Disabili, Anche il Convivente ha diritto ai permessi della Legge 104

Paolo Piva Sabato, 24 Settembre 2016
La legge 104/1992, spiega la Consulta, intende favorire l’assistenza alla persona affetta da handicap grave in ambito familiare e, quindi, l’interesse primario è assicurare la continuità nelle cure e nell’assistenza del disabile che si realizzino in ambito familiare, indipendentemente dall’età e dalla condizione di fi glio dell’assistito.
Anche il convivente ha diritto ai permessi retribuiti dal lavoro anche per assistere il compagno portatore di handicap. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 231, depositata il 23 settembre 2016, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 33, comma 3, della legge 104/1992 nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l’assistenza alla persona con handicap in situazione di gravità, in alternativa al coniuge, parente o affine entro il secondo grado. La norma cassata dalla Consulta, come noto, concede il diritto a permessi retribuiti al lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, o entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. L'agevolazione in parola può essere attribuita ad un solo lavoratore per l'assistenza della medesima persona. 

La disposizione, dunque, non menziona il convivente more uxorio tra i soggetti beneficiari dei permessi di assistenza al portatore di handicap in situazione di gravità. Il caso all'esame della Consulta riguardava una lavoratrice dipendente di una azienda ospedaliera che ha chiesto il riconoscimento dei permessi per poter assistere il proprio compagno affetto dal morbo di Parkinson e che si è opposta alla richiesta di restituzione del valore delle ore di permesso fruite in un primo tempo su autorizzazione, poi revocata, della stessa Asl.

La legge 104/1992, si legge nella Sentenza della Suprema Corte, intende favorire l’assistenza alla persona affetta da handicap grave in ambito familiare e, quindi, l’interesse primario è assicurare la continuità nelle cure e nell’assistenza del disabile che si realizzino in ambito familiare, indipendentemente dall’età e dalla condizione di figlio dell’assistito. Il permesso mensile retribuito è, dunque, in rapporto di stretta e diretta correlazione con le finalità perseguite dalla legge n. 104 del 1992, in particolare con quelle di tutela della salute psico-fisica della persona portatrice di handicap. La salute psicofisica del disabile è, tra l’altro, un diritto fondamentale dell’individuo tutelato dall’articolo 32 della Costituzione.

I giudici ricordano quindi che il diritto alla salute psico-fisica, comprensivo della assistenza e della socializzazione, è garantito e tutelato, al soggetto con handicap in situazione di gravità, sia come singolo che in quanto facente parte di una formazione sociale. Tra le formazioni sociali c’è anche la convivenza more uxorio. È questa la ragione per cui è irragionevole che nell’elencazione dei soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito, non sia incluso il convivente della persona con handicap in situazione di gravità. Ormai è principio consolidato nella giurisprudenza della Consulta quello per cui la distinta considerazione costituzionale della convivenza e del rapporto coniugale non esclude l’equiparazione rispetto a istituti specifici in presenza di situazioni analoghe. In questo caso l’elemento unificante tra le due situazioni è dato proprio dall’esigenza di tutelare il diritto alla salute psico-fisica del disabile grave, collocabile tra i diritti inviolabili dell’uomo. Il carattere residuale della fruizione dell’agevolazione in questione da parte del parente o affine entro il terzo grado, ha indotto la Corte, quindi, ad includere il convivente tra i soggetti beneficiari, in via ordinaria, del permesso mensile retribuito (coniuge, parente o affine entro il secondo grado).

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Documenti: La Sentenza della Corte Costituzionale

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