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Mobilità in deroga 2015, la durata si riduce a 6 mesi
Con il nuovo anno si riduce la durata della mobilità in deroga. Nelle regioni in cui sarà concessa la durata non potrà superare i 6 mesi (8 mesi nelle regioni del mezzogiorno).
Kamsin Nuova stretta per la mobilità in deroga. Chi accede all'ammortizzatore sociale quest'anno potrà contare su una assistenza fino (massimo) a 6 mesi (erano 7 sino al 31 dicembre 2014). Unica eccezione è prevista per i lavoratori che risiedono nelle Aree svantaggiate del mezzogiorno (di cui al Dpr 218/1978) che potranno contare su un assegno sino ad 8 mesi sia nel 2015 che nel 2016. Sono gli effetti del recente decreto del Ministero del Lavoro 83473 dello scorso 12 agosto che ha dato una stretta agli ammortizzatori sociali in deroga in vista del loro superamento a partire dal 2017.
Quest'anno il trattamento di mobilità in deroga non potrà essere concesso ai lavoratori che hanno già beneficiato dello stesso trattamento per 3 anni o più, anche non continuativi, in passato; mentre chi sarà ammesso non potrà superare comunque i 3 anni e 4 mesi complessivi di fruizione. La mobilità in deroga, inoltre, è riservata ai lavoratori provenienti da imprese di cui all’art. 2082 del codice civile, ivi compresi i piccoli imprenditori di cui all’articolo 2083 del codice civile, che siano disoccupati e che abbiano reso la dichiarazione di disponibilità al lavoro ai sensi del D.Lgs. 181/00; è necessario inoltre avere un'anzianità aziendale di almeno 12 mesi di cui 6 di lavoro effettivamente prestato e risultare privi di altra prestazione legata alla cessazione del rapporto di lavoro (es. Aspi, Mini-Aspi o disoccupazione agricola).
Per accedere all'ammortizzatore si dovrà presentare la domanda per via telematica, alla sede inps territoriale, a pena di decadenza entro 60 giorni dalla data del licenziamento o dalla scadenza della precedente prestazione.
Per la concessione della mobilità in deroga bisogna comunque fare riferimento agli accordi territoriali siglati nella propria regione di residenza. Quasi tutte le regioni hanno concesso l'ammortizzatore sociale con l'eccezione, per ora, solo di Piemonte e Veneto che hanno preferito dirottare le risorse a finanziare altri strumenti di sostegno. Gli assegni, come noto, vengono posti in pagamento dall'Inps con una procedura che è stata snellita dallo stesso decreto. L'Inps infatti entro 3 giorni dalla ricezione della domanda deve trasmetterla la domanda alle Regioni che devono effettuare la propria istruttoria nel giro di 30 giorni. Alla fine, il provvedimento di concessione viene trasmesso entro 5 giorni all'Istituto di previdenza che è incaricato del monitoraggio mensile di domande, prestazioni e flussi finanziari.
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Zedde
Milleproroghe, ok al prepensionamento nella Croce Rossa
Dal Governo parere positivo all'emendamento che consente il prepensionamento e la mobilità dei dipendenti civili delle Croce Rossa in esubero. Partita rinviata sui minimi dei professionisti. Stop alla proroga dell'opzione donna.
Kamsin Tutto rimandato sulla revisione delle aliquote nella gestione separata. L'esame di ieri in Commissione Bilancio a Montecitorio sugli emendamenti al decreto legge milleproroghe segna ancora una volta il passo. Le proposte emendative dei vari gruppi parlamentari sono state accantonate in attesa che il Governo indichi la strada da seguire. Arriva lo stop invece alla proposta Sel di prorogare il regime sperimentale donna fino al 2016: il presidente della Commissione Paolo Sisto, stante la contrarietà dell'esecutivo ha invitato i deputati firmatari al ritiro dell'emendamento esprimendo altrimenti parere contrario alla misura.
Passano invece due emendamenti che garantiscono ai dipendenti civili della Croce Rossa in eccedenza o in esubero lo stesso trattamento previsto per quelli delle province indicato dalla legge di stabilità 2015. La misura consentirà il prepensionamento di coloro che, dichiarati in esubero, maturano la decorrenza della pensione, con la vecchia normativa, entro il 31 dicembre 2016; mentre gli altri saranno posti in mobilità obbligatoria e volontaria verso Regioni, Comuni e amministrazioni pubbliche.
Tra le altre misure approvate in Commissione c'è il rinvio del calendario della dichiarazione precompilata: slitta al 30 settembre prossimo il termine del 31 gennaio 2015 entro cui i Caf avrebbero dovuto inviare al Fisco la relazione tecnica con le garanzie di idoneità tecnico-organizzativa del centro anche in relazione ai loro dipendenti, alla loro formazione nonché ai sistemi di controllo interno sulla correttezza dell'attività svolta. Sempre in tema di precompilata slitta di un anno anche il triennio di riferimento delle dichiarazioni trasmesse dai Caf (ora diventa 2016, 2017 e 2018) su cui calcolare il requisito per essere autorizzati all'attività di assistenza fiscale. Via libera anche al posticipo al 2017 dell'entrata in vigore della riforma dell'esame di abilitazione degli avvocati, e del prolungamento da 4 a 6 anni della durata complessiva degli assegni di ricerca (rinnovi compresi).
Per quanto riguarda i tempi l'obiettivo resta quello di concludere l'esame del testo in commissione al più tardi nel week end febbraio per trasmettere il 16 il provvedimento in Aula e garantire il primo via libera della Camera non oltre il 20 di questo mese.
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Zedde
Riforma Pensioni, Ugl: intavolare discussione seria dopo il 20 Febbraio
E’ da diverse settimane che il ministro Giuliano Poletti interviene sulla previdenza e non riusciamo a comprendere se si tratti di una ‘excusatio non petita’ o del vero desiderio di porre mano ad un riesame dell’ultima legislazione”. Kamsin E' quanto dichiara il dirigente confederale dell’Ugl, Nazzareno Mollicone, che commenta un post su Facebook del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, spiegando che “più di una volta è tornato sui problemi creati dalla legge Fornero, e questa intensità di dichiarazioni avviene stranamente dopo la bocciatura del referendum proposto proprio contro questa riforma delle pensioni”.
Nel mentre si stringono i tempi per i decreti attuativi del Jobs act: il 20 febbraio ha annunciato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti arriverà in Consiglio dei ministri la normativa di revisione delle tipologie contrattuali, il cosiddetto «codice dei contratti» che dovrebbe prevedere il «superamento» delle collaborazioni, anche se l'obiettivo resta quello di ridurre la precarietà senza far aumentare il lavoro nero.
Secondo l'Ugl dopo questa data "si deve quindi intavolare una discussione seria sulla Riforma delle Pensioni. Ci auspichiamo che si apra finalmente un serio tavolo di confronto con le Parti Sociali per esaminare tutti i problemi della previdenza, che non sono solo quelli provocati dalla Fornero”. L'occasione - secondo l'Ugl - sarà fornita con la presentazione del piano di Riforma della governance dell'Inps".
Del resto, in settimana la Commissione lavoro del Senato ha dato parere positivo alla nomina di Tito Boeri alla presidenza dell'Istituto e a questo punto si stringono i tempi per il passaggio di consegne con Tiziano Treu (manca solo il passaggio al Cdm e il decreto del nuovo presidente della Repubblica). Non è invece ancora sciolto il nodo del direttore generale. Il mandato dell'attuale direttore, Mauro Nori è scaduto a fine dicembre e al momento è in prorogatio fino al 15 febbraio. È probabile che arrivi una conferma con un clausola di scadenza al momento dell'approvazione della nuova governance.
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Zedde
Pensioni, ecco i nuovi termini di pagamento della buonuscita nelle Pa
Due interventi nel 2011 e nel 2013 hanno fatto slittare di un anno i termini di pagamento della prima rata dell'indennità di buonuscita per i dipendenti pubblici.
Kamsin Da tre mesi e mezzo ad un anno e tre mesi. Così si sono allungati i termini di pagamento dell'indennità di buonuscita nelle Pa dopo le manovre del 2011 e del 2013. Chi va lascia il lavoro nel 2015 dovrà attendere in media 12 mesi e 90 giorni per ottenere la prima rata del TFS, mentre sino al 2011 bastavano 105 giorni. Ancora peggio per chi ha presentato le dimissioni volontarie: l'attesa è triplicata passando da 9 mesi a 27 mesi.
Non solo. Dato che gli interventi del Dl 138/2011 e della legge 147/2013 hanno di volta in volta stabilito che le nuove regole non si sarebbero applicate nei confronti di coloro che, alla data di entrata in vigore dei citati provvedimenti (13 Agosto 2011 e 1° gennaio 2014) avessero già perfezionato un diritto a pensione, il risultato è che attualmente ci sono tre discipline applicabili a seconda della data di maturazione del diritto a pensione del dipendente che lascia il posto di lavoro. Vediamo dunque di fare un pò di chiarezza.
Diritto a pensione maturato entro il 12.8.2011. Al personale che ha maturato un diritto a pensione entro il 12.8.2011 (termine che slitta al 31.12.2011 per il comparto scuola ed Afam), ai fini della liquidazione dei trattamenti di fine servizio e di fine rapporto, il termine generale è di 105 giorni; solo nel caso di dimissioni volontarie il termine è di 6 mesi + 90 giorni.
Diritto a pensione raggiunto entro il 31.12.2013. Per chi, invece, matura il diritto a pensione a partire dal 01.01.2012 e fino al 31.12.2013, il tempo di attesa previsto per l’erogazione dei trattamenti di fine servizio e di fine rapporto si sono in via generale allungati. Il termine generale viene infatti portato a 6 mesi e 90 giorni e passa a 24 mesi nei casi di dimissioni volontarie dal servizio.
Diritto a pensione maturato dopo il 2013. L'ulteriore stretta si è avuta a partire dal 2014. Tutti i termini di pagamento sono stati infatti portati a 12 mesi e 90 giorni; mentre resta a 24 mesi e 90 giorni il pagamento della liquidazione in caso di dimissioni volontarie. La prima tabella riassume gli attuali termini di pagamento vigenti nelle Pa a seconda della data di perfezionamento del diritto a pensione.
La rateizzazione del Tfs. Ma non è finita. Per le liquidazioni dei trattamenti di importo lordo superiori a 90.000 €, inoltre, ai tempi di liquidazione indicati nella prima tabella bisogna considerare altri 12 mesi dalla 1/a liquidazione per percepire l’importo compreso tra i 90.000 e i 150.000 euro ed attendere ulteriori 12 mesi per la liquidazione della parte della somma eccedente i 150.000 euro. Per coloro che perfezionano il diritto a pensione a partire dal 01.01.2014, i predetti limiti di rateizzazione sono portati da 90.000 a 50.000 e da 150.000 a 100.000.
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Zedde
Jobs Act, Governo pronto allo stop delle collaborazioni a progetto
Tra le novità che i tecnici di Palazzo Chigi e del ministero del Lavoro stanno valutando in vista dell'emanazione del Dlgs sul riordino delle tipologie contrattuali c'è l'abolizione del lavoro a chiamata. Il contratto potrebbe essere sostituito da un ricorso più esteso ai voucher per prestazioni discontinue e occasionali e al part-time.
Kamsin Il Governo è lavoro per l'attuazione delle altre deleghe sul Jobs Act. Dopo l'approvazione dei primi due decreti attuativi (attualmente all'esame delle Commissioni di Camera e Senato) l'esecutivo punta a chiudere la partita sul riordino delle tipologie contrattuali, altro punto caldo della legge delega 183/2014.
L'obiettivo è il graduale superamento delle collaborazioni a progetto, la cancellazione dell'associazione in partecipazione, e del lavoro intermittente (cioè i rapporti a chiamata) che sarà sostituito da un allargamento del voucher per il lavoro accessorio e dal rafforzamento del part-time verticale (per prestazioni a tempo pieno per periodi di tempo predeterminati). In arrivo anche un generale ripensamento della struttura delle collaborazioni coordinate e continuative, per renderle una forma genuina di rapporto flessibile.
Sono queste le ultime indiscrezioni provenienti da Palazzo Chigi in vista del consiglio dei ministri del 20 febbraio che, tra i tanti temi all'ordine del giorno, esaminerà il decreto attuativo del Jobs act che riguarda «il codice dei contratti, ossia la revisione delle tipologie contrattuali».
Non dovrebbero, invece, esserci modifiche sostanziali al contatto a termine, ma solo ulteriori semplificazioni normative nonostante le richieste della minoranza dem che vuole una riduzione della durata del contratto da 36 mesi a 24 mesi; una modifica per evitare che i rapporti si "configurino come periodi di prova allungati nel qual caso c'è il contratto a tutele crescenti, con i vantaggi per il datore di lavoro in termini economici e di maggiore flessibilità" ricorda Fassina.
Sull'apprendistato si va verso una robusta semplificazione degli adempimenti formativi a carico delle imprese e verso un azzeramento dei costi e delle quote obbligatorie di stabilizzazione per l'apprendistato per la qualifica e il diploma professionale (1° livello) e per l'alta formazione (3° livello).
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Zedde
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Pensioni, assegni piu' bassi nei primi mesi del 2015. Ecco perchè
E' l'effetto del meccanismo di rivalutazione delle pensioni che, nel 2014, ha avuto un effetto negativo dovuto al fatto che l'inflazione l'anno scorso è stata più bassa di quanto stimato.
Kamsin In attesa dei correttivi da apportare alla legge Fornero, così come ricordato di recente dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, è possibile fare il punto delle misure che interesseranno non solo chi è già in pensione ma anche chi è in procinto di andarci. Purtroppo gli effetti delle norme, alcune delle quali contenute nella legge di Stabilità, non sono tutti positivi.
Proprio in questi giorni, i pensionati hanno constatato che l'assegno di gennaio è più basso di quello di dicembre in virtù di una nuova trattenuta denominata «conguaglio pensione da rinnovo». Si tratta degli effetti automatici del meccanismo di rivalutazione delle pensioni che, nel 2014, ha avuto un effetto negativo dovuto al fatto che l'inflazione l'anno scorso è stata più bassa di quanto stimato. Mediamente, saranno "trattenuti" 12 euro per ogni mille euro di pensione. La trattenuta riguarderà i mesi di gennaio e febbraio mentre, da marzo, gli assegni torneranno di poco a crescere per effetto della rivalutazione provvisoria prevista per il 2015.
Per il triennio 2014-2016, è stato introdotto un diverso sistema di calcolo per rivalutare gli assegni previdenziali. Per il 2015, gli assegni fino a tre volte il minimo (1.502,64 euro) avranno un incremento dello 0,30%. Quelli compresi tra tre e quattro volte il minimo saranno rivalutati dello 0,285% mentre gli importi superiori fino a 2.504,4 euro subiranno un incremento dello 0,225%. Sarà invece dello 0,150% l'aumento per gli assegni tra i 2.504,40 e i 3.005,28 euro per poi scendere allo 0,135% per le pensioni oltre 6 volte il minimo.
La trattenuta Gli assegni di gennaio e febbraio, però, saranno colpiti dalla trattenuta generata dalla differenza emersa tra l'inflazione programmata e quella realmente calcolata a fine anno. I più colpiti saranno coloro che hanno una pensione superiore a 6 volte il minimo (61,88 euro annui) mentre la cifra scende a 6,50 euro per chi ha il trattamento minimo.
Stop penalizzazioni E' una delle novità introdotte dalla Stabilità approvata a dicembre. Per i lavoratori che accederanno alla pensione dal 1° gennaio 2015, e che matureranno i requisiti di anzianità contributiva la fine del 2017, sono bloccate le penalità nel caso in cui si lascia il lavoro con meno di 62 anni.
Le penalità bloccate sono dell'1 % per ogni anno di anticipo rispetto ai 62 anni e del 2% per ogni ulteriore anno di anticipo rispetto ai 60. Resta, invece, ancora da comprendere se gli assegni già decurtati potranno essere "depenalizzati" a partire dal 1° gennaio 2015 su apposita domanda del pensionato. Sul punto si attende un chiarimento da parte dell'Inps entro Marzo.
Contributo di solidarietà Anche per quest'anno, e fino al 2016, resterà in vigore il cosiddetto "contributo di solidarietà" sulle pensioni alte. Per quanto riguarda le pensioni che vanno da 7.003 a 10.047 euro, il prelievo sarà del 6%. Sale al 12%, invece, per tutti gli assegni inseriti nella fascia 10.047-15.071 mentre si arriva fino al 18% per tutte le pensioni superiori ai 15.071 euro.
Incremento dei requisiti di accesso alla pensione. Lo scorso 30 dicembre, è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto che porta in avanti di ulteriori quattro mesi le speranze di vita media. Questo inciderà, a partire dal 2016, con l'età che bisognerà raggiungere per ottenere il trattamento pensionistico. Dall'anno prossimo, per le pensioni anticipate saranno necessari 42 anni e dieci mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, mentre per quelle di vecchiaia saranno necessari 66 anni e 7 mesi di età.
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A cura di Paolo Ferri, Acli Italiane
Riforma Pensioni, Cgil: ripristinare l'uscita a 60 anni o con 40 anni di contributi
Il sindacato della Cgil che rappresenta i lavoratori del comparto della scuola e del pubblico impiego presenta 5 punti al Governo per riformare la Legge Fornero.
Kamsin "La riforma Fornero ha profondamente modificato il nostro sistema previdenziale intervenendo su procedure e diritti che si ritenevano consolidati e mettendo a dura prova le legittime aspettative e progetti che dopo una vita di lavoro si pensa di poter realizzare". E' quanto si legge in una nota diffusa dalla FLC Cgil, il ramo del sindacato guidato dalla Camusso che rappresenta i lavoratori della scuola e del pubblico impiego.
"L’età di accesso alla pensione - ricordano dal sindacato - si è “allungata” per contenere il costo della previdenza pubblica, impedendo così ai giovani l’ingresso nel mercato del lavoro in una età utile per maturare un adeguato assegno pensionistico".
Il sindacato mette dunque all'ordine del giorno almeno 5 punti per rivedere la legge Fornero. In primis c'è il ripristino della flessibilità in uscita, con un minimo di 60 anni di età, cioè il sostanziale ritorno alla vecchia pensione di anzianità, cancellata dal 2012 dalla legge Fornero. La misura è accompagnata dal ripristino dell'uscita con 40 anni di contributi, sia per uomini che per donne, indipendentemente dall'età anagrafica sempre come prevedeva la vecchia normativa.
In terzo luogo il sindacato chiede l'abolizione dell'aggancio dei requisiti per la pensione alla speranza di vita, un innalzamento "ingiusto e punitivo" che già dal 2016 porterà un incremento di 4 mesi di tutti i requisiti di accesso alla prestazioni a carico dell'AGO.
Fari accesi ancora sulla questione dei quota 96 della scuola per i quali "è necessaria una doverosa soluzione". La vicenda riguarda i lavoratori della scuola che hanno maturato il diritto al pensionamento con i vecchi requisiti nell’agosto del 2012. "La politica a tutt’oggi - sottolineano dal sindacato - non vuole dare risposta ai loro appelli, non per un motivo economico (ormai il loro numero è ampiamente scemato), ma perché non si vuole aprire un varco in una legge ingiusta che ha colpito i diritti di molte categorie di lavoratori, in spregio delle norme legislative e contrattuali".
La nota sindacale chiede, infine, di "introdurre sistemi di tutela che salvaguardino gli importi pensionistici delle vite lavorative discontinue e con scarsa contribuzione" con un chiaro riferimento all'innalzamento delle pensioni minime e all'estensione dell'integrazione al trattamento minimo anche delle prestazioni erogate con il sistema contributivo.
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Isee 2015, La riforma estende gli assegni alle famiglie
La riforma dell'Isee agevola i nuclei familiari con Isee superiori a 7800 euro. Chi ha fatto domanda entro fine gennaio potrà beneficiare dell'assegno con le nuove regole, cosa impossibile invece in base alla vecchia disciplina, se avesse fatto domanda entro il 31 dicembre 2014.
Kamsin E' scaduto il 31 Gennaio scorso il termine per presentare le domande per l'assegno mensile per il nucleo familiare pagato dai Comuni relative al 2014 da parte delle famiglie con almeno tre figli minori. Tuttavia occorre prestare attenzione: se le domande sono corredate di una dichiarazione sostitutiva per l'Isee sottoscritta nel 2015, l'indicatore della situazione economica equivalente è determinata dall'Inps con le nuove regole diverse rispetto al passato. E' quanto ha comunicato la presidenza del Consiglio dei ministri, in una nota diffusa sulla «Gazzetta Ufficiale il 30 Gennaio.
L'assegno al nucleo familiare. Come noto, l'assegno in parola spetta ai nuclei con almeno tre figli minori previa richiesta al comune di residenza, per anno solare, entro il 31 gennaio dell'anno successivo. Per l'anno 2014, per il quale le domande si potevano presentare sino al 31 gennaio scorso, l'assegno è di 141,01 euro e su base annua (13 mesi) vale quindi 1.833,26 euro.
La riforma del riccometro, però, ha cambiato dal 1° gennaio 2015 l'indice di riferimento: non più l'Ise ma l'Isee. Ebbene, applicando la «nuova» disciplina al nucleo standard (due genitori che lavorano e 3 figli minorenni), per l'anno solare 2014, l'assegno spetta al nucleo con Isee fino a 8.538,91 euro (risultato della rivalutazione dell'1,1% della soglia fissata per legge a 8.446 euro per il 2013) che corrisponde a un Ise di 27.751,45 euro (per l'applicazione del coefficiente 3,25 nella scala di equivalenza). In base alla «vecchia» disciplina, per l'anno solare 2014, l'assegno invece spettava al nucleo con un Ise fino a 25.384,91 euro corrispondente ad un Isee fino a 7.800 euro. La riforma dell'Isee, quindi, includerà ulteriori soggetti alla fruizione degli assegni in parola.
Secondo quanto comunicato dalla Presidenza del Consiglio, pertanto, chi ha presentato domanda nel corso dell'anno 2014 l'assegno spetta in base alla vecchia disciplina Ise, ma solo per un semestre (per l'altro semestre si applica, invece, la nuova disciplina Isee); chi ha presentato domanda entro il 31 gennaio l'assegno viene calcolato in base alla nuova disciplina Isee.
L'Isee vale anche per le domande presentate nel 2015 per l'assegno mensile di maternità 2014 (338,21 e Isee 16.921,11 euro).
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Riforma Pensioni, quattro progetti per pensioni piu' flessibili nel 2015
Poletti ha indicato di voler avviare una riflessione sulla Riforma Fornero. Nel mirino soprattutto la necessità di introdurre degli strumenti flessibili di accompagnamento al pensionamento.
Kamsin Una riflessione sulla Riforma Fornero dopo il Jobs Act. E' questa l'unica promessa del Governo, per voce del Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, fatta alle parti sociali questa settimana. Con l'obiettivo di smussare le principali storture del Dl 201/2011, in primis quello di consentire un anticipo dell'età pensionabile per quei lavoratori che sono rimasti senza lavoro, senza indennità di disoccupazione e con il traguardo della pensione ancora molto lontano.
Il Governo non ha stabilito nessuna direzione precisa ma "la questione è posta", ha sottolineato il ministro del Lavoro ricordando che va affrontato soprattutto il problema di quanti hanno perso il lavoro, stanno per finire la copertura degli ammortizzatoti sociali, ma ancora non hanno maturato i diritti per andare in pensione. Subito dopo aver varato i decreti attuativi del Jobs Act (il limite è quello del 20 febbraio per i primi due decreti, gli altri saranno adottati entro la primavera) l'attenzione del governo si punterà dunque su quello che Poletti definisce «lo strumento flessibile» per uscire dalla trappola della legge Fornero. Ma sino ad allora non ci sarà alcuna novità garantisce Poletti.
Le ipotesi. Sul tavolo ce ne sono molte, forse troppe. Si va dall'opzione contributiva, al prestito pensionistico, alla staffetta generazionale (il lavoratore più anziano avrebbe un contratto part-time ma gli stessi contributi), all'introduzione della quota 100.
Nel primo caso si estenderebbe a tutti l'opzione valida per le donne valida a fine anno: probabilmente sarà rivisto il requisito anagrafico (che potrebbe passare da 57 anni e 3 mesi a 62 anni e 3 mesi e 35 di contributi) ma con il ricalcolo dell'assegno con il sistema interamente contributivo.
Poi ci sono le proposte del Pd (sostenute, anche se con qualche variante dagli gruppi politici di opposizione): quella dei pensionamenti flessibili con 62 anni e 35 di contributi e penalizzazione (per esempio del 2%) sulla quota di pensione calcolata con il retributivo per ogni anno di anticipo; e la quota 100, un'uscita anticipata per chi raggiunge il valore 100 determinato dalla somma di anzianità contributiva ed anagrafica abbinando un'anzianità contributiva minima di 35 anni e anagrafica minima di 60 anni (costo da 2,5 miliardi nel 2015 fino a 11,4 nel 2030).
Da menzionare anche il cd. «prestito previdenziale» su cui aveva lavorato anche il predecessore di Poletti, Enrico Giovannini. Lo strumento concede al lavoratore la possibilità di percepire un assegno temporaneo fino al perfezionamento del diritto alla pensione di vecchiaia con successiva restituzione da parte del pensionato della somma complessivamente anticipata tramite micro-prelievi sull'assegno Inps. Il costo varia a secondo delle variabili proposte, a partire dalla durata dell'eventuale fase di sperimentazione ma le simulazioni realizzate dal ministero del lavoro rivelano che il «prestito previdenziale» rappresenta la soluzione di flessibilità in uscita meno onerosa in assoluto per le finanze pubbliche.
L'importo dell'assegno anticipato sarebbe di 760-800 euro (1,7 volte l'assegno sociale). L'indennità verrebbe corrisposta a coloro a cui mancano pochi anni alla maturazione del diritto a pensione con le regole Fornero, che non sarebbero ritoccate.
Qualche giorno fa il consigliere economico di Renzi, Gutgeld, spiegava in una intervista che con il nostro sistema, «ormai contributivo, se pensiono anticipatamente un lavoratore con un trattamento inferiore a quello che gli spetterebbe, sto solo anticipando una spesa che recupererò dopo, con un rimborso a rate». In sostanza, la Ue non dovrebbe fare obiezioni ad una eventuale modifica della Legge Fornero del 2011.
Sindacati sul piede di guerra. Scettici i sindacati che chiedono fatti e non parole. "E' da mesi - ricorda una nota della Cgil - che si parla di cambiare la legge Fornero ma non ci sono progetti concreti: solo fumo e niente arrosto. Non c'è un progetto ufficiale del governo, è disarmante. Tutto questo la dice lunga sulla volontà di metter mano al capitolo pensioni mentre i lavoratori sono stremati ed esausti". Cgil, Cisl e Uil hanno comunque avviato una piattaforma per un confronto unitario che parte dalla richiesta del ripristino delle quote e della pensione con 40, massimo 41 anni, di contributi sia per uomini e donne.
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Bonus Disoccupati, stop all'incentivo contributivo della legge 407/1990
Potranno continuare a fruire dell'incentivo per l'assunzione di disoccupati di lungo periodo previsto dalla legge 407/1990 solo i datori che hanno inserito in azienda questa tipologia di lavoratori entro il 31 dicembre 2014.
Kamsin Stop al bonus contributivo previsto dalla legge 407/1990 in favore dei datori di lavoro che assumono lavoratori iscritti nelle liste di mobilità. La novità è contenuta dalla legge di Stabilità 2015 (articolo 1, comma 121, della legge 190/2014) per spostare le risorse sul nuovo esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato realizzate nel 2015. L'agevolazione potrà essere mantenuta, però, come ha indicato l'Inps con la Circolare 17/2015, solo in favore dei datori che hanno assunto nel 2014, fino alla scadenza dell'arco temporale agevolato, al termine dei 36 mesi dalla data di assunzione.
L'incentivo. L'articolo 8 della legge 407/1990 prevedeva nei confronti dei datori che assumevano alle loro dipendenze, con contratti di lavoro a tempo indeterminato, lavoratori disoccupati che si trovavano in tale stato da almeno 24 mesi, uno sgravio contributivo del 50% per un periodo di 36 mesi (lo sgravio arrivava al 100% se le assunzioni venivano effettuate da imprese operanti nel Mezzogiorno d'Italia ovvero da imprese artigiane ovunque localizzate).
Per poter accedere ai benefici contributivi della legge 407/90 bisognava rispettare alcune regole, introdotte dalla legge 92/2012 e specificate nella circolare Inps 137/2012: in particolare, l'assunzione non doveva realizzare una sostituzione di personale licenziato, nelle ipotesi dei recessi intimati «per giustificato motivo oggettivo o per riduzione di personale». L'Inps aveva chiarito che la «sostituzione» dei lavoratori licenziati ricorreva quando si assumeva un altro lavoratore per adibirlo a mansioni per le quali i lavoratori licenziati avessero un diritto di precedenza alla riassunzione. Per aver diritto all'incentivo, infatti, l'assunzione non doveva violare il diritto di precedenza.
L'incentivo spettava invece nel caso in cui il posto di lavoro fosse stato preventivamente offerto ai lavoratori licenziati e questi avessero rifiutato. L'unica deroga riguardava le assunzioni agevolate riferite a soggetti disabili, collocati in base alla legge 68/1999. Per godere dell'incentivo, i datori di lavoro dovevano anche accertare che il lavoratore possedesse il requisito di anzianità dei 24 mesi come disoccupato. Infatti, le sedi Inps, per verificare la spettanza dei bonus legati allo stato e alla durata della disoccupazione, si attengono agli accertamenti dei centri per l'Impiego.
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