Pensioni

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Il Movimento Cinque Stella presenta una mozione alla Camera dei Deputati per il taglio delle pensioni d'oro. "La progressività del prelievo oltre i 90mila euro tiene conto dei rilievi della Consulta".

Kamsin Ecco una soluzione per tagliare le pensioni d’oro senza cadere nella tagliola della Corte costituzionale. Il M5S l’ha individuata: si tratta delle ‘imposte sostitutive’ che già sono presenti in diverse modalità nel sistema tributario italiano”. E' quanto ricordano i deputati del MoVimento 5 Stelle che hanno depositato una mozione in tal senso a prima firma Walter Rizzetto, vicepresidente della Commissione Lavoro.

“Il documento – spiega Rizzetto – impegna il governo a ricalibrare e aumentare le aliquote sui redditi pensionistici, innalzando il prelievo sugli assegni sopra i 90mila euro in modo da ridistribuire il gettito ottenuto sulle pensioni più povere e sulle minime. Oggi, dai 75 mila euro in su si applica comunque il 43%. Ma è giusto far pagare la stessa aliquota a chi guadagna 150mila euro e a chi ne prende la metà? Secondo il M5S si possono introdurre altri scaglioni dai 90 mila euro a salire, rendendo l’imposta sempre più progressiva per rimediare agli scandalosi privilegi concessi con il vecchio sistema retributivo. La progressività tra l’altro va incontro ai rilievi della Consulta”.

“Il principio ‘Nessuno deve restare indietro’  rimane la stella polare del M5S che continua a lavorare con concretezza nelle istituzioni. Ora vedremo se il governo, una volta tanto, saprà dare seguito alle tante chiacchiere sparse al vento”, chiude Rizzetto.

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La rete dei Comitati degli Esodati chiede al Ministro del Lavoro di valutare un nuovo provvedimento di salvaguardia sulla base del recente censimento effettuato dall'Inps sui lavoratori esclusi. 

Kamsin La Rete dei Comitati degli Esodati, presieduta da Francesco Flore, torna a ribadire, in un comunicato indirizzato al Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, la necessità di un ulteriore intervento in materia di deroghe alla Riforma Fornero. L'idea è di partire dai numeri forniti lo scorso 15 Ottobre dal Sottosegretario al Lavoro, Luigi Bobba, all'atto di sindacato ispettivo sollevato dall'Onorevole Luisa Gnecchi (Pd) in cui sono state diffuse le prime cifre ufficiali di una possibile estensione del perimetro di tutela dei lavoratori in parola. L'Inps ha stimato, infatti, in circa 49mila i lavoratori che potrebbero essere tutelati qualora si allungassero sino al 6 gennaio 2019 i termini per l'inclusione nella salvaguardia (dal paletto attuale, fissato al 6 gennaio 2016).  

Chiediamo - si legge nel comunicato - di valutare un preciso provvedimento di salvaguardia, sulla scorta e falsariga dei precedenti 6, per tutti i 49.000 “esodati non salvaguardati” di cui alle tabelle INPS allegate alla risposta del Sottosegretario Bobba. Riteniamo che tale provvedimento non necessiti di rilevanti coperture finanziarie reperibili anche dai risparmi realizzati con le precedenti 6".

La Rete sottolinea comunque l'amarezza per la mancata approvazione di una soluzione strutturale al dramma degli esodati, come piu' volte promesso dallo stesso Poletti: "abbiamo ricevuto assicurazioni - prosegue il comunicato - che questo Governo avrebbe trovato una soluzione strutturale al dramma degli “Esodati”.  Abbiamo invece  assistito al “cestinamento” della ex pdl 224 che sarebbe costata, per i soli esodati circa 6 miliardi distribuiti in 10 anni, una cifra ragionevole rispetto alla vastità del dramma e in considerazione degli oltre 81 Mld di euro risparmiati sulla spesa previdenziale nel periodo 2012-2021 (segnaliamo ancora che la manovra, per lo stesso periodo, ne prevedeva 22).  Una proposta che, seppur ancora parziale, rappresentava un fondamentale passo avanti per la soluzione del nostro dramma ma che, rimpiazzata da un emendamento governativo, ha dato origine, con il DdL 1558 appena approvato definitivamente al Senato, alla VI^ salvaguardia".

La esortiamo ad onorare gli impegni presi con noi - conclude il comunicato - e Le chiediamo, pertanto e con  fermezza, che nella legge di stabilità sia inserita una Sua proposta di soluzione strutturale del nostro dramma e che non potrà che essere dello stesso tipo (previdenziale) finora riconosciuto con i 6 provvedimenti approvati.


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La Senatrice Laura Puppato (Pd) ha presentato un'interrogazione ufficiale al Ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan per comprendere se intende risolvere la vicenda che vede protagonisti circa 4mila tra docenti e personale Ata della Scuola del movimento "Quota 96".

Kamsin E' stata firmata praticamente da componenti di tutte le forze politiche che sostengono il Governo l'interrogazione promossa dalla Senatrice Laura Puppato volta a chiarire il destino dei 4mila docenti e personale Ata della Scuola che si riconoscono nel movimento cd. "Quota 96". L'interrogazione, proposta dal Partito Democratico lo scorso 8 Ottobre a Palazzo Madama (Atto Senato 4-02798), ha visto l'adesione di esponenti del M5S, di Ncd e Italia dei Valori ed ha come destinatario il Ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan.

L'interrogazione vuole fare il punto della situazione, dopo mesi di tira e molla, per i docenti che hanno maturato un diritto a pensione nell'anno scolastico 2011/2012 e che, per via della Riforma Fornero sono rimasti intrappolati sul posto di lavoro.

Il testo dell'interrogazione - "La riforma pensionistica cosiddetta riforma Fornero introdotta con il decreto-legge n. 201 del 2011, "Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici", convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, ha prodotto effetti negativi soprattutto su circa 4.000 lavoratori del comparto scuola tra docenti e personale ATA nati nel 1951 e 1952, detti "quota 96";

a giudizio degli interroganti, la riforma varata dal Governo "tecnico" contiene in particolare un "errore tecnico" ammesso dallo stesso estensore della riforma, che esclude dal diritto maturato di andare in pensione tali lavoratori nonostante nel dicembre 2012 ne avessero i requisiti, obbligandoli in tal modo ad un'ulteriore permanenza in servizio per un periodo che va dai 2 ai 7 anni;

in conseguenza della specificità della scuola che distingue l'anno scolastico da quello solare, per lavoratori appartenenti al comparto scuola è possibile andare in pensione esclusivamente nel giorno del 1° settembre, pur avendo maturato i requisiti in precedenza;

considerato che:

sulla questione hanno assunto più volte posizione sia il Governo che numerosi parlamentari, con l'impegno di addivenire ad un rapida soluzione del problema che a tutt'oggi non è pervenuta;

uno Stato che si dica affidabile e credibile agli occhi dei cittadini non può non provvedere alla correzione di errori che pesano sulla vita delle persone;

l'ammontare delle risorse necessarie per garantire il diritto alla pensione ai lavoratori vittime dell'"errore tecnico" calcolato dalla Ragioneria dello Stato è stato calcolato in 400 milioni di euro, distribuibili su più annualità da spendere in più anni;

considerato inoltre che:

il nuovo sistema di calcolo del PIL, detto Sec2010, realizzato in accordo dai diversi sistemi statistici europei, secondo il quale l'ISTAT sta rivedendo i conti italiani, provocherebbe un miglioramento del rapporto tra deficit e PIL di 0,2 punti percentuali, passando dall'attuale 3 per cento al 2,8 per cento;

ciò libererebbe risorse, comunque da reperire sul mercato, per un minimo di 1,5 miliardi di euro e fino a 3 miliardi, in ogni caso ben superiori alle necessità per risolvere l'errore "quota 96",

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga di dover investire parte delle risorse liberate dal nuovo sistema di conteggio del PIL per correggere l'errore e sancire dunque con forza il principio per cui il diritto acquisito del singolo non è ritrattabile dallo Stato senza il consenso dello stesso".

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"Molti lavoratori della scuola, non avendo raggiunto il minimo contributivo, da settembre, non ricevono né stipendio né pensione a causa di un’interpretazione errata della legge che chiediamo di riconsiderare".

Kamsin "Chiederò ai ministri competenti la possibilità ottenere una proroga dei trattenimenti in servizio nella Pubblica Amministrazione". E' quanto ha dichiarato la deputata Caterina Pes (Pd) all'agenzia di stampa Agenparl la settimana scorsa in una intervista rilasciata circa la situazione dei lavoratori della pubblica amministrazione che saranno collocati in quiescenza d'ufficio dal prossimo 1° Novembre. 

"I revocati sono quei dipendenti della P.A.,tra cui molti insegnanti, ai quali è stata tolta la proroga di permanenza in servizio di due anni oltre l’età pensionabile: con i deputati Pd della commissione Cultura, di cui faccio parte, abbiamo presentato un’interrogazione ai Ministri della Pubblica amministrazione e dell’Istruzione per chiedere di valutare l’opportunità, essendovi ancora i tempi tecnici,di intervenire sul pensionamento dei “Quota 96″ e sul mantenimento in servizio, per il periodo di proroga già ottenuto, dei revocati”, ha detto la Pes.

“In particolare vorrei richiamare la vicenda di molti insegnanti che si sono visti comunicare il pensionamento d’ufficio a meno di un mese dall’inizio della scuola: questo fatto ha ovviamente creato molti problemi alla vita delle persone che si sono ritrovate con un anno da riprogrammare sia dal punto di vista economico che organizzativo ” chiarisce la parlamentare dem ” vi è inoltre il caso di molti dipendenti che non avendo raggiunto il minimo contributivo, da settembre, non ricevono né stipendio né pensione a causa di un’interpretazione restrittiva se non errata della legge che chiediamo di riconsiderare".

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L'Adepp critica la stangata prevista dalla legge di stabilità sulla previdenza privata. Sale infatti dall'11 al 20 per cento il prelievo sui fondi pensione e viene incrementata dal 20 al 26 per cento l'aliquota sui rendimenti delle Casse previdenziali private. 

Kamsin "Portare l'aliquota sui rendimenti al 26 per cento, dopo che una precedente norma di legge aveva stabilito una tassazione del 20 per cento in attesa di una ulteriore armonizzazione del sistema di primo e secondo pilastro, costituirebbe un unicum in Europa e un danno irreparabile per le future prestazioni pensionistiche, in particolare dei giovani professionisti". È duro il giudizio di Andrea Camporese, presidente dell'Adepp, al doppio colpo previsto dalla legge di stabilità sulle Casse private e i fondi pensione.

"L'aumento della tassazione, inoltre, sottrae risorse oggi indispensabili per permettere agli enti di continuare ad assicurare quel welfare integrato ed allargato resosi necessario per far fronte ad una delle peggiori crisi che abbia mai investito il sistema. Un sostegno che ha superato i 540 milioni di euro, che ha registrato un 65 per cento in più in termini nominali di azioni del Welfare messi in campo dalle casse di previdenza", ricorda Camporese.

La protesta contro i maxi rincari tributari arriva dopo la decisione del Governo di alzare il prelievo fiscale sulla previdenza privata. Un sistema che dovrebbe sorreggere le prestazioni obbligatorie per consentire ai giovani la percezione di una trattamento di quiescenza adeguato e compensare l'introduzione del sistema contributivo da cui scaturiranno assegni più magri rispetto al passato.

L'intervento del governo prevede infatti un duro innalzamento del prelievo fiscale sui rendimenti delle Casse private, che passerebbe dal prossimo anno dal 20 al 26 per cento, e l'incremento dall'11,5 al 20 per cento del prelievo sui fondi pensione. La stangata non risparmierà neanche i fondi di categoria o aziendali introducendo, di fatto, un regime fiscale  che li equiparerà, sostanzialmente, ai fondi di investitori privati a carattere speculativo.

"Equiparare quasi i fondi a un qualsiasi operatore speculativo di mercato significa travisare la missione istituzionale e costituzionale della previdenza obbligatoria penalizzando la contribuzione versata alle casse rispetto a quanto previsto per quella corrisposta all'Inps", osserva Camporese. Che chiede lo stralcio dell'aumento del prelievo fiscale in occasione della discussione della legge di stabilità: "l'iter parlamentare di approvazione della legge di stabilità dovrà consentire la correzione di questo grave atto di ingiustizia nei nostri confronti".

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Il Sindacato delle Ferrovie chiede la rapida approvazione del ddl che consentirebbe l'uscita anticipata a 58 anni del personale ferroviario.

Kamsin "Si sblocchi in Parlamento la proposta di legge che consente l'accesso alla pensione a 58 anni per i ferrovieri". E' quanto si legge in un comunicato pervenuto alla redazione di pensionioggi.it la scorsa settimana dal Sindacato OrSA delle ferrovie.

Nel comunicato il sindacato chiede lo sblocco in particolare della proposta di legge presentata Antonio de Poli (Scelta civica) ed attualmente su un binario morto in Commissione Lavoro a Palazzo Madama.

Il ddl consentirebbe l'uscita dal servizio - ricorda il comunicato - a 58 anni e 38 anni di contributi in ragione della particolare usura, delle specifiche aspettative di vita e dell'obbligo di mantenimento degli speciali requisiti psico-fisici che garantiscano la sicurezza del trasporto ferroviario, del personale operante nelle imprese ferrroviarie e nelle imprese dei gestori delle infrastrutture ferroviarie con mansioni di: addetto alla condotta dei treni, addetto alla scorta dei treni, addetto alla manovra/traghettamento/formazione treni ed il personale imbarcato a bordo delle navi traghetto.

Il sindacato ricorda come la Riforma Fornero del 2011 abbia infatti soppresso i requisiti pensionistici più favorevoli ai lavoratori iscritti al Fondo speciale istituito presso l'INPS ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1999, n. 488.

La normativa previgente aveva un "occhio di riguardo" in favore del personale mobile occupato in attività di condotta dei mezzi di trazione ferroviari ed alle attività di sicurezza e di assistenza alla clientela a bordo treno; del personale navigante a bordo dei traghetti gestiti dal gestore dell'Infrastruttura per la garanzia della continuità territoriale; nonchè del personale addetto alle attività di manovra/formazione/traghettamento negli scali ferroviari. 

Tali soggetti potevano maturare un requisito pensionistico più favorevole (cinquantotto anni di età ed una anzianità di servizio di almeno venticinque anni), dettato dalla oggettiva gravosità, pesantezza e rischio insito nelle mansioni di questi profili.

Va ricordato - si legge nel comunicato - che l'aspettativa di vita per i lavoratori addetti alla condotta dei treni e del personale navigante risulta -- da studi di settore -- molto inferiore rispetto a quella media degli altri ferrovieri (per il personale mobile di circa otto anni) e tale quadro tende ad aggravarsi per l'aumento della produttività pro-capite, la riduzione dell'equipaggio treno, delle squadre di manovra e delle tabelle di armamento delle navi traghetto FS.

E' altresì acclarato come in Europa nessun ferroviere con le mansioni in questione accede così tardi al diritto di pensione.

È, dunque, fondamentale - continua il comunicato - evitare lo sfruttamento psico-fisico in età avanzata del personale ferroviario di condotta, accompagnamento, manovra e navigante quale condizione atta ad evitare problemi alla sicurezza ferroviaria ed a garanzia dell'aspettativa di vita di questi lavoratori.

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