L’indennità di malattia, quella di maternità e di congedo parentale e quella per assistere i disabili sono impignorabili a prescindere dalla loro entità salvo per debiti maturati verso l’Inps (es. prestazioni indebite o omissioni contributive) in tal caso nei limiti di un quinto del loro valore. Sono, invece, pignorabili nella misura di un quinto del loro valore gli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro (es. cassa integrazione) e i trattamenti di disoccupazione indennizzata (es. NASpI, Dis-Coll, Iscro eccetera) in quanto tali trattamenti seguono le stesse sorti dei redditi da lavoro dipendente. Lo rende noto, tra l’altro, l’Inps nella Circolare n. 130/2025 in cui effettua una ricognizione normativa sulla pignorabilità e sulle trattenute sulle prestazioni previdenziali non pensionistiche in corso di pagamento.
A questa regola c’è un’eccezione: se trattasi di crediti alimentari il pignoramento è possibile nella misura stabilita dal giudice e, quindi, può splafonare anche l’importo di un quinto del loro valore.
Il principio generale
Secondo l’articolo 2740 del codice civile, il debitore è tenuto a rispondere delle proprie obbligazioni con tutto il suo patrimonio, salvo i casi in cui la legge stabilisce limiti specifici. È proprio su tali eccezioni che interviene l’articolo 545 del codice di procedura civile, distinguendo tra crediti assolutamente impignorabili (come i sussidi di povertà o maternità) e crediti parzialmente pignorabili, come stipendi e pensioni, con percentuali variabili in base alla natura del credito.
Le somme impignorabili
Rientrano tra le somme assolutamente impignorabili i sussidi vitali legati a maternità, malattia, funerali e congedi parentali, così come specifiche prestazioni assistenziali.
Si tratta, spiega l’Inps, delle somme erogate per prestazioni a titolo di malattia (compresa la malattia in favore dei lavoratori marittimi e la malattia e la degenza ospedaliera in favore dei lavoratori iscritti alla Gestione separata), maternità, paternità, nonché quelle collegate ai congedi parentali, alle prestazioni antitubercolari, ai permessi e ai congedi straordinari per assistenza ai disabili. Lo Stato, in sostanza, non può aggredire tali prestazioni per soddisfare il pagamento di tributi o sanzioni.
L’unica eccezione è prevista per debiti verso l’INPS derivanti da indebite prestazioni percepite a carico di forme di previdenza gestite dall'Istituto stesso, ovvero da omissioni contributive (escluse, in questo caso, le somme dovute per interessi e sanzioni amministrative): in questi casi, le somme possono essere trattenute entro il limite di un quinto.
Anche gli assegni familiari e quelli per il nucleo familiare (ANF) seguono la stessa disciplina a meno che non siano pignorati per causa di alimenti: in tal caso possono essere distratti in favore di coloro per i quali gli assegni sono corrisposti (es. l’ex coniuge).
I casi di impignorabilità parziale
Le indennità che sostituiscono il reddito da lavoro – come indennità di disoccupazione, cassa integrazione o mobilità – seguono, invece, le regole dei redditi da lavoro dipendente. In concreto, queste prestazioni possono essere pignorate:
- fino a un quinto per crediti ordinari o fiscali;
- in misura diversa, se autorizzata dal giudice, per crediti alimentari.
In caso di più pignoramenti contemporanei, la quota trattenibile può arrivare fino alla metà della prestazione.
La NASpI anticipata
Un chiarimento importante riguarda l’anticipo NASpI: quando l’indennità di disoccupazione viene erogata in unica soluzione come incentivo all’autoimprenditorialità, essa perde la natura di prestazione previdenziale e diventa un contributo finanziario. Di conseguenza, non si applicano i limiti di pignorabilità tipici dei redditi da lavoro: l’intero importo può essere pignorato a copertura del debito.
Alimenti e mantenimento
Tra i crediti alimentari l’Inps stressa la recente sentenza a SS.UU della Corte di Cassazione (n. 32914/2022) secondo cui anche l’assegno di mantenimento per il coniuge separato o divorziato va trattato come credito di natura “alimentare”, con le stesse tutele previste per i figli. In questi casi, la misura del pignoramento è sempre rimessa al giudice e, quindi, può anche superare la misura di un quinto.
Trattenute
In linea generale, spiega l’Inps, le trattenute vanno operate sulla prestazione netta spettante al debito, cioè dopo l’applicazione delle ritenute fiscali. A meno che non si tratti di assegni periodici corrisposti al coniuge, a esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria. Per tali assegni, infatti, essendo deducibili dal reddito dal debitore e rilevando ai fini reddituali per il creditore, la trattenuta per il pignoramento va applicata sul lordo della prestazione.
Pignoramenti multipli e ordine di esecuzione
Se sullo stesso trattamento gravano più pignoramenti, l’INPS deve dare esecuzione in base all’ordine temporale delle notifiche. Tuttavia, la quota complessiva pignorabile non può superare la metà della prestazione. Anche in caso di concorso con cessione del quinto, i pignoramenti hanno priorità.
Verifiche sui debiti fiscali
Un’ulteriore novità riguarda l’obbligo di verifica previsto dall’articolo 48-bis del DPR 602/1973: prima di effettuare pagamenti superiori a 5.000 euro, le Pubbliche Amministrazioni devono controllare l’eventuale presenza di cartelle esattoriali non saldate.
Dal 1° gennaio 2026, la soglia sarà abbassata a 2.500 euro per i pagamenti di stipendi e indennità da lavoro, a condizione che il debito complessivo del beneficiario sia almeno di 5.000 euro.
Pignoramenti e ritenute fiscali
Secondo la normativa vigente, l’Istituto – quando agisce come sostituto d’imposta – deve applicare una ritenuta alla fonte del 20% come acconto IRPEF sulle somme trattenute a seguito di pignoramenti presso terzi. Tale obbligo riguarda i crediti riferiti a somme imponibili ai sensi delle norme fiscali, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate con il provvedimento n. 34755 del 2010 e la circolare n. 8/E del 2011.
Non tutti i creditori, però, rientrano in questo meccanismo. La ritenuta si applica infatti solo se il creditore pignoratizio è un soggetto IRPEF e non un ente o società soggetto a IRES. Inoltre, il terzo erogatore deve avere la qualifica di sostituto d’imposta.
Particolare attenzione riguarda gli assegni periodici di mantenimento:
- Assegni al coniuge: sono assimilati ai redditi da lavoro dipendente e quindi soggetti a ritenuta. Per il debitore, tali importi sono deducibili dal reddito complessivo.
- Assegni per i figli: non costituiscono reddito imponibile e non sono soggetti a ritenuta, né risultano deducibili.
In caso di mancata distinzione da parte del giudice tra quota per coniuge e quota per figli, l’INPS non può operare alcuna ritenuta, come stabilito dall’Agenzia delle Entrate, salvo diversa indicazione nel provvedimento giudiziario. In merito l’Inps ricorda che dal 1° gennaio 2026 entrerà in vigore il decreto legislativo n. 33/2025 che uniformerà la disciplina: i pagamenti eseguiti tramite pignoramento presso terzi saranno soggetti a ritenuta del 20%, qualora si tratti di somme imponibili e il terzo rivesta il ruolo di sostituto d’imposta.
Recupero degli indebiti: le trattenute su prestazioni previdenziali
Infine per quanto riguarda il recupero delle somme indebitamente erogate dall’INPS vige il principio di restituzione previsto dall’articolo 2033 del codice civile. L’Istituto può quindi trattenere fino a un quinto delle prestazioni previdenziali non pensionistiche in corso di erogazione, come previsto dall’articolo 69 della legge n. 153/1969.
L’elenco delle prestazioni aggredibili è ampio e comprende:
- indennità di disoccupazione (NASpI, DIS-COLL, ALAS, ecc.);
- indennità di malattia e maternità/paternità;
- ISCRO (Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa);
- integrazioni salariali (CIGO, CIGS, fondi di solidarietà);
- trattamenti erogati dal Fondo di garanzia per TFR e crediti di lavoro;
- indennità antitubercolari e prestazioni integrative della disoccupazione.
Anche i trattamenti di famiglia sono aggredibili nei limiti di un quinto ma, in tal caso, solo ai fini del recupero di prestazioni aventi la stessa natura (ai sensi del D.P.R. n. 797/1955) cioè solo per il recupero dell’indebita percezione degli assegni familiari e degli assegni al nucleo familiare.
A differenza delle pensioni, per le prestazioni non pensionistiche non è previsto il cosiddetto “minimo vitale” intoccabile pari al trattamento minimo: l’INPS può dunque rivalersi direttamente sulle somme dovute, sempre nel limite del quinto.
Documenti: Circolare Inps 130/2025













