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Il governo conferma la riduzione dell'Irap sulle imprese e professionisti in un decreto legge che sarà approvato Venerdì 18 Aprile. Le risorse arriveranno dall'aumento del prelievo sulle rendite finanziarie dal 20 al 26% a partire dal 1° luglio

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Dopo settimane di calcoli e analisi il Governo ha confermato il doppio intervento per provare a ridurre la pressione fiscale che oggi grava su imprese e lavoratori autonomi. L'intervento messo a punto dall'Esecutivo prevederà un taglio del 5% per l'anno in corso e del 10%, come più volte promesso dallo stesso Premier Matteo Renzi, per il 2015.

Per conoscere i dettagli dell'operazione comunque, sarà necessario attendere il provvedimento annunciato per il 18 Aprile e indicato dallo stesso Piano nazionale delle Riforme approvato a Palazzo Chigi con il via libera al Documento di Economia e Finanza. Ma è ormai chiaro che a beneficiare della riduzione delle aliquote saranno circa 3,1 milioni di contribuenti Irap (1,7 milioni persone fisiche - 675 mila società di persone - 682 mila le società di capitali - 31mila enti non commerciali ).

Al netto di possibili limature dell'ultima ora le nuove aliquote Irap subirebbero per il 2014 un taglio del cinque per cento: dal 3,9% al 3,7% quella Ordinaria che poi diventerà 3,5% dal   2015 con una riduzione del 10%; dal 5,9% al 5,6% (5,3% dal 2015) per le Assicurazioni; dal 4,2% al 4% per i Concessionari (3,8% nel 2015); dal 4,65% al 4,4% per Banche e Istituti di Credito (4,2% al        2015); dall'1,9% all'1,8 e poi all'1,7% per l'Agricoltura.

Per quanto riguarda le addizionali Irap che possono essere deliberate dalle Regioni, il Governo avrebbe deciso di lasciare invariato l'attuale tetto dello 0,92% che si andrà a sommare alle nuove aliquote in vigore per gli anni d'imposta 2014 e 2015.

I dettagli della riduzione delle tasse per lavoratori e imprese saranno contenuti in Decreto Legge atteso per la prossima settimana.

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Una detrazione Irpef che passa da 1.880 a 2.400 euro e si allarga a tutti i redditi fino a 20mila euro, contro gli 8mila attuali, per modularsi poi in discesa.

Sarebbero queste le basi su cui si sta costruendo il maxi-taglio al cuneo fiscale messo in cantiere dal Governo, con 10 miliardi all'anno di sconti fiscali per i lavoratori dipendenti e gli «assimilati» come co.co.co e co.co.pro. L'effetto in busta paga sarebbe di circa 80 euro in più al mese, in pratica una quattordicesima per fine anno.

I tecnici del Governo lavorano a un doppio aumento della detrazione fissa, quella che oggi sconta 1.880 euro a tutti i redditi fino a 8mila euro (che interessa circa 500mila persone, perché oltre l'80% dei contribuenti che dichiarano cifre simili è incapiente). L'aumento alzerebbe sia il valore della detrazione, portandola intorno ai 2.400 euro, sia il suo ambito di applicazione, che abbraccerebbe tutti i redditi fino a 20mila euro.

A partire da questo livello, lo sconto si verrebbe a ridurre progressivamente al crescere del reddito per azzerarsi a quota 55mila. In questo modo gli effetti maggiori si sentirebbero nella fascia di reddito 20-25mila euro, che è anche la più frequentata dai lavoratori dipendenti (vi si collocano 5,2 milioni di dichiarazioni, un quarto del totale): questi lavoratori otterrebbero il vantaggio fiscale massimo conseguibile pari a circa mille euro annui.

Il binomio Imu-Tasi sulle imprese porterà rincari di oltre il 15%.Il Fisco locale sulle imprese potrà essere contenuto solo in quei comuni che decideranno di applicare la Tasi solo sull'abitazione principale.

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Brutte notizie per le tasse sul mattone che dovranno pagare le imprese quest'anno. Gli effetti uniti di Imu e Tasi rischiano infatti di far aumentare i costi della tassazione sul mattone di oltre il 10% rispetto all'anno precedente.

E' quanto emerge da uno studio della Cgia di Mestre.Merito prima di tutto, della diminuzione dal 30 al 20 per cento della quota di Imu che potrà essere dedotta sulle imposte sui redditi.

Solo questa misura "costa" in media un aumento di circa il 3% degli importi da pagare allo Stato. E poi c'è l'incognita Tasi che per le imprese può sommarsi all'Imu sino a raggiungere l'11,4 per mille.

Con il decreto Salva Roma, la fissazione dell'aliquota della Tasi è stata lasciata ai municipi che dovranno stabilire se caricarlo tutto sul 2,5 per mille previsto per la prima casa che salirebbe così al 3,3 ; oppure sul 10,6 per mille relativo alle seconde abitazioni e altri immobili, che arriverebbe all'11,4 per mille inclusa l'Imu, o ancora pro quota sulle due aliquote.

Ad esempio immaginando che il Comune applichi la Tasi in aliquota standard dell'1,0 per mille, un negozio del valore fiscale di 260 mila euro che abbia pagato nel 2012 un'imposta Imu del 7,6 per mille, quest'anno per effetto dell'accoppiata Imu-Tasi si troverà a pagare l'8,6 per mille (7,6 Imu e 1,0 per mille di Tasi).

In soldoni finirà per pagare 2.200 euro di tasse nel 2014 contro 1.950 euro del 2012 (+ 13,2%). Che salgono a 2.750 qualora il binomio di Imu e Tasi porti l'aliquota complessiva al 9,6 per mille (con 8,6 per mille di Imu) con un incremento del 10,4% rispetto a quanto avrebbe pagato l'esercizio nel 2012 e a 2.950 (+7,5% rispetto al 2012) con l'aliquota massima applicabile all' 11,4 per mille (10,6 per mille di Imu).

Ma per cogliere in pieno le dimensioni del problema occorre fare un altro passo indietro, al 2011: quell'anno il negozio menzionato avrebbe pagato con l'aliquota Ici massima 1.072 euro, cioè meno della metà del limite di oggi.

Questo ennesimo balzo in avanti del Fisco locale sulle imprese potrà essere contenuto in quei comuni che decideranno di applicare la Tasi solo sull'abitazione principale come ad esempio Bologna e Firenze. Ma nella maggior parte dei municipi la Tasi sarà applicata interamente sugli altri immobili ed è facile immaginare che si raggiungerà l'aliquota massima dell'11,4 per mille.

Si riduce al 5% lo sconto Irap che sarà garantito alle imprese nel 2014 attraverso l'aumento delle rendite finanziarie. Il prossimo anno salirà al 10%.

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Nelle prossime ore il governo dovrà presentare il Def, il documento di economia e finanza che indicherà le stime e le previsioni dei conti pubblici italiani. Soprattutto indicherà quale obiettivi economici e fiscali si dovranno perseguire. E come raggiungerli, con quali coperture.

Sino ad oggi infatti le dichiarazioni di Renzi sul taglio delle tasse sull'Irpef e per l'Irap non hanno ancora alcun fondamento. E' proprio l'Irap però preoccupa maggiormente il premier Matteo Renzi: nella conferenza stampa di metà Marzo il premier aveva infatti annunciato dal primo maggio un taglio del 10% dell'odiosa tassa sulle imprese. Misura coperta con l'innalzamento della pressione fiscale sulle rendite finanziare con l'aliquota che, dal 20 per cento, arriverà al 26. Ma dato che la nuova aliquota entrerà in vigore dal 1° Luglio (tecnicamente non è possibile introdurla prima) la misura non sarà in grado di coprire completamente lo sconto. Per cui è sempre piu' probabile la possibilità che il taglio per il 2014 si attesterà solo al 5% per poi raddoppiare al 10% nel 2015.

Minori problemi invece per garantire lo sconto delle tasse da fine maggio che porterà 80 euro in piu' nella busta dei lavoratori con redditi fino a 25 mila euro lordi l'anno. L'operazione vale circa 6,6 miliardi di euro per gli 8 mesi del 2014 e 10 miliardi a regime.

L'intervento sarà coperto quasi integralmente attraverso la spending review e con l'eliminazione degli enti inutili tra cui potrebbero anche rientrare le Camere di Commercio, Aci, Motorizzazione, municipalizzate, consorzi di bonifica.

Nella Sanità non ci sarà il taglio da 2,5 miliardi ma piuttosto tagli selettivi, con l'introduzione dei costi standard e un risparmio stimato che può avvicinarsi anche al miliardo.

Quanto alle modalità dello sconto Irpef bisogna attendere il provvedimento definitivo, probabilmente un decreto legge entro Pasqua. Il meccanismo più probabile per il Tesoro resta quello delle detrazioni in busta paga, con paletti e condizioni ben precise.

Il massimo guadagno per i lavoratori sarà in corrispondenza dei redditi attorno ai 25 mila euro annui per poi esaurirsi oltre i 30 mila. A Palazzo Chigi, resta ancora sulla carta l'ipotesi di una de-contribuzione tramite l'Inps per spalmare l'aiuto anche sui redditi bassissimi

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Dopo la bocciatura della Corte Costituzionale della norma sugli affitti in nero, il Governo ha aperto un dossier per valutare cosa fare.

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I giudici della Corte Costituzionale – con la Sentenza 50/2014 – hanno cancellato la possibilità per l'inquilino di denunciare il proprietario ottenendo in cambio un affitto a canone iper-scontato per quattro anni, rinnovabili di altri quattro.

Nello specifico la Consulta ha dichiarato illegittimo l'articolo 3, commi 8 e 9, del Dlgs 23/2011 che permetteva all'inquilino di registrare di propria iniziativa il contratto d'affitto presso un qualsiasi Ufficio delle Entrate, beneficiando cosi' di un canone annuo pari al triplo della rendita catastale (importo che spesso era del  70-80% inferiore ai valori di mercato), con una durata di quattro anni rinnovabili di altri quattro.

La registrazione poteva essere effettuata a cura dell'inquilino – ma anche da parte dei funzionari del Fisco o della Guardia di Finanza – in tutti i casi in cui il contratto d'affitto non era stato registrato dal propretario entro il termine previsto dalla legge, in genere 30 giorni dalla firma; stessa situazione accadeva quando il contratto era stato registrato indicando un importo inferiore a quello reale e quando al posto di un contratto di locazione, era stato registrato un finto comodato gratuito.

Con la decisione della Consulta i proprietari potranno chiedere agli inquilini di liberare l'abitazione. Ma bisognerà anche regolare il periodo in cui il conduttore ha occupato l'alloggio: se è vero che il canone di legge non esiste più, il proprietario ha diritto a un'indennità per l'arricchimento senza causa, e alla fine potrebbe essere il giudice a risolvere la questione.

Ora dunque il governo dovrà decidere cosa fare con i contratti registrati a partire da giugno 2011 sulle base del Dlgs 23/2011. Sul tavolo i nodi delle conseguenze per gli inquilini, che potrebbero essere chiamati a pagare i canoni fissati in origine, e come fare per non disperdere i primi risultati sul fronte della lotta agli affitti in nero. Il dossier è di competenza del Ministero delle Infrastrutture, che nei giorni scorsi ha incontrato i Sindacati degli inquilini e le Associazioni della proprietà edilizia.

Pesanti gli effetti per i conduttori che hanno denunciato e beneficiato dei canoni ridotti, che si stanno vedendo già recapitate le diffide per ottenere il reintegro dei canoni. Peggio ancora per  gli inquilini che non avevano un contratto scritto che potrebbero anche essere citati in giudizio per occupazione abusiva e vedersi arrivare una sentenza di sfratto, nel giro di due o tre mesi se non si fa opposizione; oltre ovviamente al rischio di un distacco delle utenze.

La Tasi dovrà essere pagata in due rate che scadono il 16 giugno e il 16 dicembre, mentre l'acconto 2014 per gli immobili diversi dall'abitazione principale dovrà essere calcolato con l'aliquota base dell'1 per mille.

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Secondo le principali modifiche introdotte dalle Commissioni Finanze e Bilancio della Camera al decreto "Salva-Roma ter" in materia di tasse sul mattone, la Tasi dovrà essere pagata in due rate che scadono il 16 giugno e il 16 dicembre (sulla falsariga di quanto è acccaduto per l'Imu), mentre l'acconto 2014 per gli immobili diversi dall'abitazione principale dovrà essere calcolato con l'aliquota base dell'1 per mille, qualora i comuni non abbiano deliberato una diversa aliquota entro maggio.

Queste le novità in sede di esame della legge di conversione del decreto legge 16/2014, che approda questa settimana in Aula per la discussione generale. Il chiarimento sul calendario evita quella "libertà di date" prevista nella legge di stabilità che avrebbe chiamato i contribuenti alla cassa sei volte all'anno ma complica le modalità di pagamento per milioni di cittadini. I Comuni avranno sino al 31 luglio per fissare le aliquote.

La previsione di un siffatto meccanismo non è al riparo di storture e complessità. La prima è che dalla fissazione dell'acconto con aliquota standard sono escluse le abitazioni principali, pertanto nei Comuni che non decidono le aliquote entro maggio, i contribuenti saranno chiamati a pagare l'intera soluzione a dicembre. 

Con riguardo alla seconde case, solo per quest'anno, il versamento della prima rata sarà effettuato con l'aliquota base Tasi dell'1 per mille qualora il comune non abbia deliberato una diversa aliquota entro il 31 maggio 2014.

I contribuenti dovranno quindi conguagliare a dicembre l'eventuale il saldo sulla base delle aliquote approvate dai singoli enti entro il 31 luglio 2014. Ma tale previsione rischia di determinare il pagamento in acconto di somme non dovute che quindi dovranno essere poi restituite al contribuente. 

L'aliquota standard, infatti, chiede l'1 per mille a tutti, ma in molti Comuni i sindaci non potranno applicarla perchè l'Imu è già al 10,6 per mille e tale pagamento comporterebbe che milioni di contribuenti sarebbero chiamati a versare a giugno un'imposta che dovrà loro essere restituita.

Dal prossimo anno poi, per provare a semplificare la vita a cittadini e imprese, il versamento della'acconto sulla Tasi sarà effettuato sulla base dell'aliquota dei 12 mesi precedenti, mentre il saldo dovrà tenere conto degli atti pubblicati dal comune entro il 28 ottobre.  Il contribuente che voglia liberarsi del pagamento in una unica soluzione potrà effettuare un unico pagamento entro il 16 giugno.

Insomma come nel 2012, il cambio delle regole in corsa rischia di essere fonte di errori e incertezze anche per gli addetti ai lavori.

Oltre alle modalità di pagamento, ancora non risulta chiaro se saranno disponibili i bollettini Tasi precompilati che i Comuni dovrebbero inviare ai contribuenti (operazione complessa per la mancanza di dati e informazioni sugli occupanti degli immobili) e restano dei dubbi sul calcolo del tributo in presenza di più proprietari (qui si dovrà chiarire se la Tasi dovrà essere determinata in base alla quota di ciascun proprietario, come per l'Imu) nonchè di come ripartire l'onere tra inquilino e proprietario. 

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