Bernardo Diaz

Bernardo Diaz

Bernardo Diaz, dottore commercialista collabora con PensioniOggi.it dal novembre del 2015.  

Con il decreto Sblocca Italia arriva uno sconto sulle imposte comunali immobiliari in favore delle comunità di cittadini che si fanno carico di portare a termine un progetto di riqualificazione urbana. 

Kamsin Comunità di cittadini, associazioni non profit, rappresentanze di categorie economiche che abbiano presentato un progetto di riqualificazione potranno ottenere l'esonero dal pagamento del corrispondente tributo sulle imposte comunali, Tasi e Tari in primis. E' questa la novità che dovrebbe vedere la luce con il cd. "sblocca Italia", il decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri una settimana fa e che uscirà a breve in Gazzetta dopo un lungo lavoro di limatura.

La norma, che richiama una analoga misura introdotta in Gran Bretagna, dovrebbe essere stata confermata perché non c'è un impatto immediato sulle casse dello Stato secondo quanto si apprende da fonti vicine a Palazzo Chigi. Ma lo sconto non arriverà subito in quanto saranno i Comuni, con apposita delibera, a decidere a chi fare lo sconto, in cambio di cosa, per quanti mesi e in quale percentuale.

Il progetto di riqualificazione ambientale potrà prendere, secondo la bozza del provvedimento, diverse forme, come la "pulizia di una limitata zona del territorio, la manutenzione e l'abbellimento di aree verdi, piazze o strade anche mediante le collocazione di elementi di arredo urbano o la realizzazione di eventi". E lo sconto sarà erogato su di "un periodo limitato di tempo" sulla base di quanto previsto dalla delibera comunale. Ad esempio, come ha evidenziato il Corriere della Sera, il condominio che sistema la strada davanti al palazzo può ricevere uno sconto sulla nuova tassa sulla casa (Tasi). Mentre i negoziati che si occupano della manutenzione della piazza su cui si affacciano possono evitare di pagare al Comune il balzello sull'occupazione del suolo pubblico.

L’idea proviene dalle isole britanniche (più precisamente dalla Gran Bretagna di David Cameron), spiega il viceministro per le Infrastrutture Riccardo Nencini: l’obiettivo della misura è evidentemente quello di moltiplicare quegli interventi spontanei dal basso che già oggi si muovono nel silenzio, e che in cambio non ottengono nulla se non una piccola pubblicità e una strana (ma piacevole) sensazione di orgoglio civile.

Saranno i sindaci, dunque, a capire se il gioco vale la candela: se cioè possono rinunciare ad una parte dei soldi frutto delle tasse locali in cambio di interventi che loro non riescono a fare, proprio per mancanza di fondi.

Sblocca Italia, arriva il bonus fiscale per chi compra ed affitta un immobileZedde

Con il prestito vitalizio ipotecario gli over 60 potranno trasformare la propria abitazione in denaro contante a fronte dell'iscrizione di un'ipoteca sulla casa come garanzia. 

Kamsin Per gli over 60 è in arrivo in aiuto dal disegno di legge in materia di disciplina del prestito vitalizio ipotecario, la misura è stata già approvata in prima lettura dalla Camera ed è in attesa dell'ok definitivo da parte del Senato. Gli over 60 potranno trasformare la propria abitazione in denaro contante iscrivendo un'ipoteca sulla casa a garanzia del prestito erogato dalla banca.

Si tratta di una forma di finanziamento che, nella nuova versione (rispetto a quella attuale regolata dalla legge 248/2005), permette alle persone che hanno compiuto i 60 anni di età e proprietarie di un immobile di convertire parte del valore della casa in liquidità a fronte dell'iscrizione di un'ipoteca sull'abitazione come garanzia. La somma che può essere ottenuta differisce a seconda dell'età del richiedente. Per esempio, chi ha 60 anni o poco più di solito può chiedere tra il 15 e il 20% del valore dell'immobile, mentre chi è più vicino ai 90 può aspirare a ottenere anche il 40%.

Il rimoborso del prestito concesso spetterà di regola agli eredi nell'arco di dodici mesi dalla morte del soggetto finanziato. Gli eredi potranno anche scegliere di vendere l'immobile ipotecato oppure affidare la vendita alla banca mutuataria.  Infatti, qualora il finanziamento non sia integralmente rimborsato entro dodici mesi la banca potrà vendere l'immobile ad un valore pari a quello di mercato, determinato da un perito indipendente, utilizzando le somme ricavate dalla vendita per estinguere il credito vantato in dipendenza del finanziamento stesso. Trascorsi ulteriori dodici mesi senza che sia stata perfezionata la vendita, tale valore viene decurtato del 15 per cento per ogni dodici mesi successivi fino al perfezionamento della vendita dell'immobile. In ogni caso c'è un paracadute: se il valore dell'abitazione diminuisce nel tempo e il debito diventa superiore al valore della casa alla banca non spetta più di quanto verrà ricavato dalla vendita dell'appartamento.

Per lo stipulante ci sono tuttavia alcuni vincoli. Inanzitutto il prestito non può essere erogato in caso di immobili non residenziali o ubicati in zone sismiche. Inoltre il soggetto finanziato non potrà trasferiti, in tutto o in parte, la proprietà o altri diritti reali (es. usufrutto) o di godimento sull'immobile dato in garanzia nè potrà compiere atti che ne riducano significativamente il valore, inclusa la costituzione di diritti reali di garanzia in favore di terzi che vadano a gravare sull'immobile. In tali casi la banca potrà chiedere l'immediata restituzione del prestito.

La regolazione dell'istituto sarà affidata ad un regolamento del Ministero dello Sviluppo Economico da adottare entro 3 mesi dall'entrata in vigore della legge. Il provvedimento governativo dovrà peraltro individuare i casi e le formalità che comportino una riduzione significativa del valore di mercato dell'immobile, tale da giustificare la richiesta di rimborso integrale del finanziamento, e con il quale garantire trasparenza e certezza dell'importo oggetto del finanziamento, dei termini di pagamento, degli interessi e di ogni altra spesa dovuta.

Rispetto alla legge 248 del 2005 la nuova proposta di legge ha inoltre modificato il costo delle imposte ipotecarie calcolate sulla somma erogata, che ha rappresentato uno dei principali ostacoli al decollo del prestito vitalizio ipotecario, trasformandolo in un'imposta sostitutiva dello 0,25% da rimborsare gradualmente.

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Per i lavori con variazione del carico urbanistico non ci vorrà alcun permesso a costruire e non si pagheranno oneri di urbanizzazione. Il mutamento di destinazione d'uso all'interno della stessa categoria funzionale sarà sempre consentito.

Kamsin Anche i lavori che comportano la variazione del carico urbanistico di un immobile potranno essere considerati normali opere di manutenzione straordinaria, purché l'originaria destinazione d'uso venga mantenuta. E dunque non servirà piu' alcun permesso a costruire da parte dell'ufficio tecnico del comune o dello sportello unico dell'edilizia. Sono queste alcune delle principali novità contenute nel decreto Sblocca Italia di cui si attende la conferma con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Si tratta di una novità significativa che riguarda gli interventi con cui una singola unità immobiliare viene frazionata, o al contrario quelli finalizzati all’accorpamento di due o più abitazioni in uno, operazioni spesso legate alla mutazione delle esigenze delle famiglie. Quando il decreto legge sarà entrato in vigore questi lavori saranno considerati in tutta Italia come manutenzione straordinaria e quindi dovrebbero essere soggetti solo alla comunicazione di inizio lavori. Attualmente invece, anche se le norme e le prassi variano a seconda della Regione, sono richieste procedure più complesse (Scia o Dia). Questo perché formalmente - anche se magari gli interventi di modifica sono limitati - si tratta di ristrutturazioni, che comportano generalmente il pagamento di oneri perché aumenta il cosiddetto carico urbanistico.

La nuova norma inserita nel decreto prevede invece che si tratti sempre di manutenzione straordinaria anche se c’è variazione del carico urbanistico, purché si mantenga l’originaria destinazione d’uso.  Infatti oltre ai lavori oggi previsti dal Testo unico dell'edilizia (art. 3, comma 1 lettera b, del dpr 380/2001), che non danno alcuna possibilità di alterare i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari, saranno considerati attività di manutenzione straordinaria anche "gli interventi consistenti in frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari, con esecuzione delle opere anche se comportano la variazione del carico urbanistico". E, in seconda battuta, non si pagherà il contributo di costruzione, né alcun altro relativo onere di urbanizzazione salvo che la regione non preveda specifica norma in proposito.

Un altro cambiamento significativo riguarda le varianti in caso di lavori che richiedono il permesso di costruire. Non sarà più necessario acquisire il permesso per gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino aumento di unità immobiliari. Se queste non configurano una variazione essenziale sarà sufficiente una denuncia di inizio attività con attestazione del professionista. A condizione che vengano rispettate le prescrizioni urbanistico-edilizie e ci siano le autorizzazioni previste dalle norme paesaggistiche, ambientali ed archeologiche.

Da segnalare anche la rivisitazione del concetto di mutamento d’uso urbanisticamente rilevante. In particolare, sarà considerata «urbanisticamente rilevante» in termini di destinazione d'uso ogni forma di utilizzo dell'immobile o di un'unità immobiliare, anche se non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, che comporti un cambio di categoria funzionale tra le quattro elencate: residenziale e turistico-ricettiva; produttiva e direzionale; commerciale; rurale. In merito infatti il Dl prevede che, salvo diverse disposizioni regionali, «il mutamento di destinazione d'uso all'interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito». E avverte che, per destinazione d'uso, bisogna considerare, quella prevalente in termini di superficie utile».

Sblocca Italia, arriva il bonus fiscale per chi compra ed affitta un immobile

Sblocca Italia, ecco l'ABC dei nuovi bonus fiscali sulla casaZedde

L'acquirente potrà dedurre dall'Irpef il 20% su un massimo di 300 mila euro la spesa per l'acquisto di un immobile nuovo a condizione che lo metta in locazione per otto anni a canone concordato.

Kamsin Il decreto sblocca Italia dovrebbe contenere una deduzione Irpef finalizzata all'acquisto di immobili nuovi da destinare alle locazioni. Il condizionale è ancora d'obbligo, dato che siamo in attesa della versione definitiva del testo del decreto su cui pendono ancora alcuni problemi di copertura finanziaria della misura. L'idea di fondo è di incentivare i privati ad acquistare abitazioni nuove da affittare per un periodo di almeno otto anni a canone concordato.

Il beneficio fiscale consiste in una deduzione dall'Irpef in misura del 20 per cento del prezzo di acquisto, con un tetto di spesa massimo fissato a 300 mila euro. Dunque massimo 60 mila euro in tutto da dividere in otto quote annuali di 7.500 euro. E in questa misura (si tratta appunto di deduzione, non di detrazione) potrà essere ridotto il reddito imponibile al momento di fare la dichiarazione. Il che vuol dire che con un'aliquota marginale che oscilla intorno al 45 per cento tra Irpef e addizionali locali il risparmio ottenibile sarà di circa 3.400 euro.

Per attivare il bonus tuttavia ci sono diversi vincoli. Almeno nella bozza. La casa infatti dovrà essere acquistata nuova (o ristrutturata) dal costruttore, non potrà essere accatastata tra quelle di lusso e dovrà avere prestazioni energetiche di classe A o B. Inoltre tra locatore e locatario non devono sussistere rapporti di parentela entro il primo grado (cioè non è ammesso il beneficio tra padre e figlio mentre lo sarebbe tra nonno e nipote). L'agevolazione è conseguibile, oltre che dalle persone fisiche, anche da cooperative edilizie e soggetti privati del terzo settore e spetta non solo per l'acquisto ma anche per la "prestazione di servizi dipendenti da contratti d'appalto, relativi alla costruzione di un'unità immobiliare a destinazione residenziale su aree edificabili".

Come detto l'acquirente dovrà destinare l'immobile acquistato alla locazione; il canone di locazione non dovrà inoltre superare quello concordato tra le associazioni di proprietari e di inquilini, secondo lo schema previsto dalla legge del 1998 ed utilizzato in particolare nelle grandi città. Sulle modalità di attuazione della norma si attendono indicazioni da un successivo decreto ministeriale.

Sblocca Italia, ecco l'ABC dei nuovi bonus fiscali sulla casaZedde

La risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro non potrà avvenire prima del perfezionamento dei 65 anni nei confronti dei dirigenti medici e del ruolo sanitario.

Kamsin Con il disco verde definitivo alla Riforma della Pubblica Amministrazione (Dl 90/2014) è stata resa strutturale la facoltà per le Pa di risolvere il rapporto di lavoro nei confronti dei lavoratori che abbiano raggiunto la massima anzianità contributiva, vale a dire i requisiti contributivi per la pensione anticipata (41 anni e 6 mesi di contributi per le donne, 42 anni e 6 mesi per gli uomini). La facoltà può essere esercitata allo scoccare del 62° anno di età. Non prima. Anche perchè ciò avrebbe comportato una penalizzazione.

Per attivare l'istituto in questione la legge prescrive inoltre che la decisione della Pa deve essere motivata con riferimento alle esigenze organizzative e ai criteri di scelta applicati e senza pregiudizio per la funzionale erogazione dei servizi. E deve avvenire con un preavviso di sei mesi.

La risoluzione del rapporto può essere esercitata anche verso i dirigenti medici. L'articolo 1 del Dl 90/2014 ha infatti espressamente esteso la facoltà in oggetto anche nei confronti dei dirigenti medici e del ruolo sanitario con la previsione, tuttavia di un'età minima piu' elevata rispetto alla generalità dei pubblici dipendenti: 65 anni invece di 62. Con la precisazione inoltre, che tale facoltà non può essere esercitata nei confronti dei responsabili di struttura complessa del Servizio Sanitario Nazionale (cioè i primari).

A ben vedere si tratta di un istituto che non sarà utilizzato di frequente dato che l'età minima per la risoluzione del rapporto, i 65 anni, coincide di regola (salvo il caso del trattenimento sino a 70 anni di cui si dirà a breve) proprio con il limite massimo di età per il collocamento a riposo dei dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale.

Il trattenimento sino a 70 anni - Il Dl 90/2014 non ha modificato le regole per il trattenimento in servizio previsto dall'articolo 22 della legge 183/2010. Come si ricorderà l'articolo in questione, nel modificare il comma 1 dell’articolo 15-nonies del D.lgs. n. 502/1992, ha precisato che ”il limite massimo di età per il collocamento a riposo dei dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, ivi compresi i responsabili di struttura complessa, è stabilito al compimento del 65° anno di età ovvero, su istanza dell’interessato, al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo. In ogni caso il limite massimo di permanenza non può superare il settantesimo anno di età”.

Quindi il limite massimo di età dei dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale resta suddiviso - anche dopo il Dl 90/2014 - in due diverse fattispecie alternative: al compimento del 65° anno di età ovvero al maturare del 40° anno di servizio effettivo e nel limite di 70 anni di età.  Ove l’interessato chieda l’applicazione del trattenimento fino alla maturazione del 40° anno di servizio effettivo e sempre nel limite di 70 anni di età, le Amministrazioni o enti datori di lavoro possono collocare a riposo d’ufficio gli interessati solo qualora gli stessi abbiano svolto quaranta anni di servizio effettivo e nel limite di 70 anni di età.

Il trattenimento in oggetto viene concesso a condizione che ciò non comporti un aumento del numero dei dirigenti in servizio. Nella nozione di servizio effettivo sono da ricomprendere tutte le attività lavorative effettivamente rese sia nei confronti dell'amministrazione di appartenenza sia nei confronti dello Stato (quindi con l'inclusione della contribuzione derivante dal servizio militare). Esclusi invece gli anni valorizzati attraverso il riscatto degli studi.

In definitiva con il Dl 90/2014 il trattenimento in servizio in questione potrà essere "compresso" nei confronti dei soli dirigenti medici e del ruolo sanitario: la Pa infatti al raggiungimento del 65° anno può discrezionalmente, a condizione che sia stato maturato un diritto a pensione anticipata, risolvere il rapporto di lavoro e non concedere il trattenimento.

Riforma Pensioni, così cambia il pensionamento d'ufficio nelle Pa

Riforma pensioni, le misure attese con la legge di stabilitàZedde

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