Pubblico Impiego

Pubblico Impiego

Con le ultime novità contenute nel decreto legge sulla riforma della pubblica amministrazione approvato dal Cdm Venerdì 13 Giugno diventerà piu' difficile per i dipendenti del pubblico impiego fruire dell'incentivazione alla permanenza sul posto di lavoro sino all'età dei 70 anni. Kamsin Con l'eliminazione del trattenimento in servizio, seppur con talune gradualità in favore dei magistrati e di altre poche categorie "protette", il decreto Madia-Renzi fara' venir meno infatti uno dei punti di forza del Decreto Monti del 2011: l'incentivazione a restare al lavoro sino a 70 anni. 

Com'è noto la riforma Monti-Fornero ha "spronato" il proseguimento dell’attività lavorativa fino a 70 anni di età, con l'articolo 24, comma 4, secondo periodo del Dl 201/2011 in forza del quale il lavoratore può fruire di coefficienti di trasformazione piu' generosi tanto piu' elevata è l'età di collocamento a riposo. E quindi, in ultima analisi, il godimento di una pensione piu' ricca.

A dire il vero questa incentivazione non ha trovato vita facile per il pubblico impiego già con il Dl 101/2013. Infatti l’articolo 2, comma 5, del Dl 101/2013 ha interpretato autenticamente l’articolo 24 della riforma Monti-Fornero nel senso che per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni il limite ordinamentale – al raggiungimento del quale l’amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoro se il lavoratore ha conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto a pensione – non è modificato dall’elevazione dei requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia; si fa eccezione solo per il trattenimento in servizio o per far conseguire all’interessato la prima decorrenza utile della pensione. In pratica attualmente un dipendente pubblico che abbia già raggiunto l'età pensionabile può comunque proseguire l’attività lavorativa oltre il limite ordinamentale - che per la maggior parte dei dipendenti pubblici è fissato a 65 anni - solo in caso di concessione del trattenimento in servizio.

Per questi soggetti pertanto l'abrogazione del trattenimento in servizio voluta da Renzi e Madia e contenuta nel decreto approvato la scorsa settimana dal Cdm si tradurrà nell'impossibilità di fatto di poter raggiungere, o almeno avvicinarsi, ai fatidici 70 anni incentivati dallo stesso decreto 201/2011 e di ottenere una pensione piu' elevata.

Nel pubblico impiego esistono però categorie di lavoratori per i quali il limite ordinamentale è più elevato dei 65 anni. Si tratta in particolare dei professori universitari, dei magistrati, degli avvocati e procuratori dello Stato, che in base ai rispettivi ordinamenti sono collocati a riposo al raggiungimento del limite dei 70 anni di età (salvo concessione ulteriore del trattenimento in servizio che può arrivare fino a 5 anni). Per questi soggetti è del tutto evidente che le tagliole del Dl 101/2013 e del Decreto sulla Pubblica Amministrazione Renzi-Madia non sortiscono grandi effetti dato che non mettono in discussione la possibilità di continuare a lavorare sino a 70 anni.

Con un beneficio notevole in termini economici. Per queste categorie di lavoratori lo stipendio aumenta infatti annualmente, salvo la vigenza degli attuali blocchi retributivi, in funzione degli adeguamenti inflattivi e sulla base di appositi decreti; e, cessando dal servizio con età particolarmente elevate, avranno coefficienti di trasformazione piu' elevati in grado di garantire una rendita previdenziale piu' succulenta.

Zedde

Ancora nulla da fare per il decreto legge sulla riforma della Pubblica amministrazione. A distanza di 10 giorni dal Cdm del decreto che dovrebbe abolire il trattenimento in servizio per i dipendenti pubblici ed introdurre una serie di semplificazioni fiscali non c'è tratta in Gazzetta Ufficiale. Kamsin Il testo è ancora al vaglio del Quirinale (il documento deve ottenere la controfirma del Presidente della Repubblica) che ha chiesto al governo di effettuare alcune modifiche proprio sull'abrogazione del trattenimento in servizio per i magistrati.

Il Colle ha infatti chiesto maggiore gradualità per gli ermellini in quanto la tagliola prevista da Renzi avrebbe di colpo abbassato da 75 a 70 anni l'età del ritiro lasciando scoperti oltre 400 posizioni, molte di vertice, nelle Procure e nei Tribunali del paese. Il governo dovrebbe pertanto prevedere che i trattenimenti in servizio già concessi saranno validi sino al 2016 o al 2017 ( e non sino al 31 Ottobre 2014 come dispone in via generale il decreto per gli altri dipendenti delle pubbliche amministrazioni). Fonti giornalistiche tuttavia indicano che il Quirinale abbia chiesto l'estensione della norma, non solo ai giudici che rivestano cariche elettive, ma anche in favore dei militari. Potrebbero quindi essere fatti salvi fino al 2016 i collocamenti in ausiliaria e i richiami in servizio delle Forze Armate, un istituto previsto dal codice militare che consente a chi è andato in pensione di continuare a prestare il suo lavoro sino a 67 anni, incassando anche una indennità, nei vari corpi.

Sotto esame dal Colle c'è anche la norma che prevede il divieto di incarichi dirigenziali a soggetti in quiescenza, un divieto che avrebbe impedito a qualsiasi pensionato di esercitare incarichi dirigenziali, direttivi o cariche nelle Pubbliche amministrazioni. La richiesta in tal senso era arrivata a gran voce dai cittadini nella consultazione pubblica che si è chiusa prima del Cdm del 13 Giugno ma la norma rischia di lasciare senza guida molte Pa dove, spesso, molti degli incarichi apicali vengono assegnati proprio a persone già in pensione. La correzione chiesta dal Quirinale dovrebbe lasciar fuori gli incarichi gratuiti, stabilendo che le nuove regole si applicheranno solo per il futuro e non anche agli incarichi in corso e, soprattutto, escluderebbe gli incarichi e le cariche presso organi costituzionali.

Zedde

Il ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia ha annunciato questa mattina che i testi dei decreti sulla riforma della Pubblica Amministrazione saranno pronti a breve. C'è molta attesa per conoscere in via ufficiale le misure contenute nei due decreti legge e nel disegno di legge di Riforma della Pubblica Amministrazione che dovrebbero semplificare molti adempimenti per le imprese e la stessa Pa.Kamsin  Anche se quest'ultima impresa non avverrà in tempi brevi. Il pacchetto delle misure approvate dal Consiglio dei ministri è stato vagliato ieri dal Quirinale che, secondo la Madia, non avrebbe sollevato obiezioni.

Per quanto riguarda la pubblica amministrazione la versione finale del decreto legge non conterrà novità eclatanti, anche se ci saranno piccoli ritocchi; alcuni articoli potrebbero anche essere cassati ed inseriti nel disegno di legge delega. Sembra certa una modifica delle regole previdenziali da applicare ai magistrati che, a seguito della Riforma, anticiperanno l'uscita a 70 anni con l'abrograzione dell'istituto del trattenimento in servizio. Qui però il governo sarebbe pronto ad accogliere le richieste di una maggiore gradualità del Csm e far slittare l'entrata in vigore della norma dal 2017. Sotto le pressioni dei sindacati potrebbe arrivare anche uno slittamento del dimezzamento dei permessi sindacali, che dovrebbe scattare a settembre, un mese dopo rispetto a quanto originariamente previsto.

L'impianto complessivo della riforma comunque resterà fermo ed incentrato sul ricambio generazionale nella pubblica amministrazione e la mobilità dei dipendenti, volontaria ma anche obbligatoria in un raggio di cinquanta chilometri dal luogo della originaria sede di lavoro. Le norme sulla dirigenza sono invece messe nero su bianco nel disegno di legge delega, anche se si trova già nel decreto ad esempio il divieto di attribuire incarichi dirigenziali a personale già in pensione.

Zedde

Cresce l'allarme nelle alte magistrature per il taglio, annunciato da Renzi, dell'età pensionabile per i magistrati. Il decreto Renzi uscito dal Consiglio dei ministri lo scorso venerdì prevede infatti l'abrogazione del trattenimento in servizio, una norma che consente ai giudici di restare sul posto di lavoro sino ai 75 anni. Kamsin.

Ma dal Csm si levano gli scudi: "se sarà approvata così com'è uscita dal Consiglio dei ministri, sarà un terremoto". A rischio, secondo l'organo di autogoverno degli ermellini, sarebbe l'operatività di molti distretti giudiziari come Milano (a superare la soglia dei 70 anni, ci saranno ben 14 magistrati con incarichi direttivi, tra cui il capo della procura Edmondo Bruti Liberati), e poi Venezia, Torino, Napoli e Roma.

Rispetto al progetto originario di far scattare la tagliola del pensionamento a 70 anni, senza alcuna gradualità, il testo in Consiglio dei ministri è stato però temperato in parte. Infatti i magistrati che, alla data di entrata in vigore della legge di conversione, avranno compiuto 70 anni potranno rimanere in servizio fino al 31 dicembre del 2015, e non fino al 31 Ottobre 2014 come prevede la regola generale. Ma il bonus varrà solo nel caso in cui ricoprano incarichi direttivi e semidirettivi. Ed è proprio questa norma che è al centro delle polemiche perchè riservare un trattamento diverso ai magistrati ultra-settantenni, a seconda che ricoprano o meno incarichi di vertice, fanno notare da Palazzo dei Marescialli, sarebbe in contrasto con il principio costituzionale per cui i magistrati si distinguono solo per diversità di funzioni.

Secondo i numeri del Csm sono ben 445 le toghe vicine alla pensione su 9.410 in servizio; 308 avranno i requisiti entro il 31 dicembre prossimo e altri 137 nei due anni successivi. Tra i colpiti c'è anche la Suprema Corte di Cassazione: qui sarebbero 68 le toghe che sarebbero chiamate a lasciare l'incarico tra cui il Presidente Giorgio Santacroce. Il drastico abbassamento dell'età limite per lasciare l'incarico sta dunque mettendo in allarme l'organo di autogoverno delle magistrature. Su sollecitazione di Riccardo Fuzio, presidente della sesta sezione, il comitato di presidenza di Palazzo dei Marescialli ha aperto infatti una pratica che sarà discussa oggi al plenum. 

Zedde

Parte lo sciopero per i 347 avvocati dello Stato contro i tagli minacciati dal Governo Renzi agli onorari.  Anche se non si è visto il testo ufficiale del provvedimento, approvato lo scorso venerdì dal Consiglio dei ministri, pare assodato che termineranno i tempi d'oro per questa categoria, corpo d'elite dal quale le Pubbliche Amministrazioni attingono per essere rappresentate innanzi alle giurisdizioni civili. Kamsin.

Un'iniziativa destinata a fare scalpore perchè le retribuzioni degli avvocati dello stato non sono certamente modeste. Il loro costo (fonte il sito Internet dell'Avvocatura) è di 81,3 milioni l'anno, pari, in media, a circa 234 mila euro annui ciascuno, una busta paga decisamente non bassa. A cui però si aggiunge una importante appendice. Una norma del 1933 stabilisce infatti che agli avvocati dello Stato venga corrisposto anche un onorario per le cause vinte o per quelle nelle quali il giudice abbia stabilito la compensazione delle spese fra le parti; una voce che, tradotta in soldoni, comporta per lo stato un esborso aggiuntivo di circa 40 milioni di euro l'anno. E' proprio questa la voce che Renzi vuole cancellare con un colpo di penna. "L'avvocato dello stato infatti già percepisce una retribuzione per un contratto a tempo indeterminato e quindi non c'è alcuna necessità di un ulteriore compenso per aver svolto il suo lavoro in modo "vittorioso" da un punto di vista processuale" si legge nella nota diffusa a margine del Consiglio dei ministri della scorsa settimana.

Il decreto stabilirà dunque che quando il giudice compensa le spese, gli avvocati dipendenti dello Stato non avranno più diritto ad alcun onorario. Nel caso invece di cause vinte con liquidazione della parcella ai legali del vincitore, l'onorario dovrebbe essere ridotto in misura drastica: anche al 10% per cento.

Zedde

I Dipendenti Pubblici per evitare il licenziamento, potranno essere trasferiti da una sede ad un'altra e da un comparto ad un altro anche senza il loro consenso, ma ci sarà comunque un limite di chilometri dalla residenza oltre il quale non si potrà andare.

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Anche gli Stipendi potranno essere tagliati per tutti coloro che saranno trasferiti «d'ufficio». Sono queste le due novità che interesseranno la Mobilità obbligatoria degli Statali, un programma che  fino ad oggi non ha mai funzionato.

Per quanto riguarda invece gli altri capitoli, nell'incontro di oggi previsto con i Sindacati proprio in vista dell'approvazione della Riforma della PA, la Madia vorrebbe aprire un ragionamento sullo sblocco del Contratto del Pubblico Impiego le cui risorse andrebbero trovate con la prossima legge di stabilità. Il costo per il rinnovo del Contratto degli Statali (fermo ormai da quattro anni), sarebbe di circa 4,5 miliardi di euro. E poi c'è il problema dei prepensionamenti, tema sul quale il Governo pare fare marcia indietro rispetto alle intenzioni iniziali. La reintroduzione dell'Esonero del Servizio (ossia la possibilità di lasciare a casa i dipendenti pagando il 65 per cento della retribuzione, tema centrale per rilanciare i prepensionamenti e la staffetta generazionale) sarebbe infatti stata messa da parte. Secondo la Madia si percorreranno altre strade, a cominciare dall'abrogazione del Trattenimento in Servizio, la norma che consente ai dipendenti dello Stato di rimanere al lavoro per altri due anni  anche se  sono stati raggiunti i requisiti della pensione. Questo secondo i calcoli più aggiornati, dovrebbe liberare tra i 10 e i 13 mila posti  di lavoro, in un triennio da destinare all'assunzione di giovani.

Gli altri ingressi saranno legati invece, ad una sorta di «patto generazionale», un sistema simile a quello che qualche tempo fa aveva ipotizzato (anche per il Settore Privato), il Governo Letta. Per chi è vicino alla pensione sarebbe incentivata la trasformazione del Contratto di Lavoro in part-time. Per evitare di essere messi in esubero, per i Dipendenti Pubblici ci sarà anche un altro strumento in campo, quello del demansionamento.  Nuove norme potrebbero arrivare per i Magistrati che hanno incarichi di diretta collaborazione; saranno messi fuori ruolo e non potranno più chiedere l'aspettativa, un escamotage quest'ultima, utilizzata spesso per eludere le norme della Legge Severino, la quale prevede che dopo 10 anni di fuori ruolo un Magistrato non possa più rientrare nei ranghi. Sempre per i Magistrati poi, resta sul tappeto l'ipotesi di abbassare l'età di pensionamento dai 75 anni ai 70 anni.

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