Pubblico Impiego

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«Va avviato un processo di riduzione non traumatica dei dirigenti e, piu' in generale, dei dipendenti vicini alla pensione, per favorire l'ingresso dei giovani. Se non si fa, non ci puo' essere il rinnovamento».

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Marianna Madia è pronta a dar vita al progetto per ringiovanire la Pubblica Amministrazione. I punti cardine sono: staffetta generazionale, sblocco del turn over, garanzie per i vincitori di concorso, punteggi aggiuntivi per i precari e prepensionamenti dei pubblici dipendenti.

E' quanto ha detto nel corso dell'audizione alla Camera, il ministro della Pubblica Amministrazione che ha precisato comunque di essere disponibile ad «un confronto innovativo di idee con le parti sociali». E soprattutto ha spiegato che non ci sono contrasti sul tema dei prepensionamenti con Stefania Giannini, Ministro dell'Istruzione: «Ho parlato con il ministro - ha detto - non c'e nessuna intenzione di mettere in contrapposizione giovani e anziani, tutt'altro. C'e la volontà di avere delle uscite non traumatiche di persone molto vicine alla pensione affinchè, in modo selettivo, entrino giovani».

L'Amministrazione, ha affermato Madia, «ha bisogno di cambiamento, di rinnovamento e di nuove competenze fresche». Per questo bisogna iniziare con la staffetta, che ha assicurato - non provocherà disastri: «Va avviato un processo di riduzione non traumatica dei dirigenti e, piu' in generale, dei dipendenti vicini alla pensione, per favorire l'ingresso dei giovani. Se non si fa, non ci puo' essere il rinnovamento» del comparto, «ma la sua agonia».

L'idea del ministro dunque sarebbe quella di programmare piu' uscite per ogni nuovo ingresso, citando come esempio un rapporto tra 3 uscite per ogni 1 assunzione, anche "se non so se sarà questa la proporzione" ha detto la Madia.

La «staffetta» oltre al rinnovamento «garantirebbe un risparmio complessivo per le Casse dello Stato, dato dalla differenza tra gli stipendi attualmente pagati e quelli dei neo assunti, al netto della spesa per le pensioni erogate in anticipo».

Altre risorse per finanziare il piano potrebbero arrivare da risparmi aggiuntivi sulla spesa per il settore, dagli stipendi dei dirigenti alla struttura delle partecipate. Ma l'Ispettore generale per la spesa sociale della Ragioneria, Francesco Massicci, in un'audizione davanti alla Commissione di vigilanza sugli enti previdenziali ha fermato gli entusiasmi della Madia: "l'operazione, sia pure indirettamente, avrebbe un costo. Se si manda via una figura diventata obsoleta, che non si deve rimpiazzare, il costo è neutrale, ha detto Massicci, "perché lo stipendio si trasforma in pensione. Ma la condizione viene meno se viene mandata via una figura che dev'essere sostituita".

Una riflessione che non preclude tuttavia un approfondimento del progetto Madia, anche perché c'è un gruppo di lavoro aperto sul dossier cui partecipano, oltre al ministero della Pa, quello del Lavoro, l'Inps e la stessa Ragioneria generale dello Stato. «Non faremo nulla senza di loro o contro di loro» ha detto il ministro precisando che l'ipotesi di un turn over «tre a uno è solo un esempio che ho fatto per far capire le persone».

I dipendenti dei ministeri e degli enti locali che hanno già perfezionato i requisiti della legge Fornero potrebbero essere collocati in prepensionamento secondo il decreto 95 del 2012.

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Le prime misure annunciate dal governo Renzi potrebbero finalmente entrare nel vivo. L'operazione di spending review annunciata nei giorni scorsi dal commissario Cottarelli che prevedeva il prepensionamento di oltre 85 mila dipendenti pubblici per liberare risorse dello Stato inizia ad essere vagliata dei ministri del nuovo esecutivo. E per iniziare il ministro della Funzione pubblica, Marianna Madia, ha rispolverato quella norma che consente di mandare in pensione i dipendenti pubblici che hanno maturato la decorrenza del trattamento pensionistico, secondo le previgenti regole, entro il 31 dicembre 2014; regola contenuta nel decreto spending review approvato da Monti nell'estate del 2012 (d l95/2012).

Il provvedimento, che in gran parte è rimasto inattuato, serviva per gestire i dipendenti dichiarati in soprannumero dall'amministrazione di appartenenza in esito a specifici piani di riduzione del personale approvato dall'amministrazione; altrimenti questi soggetti sarebbero stati avviati alla mobilità e infine al licenziamento. 

Nella relazione tecnica che accompagnava il decreto 95/2012 erano anche stati conteggiati i possibili interessati e i risparmi conseguibili per lo Stato. Numeri importanti. Nella relazione si individuavano 11 mila persone nelle pubbliche amministrazioni centrali di cui 5.600 nei soli ministeri e 13 mila negli enti locali.

Non tutti però avrebbero i requisiti per andare in pensione con le vecchie regole: secondo le stime della Ragioneria dello Stato in questa condizione, avendo già maturato i requisiti entro il 2011, si troverebbero 6 mila lavoratori di Ministeri ed enti pubblici e 2mila lavoratori appartenenti alle pubbliche amministrazioni locali. In tutto dunque solo 8mila persone.

A questi si dovrebbero aggiungere circa altre 2.000 persone che avrebbero maturato i requisiti dal 2012 in poi, sempre con le vecchie regole.

La misura indicata dal decreto 95/2012 è stata sfruttata sino ad oggi solo in parte. Secondo il sottosegretario alla Pubblica Amministrazione Rughetti, a livello locale sono già stati autorizzati prepensionamenti nel Comune di Novara.

Numeri più significativi per ora interessano solo Inps ed INAIL: gli enti infatti hanno programmato esuberi in prepensionamento rispettivamente per 3.200 e 1.100 persone per un totale di circa 4.000 lavoratori.


Ed è proprio su questi numeri che Renzi vorrebbe accelerare sfruttando una norma già prevista dai precedenti esecutivi ed eventualmente ampliando la platea dei possibili interessati. Nei prossimi giorni si attende quindi una circolare della Funzione pubblica che dovrebbe fornire indicazioni utili per le altre amministrazioni. 

La Madia tuttavia si è spinta anche oltre. Secondo il Ministro si potrebbe anche immaginare di fare uscire i dipendenti anziani per rimettere in servizio giovani. La misura in questo caso dovrà essere attentamente vagliata sotto il profilo finanziario in quanto il meccanismo non andrebbe a ridurre gli oneri per il bilancio dello Stato.

La più importante novità introdotta con il decreto legge Poletti è l'eliminazione della causale dal contratto a tempo determinato. Dallo scorso 21 marzo i datori di lavoro possono effettuare assunzioni a termine senza dover indicare le ragioni di carattere tecnico produttivo organizzativo o sostitutivo. 

Si tratta certamente di una novità significativa che tuttavia opera solo nel settore privato. Nel settore pubblico, infatti, è rimasto in vigore l'articolo 36 del Dlgs 165/2011 che obbliga alle Pa di indicare sempre le esigenze di carattere temporaneo o eccezionali che danno luogo al rapporto di lavoro a termine.

In sostanza per il datore di lavoro pubblico non ci sono grandi cambiamenti rispetto alle innovazioni che si sono prodotte nel settore privato. 

Nelle pubbliche amministrazioni resta in vigore l'obbligo di dover motivare in modo circostanziato la temporaneità oppure l'eccezionalità dell'esigenza per la quale si ricorre a contratti a tempo determinato.

Sono altri invece gli aspetti del decreto Poletti che hanno effetti anche con riguardo ai contratti a tempo determinato stipulati dalle Pa. Si tratta in particolare del nuovo regime delle proroghe secondo cui le pubbliche amministrazioni possono posticipare per otto volte la scadenza dell'assunzione di un lavoratore a termine a condizione tuttavia che si riferiscano alla stessa attività lavorativa. Resta fermo tuttavia il limite di durata di 36 mesi.

Anche per quanto riguarda il tetto del 20 per cento di dipendenti assunti con contratti a termine rispetto all'organico complessivo non dovrebbero esserci particolari problemi dato che il settore scuola è escluso da questa misura e vige il limite individuato dell'articolo 9 comma 28 del DL/78 2010 che prevede che le amministrazioni possono avvalersi di personale a tempo determinato nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009.

Sono comunque esclusi da questo limite i contratti a tempo determinato che sono stati stipulati per sostituire personale assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro, i lavoratori stagionali o coloro che hanno più di 55 anni. 

Il ministro della Funzione pubblica Marianna Madia e il sottosegretario Angelo Rughetti studiano un ritorno della legge Brunetta per i dipendenti della pubblica amministrazione.

Tra le ipotesi allo studio del ministro Madia e del sottosegretario Rughetti per gestire gli 85 mila esuberi nelle pubbliche amministrazioni potrebbe affiancarsi quella di riadattare l'istituto dell'esonero introdotto nel 2008 dalla legge Brunetta e poi eliminato con il decreto Salva Italia nel 2011.

La legge 133 del 2008 infatti consentiva a tutti i dipendenti pubblici a cui servivano 5 anni per accedere alla pensione, di essere esonerati dal servizio per dedicarsi ad un volontariato in cambio di uno stipendio diminuito del 30 per cento. Dopo 5 anni si accedeva alla pensione con un assegno e un trattamento di quiescenza identico a quello dei colleghi rimasti in servizio in quanto la contribuzione veniva totalmente coperta dallo Stato.

Secondo il sottosegretario Angelo Rughetti, l'ipotesi Brunetta dell'esonero potrebbe essere riadattata per consentire ai lavoratori pubblici di essere impiegati in un'amministrazione diversa da quella di appartenenza.

L'ipotesi potrebbe essere applicata a quei dipendenti pubblici che lavorano distanti da casa e che ogni giorno devono sostenere costi di spostamento nelle città in cui lavorano. Insomma i pendolari. Per questi, Rughetti immagina la possibilità di essere reintegrati per un periodo di tempo variabile nelle amministrazioni locali. Sempre su base volontaria, come prevedeva la legge Brunetta, per evitare di generare conflittualità sociale.

Il primo passo potrebbe essere quello di lanciare un interpello per raccogliere le adesioni degli eventuali interessati ad incrociarsi con i posti che si sono resi vacanti nelle amministrazioni pubbliche locali.

Nel tetto dei 311 mila euro annui saranno ricompresi tutti i compensi economici a qualsiasi titolo conseguiti dalle Pubbliche Amministrazioni.

Retribuzioni, indennità, pensioni e compensi erogati dalle Pubbliche Amministrazioni non potranno superare i 311mila euro lordi annui. Il tetto di tutti gli stipendi e i compensi erogati dalla pubblica amministrazione sarà assoluto: nessun dipendente pubblico potrà guadagnare dalle Pubbliche Amministrazioni più di 311 mila euro lordi annui, cioè lo "stipendio" attuale del primo presidente della Corte di Cassazione.

E' quanto ha ribadito il nuovo ministro per la Pubblica amministrazione, Marianna Madia, ieri nel corso di un convegno organizzato dalla Eief. «Il tetto per gli stipendi dei manager», ha detto, «è già tarato su quello del primo presidente della Corte di Cassazione: ma io ho firmato una circolare dove si esplicita che in questo tetto debbano essere compresi anche tutti i trattamenti, compresi quelli pensionistici».

In pratica la circolare Madia ha stabilito che il tetto agli stipendi e agli emolumenti dei dirigenti pubblici, in vigore dal 2012 con Monti, diventa un limite invalicabile ed onnicomprensivo in cui vengono considerate pensioni, vitalizi, indennità accessorie, collaborazioni occasionali e consulenze a carico delle Pa. La Madia vuole affrontare una questione molto avvertita dall'opinione pubblica: quella di non consentire piu' a dirigenti in pensione, chiamati a collaborare per lo Stato, di cumulare l'assegno previdenziale con un importante compenso, oppure quella di cumulare lo stipendio tabellare con altre collaborazioni con vari ministeri ed enti o consulenze pagate dalle Pa. Ora tutto questo non potrà succedere.

La circolare Madia specifica che ai limiti di remunerazione sono soggetti i dirigenti centrali e regionali, i membri dei consigli di amministrazione degli enti, delle autorità di vigilanza e di controllo. Nessuno potrà sforare il limite dei 311 mila euro, almeno fino a quando non sarà introdotto il nuovo limite, annunciato dal premier Renzi, che ha indicato che il tetto sarà ancorato alla remunerazione del presidente della Repubblica, ovvero 248 mila euro lordi all'anno. La Madia ha anche annunciato che dopo la circolare sui dirigenti, si sta lavorando anche ad una misura sui manager delle società e delle aziende controllate dallo Stato: per il Ministro la «proposta» del governo è in dirittura d'arrivo.

La Riforma della Pa sarà pronta ad Aprile. Statali in prepensionamento o in mobiltà obbligatoria per favorire l'ingresso dei giovani

Prepensionamenti, mobilità obbligatoria, rotazione dei dirigenti e tetto agli stipendi dei manager. Tutto per favorire l'inserimento dei giovani. Sono queste le novità presentate ieri dal ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia che, ad aprile, si è detta pronta a dare inizio alla riforma delle Pa.

Il ministro ha anche precisato che sugli 85 mila dipendenti pubblici in esubero stimati dal commissario per la revisione della spesa pubblica Carlo Cottarelli, non ci saranno traumi ma solo «prepensionamenti» proprio «per aiutare i giovani ad entrare nella Pubblica amministrazione». Le carenze di organico, ha tagliato corto la Madia, saranno eventualmente coperte con «una sana mobilità obbligatoria» del personale. Queste decisioni, ha detto il Ministro, visti i tempi stretti, potrebbero essere prese senza aprire un tavolo di trattativa con i sindacati.

Dal canto loro i rappresentanti delle sigle sindacali non nascondono alcuni "maldipancia": «Noi pensiamo che il ministro farebbe bene umilmente ad adoperare il suo compito nell'interesse generale anziché della chiacchiera generale», ha commentato Raffaele Bonanni della Cisl. Parere positivo invece da parte della Cgil: "se si assumono i giovani, a partire dai vincitori di concorso e dai precari l'idea ha un senso ma bisogna capire come verrà attuata" ha detto la Dettori della Cgil.

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