavoro e, quindi, anche nel trattamento pensionistico. In media i loro assegni sono del 30% inferiori a quelli degli uomini, con una media di oltre 1.500 euro al mese per gli ex lavoratori e di poco più di 1.000 euro per le ex lavoratrici. Secondo i dati forniti dal Cnel nel corso di un'audizione in Commissione Lavoro della Camera questa settimana, la situazione delle donne nel welfare italiano è di sostanziale svantaggio. Nel mondo del lavoro la disoccupazione è per le donne più alta rispetto agli uomini, e - nonostante la maggiore tenuta dell'occupazione femminile negli anni della crisi - la quota di donne occupate in Italia rimane sempre molto inferiore alla media Ue. L'insieme dei servizi alla famiglia (cura della prole, assistenza agli anziani, ecc.) continua inoltre ad essere erogato essenzialmente da donne, sottraendole al circuito lavoro-produzione di reddito-fruizione di trattamento pensionistico.
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Rimborsi Pensioni, Padoan spiega come saranno rivalutati gli assegni
Il Ministro dell'Economia PierCarlo Padoan ha spiegato martedì presso le Commissioni Lavoro riunite di Camera e Senato gli effetti e le modalità della riarticolazione dell'indicizzazione delle pensioni contenuta nel decreto legge 65/2015. Kamsin «Il decreto legge - ha detto Padoan - interviene sulla regolamentazione del regime pensionistico per gli anni 2012 e 2013 (direttamente incisi dalla sentenza) e per gli anni successivi. L’intervento in esame si pone un duplice obiettivo. Da un lato, dare attuazione alla Sentenza n. 70/2015, nell’ottica di ripristinare un adeguamento al costo della vita relativamente agli anni in esame per le pensioni di importo compreso tra circa 1.500 euro lordi e circa 3.000 euro lordi mensili, ispirato a criteri di proporzionalità e nell’ottica di una garanzia di adeguatezza delle prestazioni. Per le pensioni di importo superiore a circa 3.000 euro lordi mensili, la rivalutazione non viene invece riconosciuta, nell’ambito di un’impostazione solidaristica sia intra-generazionale, sia intergenerazionale, in presenza di vincoli di bilancio stringenti».
«La graduazione della rivalutazione in ragione dell’importo del trattamento pensionistico - continua Padoan - risponde al principio della solidarietà intra-generazionale. In un’ottica intergenerazionale, occorre riconoscere che il pagamento di 17,6 miliardi nel 2015, e di circa 4,5 miliardi annui nei prossimi anni, si rifletterebbe negativamente sulla pressione fiscale e sulla fornitura di servizi pubblici e trasferimenti, inclusi quelli alle generazioni più giovani.
Dall’altro, coniugare i principi sanciti dalla Sentenza n. 70/2015 con il mantenimento degli obiettivi di finanza pubblica di convergenza verso l’obiettivo di medio termine (equilibrio di bilancio in termini strutturali), che parimenti si sostanzia in un interesse generale del Paese come sancito dalla Costituzione.
La disposizione adottata prevede, per i trattamenti pensionistici di importo complessivo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS, il riconoscimento della rivalutazione relativa agli anni 2012 e 2013 secondo le seguenti modalità:
per gli anni 2012 e 2013:
1) nella misura del 40 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a tre volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a quattro volte il trattamento minimo INPS con riferimento all'importo complessivo dei trattamenti medesimi.
2) nella misura del 20 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a quattro volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo INPS, con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi.
3) nella misura del 10 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS, con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi.
4) la rivalutazione non è riconosciuta per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi.
Per il periodo successivo:
1) negli anni 2014 e 2015 nella misura del 20 per cento di quanto stabilito per le mensilità del biennio 2012-2013, come sopra descritto;
2) a decorrere dall’anno 2016 nella misura del 50 per cento di quanto stabilito per le mensilità del biennio 2012-2013, come sopra descritto».
«A titolo puramente esemplificativo - conclude Padoan - e sulla base di valutazioni di massima, attese le diverse specificità dei pensionati interessati in relazione alle condizioni soggettive e allo specifico importo di pensione, possiamo dire che nel caso di un pensionato che riceve un assegno di circa 1.700 euro lordi mensili, che si colloca fra 3 e 4 volte il trattamento minimo, il beneficio di questo intervento per l’anno 2015 è stimabile in circa 750 euro netti; per un pensionato che riceve un assegno di circa 2.200 euro lordi mensili, che si colloca fra 4 e 5 volte il trattamento minimo, il beneficio è stimabile in circa 460 euro netti; per chi riceve un assegno di circa 2.700 euro lordi mensili, che si colloca fra 5 e 6 volte il trattamento minimo, il beneficio è stimabile in circa 280 euro netti».
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Esodati, depositata alla Camera interrogazione per approvazione settima salvaguardia
E' stata depositata questa settimana in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati un'interrogazione promossa da Walter Rizzetto (M5S) al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti per conoscere le reali intenzioni del Governo sull'approvazione della settima salvaguardia in materia previdenziale. Kamsin — Per sapere – premesso che:
è noto che la cosiddetta riforma Fornero dell'anno 2011 ha modificato i presupposti per accedere al trattamento pensionistico non consentendo di godere del diritto alla pensione a migliaia di persone che avevano provveduto al versamento dei contributi previdenziali;
tale riforma ha pertanto determinato una serie di categorie di persone da salvaguardare con ulteriori interventi correttivi della «riforma Fornero», tra le quali, quella dei cosiddetti «lavoratori esodati», ossia coloro che sono stati espulsi dalle aziende in forza di accordi tra le parti sociali in base alla normativa previgente la riforma e che ha impedito agli stessi di andare in pensione, sebbene prossimi al conseguimento dei requisiti pensionistici di vecchiaia o anzianità;
per riparare a tale grave situazione, di notevole contenuto sociale, nel tempo l'Esecutivo ha adottato provvedimenti di «salvaguardia» per consentire ad alcune categorie di persone di accedere al trattamento previdenziale in base alla normativa previgente la «riforma Fornero». Sono stati adottati sei interventi di salvaguardia; l'ultimo si è concretizzato con la legge n. 147 del 2014, a tutela di una serie di lavoratori: da quelli in mobilità a quelli che hanno versato contributi volontari;
tuttavia, ad oggi, sono rimaste ignorate quindi non tutelate ulteriori categorie di persone, ancor più danneggiate di altre per le quali si è proceduto alla salvaguardia. Si tratta di quei soggetti rimasti privi di qualsiasi sostegno economico, poiché all'entrata in vigore della riforma delle pensioni già non avevano un posto di lavoro o lo hanno perso in questi anni, e se non fosse stata attuata la «riforma Fornero», avrebbero avuto il diritto di accedere al trattamento pensionistico dal 2012/2013 entro l'intero anno 2016;
ebbene, individuando gli ulteriori criteri necessari, si ritiene urgente procedere ad un censimento attraverso l'Inps che consenta di individuare queste categorie di persone rimaste fuori dai precedenti provvedimenti di salvaguardia sebbene siano state fortemente danneggiate dalla «riforma Fornero»;
è evidente, infatti, che non sia equo procedere alla salvaguardia solo di alcune categorie di pensionati ed, invece, escludere persone che si trovano in condizioni ancora più disagiate, poiché non consentendo alle stesse di accedere alla pensione, è stato impedito loro di ottenere quella che sarebbe stata l'unica fonte di reddito che da tempo attendevano, considerando che si tratta di soggetti che all'entrata in vigore della «riforma Fornero» erano già privi di un sostegno economico o lo sono a tutt'oggi, poiché non avevano un posto di lavoro o lo hanno perso in questi anni –:
quali siano gli orientamenti del Ministro in relazione a quanto esposto in premessa;
se il Ministro intenda adottare, urgentemente, un'iniziativa normativa di salvaguardia a tutela dei soggetti ancora esclusi come descritti in premessa, dopo aver proceduto – attraverso l'ente previdenziale – ad un censimento di questa tipologia di persone, considerando che l'individuazione esatta di queste categorie di soggetti senza più alcun reddito, è essenziale per porre in essere un intervento normativo di salvaguardia. (5-05650)
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Pensioni, In Gazzetta il Decreto sulla rivalutazione degli assegni. Ecco il Testo
Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legge Poletti sulla rivalutazione dei trattamenti pensionistici interessati dal blocco biennale dell'indicizzazione. Rimborsi il 1° Agosto.
Kamsin E' in vigore ufficialmente da ieri il Decreto Legge 65/2015 sulle rivalutazioni delle prestazioni previdenziali coinvolte nella sentenza della Consulta dello scorso Aprile. Il provvedimento governativo interviene sul comma 25 dell'articolo 24 del Decreto Legge 201/2011 introducendo, retroattivamente, un diverso sistema di indicizzazione degli assegni superiori a 3 volte il trattamento minimo inps e sino a 6 volte il minimo.
Nello specifico il provvedimento riconosce per il biennio 2012-2013 una rivalutazione, sull'intero importo del trattamento, pari al 100% sugli assegni sino a 3 volte il minimo (confermando sostanzialmente la normativa in vigore); al 40% sino a 4 volte il trattamento minimo; al 20% sino a 5 volte il minimo e del 10% sino a 6 volte il minimo. Non è corrisposta alcuna rivalutazione per gli importi superiori a 6 volte il minimo. Nel biennio 2014-2015 la rivalutazione di tali trattamenti passa al 20% per tutte le fasce sopra menzionate (cioè da 3 a 6 volte il minimo) e dal 1° gennaio 2016 la rivalutazione sale al 50%. Dal 2017 la rivalutazione di tali trattamenti tornerà ancorata alle regole generali. Nel provvedimento si specifica inoltre che gli arretrati saranno corrisposti il prossimo 1° agosto una tantum.
I pensionati potenzialmente interessati dalla misura sono coloro che avevano un assegno, a carico della previdenza obbligatoria, ricompreso tra i 1405 euro e i 2.810 euro lordi al 31 dicembre 2011 (con fascia di garanzia sino a 2.886 euro). Questi assegni infatti nel biennio 2012-2013 non hanno ottenuto alcuna rivalutazione e si sono trascinati una perdita nel corso degli anni. Con la normativa appena varata sarà sostanzialmente consentito loro di ottenere un trattamento leggermente superiore a quello attualmente erogato.
Nel provvedimento ci sono anche altre misure sul sistema previdenziale. La data di pagamento di tutte le prestazioni previdenziali viene spostata al primo di ogni mese a partire dal 1° giugno; si sterilizzano gli effetti negativi dell'andamento quinquennale del Pil (il cd. tasso di capitalizzazione) sul montante contributivo; si rifinanzia di un miliardo il Fondo Sociale per l'Occupazione per garantire gli ammortizzatori sociali in deroga per l'anno 2015 e i contratti di solidarietà.
Documenti: decreto legge 65/2015
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Riforma Pensioni, Damiano: troppo penalizzante l'ipotesi contributivo per tutti
Poletti conferma che le eventuali correzione della legge Fornero prenderanno forma con la legge di stabilità e aggiunge: «Quando il Governo avrà tutti gli elementi, incontrerà le parti».
Kamsin L'adozione del metodo contributivo per tutti in cambio di un anticipo dell'età pensionabile è tra le ipotesi sul tavolo del Governo. Lo ha confermato ieri il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti nell'indicare la strada che da qui a fine anno porterà ad una riforma della legge Fornero. Ma l'ipotesi di estendere la cd. opzione donna (almeno come unico canale di uscita) non piace alla minoranza dem nè ai sindacati. La decurtazione dell'assegno al quale andrebbero incontro questi lavoratori sarebbe troppo "ingente" ha ricordato il Presidente della Commissione Lavoro alla Camera, Cesare Damiano in risposta alle osservazioni del titolare di Via Veneto. La riduzione è nell'ordine di almeno il 25-30% ha indicato Damiano: inaccettabile pensare che questo strumento possa da solo tradurre il concetto di flessibilità che abbiamo in mente.
Una convergenza all'interno della maggioranza potrebbe invece trovarsi sulla proposta Damiano-Baretta. La correzione della "Fornero" deve consentire a chi ha 62 anni di età ed almeno 35 anni di contribuzione (una sorta di quota 97) di uscire a partire da una penalità dell'8% man mano decrescente del 2% sino ad azzerarsi a 66 anni. La maggioranza insomma sembra di fatto già compattarsi non solo per rafforzare l'ipotesidi rendere più flessibile la "Fornero" ventilata dallo stesso premier Matteo Renzi ma anche per mandare un messaggio a palazzo Chigi: il sistema di uscite anticipate deve essere imperniato su un meccanismo che prevede penalità progressive dell'assegno e non su un ricalcolo in chiave "contributiva".
Il governo prima introdurre la flessibilità in uscita dovrà comunque convincere Bruxelles a considerare non la maggiore spesa immediata ma il «bilancio intertemporale», cioè che la spesa per le pensioni anticipate sarebbe compensata dalla riduzione del loro importo.
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Decreto Pensioni, dal 1° giugno tutte le pensioni saranno pagate il primo di ogni mese
Una nota dell'Inps anticipa i dettagli del decreto legge varato dal Governo: tutti i trattamenti pensionistici erogati dall'Inps saranno pagati il primo di ciascun mese.
Kamsin Dal 1° giugno tutti i trattamenti pensionistici, assegni, indennità di accompagnamento per gli invalidi civili, nonché le rendite vitalizie Inail, saranno posti in pagamento il primo giorno del mese. Lo comunica in via ufficiale l'Inps con una nota diffusa oggi pomeriggio. Nel comunicato l'Istitito di Via Ciro il Grande recepisce sostanzialmente la novità contenuta nel recente decreto pensioni approvato lunedì dal Cdm. Nel caso in cui il primo giorno del mese coincida con un giorno festivo oppure non bancabile, il pagamento sarà effettuato nel giorno utile immediatamente successivo.
La misura dovrebbe interessare in particolare i titolari di doppie prestazioni Inps-Inpdap, circa 150mila pensionati che hanno, ad esempio, una pensione Inps diretta ed una reversibilità da parte dall'ex-inpadap o a carico di altri fondi sostitutivi dell'AGO come la gestione ex-enpals. Per questi soggetti l'Inps paga infatti due prestazioni al mese con una duplicazione "inutile" dei costi delle commissioni bancarie. Un tentativo in tal senso era stato già avviato con la legge di stabilità 2015 in cui si fissava il pagamento delle doppie prestazioni al 10 di ogni mese. Una misura che poi è rimasta inattuata per via del timore di determinare un danno nei confronti delle categorie di pensionati piu' deboli. Da comprendere se la norma avrà però effetto anche sulle date di pagamento dei titolari di un trattamento "inframensile" (es. dipendenti pubblici ed ex-enpals le cui prestazioni vengono liquidate rispettivamente il 16 e il 10 di ogni mese).
L'operazione, ha spiegato il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti, è a impatto zero sui conti: i minori interessi maturati dall'Inps saranno completamente conguagliati dalla riduzione delle spese dei bonifici bancari e postali.
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Decreto Pensioni, ecco le nuove soglie di rivalutazione decise dal Governo
I trattamenti interessati dal blocco dell'indicizzazione saranno rivalutati in una forchetta ricompresa tra il 40 ed il 10% per il biennio 2012-2013. Resta il congelamento oltre i 2800-2900 euro.
Kamsin I trattamenti pensionistici saranno rivalutati, nel biennio 2012-2013, del 100% sino a tre volte il minimo; del 40% sino a 4 volte il trattamento minimo; del 20% sino a 5 volte e del 10% sino a 6 volte. Nulla spetterà agli assegni superiori a 6 volte il minimo, cioè 2810 euro lordi (anche se ci dovrebbe essere una fascia di garanzia sino ai 2.818 euro lordi). Sono questi i dettagli del decreto legge sulle pensioni varato dal Governo lunedì per rispondere ai rilievi della Consulta sul blocco delle indicizzazioni.
Il prossimo 1° Agosto i pensionati titolari di assegni ricompresi tra i 1405 e 2810 euro lordi al mese (valori al 31 dicembre 2011, cioè prima che scattasse la norma Fornero) dovrebbero pertanto ricevere una cifra oscillante tra gli 850 e i 300 euro a seconda delle fasce di reddito. Questo importo comprende gli arretrati maturati nel biennio 2012-2013, rivalutati in base alle nuove fasce di reddito, a cui dovrà poi aggiungersi l'effetto trascinamento dell'adeguamento sul biennio 2014-2015: nel provvedimento trasmesso al Quirinale si prescrive infatti che nel biennio 2014-2015 la rivalutazione viene riconosciuta per tutte le fasce al 20% limite che poi passa al 50% dal 1° gennaio 2016.
Considerando l'abbinamento dei due effetti gli assegni intorno ai 1500-1800 euro lordi dovrebbero dunque ricevere anche qualcosina in piu' dei 750 euro annunciati dal titolare dell'economia Lunedì scorso in Cdm. In teoria, infatti, l'importo complessivo da restituire (cioè quello maturato tra il 1° gennaio 2012 ed Agosto 2015) secondo le nuove regole approvate, potrebbe anche superare i mille euro. Sarà probabilmente il prelievo fiscale ad abbassare quanto effettivamente percepito e a riportare l'asticella verso il basso. Gli assegni piu' alti, quelli intorno ai 2700-2800 euro lordi a stento invece riusciranno a recuperare 300 euro in tutto. In ogni caso le cifre che saranno restituite saranno poca cosa rispetto a quanto hanno lasciato sul terreno questi assegni in tre anni e mezzo. A bocca asciutta rimarranno, come già anticipato, tutti coloro che al 31 dicembre 2011 avevano trattamenti lordi superiori a 2810 euro al mese.
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Riforma Pensioni, Governo verso il via libera alle uscite flessibili. Ecco gli scenari
«Dal prossimo anno contiamo di concedere maggiore flessibilità in uscita ai lavoratori che abbiano intorno ai 60 anni di età. Senza stare a fare promesse: con la legge di stabilità stiamo studiando un meccanismo per dare un pochino di libertà in più».
Kamsin L'asticella per l'uscita anticipata sarà rivista al ribasso, intorno a 60-62 anni, dal prossimo 1° gennaio 2016. Lo ha fatto intendere ieri Renzi che ha illustrato come il dossier pensioni sia tornato al centro dell'agenda politica dopo la decisione della Consulta che ha bocciato la norma sul blocco delle indicizzazioni della Legge Fornero. «E' un tema vero che c'e', pero' se lo diciamo adesso sembra che sia una operazione di campagna elettorale; intanto abbiamo recuperato due miliardi di euro e li diamo a quei quattro milioni di cittadini che ne hanno titolo. Sul tema di riuscire a dare un pochino piu' di flessibilita' alla Fornero sono molto ottimista che si possa fare durante la stabilita'. ha indicato il Premier. Quindi ottobre novembre» ha aggiunto Renzi.
Le ipotesi di pensionamento anticipato a cui sta pensando il Governo hanno tutte comunque un minimo comune denominatore: un raffreddamento delle quote retributive dell'assegno. Che sarà tanto piu' intensa quanto maggiore è l'anzianità contributiva presente sul conto assicurativo del pensionato al 31 dicembre 1995. Così ad esempio chi aveva almeno 18 anni di contributi entro tale data e sceglierà l'uscita anticipata avrà una decurtazione maggiore di chi ne aveva ad esempio solo 10 anni. Effetti negativi interesseranno però anche le quote contributive dell'assegno dato che, uscendo prima dal mondo del lavoro, si attiveranno coefficienti di trasformazione inferiori rispetto a quelli a cui sarebbe andato incontro il lavoratore con le regole attuali.
In questo modo, se si attivasse l'uscita a 62 anni e 35 anni di contributi si dovrà mettere in conto una perdita complessiva dell'assegno anche superiore all'8% rispetto a quella indicata nel Disegno di Legge Damiano-Baretta, una delle ipotesi in prima linea nell'attuale discussione. L'ipotesi non piace a molti ma di piu' il Governo non intende concedere.
La decurtazione sarebbe ancora piu' elevata se prendesse piede l'altra ipotesi che piace molto al Governo: l'opzione per il calcolo contributivo dell'assegno in cambio di uno sconto dell'età pensionabile. Sostanzialmente si tratterebbe dell'estensione dell'opzione donna, cioè quel regime sperimentale introdotto dalla Legge Maroni riservato alle sole lavoratrici ed in scadenza il prossimo dicembre, nei confronti della generalità dei lavoratori. Probabilmente l'asticella per l'uscita verrebbe innalzata un pò (oggi alle lavoratrici bastano 57 anni se dipendenti e 58 se autonome) anche se resterebbe fermo il requisito di 35 anni di contributi. In tal caso i lavoratori dovranno mettere in conto un taglio dell'assegno superiore a quello proposto da Damiano-Baretta, nell'ordine del 20-25% almeno ma in cambio potrebbero uscire con diversi anni di anticipo.
Se così stanno le cose a perdere appeal è la proposta sulla quota 100 (promossa da Damiano e dalla Lega Nord). Non tanto per i requisiti di uscita (62 anni e 38 di contributi) a meno che non si inserisca una decurtazione sull'assegno comparabile le prime due ipotesi.
Se questo sarà il cuore della Riforma a cui sta lavorando il Governo non bisogna trascurare anche altri interventi minori di manutenzione alla Legge Fornero: in programma ci potrebbe essere il blocco degli adeguamenti alla stima di vita per il conseguimento della massima anzianità contributiva (che non devono penalizzare ulteriormente i cd. lavoratori precoci); lo stop alla penalizzazione per chi raggiunge la massima anzianità contributiva senza avere i 62 anni (la legge di stabilità ha tolto la penalità solo sino al 31 dicembre 2017); la realizzazione di un sistema piu' agevole e meno penalizzante per valorizzare la contribuzione mista togliendo in particolare le cd. ricongiunzioni onerose. Modifiche sostanziali ci saranno (ancora una volta) sulla perequazione dopo lo sconquasso determinato dalla Sentenza della Consulta. L'ipotesi qui è di introdurre un meccanismo temporaneo di rivalutazione sino al 2016 per poi riprendere le vecchie fasce di indicizzazione previste dalla legge 388/2000 (100%, 90 e 75%). Senza dimenticare poi la necessità di creare un raccordo con i cd. esodati che, se non si adotteranno nuove salvaguardie, finirebbero per dover optare necessariamente per la pensione flessibile con un taglio dell'assegno.
Insomma di carne al fuoco c'è nè tanta ma già che sia Premier a parlare di questi interventi, e non un ministro, dovrebbe indicare una sostanziale volontà di riaprire il cantiere previdenza.
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Riforma Pensioni, Boeri: pronto il piano Inps per uscite flessibili e reddito minimo
"La decisione del Governo di limitare i rimborsi ai pensionati con assegni superiori a sei volte il trattamento minimo amplia i margini di intervento per la lotta alla povertà". "Necessario anche rivedere le ricongiunzioni onerose".
Kamsin Reddito minimo per gli ultra 55enni, flessibilità in uscita e ritocchi minori in piu' punti alla Legge Fornero ad iniziare dalle ricongiunzioni onerose. Sono questi per ora i punti cardine del piano che sarà presentato a giugno dall'Inps per poi finire, se tutto andrà per il verso giusto, nella prossima legge di stabilità. Lo ha detto ieri Tito Boeri, Presidente dell'Inps, in una intervista rilasciata alla Stampa. Proposte che, assicura il Professore, sono compatibili con i vincoli di bilancio nel medio-lungo termine e che quindi possono ricevere il via libera dell'Ue se, come sembra, sarà concessa all'Italia una maggiore flessibilità nelle regole del debito.
«Credo che oggi la sfida principale per il Paese sia quella di contrastare la povertà, che ci ritroviamo come eredità negativa della recessione - sostiene Boeri. Una povertà che è aumentata soprattutto nella fascia di età 55-65 anni; gente che il più delle volte non è ancora in pensione e che non ha più lavoro. Se il governo avesse destinato 18 miliardi, secondo i nostri calcoli tanto ci voleva per restituire integralmente gli arretrati delle pensioni dopo la sentenza della Corte Costituzionale, sarebbe stato molto più difficile fare qualcosa contro la povertà».
«Prima della crisi del 2007-2008 c'erano 11 milioni di persone in Italia sotto al soglia di povertà. Oggi sono 15 milioni, e proprio nella fascia tra i 55 e i 65 anni c'è stato l'aumento percentuale maggiore, il 70%. Noi stiamo lavorando per fare entro il prossimo mese una proposta che serva al contrasto della povertà, dando a questa categoria di persone un reddito minimo garantito. Sarà una proposta che si regge sulle sue gambe. È fattibile perché in quella fascia di età non servono politiche attive; non si deve stare dietro alle persone perché cerchino lavoro, visto che è molto difficile che lo trovino. Sarà una proposta autofinanziata, modificando la struttura dei trasferimenti. Il problema dell'Italia è che ha un sacco di trasferimenti che però arrivano pochissimo a chi ne ha davvero bisogno: al 10% più povero della popolazione, ad esempio, vanno solo il 3% dei trasferimenti totali. Anche escludendo le pensioni le cose non cambiano di molto».
Le modifiche alla Legge Fornero. Sul piano governativo che intende concedere la flessibilità in uscita Boeri conferma che «anche qui a giugno faremo una proposta completa. C'è un paradosso evidente: adesso stiamo irrigidendo le regole di uscita, innalzando i requisiti, mentre quando passeremo al contributivo puro avremo più flessibilità, che sarà sostenibile. Il problema è che negli Anni '90, quando è stato introdotto il sistema contributivo, si sarebbe dovuto applicare subito pro rata anche a chi aveva il retributivo, senza consentire a chi aveva più di 18 anni di versamenti con il retributivo di mantenere questo sistema più vantaggioso. Ora paghiamo i conti di quelle scelte».
Tra gli altri punti all'ordine del giorno c'è una maggiore unificazione dei trattamenti, che permetta di mettere insieme piu' facilmente i contributi tra prestazioni diverse. «l'istituto della ricongiunzione onerosa - sostiene Boeri - va riesaminato: non è giusto far pagare chi ha delle carriere mobili che passano magari dal pubblico al privato».
L'altra novità in dirittura di arrivo per i pensionati riguarda le date di pagamento dei titolari di piu' pensioni: «Secondo la legge di stabilità 2015 avremmo dovuto unificare il giorno di pagamento di chi ha più regimi pensionistici - circa 850 mila persone - al 10 del mese. Noi abbiamo lavorato per far sì che tutte le pensioni, da giugno, siano pagate il primo del mese. Il Tesoro, però, non poteva perdere gli interessi così abbiamo fatto un accordo con le Poste, l'Abi e le banche: noi paghiamo all'inizio del mese 4 miliardi di pensioni; loro in cambio ci abbattono il costo dei bonifici. Così nessuno perde nulla e i pensionati vengono pagati prima» ha concluso Boeri.
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Decreto Pensioni, solo gli assegni piu' bassi riceveranno il mini-rimborso
Basterà avere un trattamento superiore a sei volte il minimo per non ricevere neanche un euro dal decreto rimborsi varato dal Governo questa settimana. Per molti pensionati sarà una beffa.
Kamsin La beffa del decreto legge sui rimborsi delle pensioni è in dirittura di arrivo. I pensionati che nel 2011 avevano un assegno tra 1.405 e 2.810 euro lordi (ovvero tra le tre e le sei volte il trattamento minimo), e che poi per il biennio 2012-2013 hanno visto l'importo totale inchiodato alla stessa cifra, riceveranno un rimborso una tantum ad agosto (oscillante tra i 250 e i 750 euro) e poi risicati ma definitivi aumenti dal 1° settembre (tra i 60 e 180 euro l'anno in piu'). Gli aumenti finiscono qui. A bocca asciutta rimangono tutti coloro che avevano all'epoca un assegno inferiore a 3 volte il minimo (il cui importo è stato però pienamente rivalutato nel biennio 2012-2013 e dunque non ha subito alcuna riduzione) o superiore a 6 volte il minimo.
Ma anche chi riceverà qualcosa non potrà fare i salti di gioia dato che le cifre messe sul piatto dal Governo sono di gran lunga inferiori alla perdita del potere d'acquisto che gli assegni hanno subito in questo lasso di tempo. I piu' "fortunati" saranno gli assegni oscillanti tra 3 e 4 volte il minimo (cioè sino a 1900 lordi al mese) che porteranno a casa all'incirca il 20% o poco meno di quanto lasciato sul terreno tra il 2012 ad oggi. Andrà peggio per gli assegni superiori, quelli sino a 2300 euro lordi al mese (cioè tra 4 e 5 volte il minimo) che recupereranno si e no il 10% di quanto negato sino ad oggi dal Governo Monti. Briciole invece per gli assegni superiori, quelli nell'ultima fascia, tra cinque e sei volte il minimo, che potranno contare su restituzioni del tutto trascurabili rispetto a quanto perso in tre anni e mezzo (la cifra persa supera i 5mila euro). La delusione per costoro sarà molto forte: quando vedranno il rateo di Agosto troveranno un rimborso appena di 270 euro.
I più arrabbiati saranno però coloro che avendo un trattamento superiore ai 2.800 euro lordi mensili nel 2011 non recupereranno neanche un euro degli oltre 6mila euro lasciati nelle casse dello stato. E non si tratta certamente di pensioni d'oro perchè se si va a vedere il netto erogato in busta paga superiamo a malapena i 2mila euro al mese. Insomma la classe media resta quella maggiormente colpita dalla decisione dell'esecutivo. L'unica strada per costoro è quella di intentare nuovamente ricorso contro la decisione del Governo. Una strada difficile ma che potrebbe essere intrapresa dalle stesse associazioni (Federmanager a Manageritalia) che hanno portato alla recente decisione della Consulta.
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