La crescita del Pil traina la misura degli assegni. Chi andrà in pensione dal 1° gennaio 2026 godrà una rivalutazione del montante contributivo di oltre il 4,0% a cui si aggiunge il 3,6% dello scorso anno e del 2,3% nel 2023. Lo rende noto l'Istat con nota prot. 1915604/2025, pubblicata sul sito del ministero del lavoro, nella quale diffonde il tasso di capitalizzazione ai sensi della legge n. 335/1995 relativo all’anno 2025. Si tratta del quarto aumento consecutivo dopo il valore negativo registrato nel 2021 che aiuterà gli assegni dei pensionandi.
La rivalutazione 2025
Nello specifico il tasso medio annuo composto di variazione del prodotto interno lordo nominale, nei cinque anni precedenti il 2025, è risultato pari a 0,040445 e, pertanto, il coefficiente di rivalutazione è pari a 1,040445. Il tasso, come consueto, fungerà da parametro per rivalutare il montante acquisito al 31 dicembre 2024 per i lavoratori iscritti alle gestioni della previdenza pubblica obbligatoria (INPS), la cui decorrenza della pensione sarà compresa tra il 1° gennaio 2026 ed il 31 dicembre 2026. Si ricorda, infatti, che la rivalutazione non opera sui contributi versati nell’anno precedente la decorrenza della pensione (quindi nel 2025) né per quello di pensionamento (2026). Un montante contributivo di 100.000€ al 31 dicembre 2024 varrà quindi 104.044€ facendo registrare un aumento di 4.044€.
Nella storia solo in due occasioni è stato negativo, nel 2014 e nel 2021. Nel 2014 il Decreto Poletti (Dl n. 65/2015) ci ha messo una toppa scongiurando una svalutazione del montante contributivo. Nel 2021, invece, il tasso non applicato è stato recuperato sulla rivalutazione del 2022.
La pensione contributiva
La novità riguarda il calcolo della pensione con il c.d. «sistema contributivo», in base al quale l'importo della pensione è pari a una percentuale di tutti i contributi versati durante l'intera vita lavorativa (33% della retribuzione percepita per i lavoratori dipendenti e collaboratori; 24 o 25% per i lavoratori autonomi). La somma dei contributi rivalutati, per l’appunto, annualmente per il coefficiente di capitalizzazione forma il montante contributivo. E’ quindi importante per chi ha meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 o per chi ha iniziato a versare i contributi dal 1° gennaio 1996 in poi perché gran parte o l’intera pensione sarà calcolata con le regole del sistema contributivo. E' meno impattante per chi ha raggiunto 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 dato che nei suoi confronti il calcolo contributivo si applica solo a partire dal 1° gennaio 2012.
Non ha effetti per chi è già in pensione al 31 dicembre 2025: in tal caso la rivalutazione della pensione dal 1° gennaio 2026 avviene tramite la cd. perequazione annua agganciata però all’inflazione (il tasso rivalutazione del montante, invece, sale in misura proporzionale all'eventuale crescita o decrescita dall'economia statale).
La percentuale che, applicata al montante, determina l'importo annuo di pensione è prefissata dalla legge, in corrispondenza dell'età di pensionamento, a partire dal 57° sino al 71° anno: si chiamano «coefficienti di trasformazione». Anche questi coefficienti sono soggetti a revisione, a cadenza biennale (nel biennio 2023/2024 sono migliorati, rispetto al passato, comportando quindi un calcolo della pensione più alto rispetto al passato).














