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Una norma del Jobs Act modifica l'articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori: possibile la revisione della disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro.

Kamsin Tra le altre novità contenute nella Legge Delega in materia di Riforma del Lavoro, il Jobs Act, il governo si appresta anche rivedere la disciplina dei controlli a distanza per tenere conto dell’evoluzione tecnologica e contemperando le esigenze produttive ed organizzative dell’impresa con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore.

La norma attuale prevede, in linea di principio, un divieto di uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, consentendo soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di accordo, sulla base di un provvedimento della direzione provinciale del lavoro, l'installazione di impianti e di apparecchiature di controllo che, da un lato, siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro e che, d'altro lato, determinino anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori.

Con la Delega il governo punta a superare le rigidità attuali. La legge prevede, infatti, l'archiviazione della necessità del preventivo accordo con i sindacati per fare ricorso ai controlli a distanza. I controlli dell’azienda saranno possibili, si specifica nella Delega, solo sugli impianti (anche sui dispositivi, come il cellulare e il computer) ma mai direttamente sul lavoratore. Ammesso l'uso delle nuove tecnologie per la ‘sorveglianza’ ed il ‘tele-lavoro’, tutelando comunque “dignità e riservatezza” del lavoratore. 

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Quaranta deputati del Partito democratico (su un gruppo di 307 componenti) non hanno votato il Jobs act, due hanno detto no al testo, altri due si sono astenuti. Il Governo accelera per far partire le nuove regole sull'articolo 18 e sugli indennizzi dal 1° gennaio 2015.

Kamsin E' passato con 316 si' e 6 no il 'Jobs act' alla Camera.  Il bassissimo numero di voti contro si completa con l'uscita dall'Aula di una larga fetta delle opposizioni, e una nutrita pattuglia di deputati Pd, che hanno manifestato cosi' il loro dissenso.

Segnalano che "l'impianto complessivo del provvedimento rimane non convincente" e mettono nero su bianco che "riteniamo non ci siano le condizioni per un nostro voto favorevole e non parteciperemo al voto finale sul provvedimento". A dirlo sono i 29 Pd firmatari del documento 'Perche' non votiamo il Jobs act'. Questi i nomi dei dissenzienti: Agostini, Albini, Argentin, Bindi, Bray, Boccia, Carra, Capodicasa, Cenni, Cimbro, Cuperlo, D'Attorre, Farina, Fassina, Fontanelli, Fossati, Galli, Gregori, Iacono, Laforgia, Malisani, Miotto, Marzano, Mognato, Pollastrini, Rocchi, Terrosi, Zappulla, Zoggia. "I diritti di chi lavora, i diritti di chi un lavoro lo cerca: alla fine di una discussione seria e che rispettiamo noi non possiamo votare a favore del jobs act", si legge nel testo dei 29.

Il provvedimento passa ora al Senato in terza lettura per il via libera definitivo. Il testo è stato infatti modificato dalla commissione Lavoro, dove sono stati approvati gli emendamenti frutto dell'accordo tra governo e minoranza Pd. L’approdo in Aula al Senato è previsto per il 3 o 4 dicembre. L'accordo raggiunto dalle forze della maggioranza (Pd e Ncd) è blindato, ecco perché non sono previste ulteriori modifiche al testo della legge delega.

I nuovi indennizzi in caso di licenziamento - A Palazzo Chigi ha tenuto comunque oggi banco il tema degli indennizzi in caso di licenziamento ingiustificato per le piccole imprese. Due le ipotesi in campo per evitare che le imprese che occupano fino a 15 dipendenti, esonerate dall'applicazione dell'articolo 18 della legge 300/1970, possano essere penalizzate dell'applicazione delle nuove regole che indicano, secondo le bozze che circolano, un risarcimento sino a 36 mensilità in relazione all'anzianità di servizio del lavoratore.

La prima ipotesi sul tavolo di Palazzo Chigi è quella di circoscrivere il campo di applicazione degli indennizzi previsti dalla Riforma solo alle imprese con oltre 15 dipendenti alle quali, attualmente, si applica l'articolo 18. Le piccole imprese sarebbero pertanto escluse. L'altra ipotesi è quella di prevedere indennizzi dimezzati e comunque di inserire un tetto massimo pari a sei mensilità a carico delle PMI che licenziano ingiustificatamente.

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Potrebbe arrivare già oggi il via libera della Camera dei Deputati. L'obiettivo è far partire le nuove regole sull'articolo 18 e sugli indennizzi dal 1° gennaio 2015. Primo decreto attuativo atteso entro la prima decade di Dicembre.

Kamsin Potrebbe arrivare oggi il disco verde al Jobs Act, il disegno di legge delega sulla Riforma del Mercato del Lavoro. Al massimo domani. Il Governo pare intenzionato a non porre la questione di fiducia per evitare fratture all'interno della maggioranza ma una parte della minoranza Dem, è ormai chiaro, voterà contro nonostante i tentativi di mediazione portati avanti ieri dall'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano.  «Se va avanti così, niente fiducia, sono soddisfatto» ha confermato ieri il ministro Giuliano Poletti.

Ieri, del resto, la maggioranza ha retto piuttosto bene quando in 17 del gruppo Pd, tutti della minoranza, hanno votato a favore di un emendamento di Giorgio Airaudo. Il testo prevedeva che l’articolo 18 si applicasse ai neo assunti «trascorso un anno dalla data di assunzione», ma è stato bocciato dalla maggioranza, che ha superato la prova. Una sorta di ripristino della formulazione Fornero, come ha spiegato Cuperlo uscito dall’aula per dare conto del voto: «Non siamo contro il governo, cerchiamo solo di migliorare il provvedimento».

A Palazzo Chigi tiene poi banco il tema degli indennizzi in caso di licenziamento ingiustificato per le piccole imprese. Due le ipotesi in campo per evitare che le imprese che occupano fino a 15 dipendenti, esonerate dall'applicazione dell'articolo 18 della legge 300/1970, possano essere penalizzate dell'applicazione delle nuove regole che indicano, secondo le bozze che circolano, un risarcimento sino a 36 mensilità in relazione all'anzianità di servizio del lavoratore.

La prima ipotesi sul tavolo di Palazzo Chigi è quella di circoscrivere il campo di applicazione degli indennizzi previsti dalla Riforma solo alle imprese con oltre 15 dipendenti alle quali, attualmente, si applica l'articolo 18. Le piccole imprese sarebbero pertanto escluse. L'altra ipotesi è quella di prevedere indennizzi dimezzati e comunque di inserire un tetto massimo pari a sei mensilità a carico delle PMI che licenziano ingiustificatamente.

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L'indennizzo economico per chi sarà licenziato aumenterà con l'anzianità di servizio del lavoratore e dovrebbe essere pari ad una somma compresa tra le 12 e le 24 mensilità.

Kamsin Mentre proseguono oggi in Aula alla Camera le votazioni sugli emendamenti al Jobs act - il provvedimento deve essere licenziato entro dopodomani per consentire di passare all'esame della legge di Stabilita' il giorno successivo, giovedi' 27 novembre - ieri sono emerse le prime ipotesi sugli indennizzi legati ai licenziamenti nel nuovo contratto a tutele crescenti.

Secondo quanto anticipato dalla stampa il Governo sarebbe intenzionato a concedere un trattamento di maggiore favore rispetto a quello offerto oggi a tutti i contratti dalla legge Fornero: un’indennità compresa tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, determinata dal giudice in relazione all’anzianità del lavoratore, al numero dei dipendenti, alle dimensioni dell’attività economica ed al comportamento e alle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a riguardo.

L’indennizzo sarà sempre commisurato all’anzianità del lavoratore, ma comunque più oneroso: 1,5 mensilità anziché una per ogni anno di anzianità. Oppure un mix tra questi due metodi di calcolo al crescere dell’anzianità. Per non rendere eccessivamente oneroso l’indennizzo per le piccole e medie imprese, quelle sopra i 15 dipendenti ma sotto i 100, potrebbe essere applicato, peraltro, un decalage.

Ad ogni modo le regole saranno chiare entro fine anno in quanto il Governo appare intenzionato a farle entrare in vigore dal prossimo 1° gennaio 2015. Il primo decreto attuativo dovrà essere dunque pronto entro natale considerando anche deve passare un esame, non vincolante, del Parlamento prima che sia pubblicato in Gazzetta. Le nuove regole si applicheranno, tuttavia, solo per i licenziamenti individuali senza giusta causa per i neo-assunti con contratto a tempo indeterminato.

Cambierà, poi, anche l'Aspi e scomparirà l'attuale mini-Aspi. L'ammortizzatore sociale sarà prima di tutto esteso ai circa 350 mila collaboratori a progetto con un solo committente - sono dunque esclusi gli amministratori e i sindaci - che di fatto sono dei lavoratori subordinati. Il trattamento, per tutti, sarà commisurato alla storia contributiva del lavoratore.

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Quest'anno lavoratori e pensionati percepiranno fino a venti euro in piu' di tredicesima rispetto a quello passato. E' quanto precisa in una stima la Cgia di Mestre, che ricorda che questa ulteriore mensilita' non beneficera' del bonus degli 80 euro introdotti dal Governo nella primavera scorsa per i redditi medio-bassi. Kamsin La Cgia ha fatto i conti in tasca a tre importanti categorie di lavoratori dipendenti presenti nel nostro Paese: quella degli operai, quella degli impiegati e quella dei quadri/capo ufficio.

Tutti occupati nel settore privato. "L'importo reale della tredicesima 2014 sara' piu' elevato rispetto a quello dell'anno scorso", spiega il segretario Giuseppe Bortolussi, "nello specifico si tratta di 12 euro in piu' per un operaio specializzato, di 13 euro in piu' per un impiegato, mentre per un capo ufficio l'incremento sara' di 20 euro. Questi ritocchi sono riconducibili al fatto che gli aumenti contrattuali sono stati superiori alla crescita dell'inflazione registrata quest'anno". Nel complesso oltre 33 milioni di pensionati e di dipendenti pubblici/privati percepiranno quest'anno quasi 38 miliardi di euro di tredicesime: questo importo garantira' alle casse dell'erario un gettito di oltre 9,7 miliardi di euro.

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Il Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha inviato al Ministero dell'Economia il decreto ministeriale che assegna 500 milioni di nuove risorse per il finanziamento della cassa integrazione in deroga e della mobilità in deroga alle Regioni. Kamsin Il decreto, una volta che sarà controfirmato dal titolare del Dicastero di via XX Settembre consentirà di attutire le difficoltà delle migliaia di lavoratori che, pur essendo in possesso dei requisiti per fruire del sussidio, non hanno potuto accedervi per l'esaurimento degli stanziamenti.

I 500 milioni saranno suddivisi tra le Regioni. In arrivo anche una nota interpretativa per chiarire alcune questioni relative alla corretta applicazione del decreto interministeriale dello scorso Agosto che ha ristretto il campo applicativo della concessione della cassa integrazione e della mobilità in deroga in vista del loro superamento dal 2016.

Ieri, peraltro, la Cgil ha ricordato la drammaticità dell'emergenza degli ammortizzatori sociali con quasi 940 milioni di ore di cassa integrazione, richieste e autorizzate, sono state registrate nei primi dieci mesi dell'anno, di cui ben oltre la meta' fatte di cassa straordinaria. I lavoratori, circa 540mila, hanno subito un taglio del reddito pari a 3,6 miliardi, ovvero 6.700 euro netti in meno in busta paga per ogni singolo lavoratore.

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