Come si calcola la pensione dei magistrati

Vittorio Spinelli Giovedì, 10 Maggio 2018
Anche il personale della magistratura risente delle modifiche apportate dalla Riforma Dini del 1995 e della Riforma Fornero del 2011. Ecco le principali regole per il calcolo della pensione.
Anche per i magistrati le regole di calcolo della pensione seguono la generalità di quelle previste per i dipendenti pubblici dello stato. La liquidazione dei trattamenti di quiescenza del personale dirigente e delle Aree funzionali nonché dei magistrati deve essere determinata in base all’ordinamento pensionistico previsto per gli iscritti alla Cassa dei trattamenti pensionistici dello Stato (CTPS), tenendo presente delle specificità legislative riferite al personale appartenente alla magistratura ordinaria ed applicando le regole di cui al DPR 1092/1973.

Anzitutto va ricordato che il personale della magistratura opera in regime di diritto pubblico in virtù di quanto disposto dall’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165 posto che nei loro confronti non si è  realizzata la cosiddetta “privatizzazione del rapporto di lavoro”, ma tutti gli aspetti riguardanti lo stato giuridico, economico, ordinamentale ed organizzativo sono disciplinati da norme di legge. Ed è caratterizzato dall'unitarietà di ruolo ai sensi dell'ordinamento speciale riconosciuto dal Regio Decreto 30 gennaio 1941 n. 12 e successive modificazioni e integrazioni. Ai sensi dell’articolo 1 della legge 24 maggio 1951, n. 392 i magistrati ordinari si distinguono secondo le funzioni in magistrati di Tribunale, magistrati di Corte di Appello e magistrati di Corte di Cassazione.

Il sistema di calcolo

A seguito della Riforma Amato, Dini e Fornero il personale della magistratura è soggetto alle normali regole per il calcolo della pensione previste per i dipendenti dello stato. Il personale è destinatario, pertanto, del sistema di calcolo retributivo sulle anzianità maturate sino al 2011 (se al 31 dicembre 1995 risultava in possesso almeno di 18 anni di contributi) o sino al 1995 (se alla predetta data aveva meno di 18 anni di contributi). La restante parte dell'assegno è soggetta alle regole di calcolo contributive introdotte dalla Legge Dini. Al pari degli altri dipendenti statali, pertanto, le regole di calcolo sono più favorevoli rispetto ai lavoratori dipendenti del settore privato per quattro fattori principali: 1) la presenza di rendimenti più generosi nelle quote di pensione calcolate con il sistema retributivo; 2) l'assenza di un tetto pensionabile almeno sino al 1993; 3) la possibilità di godere di una maggiorazione della base pensionabile pari al 18% dello stipendio (legge 177/1976); 4) la possibilità di calcolare la quota di pensione riferita alle anzianità maturate sino al 1992 sulla base dello stipendio in godimento alla momento della cessazione. Con l'introduzione del sistema contributivo molte di queste differenze sono andate attenuandosi.

Parte Retributiva

I coefficienti di rendimento delle anzianità soggette al calcolo retributivo sono quelli previsti dall'articolo 44 del DPR 1092/1973 per i dipendenti civili dello Stato (vale a dire 2,33% per i primi 15 anni di contribuzione e 1,8% per gli anni successivi entro il massimo dell'80% della base pensionabile). Dal 1995 l'aliquota di rendimento non può superare il 2%. La parte retributiva dell'assegno si compone della Quota A determinata sulla base dell'anzianità contributiva in possesso al 31.12.1992 e che si calcola in base all'ultimo stipendio percepito al momento del pensionamento e della quota B determinata con i criteri di cui al Dlgs 502/1993 riferita alle anzianità contributive maturate tra il 1° gennaio 1993 ed il 31 dicembre 1995 (31 dicembre 2011 se l'assicurato vanta almeno 18 anni di contributi al 1995) e che si calcola sulla base della media delle retribuzioni pensionabili percepite negli ultimi 10 anni di servizio (se al 31.12.1992 c'erano almeno 15 anni di contributi) o sulla base della media delle retribuzioni pensionabili percepite dal 1993 al pensionamento (se al 31.12.1992 non c'erano 15 anni di contributi). Come detto a differenza dei lavoratori dipendenti del settore privato il sistema retributivo risulta più generoso soprattutto per la mancanza sino al 1997 di un tetto pensionabile per gli stipendi elevati cui generalmente godono i magistrati: il tetto è stato introdotto gradualmente solo dal 1993 per essere omogeneizzato a quello vigente nell'AGO solo dal 1998 in poi.

Parte contributiva

La parte contributiva della pensione (quota C) si applica pro rata dal 1° gennaio 1996 per i magistrati in possesso di meno di 18 anni di contributi al 1995 o dal 1° gennaio 2012 per coloro in possesso di almeno 18 anni di contributi al 1995. Per i magistrati assunti in servizio dal 1996 l'intero assegno è determinato con le regole di calcolo contributive. La quota contributiva della pensione è determinata moltiplicando la base pensionabile annua per l'aliquota di computo (33%); il montante così determinato è rivalutato per la media quinquennale della variazione del PIL (tasso di capitalizzazione). Alla fine della carriera lavorativa il montate totale viene moltiplicato per i coefficienti di trasformazione vigenti alla data di pensionamento determinando così l'importo lordo annuo della pensione. 

Voci Pensionabili

Il trattamento economico della magistratura si articola nelle seguenti voci: 1) Stipendio tabellare; 2) Quote mensili di cui all’articolo 161 della legge 11 luglio 1980, n. 312; 3) Indennità integrativa speciale; 4) Indennità di funzione o giudiziaria, attribuita ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 27/1981 e successive modificazioni e integrazioni, che viene corrisposta in relazione agli oneri che i magistrati incontrano nello svolgimento della loro attività; 5) indennità di lingua per il personale in servizio, ad esempio, in Trentino Alto Adige (cfr: Circ inpdap 28/2005)

Si rammenta che per la riserva di legge in materia di voci pensionabili rilevano nella quota A di pensione lo stipendio tabellare e le quote mensili (maggiorate del 18 per cento ai sensi dell’articolo 15 della legge 177/1976) e l’indennità integrativa speciale (che invece non gode della predetta maggiorazione). Nella altre quote di pensione oltre alle predette voci trovano valorizzazione anche l'indennità di funzione nonchè l'indennità di lingua, quale voci accessorie, a partire dal 1° gennaio 1996 e solo per la parte eccedente il 18% della maggiorazione di cui all'articolo 15 della legge 177.


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