Pensioni, Contributi senza sconti per gli autonomi nel contributivo puro

Bernardo Diaz Mercoledì, 06 Giugno 2018
La Corte di Cassazione fa luce sull'imponibile contributivo e sulla base pensionabile degli iscritti alle gestioni dei lavoratori autonomi successivamente al 31 dicembre 1995.
Gli artigiani e commercianti non iscritti a forme obbligatorie di previdenza entro il 31 dicembre 1995 pagano i contributi sul reddito interamente percepito senza poter avvalersi dello scaglionamento mensile previsto dalla legge 233/90. E' questo il principio in sintesi espresso nella sentenza numero 12810 del 23 maggio 2018 della Corte di Cassazione che per la prima volta ha esaminato un caso del genere. 

La questione

La questione riguardava una giovane lavoratrice autonoma iscritta alla gestione speciale dei lavoratori artigiani nell'ottobre 2005 dichiarando un reddito di oltre 10.752 euro per i tre mesi intercorrenti tra ottobre e dicembre 2005; non era mai stata iscritta a forme di previdenza obbligatorie entro il 31 dicembre 1995 e, pertanto, ricadeva nel contributivo puro. L'interessata aveva assolto l'obbligo assicurativo IVS versando, per il trimestre in questione, solo i contributi in misura fissa (circa 1.100 euro mensili) senza corresponsione della contribuzione a percentuale sulla fascia eccedente il minimo non avendo complessivamente raggiunto nel corso dell'anno il minimale Inps vigente nella gestione (pari a 13.100 euro ai valori del 2005).

L'Inps invece gli aveva contestato il mancato versamento di tale cifra aggiuntiva (pari a 1.649,30€). Secondo l'Istituto la lavoratrice era, infatti, soggetta interamente alle regole di cui alla legge Dini legge 335/1995 che non consentono più di rapportare a mese i periodi di assicurazione inferiori all'anno solare come previsto dall'articolo 1, co. 7 della legge 233/90 essendo tale disposizione valida solo per i lavoratori nel sistema misto. E pertanto l'assicurata non avrebbe potuto invocare la disposizione da ultimo richiamata per comprimere il versamento contributivo.

La decisione

Il Tribunale e la Corte d'Appello avevano dato ragione alla lavoratrice ma la Corte di Cassazione ha ribaltato il giudizio della sentenza d'Appello accogliendo le doglianze dell'Inps. I Giudici di Piazza Cavour affermano che la regola di cui all'articolo 1, co. 7 della legge 233/90, trova il suo ambito soggettivo di applicazione "limitatamente ai lavoratori autonomi esclusi dall'ambito di applicazione della legge n.335 del 1995 e per i quali il trattamento pensionistico è ancora calcolato con la regola dettata nel corpo normativo della legge n. 233 del 1990 (articolo 5), con il beneficio dell'integrazione al minimo (escluso, invece, per le pensioni liquidate esclusivamente con il metodo contributivo) e per i quali vale il tetto al reddito d'impresa sul quale calcolare la contribuzione a percentuale e la possibilità di rapportare la contribuzione a mese in ipotesi di assicurazione inferiore all'anno".

Di converso - concludono i giudici -  "per i lavoratori autonomi il cui trattamento pensionistico sia interamente liquidato con il metodo contributivo, perché privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, il parametro al quale agganciare la retribuzione a percentuale è fissato, anno per anno, dal citato articolo 2, comma 18 della legge n. 335 del 1995, e il massimale annuo così stabilito vale sia per la base contributiva sia per la base pensionabile". In sostanza nel caso di specie la lavoratrice è tenuta a versare la contribuzione sull'intero reddito annuo senza poter profittare dello scaglionamento mensile. Unico beneficio: l'assicurata godrà di una copertura contributiva sia ai fini del diritto che della misura della pensione superiore al precedente criterio.

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