Bonus Bebè, La Consulta si rivolge alla Corte Ue

Valerio Damiani Lunedì, 10 Agosto 2020
In merito al mancato riconoscimento della prestazione agli stranieri in possesso del permesso unico per il lavoro. Medesime considerazioni anche per l'indennità di maternità di base erogata dai Comuni.
L'Italia potrebbe aver violato il principio comunitario di non discriminazione nella parte in cui ha subordinato alla titolarità del permesso per soggiornanti Ue di lungo periodo la concessione dell'assegno di natalità (il cd. bonus bebè) e l'assegno di maternità erogato dai comuni. È quanto si legge nell'ordinanza n. 182 (redattrice Silvana Sciarra), con cui la Corte costituzionale, seguendo la procedura del rinvio pregiudiziale, chiede alla Corte di giustizia di chiarire se la normativa italiana in materia risulta conforme al diritto europeo e agli obblighi che l'Italia ha assunto in materia di parità di trattamento tra cittadini di Paesi terzi e cittadini degli Stati membri. Nel mirino della Consulta la direttiva 2011/98/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico, che imporrebbe alla luce del combinato disposto dell'articolo 34 della Carta Fondamentale dei diritti dell’Unione europea all'Italia l'erogazione di tali prestazioni anche agli stranieri titolari del permesso unico di lavoro.

Attualmente queste prestazioni sono concesse solo, tra gli altri, ai titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo che presuppone il «possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità» e la dimostrazione della «disponibilità di un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale e, nel caso di richiesta relativa ai familiari, di un reddito sufficiente secondo i parametri indicati nell’articolo 29, comma 3, lettera b) e di un alloggio idoneo che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica ovvero che sia fornito dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria accertati dall’Azienda unità sanitaria locale competente per territorio». Il richiedente, inoltre, deve preventivamente superare una prova di conoscenza della lingua italiana e non deve essere pericoloso per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato.

Estensione agli stranieri

La Corte Costituzionale, in particolare, ha chiesto di acclarare se anche il bonus bebè introdotto dall'articolo 1, comma 125 della legge 190/2014 dal 1° gennaio 2015 e poi più volte prorogato siano annoverabile tra le prestazioni economiche di carattere familiare e, pertanto, rientri tra quelle che non possono formare oggetto di discriminazione rispetto agli extracomunitari in possesso del permesso unico di lavoro rilasciato da altri stati europei. Considerazioni simili anche per l'assegno di maternità di base erogato dai comuni (art 76 del Dlgs 151/2011) che secondo la Consulta entrerebbe nella garanzia di base del citato articolo 34 CDFUE posto che mira ad assicurare «uno stesso insieme comune di diritti, basato sulla parità di trattamento con i cittadini dello Stato membro» a tutti i cittadini di paesi terzi che soggiornano e lavorano regolarmente negli Stati membri, vincolando questi ultimi all’indicato obiettivo.

L'Italia, peraltro, proprio recentemente ha preso in considerazione tali rilievi proponendo una modifica legislativa dei requisiti concessori delle citate prestazioni con la legge di delegazione europea.

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