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Tasi 2015, così le regole per il calcolo dell'acconto di giugno
Due gli appuntamenti da annotare sul calendario per pagare le tasse locali sugli immobili: il 16 Giugno ed il 16 Dicembre. La prima rata dovrà essere versata di regola sulla base dell'aliquota e delle detrazioni del 2014.
Kamsin Si avvicinano gli appuntamenti per il pagamento delle tasse sulle casa. Da quest'anno, le regole sono piu' semplici in quanto non modificate all'ultimo minuto dal Governo e vedono la tempistica di versamento pienamente allineata sia per l'Imu e che per la Tasi. Si pensi infatti che lo scorso anno il susseguirsi di provvedimento aveva determinato due differenti scadenze per l'acconto: per circa 2000 Comuni che avevano deliberato in tempo utile, l'acconto ha avuto scadenza il 16 Giugno mentre per circa 6000 Comuni l'acconto ha avuto come scadenza il 16 Ottobre. Infine per i Comuni che non avevano deliberato il tributo la scadenza dell'acconto è stata unita a quella del saldo il 16 Dicembre ad aliquota base.
Quest'anno invece in tutti i Comuni i contribuenti dovranno recarsi alla cassa entro il 16 giugno per il versamento della prima rata ed entro il 16 dicembre per il saldo. Ciò indipendentemente dalla data di approvazione delle deliberazioni relative alle aliquote e alle eventuali detrazioni. La prima rata dovrà essere versata sulla base dell'aliquota e delle detrazioni del 2014 ma se il comune ha già deliberato in materia, magari determinando condizioni più favorevoli rispetto all'anno scorso, il contribuente può utilizzare le delibere relative a quest'anno anche per il pagamento dell'acconto.
La seconda rata, invece, si calcolerà a saldo, applicando le aliquote e le detrazioni approvate dai comuni per il 2015, a condizione che le stesse siano inviate al Ministero dell'economia e delle finanze, per il tramite dell'apposito «portale del federalismo fiscale» entro il prossimo 21 ottobre, in modo che il ministero possa provvedere alla loro pubblicazione nel proprio sito internet entro il termine del 28 ottobre. Qualora gli enti non provvedano all'invio delle proprie deliberazioni entro il sopra citato termine, il saldo andrà conteggiato con le aliquote dell'anno precedente.
I presupposti impositivi sono gli stessi dell'anno scorso. Per le aliquote bisogna quindi necessariamente vedere le delibere comunali anche se la legge pone alcuni paletti. L'Imu ad esempio, può essere chiesta solo sulle abitazioni diverse da quelle principali ad eccezione degli immobili di lusso (categorie catastali A/1, A/8 e A/9) e loro pertinenze. La Tasi va di regola versata per qualunque immobile utilizzato con la particolarità che l'imposta deve essere corrisposta anche dall'utilizzatore quando l'immobile non è utilizzato dal proprietario (inquilino, comodatario). Spesso, però, le delibere comunali hanno mantenuto la Tasi solo sull'abitazione principale (magari con alcune detrazioni) mentre hanno lasciato l'Imu sulle seconde case. In altri casi il peso fiscale è stato riversato tutto sulle seconde case.
Per quanto riguarda le aliquote la recente legge di stabilità ha mantenuto i vecchi tetti dell'anno scorso. Anche per il 2015 quindi la TASI non può superare l'aliquota del 2,5 per mille e comunque la somma delle aliquote IMU e TASI non può superare il 6 per mille per le abitazioni principali (si ribadisce però che solo le abitazioni principali di lusso pagano l'IMU) e il 10,6 per gli altri immobili. L'aliquota massima TASI può essere aumentata dello 0,8 per mille se il Comune ha previsto detrazioni e riduzioni sulle abitazioni principali o sulle altre tipologie di immobili previste dalla Legge. In pratica a seconda di come il Comune ripartisce la maggiorazione, il prelievo fiscale massimo (IMU-TASI) può teoricamente toccare l'11,4 per mille sulle abitazioni diverse da quelle principali (e il 6,8 per mille per quelle di lusso) oppure, in alternativa, sino al 3,3 per mille sulle abitazioni principali diverse da quelle di lusso.
La TASI si calcola con lo stesso criterio dell'IMU, quindi si prende la rendita catastale non rivalutata la si moltiplica per il coefficiente di rivalutazione (1,05) poi per il moltiplicatore (per le abitazioni il valore è pari a 160) ed infine si applica l'aliquota TASI. Al risultato bisogna sottrarre le detrazioni qualora i Comuni le abbiano stabilite. Per quanto riguarda l'Imu il percorso è lo stesso, anche se chiaramente bisogna applicare l'aliquota IMU, con la particolarità che nell'Imu resta la detrazione di 200 euro per le abitazioni principali.
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Zedde
Decreto Pensioni, Federmanager pronta ad un nuovo ricorso alla Consulta
Da lunedì valuteremo con la dovuta calma le decisioni del Consiglio dei ministri e le eventuali contromosse. A una prima valutazione, secondo noi è una soluzione che non risponde a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale.
Kamsin La soluzione al caso pensioni a cui ha fatto riferimento il presidente del Consiglio Renzi ieri non convince la Federmanger, una delle associazioni che ha portato la Legge Fornero innanzi alla Consulta ottenendo lo stralcio della norma che bloccava l'indicizzazione per il biennio 2012-2013. L'ipotesi di restituire una media di 500 euro a testa secondo una scaletta che si esaurisce intorno ai 3 mila euro mensili lordi non soddisfa Giorgio Ambrogioni, Presidente dell'Associazione che si riserva di valutare la presentazione di un nuovo ricorso in tribunale.
«Avremmo chiesto al Governo di alzare l'asticella di adeguamento al costo della vita, e chiedere agli eventuali esclusi di destinare le somme non riconosciute a un grande fondo da destinare ai giovani» sostiene Ambrogioni. Che però è prudente: «I conti li faremo lunedì, cercheremo di capire se il provvedimento risponde ai dettami della Corte. Vorremmo che l'opinione pubblica comprendesse che a suo tempo abbiamo presentato ricorso accolto dal magistrato prima e dalla Corte Costituzionale poi contro quello che è il sesto blocco della perequazione delle pensioni. Il sesto, non il primo. E poi è ormai insopportabile questa retorica così abusata: si definiscono "d'oro" pensioni normalissime».
In ogni caso la soluzione che il Governo si accinge a varare per i pensionati sarà sensibilmente più piccola di quella a cui sulla carta avrebbero diritto. Si pensi infatti che un assegno di importo pari a 2mila euro lorde dovrebbe ricevere oltre 4mila euro (se guardiamo al periodo intercorrente tra il 1° gennaio 2012 al 31 maggio 2015); importi che salgono a 5mila euro per un assegno pari a 2500 euro e schizzano a quasi a 6mila euro per un assegno di 3mila euro lorde (qui è possibile simulare quanto in teoria deve essere restituito). Restituire 500 euro significa quindi ridare a malapena il 20% di quanto ha deciso la Consulta. Briciole. Che peraltro verrebbero negate agli assegni superiori a 3mila euro. Si spera dunque che i 500 euro siano in realtà una prima tranche di un rimborso rateale scadenzato in piu' tappe. Si vedrà.
Ma non è finita qui. I rimborsi non esauriscono infatti gli effetti della sentenza della Consulta. Agli assegni deve essere infatti riconosciuto, oltre al rimborso, un incremento definitivo per sterilizzare gli effetti per il futuro della norma cassata dalla Consulta. Un incremento che in teoria dovrebbe oscillare tra i 90 e i 120 euro al mese (200 euro al mese per gli assegni piu' elevati) ma che in pratica sarà drasticamente ridotto per gli assegni inferiori a 3mila euro e probabilmente l'incremento sarà praticamente nullo per gli assegni superiori a tale cifra.
L'unico aspetto che gioca a favore dei cittadini coinvolti è quello fiscale: le somme percepite a titolo di arretrato vengono infatti tassate con un meccanismo più favorevole, opzione che il governo confermerà in questa occasione: invece dell'aliquota Irpef marginale si applica quella media degli anni precedenti: come ha evidenziato recentemente l'Ufficio parlamentare di bilancio, per un trattamento pensionistico poco al di sopra di tre volte quello minimo vuoi dire pagare un'imposta intorno al 19 per cento, invece che superiore al 30.
seguifb
Zedde
Statali, la pensione è del 75% piu' elevata rispetto al settore privato
L'Inps diffonde anche i dati degli autoferrotranvieri. I lavoratori del settore hanno mantenuto una contabilità separata e requisiti di accesso alla pensione più favorevoli: il personale viaggiante può ritirarsi 5 anni prima degli altri lavoratori italiani.
Kamsin Più di tre quarti dei lavoratori del trasporto riceve pensioni superiori ai contributi versati. «Il 78% dei trattamenti in essere per la previdenza del personale addetto ai pubblici servizi di trasporto risulta più elevato del 10-40% rispetto a quanto risulterebbe se fosse calcolato con il metodo contributivo. Solo il 4% delle pensioni del Fondo risulterebbe più generosa con il ricalcolo contributivo», riferisce l'Inps. Mentre il governo decide di quanto rivalutare gli assegni bloccati nel 2012-2013, infatti, l'Inps prosegue nella sua attività informativa sull'universo previdenziale. Un mondo che racchiude forti diseguaglianze al suo interno, non sempre giustificate dall'attività lavorativa svolta. La scorsa settimana è toccato proprio agli autoferrotranvieri, ossia il personale viaggiante che può ritirarsi 5 anni prima degli altri lavoratori italiani.
Il Fondo, evidenzia l'Istituto, «è stato soppresso dal 1° gennaio 1996 e gli iscritti e pensionati sono stati trasferiti, con evidenza contabile separata, al fondo pensione lavoratori dipendenti (Fpld). I dipendenti dei pubblici servizi di trasporto assunti dopo la soppressione del Fondo vengono iscritti al Fpld, ma, a differenza di quanto avviene per gli altri fondi soppressi e confluiti nel Fpld (Inpdai, Elettrici e Telefonici), da un punto di vista contabile risultano sempre iscritti al soppresso fondo».
«All'atto della soppressione il fondo era già in disavanzo di circa 500 milioni e aveva un debito di circa un miliardo. Negli anni successivi ha accumulato un debito complessivo di quasi 20 miliardi. Dal momento che gli assunti dopo la soppressione vengono contabilmente iscritti al Fondo stesso, nel caso di questo fondo il peggioramento dei conti non può essere addebitato alla mancanza di nuove iscrizioni dal 1.1.1996, data di soppressione del Fondo».
Il Pubblico impiego. In settimana sono stati diffusi anche i dati sul pubblico impiego. Le pensioni pagate agli ex lavoratori statali sono oltre 2.800.000 (comprese quelle per i superstiti) e costano complessivamente all'Inps quasi 65 miliardi di euro l'anno. L'importo mensile lordo erogato è in media di 1.772 euro. L'assegno percepito dalle donne è però solo il 68,3% di quello degli uomini: 1.486 euro contro 2.175.
Ma cioè che colpisce è la differenza tra le pensioni percepite tra i pensionati pubblici e gli ex dipendenti privati, fermi a quota 1.026 euro. Una differenza che si conferma anche guardando alle sole pensioni liquidate nel 2015: 1.872 euro contro 1.012. Il grande divario delle prestazioni risiede nel fatto che nel pubblico in genere le carriere lavorative sono continue e più lunghe di quelle del privato. La maggiore stabilità del posto di lavoro favorisce anche le donne dopo la maternità, che talvolta nel privato interrompono la carriera per la maggiore difficoltà di conciliare lavoro e famiglia. Inoltre il mondo pubblico ha avuto fino a pochi anni fa un proprio istituto di previdenza (l'Inpdap, ora assorbito nell'Inps) che garantiva prestazioni migliori.
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Zedde
Riforma Pensioni, sul piatto restano poche risorse per esodati ed incapienti
L'ingarbugliata questione delle pensioni dovrebbe trovare una soluzione in questa settimana. Oggi è previsto un primo confronto nel Consiglio dei ministri in cui il Governo dovrebbe presentare il provvedimento per fare chiarezza dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato incostituzionale il blocco dell'adeguamento al costo della vita. Kamsin L'obiettivo del Governo sarà quello di garantire un ristoro solo agli assegni inferiori a 6 volte il trattamento minimo ossia circa 3mila euro lordi al mese a partire dal 1° Agosto. Ma serve un provvedimento ad hoc che dovrà mettere sul piatto, secondo quanto annunciato dal Premier, circa 2 miliardi di euro.
A parte questi dettagli, resi ieri dal Premier, resta ancora un mistero però la strada che verrà intrapresa per porre rimedio al congelamento dell'indicizzazione delle pensioni sopra tre volte il minimo per gli anni 2012 e 2013 previsto dalla Fornero e dal governo Monti. Insomma sono ore decisive per fare provare a sbollire una patata molto bollente caduta addosso al Governo Renzi.
I denari, oltre a non poter garatire a tutti i pensionati coinvolti nel blocco biennale dell'indicizzazione, rischiano peraltro di essere sottratti al piano contro la povertà annunciato dallo stesso Governo per voce del Ministro Poletti nei mesi scorsi. Ma quali sono le proposte sul tappeto? Tralasciando quella piu' costosa promossa dai grillini che chiede l'integrazione del reddito familiare sino almeno a 780 euro al mese (cifra che sale gradualmente in funzione del numero dei componenti nel nucleo familiare sino a 1600 euro per quattro componenti) ci sono quelle promosse dalla stessa minoranza Dem. Il presidente della commissione Lavoro Cesare Damiano faceva fino a poco tempo fa i conti: «Per un assegno cli 600 euro almese ad un milione di persone senza lavoro (e al momento sono tre milioni ), la spesa è di 7 miliardi e 200 milioni di euro all'anno». Oppure, ricorda, si potrebbero aiutare gli esodati o chi percepisce pensioni fino a 600 euro. Sono proprio queste fasce sociali quelle piu' direttamente colpite dalla sentenza della Consulta. Una vera beffa.
Seguifb
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Pensioni, niente rimborsi oltre i 3mila euro. Domani il Cdm
Il premier ha annunciato che i pensionati con prestazioni superiori a 3mila euro lordi al mese non vedranno alcun rimborso. Domani i dettagli con il decreto in Cdm.
Kamsin Restituzioni e rivalutazioni degli assegni sino a 3mila euro lordi al mese a partire dal 1° Agosto. E' questa la sintesi della risposta alla sentenza della Corte Costituzionale che il Governo presenterà domani in un Cdm convocato appositamente per discutere delle misure. Lo ha affermato oggi il Premier nel corso della trasmissione a L'Arena su Rai1.
"Noi scriveremo una nuova norma rispetto al blocco dell'indicizzazione che restituirà in tasca a 4mln di italiani il 1 agosto 500 euro a testa" ha detto Matteo Renzi. "Ovviamente - ha spiegato - non sarà un rimborso totale. Ma ci sono 2 miliardi che mi ero tenuto per le misure contro la povertà". "Hanno detto - ha sottolineato ancora - che non intervenivo sulle pensioni per paura delle regionali. Ma uno che guida un Paese non può avere paura delle elezioni".
Non ci saranno invece rimborsi, a detta del Premier, per chi aveva un assegno lordo superiore a 3mila euro prima dell'entrata in vigore del blocco degli assegni nel biennio 2012-2013. Resta però da vedere il testo del provvedimento che domani sarà presentato il Cdm. Bisogna infatti comprendere se gli assegni interessati dai rimborsi, cioè sino a 3mila euro, vedranno la restituzione integrale di quanto sottratto dalla legge Fornero in questi anni oppure se il rimborso per questi assegni sarà solo parziale. Da capire anche se la restituzione sarà una tantum o avverrà in piu' rate.
Il decreto pensioni non dovrebbe quindi muovere più di due miliardi nell'immediato (non tre come si ipotizzava), più altri 600 milioni a regime, una maggiore spesa una tantum che, appunto, impatterà sul deficit nominale. Sulle coperture resta il margine del “tesoretto” da 1,6 miliardi (differenziale tra deficit tendenziale e programmatico) con una dote aggiuntiva garantita da una ulteriore stretta sul bilancio a cui aggiungere, eventualmente, una clausola di salvaguardia. Vittime della misura saranno soprattutto quelle misure di contrasto alla povertà tanto attese, in primis il reddito minimo e/o il rinnovo della sperimentazione della social card. Su tutti i dettagli, dopo il Cdm, sarà lo stesso Padoan a riferire in parlamento martedì sera.
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Statali, La Consulta deciderà anche sul blocco dei contratti e sulle pensioni d'oro
Da qui a fine anno i giudici della Corte Costituzionale dovranno prounciarsi sulla legittimità del blocco del rinnovo della parte economica dei contratti degli statali. E un'altra volta sul contributo di solidarietà sulle pensioni piu' elevate.
Kamsin Il conto della Consulta con il legislatore degli ultimi anni non si è concluso con la sentenza sul blocco dell'indicizzazione delle pensioni. Una vera e propria grana per l'esecutivo Renzi. Sul tavolo della Corte Costituzionale ci sono almeno altri tre dossier che fanno tremare il Permier e i conti dello Stato e che dovranno essere decisi entro la fine dell'anno. In primis c'è la decisione sul blocco del rinnovo della parte economica dei contratti degli statali, al palo ormai da 5 anni.
La ministra Madia nei giorni scorsi ha lanciato acqua sul fuoco mostrandosi fiduciosa sul fatto che la Consulta non boccierà la norma introdotta nel 2010 dal Governo Berlusconi e poi mantenuta dal Monti, Letta e Renzi. Il bottino che si riesce a mettere da parte del resto è cospicuo: 12 miliardi in 5 anni. Se dovessero essere restituiti sarebbero guai. Gli stessi giudici, ricorda del resto il ministro, avevano già detto che la misura era consentita purché fosse «temporanea» ed avesse una destinazione «solidaristica».
Se la temporaneità dopo cinque anni di blocco può iniziare ad essere messa in discussione, il Governo spera però che la Corte valuti la misura alla luce delle difficoltà economiche che sta attraversando l'Italia. E dunque la lasci intatta la misura che comprime le retribuzioni dei dipendenti pubblici.
In arrivo ci sono però anche altre due decisioni importanti. La prima riguarda la legittimità da parte di Equitalia di prelevare dalle cartelle esattoriali l'aggio dell'8%. Una misura che se bocciata causerebbe un buco di 3 miliardi. E, infine, c'è una possibile sentenza bis sulle pensioni, quella che potrebbe bocciare il contributo di solidarietà tra il 6 e il 18% imposto dal governo Letta con la legge 147/2013 a quelle superiori a 90 mila euro. Un balzello ripresentato dopo che la stessa Corte aveva dichiarato incostituzionale un prelievo molto simile del governo Monti su cui si è provveduto alla restituzione a rate.
Critiche all'operato dei giudici sono giunte tuttavia dal ViceMinistro all'Economia Enrico Morando che nel corso di una dichiarazione in Parlamento la scorsa settimana ha osservato come la Corte con la recente sentenza sulle pensioni abbia utilizzato due pesi e due misure. Un paio di mesi fa i supremi giudici hanno infatti bocciato una vecchia norma di Tremonti, nota come Robin Tax, una tassa pensata dall'allora ministro dell'Economia per tassare le società energetiche in cambio di qualche denaro per finanziare le social card. Dopo sette anni dalla sua entrata in vigore la Consulta ha deciso che il prelievo era contro la Costituzione ma ha salvato dalla restituzione dei soldi alle imprese che l'avevano pagata perchè avrebbe comportato un esborso eccessivo per lo Stato. Sulle pensioni, invece, ha osservato Morando, non è stato posto un argine alle restituzioni.
seguifb
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Decreto Pensioni, Renzi: dal 1° agosto 500 euro a testa
Nessun pensionato perderà un centesimo. Noi scriveremo una nuova norma rispetto al blocco dell'indicizzazione che restituirà in tasca a 4mln di italiani il 1 agosto 500 euro a testa". Kamsin Lo ha detto il premier Matteo Renzi parlando a 'L'Arena' su Rai1 del nodo delle pensioni. "Ovviamente - ha spiegato - non sarà un rimborso totale. Ma ci sono 2 miliardi che mi ero tenuto per le misure contro la povertà". "Hanno detto - ha sottolineato ancora - che non intervenivo sulle pensioni per paura delle regionali. Ma uno che guida un Paese non può avere paura delle elezioni".
Il decreto pensioni non dovrebbe quindi muovere più di due miliardi nell'immediato (non tre come si ipotizzava), più altri 600 milioni a regime, una maggiore spesa una tantum che, appunto, impatterà sul deficit nominale. Sulle coperture resta il margine del “tesoretto” da 1,6 miliardi (differenziale tra deficit tendenziale e programmatico) con una dote aggiuntiva garantita da una ulteriore stretta sul bilancio a cui aggiungere, eventualmente, una clausola di salvaguardia. Vittime della misura saranno soprattutto quelle misure di contrasto alla povertà tanto attese, in primis il reddito minimo e/o il rinnovo della sperimentazione della social card. Su tutti i dettagli, dopo il Cdm, sarà lo stesso Padoan a riferire in parlamento martedì sera.
Duro anche il giudizio di Cesare Damiano, Presidente della Commissione Lavoro della Camera che condivide il rammarico del premier Renzi di non poter destinare le risorse del tesoretto ai pensionati piu’ poveri.
“Noi - ricorda Damiano - avevamo anche avanzato una proposta: aumentare la quattordicesima istituita dal governo Prodi che, dal 2008, viene pagata nel mese di luglio ai pensionati con un assegno fino a 700 euro al mese (la cifra media e’ di 420 euro all’anno). Calcolando il tesoretto in 1,6 miliardi di euro ei pensionati a basso reddito (i cosiddetti incapienti) in circa 5.800.000 persone, la somma media procapite sarebbe stata di 276 euro all’anno che, sommata ai 420 euro preesistenti, avrebbe elevato la quattordicesima a circa 700 euro. Dopo la sentenza della Consulta quelle risorse sono andate in fumo e la mancata indicizzazione va giustamente restituita. Facciamolo, se le risorse andranno razionate perche’ insufficienti, privilegiando un rimborso integrale alle pensioni medio basse, anche agendo per fasce come e’ stato fatto dal Governo Letta. La decisione definitiva puo’ essere presa anche dopo le elezioni regionali”.
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Pensioni, l'incentivo all'esodo deve riguardare tutti i lavoratori in mobilità
L'accordo di incentivazione all'esodo raggiunto nell'ambito della legge 223/1991 può essere validato dall'Inps solo se tutti i lavoratori risultino in possesso dei requisiti prescritti.
L’Inps ha fornito con il messaggio 3088/2015, nelle more del rilascio di tutte le funzionalità del Portale prestazioni atipiche, le indicazioni in merito alle modalità di gestione dei casi in cui i datori di lavoro esodanti ex legge 92/2012 presentino all’Istituto accordi sindacali nell'ambito di procedure di mobilità ordinaria a sensi della legge 223/1991.
Com'è noto la disciplina di cui all’articolo 4, commi da 1 a 7-ter, della legge n. 92/2012, trova applicazione nei casi di esubero di personale per i lavoratori destinatari della citata legge che raggiungano i requisiti minimi per il pensionamento, di vecchiaia o anticipato, nei quattro anni successivi alla cessazione dal rapporto di lavoro, a seguito della stipula di accordi tra i datori di lavoro che impieghino mediamente più di 15 dipendenti e le organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello aziendale.
L’Inps all'esito di tali accordi eroga ai lavoratori interessati una prestazione di esodo a totale carico del datore di lavoro esodante di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe al momento della risoluzione del rapporto di lavoro in base alle regole vigenti, con l’accredito della relativa contribuzione fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento.
L’accordo diviene efficace a seguito di validazione da parte dell’Inps, che effettua l’istruttoria in ordine alla presenza dei requisiti in capo al datore di lavoro e ai lavoratori interessati.
La prestazione di esodo disciplinata dalla legge 92/2012 può essere oggetto anche di accordi sindacali nell'ambito di procedure ex articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 23 luglio 1991 (procedure di mobilità ordinaria). In tali casi l'inps ricorda tuttavia che l’accordo ai sensi della legge n. 223/1991 può essere validato esclusivamente:
- nell’ipotesi in cui tutti i lavoratori indicati come destinatari della prestazione ex art. 4 siano in possesso dei requisiti prescritti e cioè raggiungano i requisiti per il trattamento pensionistico entro 48 mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro;
- nell’ipotesi in cui l’ accordo preveda che il medesimo resti valido in presenza di un numero minimo di lavoratori per i quali sia stata riscontrata la presenza dei requisiti, o indipendentemente da tale numero minimo.
Sarà cura dunque delle parti inserire espressamente nell'accordo la previsione ex ante di permanenza di validità dell’accordo medesimo in caso in cui uno o piu' lavoratori interessati dalla procedura non risultino in possesso dei requisiti prescritti per l'esodo.
L'Inps ammette anche una comunicazione di validità dell'accordo successivamente ad un eventuale rigetto da parte dell'istituto. Laddove, infatti, la Sede competente per la certificazione e quantificazione del diritto verifichi la mancanza dei requisiti in capo anche ad un solo lavoratore, deve comunicare via PEC al datore di lavoro tale impossibilità di validazione allegando comunque il prospetto relativo ai lavoratori certificati. A questo punto le parti stipulanti l’accordo possono ex post comunicare all’Inps di volere comunque procedere all’esodo ex art. 4 per i lavoratori in possesso dei requisiti.
Documenti: Messaggio Inps 3088/2015
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Decreto Pensioni, Domani la decisione del Governo
L'ordine del giorno del Consiglio dei ministri di domani ancora non è fissato, ma pare ormai certo che l'atteso provvedimento sulle pensioni, dopo la sentenza choc della Consulta che ha dichiarato illegittimo il blocco della rivalutazione, non sarà varato subito.
Kamsin Nel Consiglio dei Ministri di domani si terrà un primo giro d'orizzonte tra i ministri sulle proposte messe a punto dal Tesoro e da Palazzo Chigi su come procedere alla rivalutazione degli assegni e al rimborso degli arretrati all'indomani della Sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato il blocco della perequazione nel biennio 2012-2013.
Il varo del decreto vero e proprio dovrebbe avvenire però in altra data, forse anche prima delle elezioni regionali del 31 Maggio. Ma comunque non domani. Si vedrà. In serata a Palazzo Chigi si terrà un tavolo tecnico di ministeri, Ragioneria e Inps per preparare il consiglio dei Ministri di domani.
Il costo dovrebbe limitarsi a 3 miliardi di euro sugli 11 risparmiati finora dalla mancata indicizzazione oltre le tre volte il minimo. Prevederà quindi rimborsi parziali e limitati ai redditi medi. Un'ipotesi è quella di dar corso alla rivalutazione solo sugli assegni tra le 3 e le 4 volte il trattamento minimo inps (gli importi inferiori a 3 volte il minimo infatti sono stati già rivalutati in passato e quindi, a differenza di quanto molti riportano, non sono interessati dalla misura) con fasce poi rapidamente decrescenti che sostanzialmente determineranno l'azzeramento degli effetti positivi della Sentenza oltre le 5-6 volte il minimo (circa 2500-3mila euro lordi). Si vedrà.
Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ieri ha infatti confermato che non c'è ancora una decisione e martedì sera il ministro Padoan riferirà presso le Commissioni Lavoro riunite di Camera e Senato su come l'esecutivo intende dare esecuzione alla Sentenza della Consulta. Anche il sottosegretario all'Economia Enrico Zanetti chiede un percorso a tappe: domani le linee guida e più avanti un decreto che preveda «gradualità dei rimborsi tenendo conto non solo dell'assegno ma anche dei contributi versati. Meglio prendersi più tempo - ha detto - per costruire una gradualità dei rimborsi, che tenga conto non solo dell'assegno ma anche dei contributi versati. La sintesi finale - ha precisato - compete a Renzi e Padoan, ma questa soluzione riscuote ampi consensi.»
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Pensione anticipata, lo stop alla penalizzazione dura solo sino al 31 dicembre 2017
L'Inps in un recente messaggio ha spiegato che la penalizzazione non viene applicata a condizione che il lavoratore maturi i requisiti per la pensione anticipata entro il 31 dicembre 2017.
Kamsin La riforma Monti Fornero ha previsto, per i lavoratori che accedono alla pensione anticipata con un'età inferiore ai 62 anni, la riduzione del trattamento di pensione di un importo pari all' 1 % per ciascuno dei primi due anni mancanti ai 62 anni d'età (60 e 61), destinata poi ad aumentare del 2% per ogni ulteriore anno di anticipo rispetto ai 60 anni di età.
La penalizzazione non opera sull'intero trattamento di pensione ma solo sulla eventuale quota retributiva maturata sino al 31 dicembre 2011. Quindi le prestazioni calcolate con il sistema contributivo (dal 1° gennaio 1996) e nella gestione separata non vengono comunque interessate dalla penalizzazione. Successivamente, il "decreto mille proroghe" del 2012 ha disposto la sospensione della penalizzazione per i soggetti che maturino il requisito contributivo per la pensione anticipata entro il 31 dicembre 2017. Tale sospensione opera, però, a condizione che l'anzianità contributiva necessaria al pensionamento sia maturata considerando solo contribuzione derivante da "prestazione effettiva di lavoro", a cui il legislatore ha esplicitamente assimilato solo i seguenti periodi di contribuzione figurativa: il congedo di maternità, il servizio militare, la malattia e infortunio e la cassa integrazione guadagni ordinaria.
La materia è stata, poi, ulteriormente modificata nel 2013 con due provvedimenti che hanno incluso tra i periodi assimilabili alla prestazione effettiva di lavoro quindi utili a evitare la penalizzazione anche le assenze dal lavoro per la donazione di sangue e di emocomponenti, i congedi parentali di maternità e paternità, nonché i congedi e i permessi concessi ai sensi della legge n. 104/1992 in favore del lavoratore disabile grave o di un suo familiare.
Da ultimo, con la legge di Stabilità 2015, il Parlamento è di nuovo intervenuto prevedendo uno stop generale alla penalizzazione con effetto sulle pensioni anticipate con decorrenza dal 1° gennaio 2015 e limitatamente ai soggetti che maturino i requisiti contributivi entro il 31 dicembre 2017.
Non subiranno il taglio dell'1-2% le pensioni anticipate liquidate nel regime misto (cioè riguardanti i lavoratori in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995) aventi decorrenza dal 1° gennaio 2015 e, limitatamente ai soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017, anche se la decorrenza della pensione si collochi successivamente a tale ultima data. Per effetto di tale modifica la penalizzazione in pratica non si applicherà:
- nei confronti delle prestazioni aventi decorrenza ricompresa tra il 1° gennaio 2015 ed il 31 dicembre 2017;
- nei confronti delle prestazioni aventi decorrenza successiva al 31.12.2017 a condizione però che siano stati raggiunti i requisiti contributivi per la pensione anticipata entro il 31.12.2017.
Ad esempio un lavoratore che abbia raggiunto i 42 anni e 10 mesi di contributi e 58 anni di età nel novembre 2017 qualora - pur potendo accedere alla pensione dal 1° dicembre 2017 - voglia comunque continuare a restare sul posto di lavoro per un altro anno, potrà farlo senza che ciò comporti l'applicazione della penalizzazione. In altri termini ciò che conta è che siano raggiunti i requisiti contributivi per il diritto alla pensione anticipata entro il 31.12.2017 mentre non rileva la data di decorrenza del rateo. Attenzione però. Se il lavoratore matura i requisiti successivamente dal 1° gennaio 2018 la decurtazione tornerà ad applicarsi (si veda tabella).

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A cura del Patronato Acli

