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Due gli appuntamenti da annotare sul calendario per pagare le tasse locali sugli immobili: il 16 Giugno ed il 16 Dicembre. La prima rata dovrà essere versata di regola sulla base dell'aliquota e delle detrazioni del 2014.

Kamsin Si avvicinano gli appuntamenti per il pagamento delle tasse sulle casa. Da quest'anno, le regole sono piu' semplici in quanto non modificate all'ultimo minuto dal Governo e vedono la tempistica di versamento pienamente allineata sia per l'Imu e che per la Tasi. Si pensi infatti che lo scorso anno il susseguirsi di provvedimento aveva determinato due differenti scadenze per l'acconto: per circa 2000 Comuni che avevano deliberato in tempo utile, l'acconto ha avuto scadenza il 16 Giugno mentre per circa 6000 Comuni l'acconto ha avuto come scadenza il 16 Ottobre. Infine per i Comuni che non avevano deliberato il tributo la scadenza dell'acconto è stata unita a quella del saldo il 16 Dicembre ad aliquota base.

Quest'anno invece in tutti i Comuni i contribuenti dovranno recarsi alla cassa entro il 16 giugno per il versamento della prima rata ed entro il 16 dicembre per il saldo. Ciò indipendentemente dalla data di approvazione delle deliberazioni relative alle aliquote e alle eventuali detrazioni. La prima rata dovrà essere versata sulla base dell'aliquota e delle detrazioni del 2014 ma se il comune ha già deliberato in materia, magari determinando condizioni più favorevoli rispetto all'anno scorso, il contribuente può utilizzare le delibere  relative a quest'anno anche per il pagamento dell'acconto.

La seconda rata, invece, si calcolerà a saldo, applicando le aliquote e le detrazioni approvate dai comuni per il 2015, a condizione che le stesse siano inviate al Ministero dell'economia e delle finanze, per il tramite dell'apposito «portale del federalismo fiscale» entro il prossimo 21 ottobre, in modo che il ministero possa provvedere alla loro pubblicazione nel proprio sito internet entro il termine del 28 ottobre. Qualora gli enti non provvedano all'invio delle proprie deliberazioni entro il sopra citato termine, il saldo andrà conteggiato con le aliquote dell'anno precedente.

I presupposti impositivi sono gli stessi dell'anno scorso. Per le aliquote bisogna quindi necessariamente vedere le delibere comunali anche se la legge pone alcuni paletti. L'Imu ad esempio, può essere chiesta solo sulle abitazioni diverse da quelle principali ad eccezione degli immobili di lusso (categorie catastali A/1, A/8 e A/9) e loro pertinenze. La Tasi va di regola versata per qualunque immobile utilizzato con la particolarità che l'imposta deve essere corrisposta anche dall'utilizzatore quando l'immobile non è utilizzato dal proprietario (inquilino, comodatario). Spesso, però, le delibere comunali hanno mantenuto la Tasi solo sull'abitazione principale (magari con alcune detrazioni) mentre hanno lasciato l'Imu sulle seconde case. In altri casi il peso fiscale è stato riversato tutto sulle seconde case.

Per quanto riguarda le aliquote la recente legge di stabilità ha mantenuto i vecchi tetti dell'anno scorso. Anche per il 2015 quindi la TASI non può superare l'aliquota del 2,5 per mille e comunque la somma delle aliquote IMU e TASI non può superare il 6 per mille per le abitazioni principali (si ribadisce però che solo le abitazioni principali di lusso pagano l'IMU) e il 10,6 per gli altri immobili. L'aliquota massima TASI può essere aumentata dello 0,8 per mille se il Comune ha previsto detrazioni e riduzioni sulle abitazioni principali o sulle altre tipologie di immobili previste dalla Legge. In pratica a seconda di come il Comune ripartisce la maggiorazione, il prelievo fiscale massimo (IMU-TASI) può teoricamente toccare l'11,4 per mille sulle abitazioni diverse da quelle principali (e il 6,8 per mille per quelle di lusso) oppure, in alternativa, sino al 3,3 per mille sulle abitazioni principali diverse da quelle di lusso.

La TASI si calcola con lo stesso criterio dell'IMU, quindi si prende la rendita catastale non rivalutata la si moltiplica per il coefficiente di rivalutazione (1,05) poi per il moltiplicatore (per le abitazioni il valore è pari a 160) ed infine si applica l'aliquota TASI. Al risultato bisogna sottrarre le detrazioni qualora i Comuni le abbiano stabilite. Per quanto riguarda l'Imu il percorso è lo stesso, anche se chiaramente bisogna applicare l'aliquota IMU, con la particolarità che nell'Imu resta la detrazione di 200 euro per le abitazioni principali.

seguifb

Zedde

Da lunedì valuteremo con la dovuta calma le decisioni del Consiglio dei ministri e le eventuali contromosse. A una prima valutazione, secondo noi è una soluzione che non risponde a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale.

Kamsin La soluzione al caso pensioni a cui ha fatto riferimento il presidente del Consiglio Renzi ieri non convince la Federmanger, una delle associazioni che ha portato la Legge Fornero innanzi alla Consulta ottenendo lo stralcio della norma che bloccava l'indicizzazione per il biennio 2012-2013. L'ipotesi di restituire una media di 500 euro a testa secondo una scaletta che si esaurisce intorno ai 3 mila euro mensili lordi non soddisfa Giorgio Ambrogioni, Presidente dell'Associazione che si riserva di valutare la presentazione di un nuovo ricorso in tribunale.

«Avremmo chiesto al Governo di alzare l'asticella di adeguamento al costo della vita, e chiedere agli eventuali esclusi di destinare le somme non riconosciute a un grande fondo da destinare ai giovani» sostiene Ambrogioni. Che però è prudente: «I conti li faremo lunedì, cercheremo di capire se il provvedimento risponde ai dettami della Corte. Vorremmo che l'opinione pubblica comprendesse che a suo tempo abbiamo presentato ricorso  accolto dal magistrato prima e dalla Corte Costituzionale poi  contro quello che è il sesto blocco della perequazione delle pensioni. Il sesto, non il primo. E poi è ormai insopportabile questa retorica così abusata: si definiscono "d'oro" pensioni normalissime».

In ogni caso la soluzione che il Governo si accinge a varare per i pensionati sarà sensibilmente più piccola di quella a cui sulla carta avrebbero diritto. Si pensi infatti che un assegno di importo pari a 2mila euro lorde dovrebbe ricevere oltre 4mila euro (se guardiamo al periodo intercorrente tra il 1° gennaio 2012 al 31 maggio 2015); importi che salgono a 5mila euro per un assegno pari a 2500 euro e schizzano a quasi a 6mila euro per un assegno di 3mila euro lorde (qui è possibile simulare quanto in teoria deve essere restituito). Restituire 500 euro significa quindi ridare a malapena il 20% di quanto ha deciso la Consulta. Briciole. Che peraltro verrebbero negate agli assegni superiori a 3mila euro. Si spera dunque che i 500 euro siano in realtà una prima tranche di un rimborso rateale scadenzato in piu' tappe. Si vedrà.

Ma non è finita qui. I rimborsi non esauriscono infatti gli effetti della sentenza della Consulta. Agli assegni deve essere infatti riconosciuto, oltre al rimborso, un incremento definitivo per sterilizzare gli effetti per il futuro della norma cassata dalla Consulta. Un incremento che in teoria dovrebbe oscillare tra i 90 e i 120 euro al mese (200 euro al mese per gli assegni piu' elevati) ma che in pratica sarà drasticamente ridotto per gli assegni inferiori a 3mila euro e probabilmente l'incremento sarà praticamente nullo per gli assegni superiori a tale cifra.

L'unico aspetto che gioca a favore dei cittadini coinvolti è quello fiscale: le somme percepite a titolo di arretrato vengono infatti tassate con un meccanismo più favorevole, opzione che il governo confermerà in questa occasione: invece dell'aliquota Irpef marginale si applica quella media degli anni precedenti: come ha evidenziato recentemente l'Ufficio parlamentare di bilancio, per un trattamento pensionistico poco al di sopra di tre volte quello minimo vuoi dire pagare un'imposta intorno al 19 per cento, invece che superiore al 30.

seguifb

Zedde

L'Inps diffonde anche i dati degli autoferrotranvieri. I lavoratori del settore hanno mantenuto una contabilità separata e requisiti di accesso alla pensione più favorevoli: il personale viaggiante può ritirarsi 5 anni prima degli altri lavoratori italiani.

Kamsin Più di tre quarti dei lavoratori del trasporto riceve pensioni superiori ai contributi versati. «Il 78% dei trattamenti in essere per la previdenza del personale addetto ai pubblici servizi di trasporto risulta più elevato del 10-40% rispetto a quanto risulterebbe se fosse calcolato con il metodo contributivo. Solo il 4% delle pensioni del Fondo risulterebbe più generosa con il ricalcolo contributivo», riferisce l'Inps. Mentre il governo decide di quanto rivalutare gli assegni bloccati nel 2012-2013, infatti, l'Inps prosegue nella sua attività informativa sull'universo previdenziale. Un mondo che racchiude forti diseguaglianze al suo interno, non sempre giustificate dall'attività lavorativa svolta.  La scorsa settimana è toccato proprio agli autoferrotranvieri, ossia il personale viaggiante che può ritirarsi 5 anni prima degli altri lavoratori italiani.

Il Fondo, evidenzia l'Istituto, «è stato soppresso dal 1° gennaio 1996 e gli iscritti e pensionati sono stati trasferiti, con evidenza contabile separata, al fondo pensione lavoratori dipendenti (Fpld). I dipendenti dei pubblici servizi di trasporto assunti dopo la soppressione del Fondo vengono iscritti al Fpld, ma, a differenza di quanto avviene per gli altri fondi soppressi e confluiti nel Fpld (Inpdai, Elettrici e Telefonici), da un punto di vista contabile risultano sempre iscritti al soppresso fondo».

«All'atto della soppressione il fondo era già in disavanzo di circa 500 milioni e aveva un debito di circa un miliardo. Negli anni successivi ha accumulato un debito complessivo di quasi 20 miliardi. Dal momento che gli assunti dopo la soppressione vengono contabilmente iscritti al Fondo stesso, nel caso di questo fondo il peggioramento dei conti non può essere addebitato alla mancanza di nuove iscrizioni dal 1.1.1996, data di soppressione del Fondo».

Il Pubblico impiego. In settimana sono stati diffusi anche i dati sul pubblico impiego. Le pensioni pagate agli ex lavoratori statali sono oltre 2.800.000 (comprese quelle per i superstiti) e costano complessivamente all'Inps quasi 65 miliardi di euro l'anno. L'importo mensile lordo erogato è in media di 1.772 euro. L'assegno percepito dalle donne è però solo il 68,3% di quello degli uomini: 1.486 euro contro 2.175.

Ma cioè che colpisce è la differenza tra le pensioni percepite tra i pensionati pubblici e gli ex dipendenti privati, fermi a quota 1.026 euro. Una differenza che si conferma anche guardando alle sole pensioni liquidate nel 2015: 1.872 euro contro 1.012. Il grande divario delle prestazioni risiede nel fatto che nel pubblico in genere le carriere lavorative sono continue e più lunghe di quelle del privato. La maggiore stabilità del posto di lavoro favorisce anche le donne dopo la maternità, che talvolta nel privato interrompono la carriera per la maggiore difficoltà di conciliare lavoro e famiglia. Inoltre il mondo pubblico ha avuto fino a pochi anni fa un proprio istituto di previdenza (l'Inpdap, ora assorbito nell'Inps) che garantiva prestazioni migliori.

seguifb

Zedde

L'ingarbugliata questione delle pensioni dovrebbe trovare una soluzione in questa settimana. Oggi è previsto un primo confronto nel Consiglio dei ministri in cui il Governo dovrebbe presentare il provvedimento per fare chiarezza dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato incostituzionale il blocco dell'adeguamento al costo della vita. Kamsin L'obiettivo del Governo sarà quello di garantire un ristoro solo agli assegni inferiori a 6 volte il trattamento minimo ossia circa 3mila euro lordi al mese a partire dal 1° Agosto. Ma serve un provvedimento ad hoc che dovrà mettere sul piatto, secondo quanto annunciato dal Premier, circa 2 miliardi di euro.

A parte questi dettagli, resi ieri dal Premier, resta ancora un mistero però la strada che verrà intrapresa per porre rimedio al congelamento dell'indicizzazione delle pensioni sopra tre volte il minimo per gli anni 2012 e 2013 previsto dalla Fornero e dal governo Monti. Insomma sono ore decisive per fare provare a sbollire una patata molto bollente caduta addosso al Governo Renzi.

I denari, oltre a non poter garatire a tutti i pensionati coinvolti nel blocco biennale dell'indicizzazione, rischiano peraltro di essere sottratti al piano contro la povertà annunciato dallo stesso Governo per voce del Ministro Poletti nei mesi scorsi. Ma quali sono le proposte sul tappeto? Tralasciando quella piu' costosa promossa dai grillini che chiede l'integrazione del reddito familiare sino almeno a 780 euro al mese (cifra che sale gradualmente in funzione del numero dei componenti nel nucleo familiare sino a 1600 euro per quattro componenti) ci sono quelle promosse dalla stessa minoranza Dem.  Il presidente della commissione Lavoro Cesare Damiano faceva fino a poco tempo fa i conti: «Per un assegno cli 600 euro almese ad un milione di persone senza lavoro (e al momento sono tre milioni ), la spesa è di 7 miliardi e 200 milioni di euro all'anno». Oppure, ricorda, si potrebbero aiutare gli esodati o chi percepisce pensioni fino a 600 euro. Sono proprio queste fasce sociali quelle piu' direttamente colpite dalla sentenza della Consulta. Una vera beffa.

Seguifb

Zedde

Il premier ha annunciato che i pensionati con prestazioni superiori a 3mila euro lordi al mese non vedranno alcun rimborso. Domani i dettagli con il decreto in Cdm.

Kamsin Restituzioni e rivalutazioni degli assegni sino a 3mila euro lordi al mese a partire dal 1° Agosto. E' questa la sintesi della risposta alla sentenza della Corte Costituzionale che il Governo presenterà domani in un Cdm convocato appositamente per discutere delle misure. Lo ha affermato oggi il Premier nel corso della trasmissione a L'Arena su Rai1.

"Noi scriveremo una nuova norma rispetto al blocco dell'indicizzazione che restituirà in tasca a 4mln di italiani il 1 agosto 500 euro a testa" ha detto Matteo Renzi. "Ovviamente - ha spiegato - non sarà un rimborso totale. Ma ci sono 2 miliardi che mi ero tenuto per le misure contro la povertà". "Hanno detto - ha sottolineato ancora - che non intervenivo sulle pensioni per paura delle regionali. Ma uno che guida un Paese non può avere paura delle elezioni".

Non ci saranno invece rimborsi, a detta del Premier, per chi aveva un assegno lordo superiore a 3mila euro prima dell'entrata in vigore del blocco degli assegni nel biennio 2012-2013. Resta però da vedere il testo del provvedimento che domani sarà presentato il Cdm. Bisogna infatti comprendere se gli assegni interessati dai rimborsi, cioè sino a 3mila euro, vedranno la restituzione integrale di quanto sottratto dalla legge Fornero in questi anni oppure se il rimborso per questi assegni sarà solo parziale. Da capire anche se la restituzione sarà una tantum o avverrà in piu' rate.

Il decreto pensioni non dovrebbe quindi muovere più di due miliardi nell'immediato (non tre come si ipotizzava), più altri 600 milioni a regime, una maggiore spesa una tantum che, appunto, impatterà sul deficit nominale. Sulle coperture resta il margine del “tesoretto” da 1,6 miliardi (differenziale tra deficit tendenziale e programmatico) con una dote aggiuntiva garantita da una ulteriore stretta sul bilancio a cui aggiungere, eventualmente, una clausola di salvaguardia. Vittime della misura saranno soprattutto quelle misure di contrasto alla povertà tanto attese, in primis il reddito minimo e/o il rinnovo della sperimentazione della social card. Su tutti i dettagli, dopo il Cdm, sarà lo stesso Padoan a riferire in parlamento martedì sera.

Seguifb

Zedde

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