Pensioni, Niente neutralizzazione oltre gli ultimi cinque anni

Vittorio Spinelli Martedì, 02 Novembre 2021
La Cassazione sul principio di irriducibilità del livello di pensione già raggiunto. L'agevolazione può trovare applicazione solo entro limiti temporali ben precisi.

Non è possibile neutralizzare le minori contribuzioni godute anteriormente al quinquennio antecedente alla decorrenza della pensione. Ancorché tali periodi abbiano abbattuto la misura della pensione. Con la Sentenza n. 26442 del 29 settembre 2021 la Cassazione torna su un principio ormai consolidato nella giurisprudenza spesso discusso nelle giurisdizioni dei gradi inferiori.

La questione

Riguarda il principio di neutralizzazione delle contribuzioni ridotte rispetto al montante contributivo dell'ultimo quinquennio prima del pensionamento. Numerosi interventi censori della Consulta hanno nel tempo riconosciuto, infatti, il diritto a favore dei lavoratori del settore privato di scomputare dal periodo di ricerca delle medie pensionabili da cui si ricavano le quote di pensione retributiva l'ultimo quinquennio anteriore all'insorgenza del diritto a pensione ove vi sia stata riduzione della retribuzione in tale lasso temporale. Ovviamente nel caso in cui tale contribuzione non sia necessaria per l'acquisizione del diritto a pensione.

Alla Corte era stato chiesto, in particolare, di pronunciarsi sulla possibilità che il principio di neutralizzazione operi senza limiti temporali, cioè sia utilizzabile anche per sterilizzare periodi anteriori all'ultimo quinquennio, a condizione che la pensione fosse comunque maturata senza il periodo oggetto di neutralizzazione.

La decisione

I giudici hanno respinto il ricorso osservando, in sintesi, che per far scattare il principio occorrono tre condizioni:

  1. che la diminuzione della retribuzione si sia verificata nell'ultimo quinquennio di contribuzione, e cioè in coincidenza con il periodo di riferimento (le ultime 260 settimane di contribuzione) o nel corso di esso;
  2. che il diritto a pensione persista anche all'esito dello scorporo di tali periodi dall'anzianità contributiva;
  3. che la misura della pensione in assenza di tali periodi risulti superiore a quella spettante con il computo degli stessi tal ché la riduzione della retribuzione pensionabile è talmente elevata da non poter essere compensata dal corrispondente incremento dell'anzianità contributiva.

Infatti, in base ai principi enunciati dalla Corte Costituzionale (sentenze n. 822/1988,  n.307/1989, n. 428/1992, n. 264/1994 e n. 82/2017) l'esclusione dal calcolo della pensione dei periodi di retribuzione ridotta non necessari ai fini del perfezionamento dell'anzianità contributiva minima è finalizzata ad evitare un depauperamento del trattamento pensionistico causato dallo svolgimento di un'attività lavorativa meno retribuita nell'ultimo quinquennio di lavoro, onde con riferimento a tale quinquennio solamente opera il principio di neutralizzazione in discorso. In particolare, le sentenze della Corte costituzionale che hanno inciso sulla norma hanno lasciato immutato il periodo di riferimento temporale del quinquennio, che è presupposto necessario dell'applicabilità del principio.

Nello stesso senso, deve richiamarsi quanto da ultimo statuito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 82 del 2017, che dichiarato l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982, nella parte in cui non prevede il diritto alla «neutralizzazione» dei periodi di contribuzione per disoccupazione e per integrazione salariale anche oltre i limiti del quinquennio.

Pertanto, concludono i giudici, «la neutralizzazione della contribuzione può operare solo all'interno del periodo indicato dalla norma, e non anche in relazione a periodi diversi, restando dunque non neutralizzabile il montante contributivo minore che non si riferisca al periodo finale del rapporto contributivo previdenziale e sia inoltre relativo a periodi precedenti l'ultimo quinquennio di contribuzione».

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