Fisco

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L'emendamento approvato in Commissione Ambiente tagliava al 4 per cento, dal 10 per cento attuale, l'IVA sugli interventi di restauro e recupero edilizio, introducendo in questo modo un secondo bonus fiscale parallelo alle detrazioni IRPEF per l'edilizia e il risparmio energetico.

Kamsin I tecnici del Servizio Bilancio della Camera dei Deputati bocciano la riduzione dell'IVA al 4 per cento sulle ristrutturazioni e riqualificazioni energetiche coperte da ecobonus e dai bonus casa. Secondo il dossier la norma determina minor gettito e la copertura individuata, cioè l'aumento dell'Iva sulla vendita delle nuove costruzioni non determina necessariamente effetti positivi di gettito. Non solo. I tecnici, si legge nel dossier, indicano anche che è necessario verificare la compatibilità con la disciplina dell'Unione Europea tenuto conto che l'applicazione dell'aliquota ridotta Iva del 4 per cento è ammessa solo per specifiche tipologie di interventi.

La misura, contenuta in un emendamento approvato in Commissione Ambiente alla Camera dei Deputati, rischia pertanto di essere bloccata. Il nodo tuttavia è tutto politico in quanto l'aumento dell'Iva al 10 per cento per le vendite delle case ai privati rischia di affossare definitivamente il settore immobiliare, in chiara contraddizione con lo stesso provvedimento che vorrebbe favorire la vendita del patrimonio invenduto immobiliare delle imprese. L'esito della misura dovrebbe essere pertanto scontato con la soppressione della norma anche se a pronunciarsi dovrà essere formalmente la Commissione Bilancio.

Confermata invece la deduzione Irpef del 20 per cento per chi compra una casa nuova o ristrutturata da un costruttore. Resta la condizione di dover attivare una locazione per poter accedere al beneficio in parola, e si ammette l'ipotesi di una interruzione del contratto d'affitto per motivi non imputabili al proprietario. In altri termini se entro un anno il proprietario affitta di nuovo l' appartamento, con le medesime modalità, non perdera' il diritto alla riduzione del 20 per cento che altrimenti verrebbe meno.

Zedde

Una norma del decreto legge "Sblocca Italia" offre al conduttore la possibilità di entrare immediatamente nel godimento di un immobile, con diritto di acquistarlo entro un termine determinato.

Kamsin L'art. 23 del decreto legge Sblocca Italia ha introdotto nell'ordinamento giuridico italiano una prima disciplina del cosiddetto "Rent to Buy", uno strumento che potrebbe essere un volano per il mercato immobiliare.

Si tratta di un nuovo contratto in base al quale è possibile concedere al conduttore la possibilità di entrare immediatamente nel godimento di un immobile, con diritto di acquistarlo entro un termine determinato ed ad un prezzo chiaramente predeterminato.
In altri termini il conduttore ha diritto di acquistare la proprietà (esercitando l’opzione)
imputando in conto prezzo, in tutto o in parte, i canoni precedentemente pagati. Sono possibili delle varianti, come ad esempio il trasferimento della proprietà in forma automatica, cioè dopo l’avvenuto pagamento di tutti i canoni senza la necessità di esercitare l’opzione

Il contratto può essere stipulato da proprietari che siano costruttori, privati proprietari, società immobiliari, senza alcuna limitazione; egualmente i soggetti che possono entrare in godimento immediato possono essere famiglie, professionisti, imprese. L'operazione può avere ad oggetto ogni immobile, in qualunque comune: abitazioni, locali commerciali, artigianali, studi professionali, capannoni, etc.., in condominio o edificio oppure costituenti autonome unità immobiliari.

Il fattore rivoluzionario che rende assai conveniente acquistare Casa in tal modo è la possibilità di imputare al prezzo di vendita una parte del Canone mensile versato nel frattempo (nella misura indicata dalle parti in contratto), corrispondendo così in seguito, al momento del rogito, solo la rimanenza di prezzo; in quel momento il conduttore della casa ne diverrà proprietario, senza che i canoni pagati nel frattempo siano stati pagati "a perdere".

In questo modo il “nuovo” contratto consente a colui che ha in godimento l’immobile di fare fronte alla carenza iniziale di liquidità finanziando egli stesso l’acquisto. In pratica il proprietario accetta, almeno durante la fase iniziale, di percepire il prezzo non in un’unica soluzione, ma a rate.
Tuttavia, il futuro venditore risulta a sua volta garantito conservando la proprietà dell’immobile fin quando il potenziale acquirente non eserciti il riscatto e quindi solitamente fin quando tutti i canoni non saranno stati pagati.

Le parti dovranno stabilire entro quanto tempo il conduttore potrà chiedere di diventare proprietario; non sarà obbligato a farlo ma ne avrà gran convenienza, anche perché potrà accedere assai facilmente ad un mutuo per poter versare il residuo dovuto, avendo nel frattempo versato generalmente (almeno) un 25-30 % del prezzo. Mutuo a cui mai avrebbe potuto accedere all'inizio per finanziare l'intero acquisto.

Molte le differenze con la locazione. Il contratto "rent to buy" assicura al conduttore il diritto di acquisto al contrario di quanto avviene con la locazione; al nuovo contratto non si applica la disciplina vincolistica prevista dalle L. n. 392/1978 e 431/1998 (durata del contratto, disciplina del rinnovo automatico, etc.), ed inoltre  il rapporto tra il conducente ed il locatore è disciplinato dalle disposizioni civilistiche in tema di usufrutto.

I contratti, redatti per atto pubblico o scrittura privata autenticata e trascritti, garantiranno l'acquirente contro sorprese (fallimenti, pignoramenti etc..) in capo al venditore, per il periodo convenuto e che potrà arrivare fino a dieci anni.

Zedde

Un emendamento al decreto legge sblocca Italia prevede il taglio dell'Iva dal 10 al 4 per cento per le ristrutturazioni edilizie. Il vantaggio si aggiunge alla detrazione del 50% sulle ristrutturazioni edilizie e sugli altri bonus attualmente presenti.

Kamsin Chi usufruisce del bonus fiscale del 50 per cento sulle ristrutturazioni edilizie e del 65 per cento sull'efficientamento energetico pagherà l'IVA al 4 per cento invece dell'attuale 10 per cento. E' quanto prevede un emendamento approvato dalla Commissione Ambiente della Camera dei Deputati Lunedì nel corso dell'esame del decreto-legge sblocca Italia (Dl 133/2014).

La misura costituisce dunque un altro vantaggio per chi ristruttura il proprio immobile o ne migliora le prestazioni energetiche, che si aggiunge alla possibilità di avvalersi della detrazione Irpef del 50 per cento sulle ristrutturazioni edilizie, sui mobili e sui grandi elettrodomestici e di quella Irpef e Ires del 65 per cento sui lavori per il risparmio energetico, come prorogata al 2015 dalla recente legge di stabilità.

Questa nuova agevolazione, però, sarà finanziata tramite un aumento dell'Iva dal 4 al 10 per cento per le nuove costruzioni prima casa vendute direttamente dalle imprese. L'aumento dovrebbe dunque interessare  la costruzione o l'acquisto delle prime case effettuato dalle imprese, operazioni oggi agevolate, in molti casi, con l'aliquota del 4 per cento.  L'emendamento approvato però non specifica quale sia l'operazione che sarà portata al 10 per cento: la costruzione, l'acquisto oppure entrambi. Sarà pertanto necessario una precisazione sul punto.

E' possibile notare che, qualora l'aumento dell'Iva dal 4 al 10 per cento interesserà l'acquisto della prima casa e/o la sua costruzione, i contribuenti subiranno una notevole disparità di trattamento rispetto all'acquisto quando il venditore sia un privato o un costruttore dopo cinque anni dalla fine dei lavori, senza opzione IVA, dove dal 1° gennaio 2014 si applica solo l'imposta di registro del 2 per cento (con una soglia minima di mille euro), l'ipotecaria di 50 euro e la catastale di 50 euro.

Un altro emendamento al decreto sblocca Italia presentato dal Movimento 5 Stelle prevede la deduzione Irpef del 20 per cento della spesa per l'acquisto delle case, nuove o ristrutturate, non più condizionata alla destinazione all'affitto dell'immobile.

Zedde

Nelle ultime modifiche alla legge di stabilità il governo introduce uno sgravio quinquennale in favore delle imprese che producono redditi da brevetti o da investimenti legati alla ricerca.

Kamsin Dopo le ultime modifiche alla legge di stabilità il governo conferma il credito d'imposta quinquennale per investimenti e assunzioni legati alla ricerca. Si tratta del cosiddetto "patent box" sui brevetti o altri beni immateriali che ha l'obiettivo di incentivare l'attrazione di investimenti e l'innovazione estera (soprattutto da parte da multinazionali) nel Belpaese.

Le imprese potranno optare per un regime speciale quinquennale relativamente ai redditi derivanti dall'utilizzo di opere dell'ingegno, da brevetti industriali, da marchi d'impresa funzionalmente equivalenti ai brevetti, nonché da processi, formule e informazioni relative a esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili.

Le imprese beneficeranno dell'esclusione di tali redditi dal reddito complessivo per il 30 per cento per il primo periodo d'imposta il 2015, asticella che sale al 40 per cento nel 2016 e al 50 per cento nei successivi 3 esercizi.

Da quanto si apprende (la misura dovrà essere confermata nel testo ufficiale) l'attivazione dell'agevolazione non sarà tuttavia automatica in quanto l'impresa dovrà stipulare un accordo di ruling internazionale con l'amministrazione fiscale.

Zedde

Il credito d'imposta sarà riconosciuto fino a un massimo annuo di 5 milioni di euro per ciascun beneficiario, a condizione che siano sostenute spese per attività di ricerca e sviluppo pari ad almeno 30.000 euro.

Kamsin Nella legge di stabilità discussa la settimana scorsa nel Consiglio dei Ministri entra anche il pacchetto degli sconti sulla ricerca. Il bonus d'imposta per gli incrementi di investimenti in ricerca effettuati dalle aziende sarà del 25% (livello standard) e, qualora si tratti di spese per l'impiego di personale altamente qualificato o si attivino contratti di R&S con enti di ricerca ed università, il bonus passa al 50%.

Secondo quanto previsto dall'articolo 7 del disegno di legge (ancora in bozza) ne potranno fruire tutte le imprese, senza alcun vincolo di fatturato, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico, e dal regime contabile adottato. Sparisce quindi il vincolo, attualmente previsto con la legge 145/2013, che riserva il bonus alle sole aziende con fatturato annuo inferiore a 500 mila euro.

Nello specifico la norma proposta dal governo riconoscerà un credito d'imposta per il 25% degli incrementi annuali di spesa nel settore Ricerca e Sviluppo, registrati in ciascuno dei periodi d'imposta di applicazione dell'incentivo, rispetto alla media realizzata nel triennio antecedente al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2015. Il bonus potrà riguardare gli investimenti effettuati sino all'esercizio contabile che si chiude al 31 dicembre 2019.

Per accedere all'incentivo le imprese dovranno realizzare un investimento minimo annuale in attività di R&S pari ad almeno 30mila euro. Il massimo credito d'imposta conseguibile da ciascun beneficiario sarà pari a 5 milioni di euro annui. 

Le spese ammissibili sono: a) personale altamente qualificato impiegato in attività di ricerca e sviluppo (come ad esempio dottori di ricerca con laurea magistrale in discipline tecniche);  b) quote di ammortamento delle spese di acquisto o utilizzo per strumenti e attrezzature di laboratorio, in relazione alla misure al periodo di utilizzo per l'attività di ricerca e sviluppo e con costo unitario non inferiore a 2mila euro; c) contratti di ricerca stipulati con università e organismi di ricerca; d) spese per competenze tecniche e privative industriali specifiche. Per le voci a) e c), indica la norma, il bonus è riconosciuto nella misura del 50 per cento delle spese medesime.

La vigilanza sul corretto utilizzo dell'incentivo fiscale sarà a carico dell'Agenzia delle Entrate. Le spese di ricerca dovranno essere rendicontate e supportate da idonea documentazione contabile certificata dal soggetto incaricato alla revisione legale o dal collegio sindacale o da un professionista iscritto nel registro della revisione legale dei conti. La certificazione di tali spese dovrà essere allegata al bilancio sociale.

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Una norma annidata nella bozza della legge di stabilità prevede un aumento, non ancora definito, dell'Iva e delle accise sui carburanti. L'intervento sostituisce la clausola di salvaguardia inserita dal Governo Letta nella scorsa legge di stabilità.

Kamsin Dal primo gennaio 2016 le aliquote IVA e le accise sulla benzina potrebbero aumentare. E' questo quanto si legge nell'articolo 45 della bozza provvisoria della legge di stabilità approvata dal Consiglio dei Ministri mercoledì scorso. L'entità dell'aumento tuttavia ancora non è nota ma sembra, da come è formulato il testo, che la tagliola sia destinata a scattare indipendentemente dalla circostanza che altri strumenti come la spending review dovessero fallire.

Le aliquote Iva del 10 per cento e del 22 per cento, indica il testo, sono incrementate a decorrere dal 1º gennaio del 2016. Anche le accise su benzina e gasolio subiranno lo stesso trattamento. Le cifre in gioco non sono irrilevanti dato che l'aumento dell'Iva e delle accise sui carburanti assorbe la vecchia clausola di salvaguardia inserita dal governo Letta con la scorsa manovra di stabilità. In origine la norma prevedeva un taglio lineare di 3 miliardi nel 2015, di 7 miliardi nel 2016 e di 10 miliardi nel 2017, che avrebbe interessato tutte le agevolazioni fiscali nel caso in cui la spending review seguita dal commissario Carlo Cottarelli non avesse prodotto i risultati indicati dal governo.

L'insediamento di Renzi ha poi sterilizzato l'aumento di 3 miliardi per il 2015 mentre quello da 7 miliardi è stato ridotto a 4 miliardi. Di conseguenza l'incremento delle accise e dell'Iva dal 2016 potrebbe riguardare solo questa cifra. E dato che ogni punto di IVA vale 4 miliardi di euro è verosimile immaginare che dal 2016, se il governo non troverà risorse da altri capitoli da tagliare, le due aliquote Iva del 10 e del 22 per cento potrebbero essere incrementate di un punto percentuale ciascuna. Ancora peggio se l'incremento fosse interamente concentrato su una di queste due aliquote: in tal caso entrambe potrebbero essere incrementate di due punti percentuali. E il testo dell'articolo apre anche ad ulteriore aumento dell'Iva al 22% nel 2017 e nel 2018.

Nulla però per ora è definitivo e la misura potrebbe anche essere stralciata. Inoltre anche se l'aumento dell'Iva partire dal 2016 dovesse essere confermato nella versione definitiva della legge di stabilità, che sarà approvata nel mese di dicembre, il prossimo anno il governo potrà comunque eliminarla reperendo opportune risorse da altri capitoli di spesa in grado di scongiurare l'aumento dell'imposta.

Il testo della manovra di stabilità contiene inoltre la cosiddetta reverse charge, l'inversione contabile, un meccanismo per cui a versare l'imposta sul valore aggiunto non è il venditore ma il compratore. Il meccanismo sarà esteso per 4 anni ai settori delle pulizie, dell'edilizia, al trasferimento di quote di emissioni di gas serra, al gas e all'energia elettrica. Se ci sarà il disco verde da parte dell'Unione Europea, lo strumento potrebbe essere introdotto anche per la pubblica amministrazione.

Zedde

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