Lavoro

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Verranno azzerati i contributi, sia il 32,7% a carico dell'azienda che il 9,19% a carico del lavoratore. Il beneficio potrà essere cumulato con l'abolizione della componente del costo del lavoro sulla base imponibile IRAP.

Kamsin Le imprese che assumeranno a partire dal 2015 con il nuovo contratto a tempo indeterminato tutele crescenti (misura che sarà approvata entro l'inizio del prossimo anno), non dovranno pagare i contributi per i successivi tre anni. E' quanto prevede il disegno di legge di stabilità licenziato lo scorso mercoledì dal Consiglio dei Ministri presieduto dal premier Matteo Renzi.

Lo Stato si farà dunque carico della copertura contributiva per incentivare l'assunzione di nuovi lavoratori

La legge di stabilità ha messo sul piatto per il 2015 1,9 miliardi per procedere all'azzeramento sia dei contributi a carico dell'azienda sia di quelli a carico del lavoratore (pari rispettivamente al 32,70% e al 9,19%). La novità è rivolta alle imprese che assumeranno nel 2015 lavoratori con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Si tratta questa di una misura prevista dal ddl delega sul Jobs act all'esame della Commissione Lavoro della Camera che sarà approvato entro fine anno.

Le stime della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro mostrano un vantaggio di circa 8800 euro per l'impresa su un lavoratore con contratto a tempo indeterminato con un reddito di circa 24mila euro (in parte dovuto anche però dalla riduzione della componente lavoro dall'Irap, l'altra misura contenuta nella legge di stabilità che potrà essere cumulata con il beneficio in questione). Per il lavoratore la riduzione degli oneri contributivi dovrebbe tradursi in un vantaggio di circa 1400 euro l'anno in piu' in busta paga.

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Dal prossimo anno i lavoratori del settore privato, con esclusione delle badanti e dei lavoratori agricoli, potranno chiedere l'anticipo del TFR in busta paga in via sperimentale a costo zero per le imprese.

Kamsin "In via sperimentale, in relazione ai periodi di paga decorrenti dal 1 marzo 2015 al 30 giugno 2018, i lavoratori dipendenti del settore privato, esclusi i lavoratori domestici ed i lavoratori del settore agricolo, che abbiano un rapporto in essere da almeno 6 mesi presso il medesimo datore di lavoro" possono richiedere "di percepire la quota maturanda" del tfr "compresa quella eventualemnte destinata ad una forma pensionistica complementare" tramite "liquidazione diretta mensile" come parte integrativa della retribuzione.

E' quanto si legge nella bozza della legge di stabilita' varata dal Consiglio dei ministri. Il governo dà dunque il via l'operazione anticipo TFR.  Il meccanismo prevede il coinvolgimento degli istituti bancari che saranno chiamati ad anticipare alle imprese le risorse per il pagamento del TFR con la stessa remunerazione garantita oggi al Tfr in azienda, cioè l'1,5 per cento più lo 0,75 per cento del tasso di inflazione. In caso di mancata restituzione delle somme da parte dell'azienda, secondo quanto si apprende nelle bozze, alla scadenza del finanziamento la banca si potrà rivolgere all'Inps sul fondo di garanzia. Che sarà ulteriormente rafforzato con una garanzia pubblica di 100 milioni di euro.

Il provvedimento sarà operativo non prima di metà 2015 all'esito dell'adozione di appositi regolamenti attuativi che prevedono il coinvolgimento dell'Associazione bancaria italiana, ed avrà effetto retroattivo dall'inizio dell'anno. Pertanto i lavoratori potrebbero riscattare il TFR conseguito nel 2014 ed ottenerlo in busta paga in una unica soluzione.

Potrà beneficiarne anche chi aderisce al Fondo di previdenza integrativa. Ne restano esclusi invece i lavoratori del pubblico impiego.

Zedde

Per i datori che utilizzano il CCNL nazionale sul lavoro domestico scatta l'obbligo di iscrizione alla Cassa-Colf con riconoscimento del diritto all'assistenza contrattuale. Il contributo dovuto è pari a 0,03 euro l'ora e viene riscosso dall'Inps.

Kamsin La Cassa-Colf, la cassa mutua per colf e badanti è obbligatoria per coloro che applicano il Ccnl sul lavoro domestico. E' quanto è stato previsto con l'ultimo rinnovo del contratto nazionale che ha inserito tra gli elementi del contratto di assunzione la «applicazione di tutti gli istituti» incluso quello relativo «alla corresponsione dei contributi di assistenza contrattuale».

  Lo scopo della Cassa-Colf è gestire trattamenti assistenziali, integrativi aggiuntivi e/o sostitutivi delle tutele pubblico-statali a favore dei collaboratori familiari. In particolare, la CassaColf garantisce ai lavoratori assicurati la liquidazione di un'indennità giornaliera in caso di ricovero e convalescenza (20 euro per massimo 20 giorni), nonché il rimborso dei ticket sanitari (300 euro l'anno). Ai datori di lavoro, invece, assicura la copertura contro il rischio d'infortunio (dei lavoratori domestici), anche capitati itinere, di cui possano ritenersi responsabili fino all'importo di 50 mila euro.

In altri termini sono iscritti alla CAS.SA.COLF tutti i dipendenti ed i datori di lavoro domestico in regola con i contributi di assistenza contrattuale, nei confronti dei quali vengono applicati i CCNL a partire da quello stipulato il 16 Febbraio 2007, ed i successivi rinnovi contrattuali, sottoscritti tra FIDALDO e DOMINA da una parte e FILCAMS-CGIL, FISASCAT-CISL, UILTUCS-UIL e FEDERCOLF dall’altra.

La tutela della Cassa-Colf prevede il pagamento di una tariffa minima oraria complessiva di € 0,03 come stabilito dal CCNL, dei quali €0,01 a carico del lavoratore. Il versamento va fatto a cura del datore di lavoro, che deve provvedervi con la stessa periodicità (trimestrale), entro lo stesso termine e con le stesse modalità di versamento dei contributi ordinari. I contributi di assistenza contrattuale vanno versati all’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale), ente con il quale è stata stipulata apposita convenzione per la riscossione; il versamento dei contributi di assistenza contrattuale deve essere effettuato entro gli stessi termini di scadenza dei contributi obbligatori ed avvalendosi delle stesse modalità.

La Cassa Colf eroga diverse prestazioni tra cui: a) l'indennità giornaliera in caso di ricovero; b) l'Indennità giornaliera in caso di convalescenza; c) il rimborso spese per ticket sanitari; d) il rimborso delle spese per ticket sanitari per prestazioni dovute a neoplasie di natura maligna; e) il rimborso delle spese periodo gravidanza; f) prestazioni in favore dei neonati figli di lavoratori iscritti. Il diritto alle prestazioni scatta se risultano versati contributi per quattro trimestri consecutivi e se è stato raggiunto un importo di versamenti pari a 25 euro (soglia minima).

Zedde

La legge Fornero incentiva la permanenza sul posto di lavoro sino a 70 anni. Ma a distanza di oltre 2 anni dalla sua approvazione la norma ha ancora trovato una applicazione uniforme nei Tribunali. 

Kamsin E' ancora tutta aperta la partita per i lavoratori dipendenti del settore privato sulla possibilità di restare in servizio, dopo il perfezionamento della pensione di vecchiaia (66 anni e 3 mesi e 20 anni di contributi) sino al compimento del settantesimo anno di età per raggiungere una pensione piu' succulenta. 

L'articolo 24, comma 4 del DL 201/2011 infatti dispone che: «Il proseguimento dell’attività lavorativa è incentivato, fermi restando i limiti ordinamentali dei rispettivi settori di appartenenza, dall’operare dei coefficienti di trasformazione calcolati fino all’età di settant’anni fatti salvi gli adeguamenti alla speranza di vita come previsti dall’art. 12 del d.l. n. 78/2000. Nei confronti dei lavoratori dipendenti, l’efficacia delle disposizioni di cui all’art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 e successive modificazioni opera fino al conseguimento del predetto limite massimo di flessibilità». Sono diverse le criticità che pone questa disposizione. Vediamole.

Da un lato il legislatore pare aver di fatto introdotto, per la prima volta, due distinte discipline per il recesso ad nutum del lavoratore in possesso dei requisiti per la pensione di vecchiaia, le quali risultano differenziate, a seconda che alla fattispecie concreta trovi o meno applicazione l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, nei seguenti termini:

- i dipendenti in forza presso datori di lavoro che occupano più di 15 dipendenti (o, in caso di più unità produttive, che occupano più di 15 dipendenti nel l’ambito del territorio di un singolo comune e in ogni caso ove i dipendenti occupati siano complessivamente più di 60) possono proseguire fino a 70 anni e sino a tale età sono tutelati contro i licenziamenti senza giustificazione;

- diversamente, i dipendenti in forza presso datori di lavoro aventi fino a 15 dipendenti ( nell’unità produttiva considerata o, in caso di più unità produttive, che non superino i 15 dipendenti nell’ambito del territorio di un medesimo comune, sempreché il dato occupazionale complessivo non superi le 60 unità ), possono essere licenziati al raggiungimento dei requisiti pensionistici di vecchiaia, senza poter scegliere, di proseguire a lavorare sino ai 70 anni di età.

Oltre a tale articolazione, che viene determinata dall'operatività o meno dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, il principale interrogativo è quello relativo alla posizione giuridica del lavoratore interessato a proseguire l’attività lavorativa sino al settantesimo anno di età.

L’assenza di qualsiasi riferimento al consenso del datore di lavoro ovvero a particolari modalità attuative del precetto, dovrebbe far propendere per una ricostruzione in termini di vero e proprio diritto potestativo del lavoratore alla prosecuzione dell’attività lavorativa sino al settantesimo anno, con automatico diritto alla conservazione del pregresso regime di stabilità del rapporto e applicazione dei più favorevoli coefficienti di trasformazione per il calcolo della prestazione pensionistica così come accordati dal legislatore.

Se questa pare l'opinione prevalente e condivisibile, alcune sentenze recenti della giurisprudenza (Trib. Roma, 5 novembre 2013; Trib. Roma (ord.), 17 dicembre 2013, n. 141084; Corte App. Torino,
24 ottobre 2013) considerano invece la fruizione del diritto in questione subordinata al consenso del datore di lavoro, il quale, pertanto potrebbe opporsi alla prosecuzione del rapporto oltre l'età pensionabile.

Dal canto loro queste sentenze fanno leva sull’utilizzo del termine “è incentivato” senza alcuna altra indicazione che consenta di affermare sia l’esistenza di un diritto in favore del lavoratore, sia la disciplina dell’esercizio di tale diritto, dall’altro l’espresso richiamo ai "limiti ordinamentali che il datore di lavoro potrà invocare per recedere legittimamente dal rapporto di lavoro" che, non potendo essere disapplicati unilateralmente dal lavoratore, implicitamente rinvierebbero ad una necessaria bilateralità del consenso. Si è fatto leva anche sulla recente espressa previsione che l'incentivazione non può operare nel pubblico impiego indicando che il riconoscimento di un diritto potestativo in capo al lavoratore nel settore privato creerebbe disparità di trattamento tra impiego pubblico e privato con possibilità di censura costituzionale.

In realtà l’intento del legislatore è quello di consentire la permanenza in servizio oltre l’età prevista per il pensionamento di vecchiaia, e dunque l’interpretazione più lineare è quella che riconosce al lavoratore la conservazione del medesime tutele sino a quel momento accordategli dall’ordinamento, senza possibilità di essere licenziato. 

Il Profilo Soggettivo - Quanto al profilo soggettivo, la norma è destinata a operare nei confronti dei lavoratori subordinati di imprese con oltre 15 dipendenti (perchè altrimenti non potrebbe, come visto, operare la tutela reale offerta dall'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori in caso di licenziamento e quindi la prosecuzione del rapporto di lavoro), che non abbiano maturato i requisiti pensionistici alla data del 31 dicembre 2011, inscritti all’Inps ovvero a uno dei regimi sostitutivi di questo anche se privatizzati.

La circostanza inoltre che alcuni di questi enti (si pensi all’Inpgi) abbiano optato per l’adozione del sistema di calcolo retributivo, non dovrebbe peraltro inibire l’applicabilità della prosecuzione del rapporto di lavoro posto che il riferimento ai coefficienti di trasformazione dovrebbe essere inteso nel senso di applicabilità pro rata del relativo sistema di calcolo.

Zedde

Il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti: "Sulla Riforma del Lavoro non si perderà tempo. Possibile il ricorso al voto di fiducia alla Camera". Nel provvedimento il Governo estenderà l'indennità di maternità anche alle lavoratrici parasubordinate.

Kamsin Ci sarà una ricognizione delle categorie di lavoratrici beneficiarie dell’indennità di maternità, nella prospettiva di estendere, eventualmente anche in modo graduale, tale prestazione a tutte le categorie di donne lavoratrici. E sarà garantita l'estensione alle lavoratrici madri "parasubordinate" del diritto alla prestazione di maternità anche in assenza del versamento dei contributi da parte del committente.

E' quanto prevede il disegno di legge delega sulla Riforma del Mercato del Lavoro approvato in prima lettura la settimana scorsa a Palazzo Madama con il quale l'esecutivo punta ad unificare i benefici di maternità. Si punta dunque a dare più sostegno alla maternità con l'estensione dell'indennità di maternità anche alle lavoratrici autonome ed alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, compresa una maggiore flessibilità degli orari e dei congedi (sul punto la legge delega apre alla possibilità di fruizione dei congedi parentali in modo frazionato).

Il ddl prevede inoltre l' introduzione di un credito d'imposta (inteso ad incentivare il lavoro femminile) per le donne lavoratrici, anche autonome, che abbiano figli minori o figli disabili non autosufficienti e che si trovino al di sotto di una determinata soglia di reddito individuale complessivo, nonché l'armonizzazione del regime delle detrazioni (dall'imposta sui redditi) per il coniuge a carico. Ci sarà poi l'incentivazione di accordi collettivi intesi a facilitare la flessibilità dell’orario di lavoro e la flessibilità dell’impiego di premi di produttività, al fine di favorire la conciliazione tra l’esercizio delle responsabilità di genitore, l’assistenza alle persone non autosufficienti e l’attività lavorativa, anche attraverso il ricorso al telelavoro.

Via libera poi all'eventuale riconoscimento, compatibilmente con il diritto ai riposi settimanali ed alle ferie annuali retribuite, della possibilità di cessione fra lavoratori dipendenti dello stesso datore di lavoro di tutti o parte dei giorni di riposo aggiuntivi (rispetto a quelli previsti dalle norme statali) spettanti in base al contratto collettivo nazionale, in favore del lavoratore genitore di figlio minore che necessiti di presenza fisica e cure costanti per le particolari condizioni di salute.

Ci sarà poi l'integrazione dell'offerta di servizi per l'infanzia forniti dalle aziende e dai fondi o enti bilaterali nel sistema pubblico-privato dei servizi alla persona, anche mediante la promozione dell'utilizzo ottimale di tali servizi da parte dei lavoratori e dei cittadini residenti nel territorio in cui sono attivi.

Quanto ai tempi di approvazione il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha indicato che il Governo ricorrerà al voto di fiducia alla Camera "se ci saranno rischi di stravolgimento nel merito o di una spola tra i due rami del Parlamento, con un allungamento dei tempi superiore a quanto accettabile".

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I lavoratori di Fiat di Termini Imerese e dell'indotto hanno giudicato positiva l'intesa raggiunta nella serata di Venerdì al Ministero dello Sviluppo Economico, che prevede l'assunzione di tutti i lavoratori ex Fiat e la partenza degli investimenti per produzione dell'auto elettrica e ibrida. Kamsin "Abbiamo ribadito in assemblea l'importanza dell'intesa raggiunta anche per i lavoratori dell'indotto" ha dichiarato il segretario nazionale della Fim Cisl, Ferdinando Uliano. "Abbiamo evitato i licenziamenti e costruito le condizioni per la reindustrializzazione di un territorio in forte crisi, nello stesso tempo abbiamo costruito le condizioni per dare le risposte anche per i 250 lavoratori dell'Indotto.

Su questo aspetto - ha concluso - noi e i lavoratori chiediamo alla Regione e al Governo attraverso all'accordo di dare concretezza alle soluzioni industriali che da tempo ci vengono promessi". "L'accordo per il rilancio produttivo dello stabilimento di Termini Imerese e' molto positivo e deve diventare un modello di investimento e di sviluppo per il Mezzogiorno e per tutto il paese", sottolinea in una nota il neo segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan. "Il risultato delle assemblee di fabbrica di Termini Imerese ci conferma nella strada che abbiamo imboccato", dice invece il vice ministro allo Sviluppo Economico Claudio De Vincenti. "L'accordo per Termini Imerese e' una buona notizia. L'impegno e la responsabilita' del Sindacato hanno consentito di avviare a soluzione una di quelle delicatissime questioni", commenta il segretario generale aggiunto della Uil, Carmelo Barbagallo. 

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