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Ai sacerdoti è concessa solo la via della totalizzazione per valorizzare gli spezzoni contributivi accreditati nel fondo Clero. L'altra strada è la pensione supplementare.

Kamsin I contributi versati al fondo clero non possono essere oggetto di ricongiunzione verso l'AGO o verso uno dei fondi sostitutivi, esclusivi ed esonerativi. L'ostacolo è rappresentato dalla legge 903 del 1973 la quale stabilisce che i contributi versati al Fondo non possono essere cumulabili con quelli versati nell'assicurazione generale o altre gestioni previdenziali.

Per i ministri di culto resta dunque un trattamento deteriore rispetto ai lavoratori iscritti nell'AGO e nelle altre gestioni. I sacerdoti che, accanto all'esercizio del ministero, svolgono un'altra attività regolata da norme civilistiche (lavoro dipendente, autonomo, professionale) non possono addizionare i contributi da attività lavorativa con quelli contemporanei versati come ministro di culto e viceversa. Una separazione netta che secondo la Corte di Cassazione non ha ragion di esistere dato che il Fondo Clero deve essere considerato una gestione appartenente all'AGO e non una gestione esterna alla stessa come accade, invece, per le casse previdenziali private. L'inps tuttavia non ha mai riconosciuto le sentenze in parola continuando a considerare il Fondo Clero alla stregua di una gestione integrativa dell'AGO come tale esclusa dall'esercizio della ricongiunzione. 

Da questa posizione scaturisce anche un altro effetto negativo. Ai lavoratori iscritti nel fondo clero è preclusa la possibilità di ricorrere al cumulo contributivo introdotto dall'articolo 1, comma 239 della legge 228/2012, un istituto che consente di accedere alla pensione di vecchiaia cumulando gratuitamente gli spezzoni contributivi presenti nelle diverse gestioni dell'AGO, della gestione separata e nei fondi sosititutivi ed esclusivi della stessa. 

Per valorizzare i contributi versati nel fondo clero resta in pista, quindi, solo la totalizzazione nazionale. In tal caso la pensione, la cui composizione e il pagamento competono solo all'Inps, è costituita dalla somma delle quote dei contributi, tutti e per intero, custoditi nelle diverse previdenze. Fra i requisiti sono richiesti 65 anni di età (uomini e donne) e 3 mesi e 20 anni di contributi oppure 40 di contributi e 3 mesi indipendentemente dall'età. Gli interessati possono aver già maturato il diritto alla pensione in una delle gestioni in cui hanno versato i contributi. Chi sceglie di uscire con la totalizzazione sconta però una finestra mobile di 18 mensilità nel primo caso e di 21 mesi nel secondo.

In ultima ipotesi qualora l'iscritto possa far valere contribuzione versata nell'AGO in misura insufficiente per il diritto ad una pensione autonoma e/o non possa (o non voglia) fruire della totalizzazione si ricorda che può essere ottenuta una pensione supplementare a carico di tale assicurazione.

seguifb

Zedde

Le amministrazioni potranno riassorbire i dipendenti con vari strumenti. Il primo è il prepensionamento, secondo le regole ante Fornero, a condizione che la decorrenza della pensione si verifichi entro il 31 dicembre 2016. 

Kamsin Palazzo Vidoni conferma il ricorso al prepensionamento come prima strada per gestire il personale delle province in esubero. Secondo stime sindacali su oltre 20mila dipendenti da ricollocare saranno quasi 5mila coloro che saranno forzosamente collocati in pensione con le vecchie regole. I dettagli si sapranno però non prima del 31 Marzo, termine entro il quale le amministrazioni provinciali dovranno individuare nominativamente il personale eccedentario che dovrà essere ricollocato.

Secondo quanto previsto dalla Circolare della Funzione Pubblica 1/2015, anticipata da pensionioggi.it lo scorso 27 Gennaio, in pratica entro il 31 marzo si dovrà provvedere all’individuazione nominativa dei dipendenti in soprannumero. Si dovrà, quindi, cercare di riassorbire questi dipendenti con vari strumenti. Il primo è il prepensionamento, secondo le regole ante Fornero. Il secondo è l’inserimento nei ruoli regionali, per le funzioni in precedenza finanziate tramite trasferimenti alle province ovvero per le funzioni che la stessa Regione decida di mantenere. In quest’ultimo caso, i dipendenti provinciali assorbono le facoltà assunzionali dell’ente ricevente. Se non riesce l’operazione in Regione, si può tentare con i Comuni e, infine, con le amministrazioni periferiche dello Stato, ma in questi ultimi casi, la partita è gestita dalla stessa Funzione pubblica. I dipendenti provinciali ancora in soprannumero al 31 dicembre 2016 saranno collocati in disponibilità.

Per quanto riguarda il prepensionamento le amministrazioni potranno ricorrere a tale strumento solo a condizione che il personale, dichiarato in soprannumero, abbia maturato la decorrenza della pensione, calcolata secondo le vecchie regole pensionistiche entro il 31 dicembre 2016. Vale a dire, quindi, che i dipendenti devono aver raggiunto la quota 97,3 con almeno 61 anni e 3 mesi di età entro il 30 Dicembre 2015 oppure i 65 anni e 3 mesi e 20 anni di contributi entro la medesima data. Ciò perchè è necessario calcolare una finestra mobile di 12 mensilità. Per chi accede alla pensione indipendentemente dal requisito anagrafico, cioè con i vecchi 40 anni di contributi, i requisiti vanno maturati entro il 30 settembre 2015 (la legge 111/2011 ha infatti introdotto una finestra mobile di 15 mensilità).

Secondo quanto stabilito dalla Circolare della Funzione Pubblica 4/2014 l'ente pubblico dovrà, prima di procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro chiedere all'Inps la certificazione del diritto a pensione e della relativa decorrenza. L'istituto previdenziale avrà trenta giorni di tempo per fornire la risposta richiedendo, eventualmente, l'ulteriore certificazione di eventuali periodi mancanti. Il passaggio presso l'Inps è fondamentale tanto che si specifica che la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro nei limiti del soprannumero potrà pertanto avvenire solo ed esclusivamente dopo aver acquisito la certificazione da parte dell'istituto di previdenza.

seguifb

Zedde

Sul tavolo del Governo non c'è "in questo momento" un intervento organico sulle pensioni perché la "priorità" è dare attuazione alla riforma del lavoro. Ma "completato questo passaggio, c'è una riflessione da fare" anche sulle pensioni per "trovare una risposta" per gli esodati. Kasim Lo ha affermato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, a margine di una conferenza stampa a Palazzo Chigi.

Al giornalista che gli chiedeva le tutele sugli esodati il ministro ha ricordato come lo scorso anno sia stato approvato "dal Parlamento un Odg che impegna l'esecutivo a verificare l'estensione della platea dei salvaguardati in favore di specifiche e limitate situazioni meritevoli di tutela". "Mi risulta che le commissioni Lavoro di Camera e Senato stiano procedendo ad un censimento di questi casi". Ma per ora non ci saranno interventi "organici" su questo fronte: "la priorità è sulla riforma del mercato del lavoro. C'è una situazione di problematicità potenziale per le persone che sono molto avanti nell'età che perdono il lavoro e non maturano i requisiti per il pensionamento".

Seguifb

Zedde

"Il Miur ha presentato ricorso in Appello contro la decisione del giudice di Salerno che ha riconosciuto, in primo grado lo scorso novembre, la possibilità per 42 docenti di andare in pensione con le vecchie regole in deroga alla Riforma Fornero. Kamsin La decisione della Causa dovrebbe avvenire nel mese di Aprile". E' quanto comunica una nota dello Snals, il sindacato che ha curato il ricorso in primo grado ottenendo, innanzi al tribunale di Salerno, una soluzione positiva per via giudiziaria alle istanze degli insegnanti della cd. quota 96.

Come noto la questione riguarda quel personale docente e Ata della scuola che ha maturato un diritto a pensione tra il 1° gennaio 2012 ed il 31 Agosto 2012, e che, a causa della legge Fornero del 2011, è costretto a rimanere in servizio per altri 4-5 anni.

La decisione di Salerno, ricorda lo Snals, costituisce "un importante precedente a fronte di una giurisprudenza piegata ai poteri forti che non ha mai riconosciuto alcun diritto ai quota 96". Da ultimo, sottolineano dal sindacato, "registriamo anche la recente bocciatura da parte del tribunale del lavoro di Palermo ad un ricorso di una decina di insegnanti presentato sulle medesime fondamenta". 

seguifb

Zedde

Secondo la tabella di marcia del premier Matteo Renzi il 20 febbraio è fissato il cdm che dovrebbe approvare i decreti attuativi della delega fiscale e quelli del Jobs act. Atteso anche il provvedimento sulla buona scuola, il ddl concorrenza. Ancora nulla di fatto per le pensioni. 

Kamsin Conclusa la partita sull'elezione del Presidente della Repubblica il governo riprende in mano tutti i dossier aperti a partire da quelli sul lavoro. L'agenda di questi due mesi è densa di scadenze decisive sia sul piano parlamentare che su quello europeo. Ed arriveranno anche dati statistici importanti, che permetteranno di capire l'effettiva portata della ripresa in atto. Infatti già giovedì prossimo saranno diffuse le previsioni invernali della commissione europea: da quei numeri si potrà capire se al nostro Paese potranno essere effettivamente applicati i nuovi criteri di flessibilità.

Tra dieci giorni poi, il 12 febbraio, scade il termine per i pareri al governo, da parte delle commissioni Lavoro di Camera e Senato, sui primi due decreti in attuazione del Jobs act. Il primo introduce il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti con le modifiche alle tutele in caso in di licenziamento individuale e collettivo: di fatto per i nuovi assunti, salvo limitatissimi casi, non si applicherà più l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori. L'altro decreto modifica il quadro dei sostegni al reddito per chi perde il lavoro introducendo la Naspi, la Dis-coll e l'Asdi. Due provvedimenti molto rilevanti che potrebbero ridare slancio al mercato del lavoro.

Poi si passerà ai nuovi provvedimenti. Sulle prossime tappe il presidente del Consiglio ha già indicato una data fondamentale: venerdì 20 febbraio il Consiglio dei ministri dovrebbe esaminare una nutrita serie di provvedimenti in materia di lavoro, fisco, scuola e concorrenza. In tale occasione l'ormai ex giudice costituzionale Mattarella sarà dunque chiamato alla prima controfirma di almeno un decreto legge: quello della "buona scuola", con la previsione di assunzione di 140mila precari e il varo del primo riassetto del modello formativo. Atteso anche il dlgs di riforma della cassa integrazione, anche se per la complessità della materia potrebbe essere rinviato a un momento successivo.

Nella stessa data il Consiglio dei ministri darà il primo via libera al decreto legislativo sulla certezza del diritto in attuazione della delega fiscale: il provvedimento già varato la vigilia di Natale e poi congelato da Renzi per correggere la soglia di rilevanza penale del 3% del reddito evaso, indicata da molti come norma salva Berlusconi. A questo testo si potrebbero aggiungere altri decreti attuativi della delega fiscale (in primis quello sulla fatturazione elettronica).

Ancora nessuna certezza invece per una revisione approfondita della Legge Fornero sulle Pensioni. Dopo la bocciatura della Corte Costituzione del referendum promosso dalla Lega Nord le chances di un intervento rapido sulla materia si sono ridotte; anche se stando a quanto affermato dal Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, nei giorni scorsi, c'è la volontà del Governo a riaprire il dossier pensioni dopo la conclusione dell'approvazione dei decreti del Jobs Act. Se ne parlerà in primavera quindi.

Seguifb

Zedde

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