Bernardo Diaz

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Bernardo Diaz, dottore commercialista collabora con PensioniOggi.it dal novembre del 2015.  

Ho sottoscritto recentemente due fondi pensione integrativi; il primo, con Poste italiane, il secondo con una compagnia di assicurazione. Possono coesistere entrambi o è possibile averne solo uno? Se si, è possibile dedurre i versamenti ad entrambi i fondi nel limite totale di 5164 euro annui? Che cosa succederà al momento del riscatto dei fondi a fini pensionistici? Yuri da Prato

Per il primo quesito, la risposta è che possono coesistere entrambi, come pure è possibile trasferire il montante accumulato in un fondo, accentrandolo nell'altro. In tal caso, però, il trasferimento può essere attivato solo dopo che siano trascorsi due anni di partecipazione ad un fondo. Per quanto ovvio, si sottolinea l'importanza di valutare attentamente le convenienze di ogni scelta. 

Per quanto riguarda il secondo quesito, la risposta è positiva: è possibile dedurre i versamenti ad entrambi i fondi nel limite totale di 5,164 euro annui. Se si tratta, in entrambi i casi, di forme pensionistiche complementari, istituite in applicazione delle norme dettate dal Dlgs 252/2005, i contributi versati sono deducibili, ai sensi dell'articolo 10 del Tuir, dal reddito complessivo per un importo non superiore a 5.164,57 euro: la deduzione opera complessivamente, e non per singola forma pensionistica.

Per quanto riguarda la terza domanda, relativa a che cosa succederà al momento del riscatto dei fondi a fini pensionistici, va precisato che, in base al Dlgs 252/2005, al momento della maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni stabilite nel regime obbligatorio di appartenenza, sussiste il diritto alla prestazione pensionistica complementare, a condizione che una persona sia stata iscritta alla previdenza complementare per almeno cinque anni. In tal caso, la persona interessata potrà scegliere di farsi liquidare una rendita, calcolata rapportando il montante accumulato con un coefficiente di conversione determinato in base all'età del richiedente oppure di farsi liquidare una prestazione in capitale, ma in misura non superiore al 50% del montante finale accumulato, fer­mo restando che il capitale non riscosso va comunque liquidato in rendita.

Vi è infine la possibilità di ottenere la liquidazione dell'intero capitale, ma a condizione che la rendita calcolata in base al 70% del montante sia inferiore al 50% dell'assegno sociale. Per spiegarci meglio, si fa pre­sente che per il 2012 l'assegno sociale ammonta a euro 5,577,00 su base annua: quindi, se una rendita calcolata se­condo il metodo sopra esposto fosse inferiore a euro 2.788,50 la persona interessata potrebbe riscuotere l'inte­ro capitale.


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Risulta che, in alcuni casi, le banche abbiano inviato un bonifico legato a ristrutturazioni (che consentirebbero una detrazione del 36-50 per cento) conta specifica del risparmio energetico (per cui è prevista la detrazione del 55 per cento), e viceversa. Di conseguenza, la segnalazione che perviene al fisco è diversa dall'intento dei correntista. Allo stesso modo, può succedere che il correntista sbagli l'indicazione, anche per via della non uniformità dei moduli di bonifico e delle relative descrizioni presso le varie banche, invertendo le specifiche del bonifico tra 36-50% e 55 per cento. Al di là della risoluzione 55/E del 2012, e dato che in entrambi i casi viene effettuata dalla banca la ritenuta dei 4% al beneficiaria, e quindi non c'è danno per l'erario, è giusto ritenere valido un bonifico ai fini del 36-50 per cento, che nelle intenzioni doveva essere tale, ma che è stato segnalato al fisco come 55 per cento, e idem per il caso contrario? Ugo da Matera

Nel caso di spese per lavori di ristrutturazione edilizia, non può essere riconosciuto il diritto alla detrazione Irpef del 36-50% o del 55 per cen­to, nell'ipotesi in cui il bonifico bancario/postale, ef­fettuato per il pagamento delle spese sostenute, sia carente dei requisiti richiesti dalla norma: causale del versamento, codice fiscale del beneficiario della de­trazione e numero di partita Iva del beneficiario del pagamento.

Questo il principale chiarimento fornito dall'agenzia delle Entrate nella risoluzione 55/E del 7 giugno 2012, in risposta a un'istanza d'interpello relativa all'appli­cabilità della detrazione Irpef del 36% per gli interven­ti di recupero edilizio. Sul tema, in ordine alle modali­tà operative di pagamento delle spese per le quali è riconosciuto il diritto alla detrazione, con la risoluzio­ne 55/E/2012 l'agenzia delle Entrate supera il proprio precedente orientamento (circolare 24/E/2004 e riso­luzione 300/E/2008), negando la possibilità di fruire dell'agevolazione fiscale qualora il bonifico banca­rio/postale sia carente dei requisiti indicati dalla leg­ge. La carenza dei citati requisiti nel bonifico banca­rio/postale, pregiudica, infatti, la possibilità alle ban­che e alle Poste Italiane Spa di operare la ritenuta fisca­le del 4 per cento (articolo 25 del Dl 78/2010, converti­to, con modificazioni, nella legge 122/2010).

In sostanza, non sarà possibile fruire della detrazione per gli interventi di ristrutturazione edilizia qualora il bonifico sia carente dei dati identificativi delle parti (partita Iva o codice fiscale) o non sia indicata la causa­le del versamento (legge 449/1997 e articolo 16-bis del Tuir, Dpr 917/1986), proprio come nel caso di specie. Resta inteso che la detrazione potrà essere riconosciu­ta nel caso in cui il contribuente proceda alla ripetizio­ne del pagamento all'impresa venditrice con un nuovo bonifico bancario/postale, nel quale siano stati inseriti correttamente tutti i dati richiesti dalla legge. Questo sotto il profilo generale. Nel caso di specie, tuttavia, ef­fettivamente la ritenuta del 4% è stata effettuata e nes­sun danno è pervenuto all'erario. Resta ferma, però, la percentuale della detrazione spettante. E, soprattutto, gli adempimenti necessari per accedere ai benefici so­no differenti per il 36% rispetto al 55% e l'indicazione, nella causale del bonifico, del 36 per cento, invece del 55 per cento, porterebbe i verificatori a non poter ri­scontrare se la procedura seguita è corretta.

Pertanto, potrebbe essere utile la ripetizione (annullamento bo­nifico e emissione nuovo bonifico corretto). Nel caso in cui la ripetizione non sia possibile, si potrebbe so­stenere che si tratta di errore scusabile, in quanto la ritenuta del 4% è stata comunque effettuata, ma sulla base di un riferimento normativo diverso (quello del 55 per cento, ex articolo 4 del Dl 201/2011, convertito in legge 214/2011, e articolo 11 del DI 83/2012, convertito in legge 134/2012).


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Come vanno suddivise le spese per il rilascio del certificato prevenzione incendi (Cpi)? dobbiamo ripartite secondo i millesimi generali della proprietà o secondo quelli specifici delle autorimesse e dei corselli? Paolo Maria Brera da Cremona

La ripartizione delle spese per le opere di pre­venzione incendio dev'essere fatta secondo i principi generali. Quando le opere riguardino tutto l'edificio (ad esempio, installazione o ripara­zione di idranti, installazione di estintori eccetera), le relative spese devono essere ripartite a carico di tutti i condomini in base alla tabella millesimale di proprietà. A parte gli interventi sulle proprietà esclusive - per i quali le spese sono accollate ai sin­goli condomini - la ripartizione delle spese deve comunque essere fatta alla stregua del regolamento condominiale.

Per quanto concerne le autorimesse e i box, le spese sono ripartite a carico dei soli condomini proprieta­ri dei posti macchina o box. In materia, vale la pena di segnalare la sentenza della Cassazione 22 giugno 1995, n. 7077, per la quale «in tema di condominio di edifici il principio di proporzionalità tra spese ed uso di cui al comma 2 dell'articolo 1123 del Codice civile, secondo cui (salva contraria convenzione) le spese per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell'edificio sono ripartite, qualora si tratti di cose destinate a servire i condomini in misu­ra diversa, in proporzione dell'uso che ciascuno può farne, esclude che le spese relative alla cosa che in alcun modo, per ragioni strutturali o attinen­ti alla sua destinazione, può servire ad uno o più condomini possano essere poste anche a carico di questi ultimi». Nella specie, si trattava delle spese di installazione delle porte tagliafuoco dell'atrio comune nel quale si aprivano le porte di alcune autori­messe in proprietà esclusiva di singoli condomini, secondo le prescrizioni della legge 7 dicembre 1984, n. 818 e del D.M. 16 febbraio 1982)».


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Sono residente all'estero (iscritto anche all'AIRE) ma sono proprietario di un immobile a roma che ho dato in affitto applicando il regime della cedolare secca. Volevo sapere se sono tenuto ad effettuare la dichiarazione dei redditi in Italia. Preciso che non ho altri redditi in Italia e pago la cedolare con il modello F24. Guido Alberto da New York

L'esclusivo possesso di reddito da locazione di fabbricati, assoggettato al regime della cedolare secca, non costituisce un motivo di esonero dalla presentazione della dichiarazione dei redditi (a differenza di quanto riconosciuto in ipotesi di solo possesso di immobili non locati, a seguito dell'entrata in vigore dell'Imu).
Pertanto, ancorché la cedolare si configuri come imposta sostitutiva dell'Irpef e delle relative addizionali, occorre provvedere alla presentazione di Unico Pf 2013 compilando nel quadro RB (verosimilmente per finalità di "monitoraggio") sia la sezione I, ove vanno indicati i dati dell'immobile (in particolare, va barrata la casella di colonna li, "cedolare secca"), che la sezione II, per l'indicazione degli estremi di registrazione del contratto di locazione (si rinvia, in tal senso, alle istruzioni riportate a pagina 26 di Unico).


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Sto per pagare la mia polizza auto. La polizza costa 700 euro a semestre: l'assicurazione mi dice che l'importo annuale supera 1.000 euro e quindi non posso pagarla in contanti. È così? Francesco - Milano

L'articolo 49 del Dlgs n. 231/2007 , ripetutamente modificato dal legislatore, da ultimo con il Dl 201/2011 vieta il trasferimento di denaro contante ed i titoli al portatore di valore pari o superiore a mille euro effettuato, a qualsiasi titolo, tra soggetti diversi; per importi pari o superiori ai mille euro è obbligatorio l'utilizzo di strumenti di pagamento tracciabili come carte di credito, bancomat, bonifici bancari e assegni. La norma vieta inoltre il trasferimento di denaro contante e di titoli al portatore di valore pari o superiore ai 1.000 euro tra soggetti diversi anche quando è effettuato con più pagamenti per importi inferiori alla soglia che appaiano artificiosamente frazionati.

Il ministero dell'Economia e delle finanze, con la nota interpretativa protocollo 6533 del 12 Giugno 2008 ha tuttavia precisato che i pagamenti in contanti, singolarmente di importo inferiore alla soglia prevista dalla legge, ma cumulativamente di ammontare superiore, non rappresenterebbero operazioni illecite se il frazionamento fosse connaturato all'operazione stessa (ad esempio nel contratto di somministrazione) oppure fosse la conseguenza di un preventivo accordo tra le parti.
Pertanto, se nel contratto di assicurazione è stato stabilito che il pagamento del premio assicurativo debba avvenire in rate semestrali dell'importo di 700 euro ciascuna tali pagamenti possono anche essere effettuati in contanti senza violare il divieto di cui all'articolo 49, Dlgs 231/2007. 


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