La pensione resta integrata al minimo anche se si consegue un assegno ai superstiti

R. Bianchi Giovedì, 18 Ottobre 2018
La cristallizzazione del trattamento minimo protegge i pensionati che per effetto della liquidazione di una pensione di reversibilità superano i limiti di reddito annuali consentiti per mantere l’integrazione.
Come noto l’integrazione al trattamento minimo della pensione è uno strumento previsto dalla Legge 638/1983 che tutela quei pensionati titolari di trattamenti previdenziali diretti ed indiretti a carico dell'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi e delle gestioni sostitutive ed esclusive che hanno un assegno pensionistico a calcolo molto basso che non permette loro di far fronte alle esigenze della vita.

Il meccanismo consiste in una integrazione della propria pensione in modo di arrivare a raggiungere € 507,42 mensili (per il 2018), qualora l’importo non integrato sia al di sotto di detto importo. Per ottenere questa integrazione, è necessario inoltre non superare determinate soglie reddituali stabilite annualmente dalla legge. Per l’anno 2018 la soglia è fissata, per il pensionato solo a 6.596,46 euro, mentre per quello coniugato è di 13.192,92 euro. A tal fine se il pensionato nel corso dell’anno di fruizione dell’integrazione al trattamento minimo supera l’importo indicato, l’INPS provvederà al recupero di quanto già erogato ma non dovuto.

Tuttavia è presente una particolarità da tenere in considerazione, che prende il nome di “cristallizzazione” del rateo, regolamentata dall'articolo 6, comma 7 della legge 638/1983. La disposizione appena richiamata prevede che l'importo del rateo integrato erogato alla data della cessazione del diritto all'integrazione resti conservato/bloccato sino al suo superamento per effetto dell'applicazione delle disposizioni riguardanti la perequazione automatica delle pensioni. In pratica il pensionato, pur perdendo il diritto all'integrazione, continuerà a percepire l'importo della pensione integrata al momento della cessazione del diritto all'integrazione finchè l'importo dell'assegno - a seguito della rivalutazione annua della pensione - non superi il valore dello stesso cristallizzato. 

Queste casistiche si palesano spesso nel caso di titolari di pensione diretta integrata al minimo che a seguito della morte del congiunto acquisiscono una pensione ai superstiti. Silvia, per esempio, titolare di pensione integrata al trattamento minimo cristallizzato con un importo mensile di 460€, dopo la morte del marito, diviene titolare di pensione di reversibilità il cui importo in teoria le farebbe superare il limite annuale per mantenere l’integrazione sulla pensione diretta, cioè i 6.596,46€. La pensionata però, anche se supera i limiti di reddito, non perderà il beneficio dell’integrazione, poiché la prestazione diretta resterà “cristallizzata” al momento della cessazione del diritto all’integrazione finchè l'importo della pensione a calcolo non splafoni il valore dell'assegno cristallizzato, cioè i 460 euro mensili. Diverso però è il caso per le pensioni ai superstiti con più titolari (ad esempio la contitolarità per figlio maggiorenne disabile). Infatti in caso di uscita di uno dei contitolari la pensione verrà ricalcolata all’origine e se viene superato il limite di reddito non verrà applicato il principio della cristallizzazione.

Per verificare se la propria pensione è cristallizzata è necessario scaricare dal sito INPS il certificato di pensione il quale riporterà la seguente dicitura: “La pensione è integrata al trattamento minimo cristallizzato in via provvisoria, in attesa della verifica della Sua situazione reddituale.” Occorre riferire, infine, che, secondo quanto dispone l'articolo 1, co. 16 della legge 335/1995, ai trattamenti liquidati con il sistema contributivo non si appplicano le disposizioni sull'integrazione al minimo. Pertanto le suddette regole possono trovare applicazione solo nei confronti dei lavoratori che liquidano la pensione nel sistema misto.

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