Lavoro

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Sale a 600 euro al mese il beneficio alternativo al congedo per consentire alle mamme di fruire della baby sitter o degli asili nido. Il bonus è stato esteso anche al settore pubblico.

Kamsin Via libera al bonus bebè per contribuire alle spese che le neo mamme devono sostenere per iscrivere i figli all'asilo nido o per mettere a disposizione la baby sitter. Il governo, infatti, in questi ultimi giorni ha confermato il bonus per le neo-mamme raddoppiandolo fino a 3600 euro ed estendendolo anche in favore delle lavoratrici dello stato e della pubblica amministrazione, fino ad oggi esclusi dal beneficio.

A stabilirlo è il decreto 28 ottobre 2014 pubblicato sulla G.U. n. 287/2014 che disciplina la misura alternativa al congedo parentale per gli anni 2014 e 2015.

Vediamo quindi come è strutturata la novità.

Chi ne può beneficiare -  Possono presentare richiesta le madri lavoratrici dipendenti di pubbliche amministrazioni e di datori di lavoro privati, nonché le madri lavoratrici iscritte alla gestione separata. La richiesta si può presentare al termine del periodo di congedo di maternità e negli 11 mesi successivi, anche se intanto sia stato già in parte usufruito del congedo parentale.  Niente bonus alle lavoratrici autonome (coltivatrici dirette, mezzadre, colone, imprenditrici agricole professionali, artigiane, commercianti eccetera).

Le spese agevolabili. Il bonus può essere alternativamente utilizzato per il servizio di baby sitting oppure per far fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati.

L'entità del bonus - Il bonus vale 600 euro mensili per un periodo massimo di sei mesi (quindi 3.600 euro totali), in base alla richiesta della lavoratrice. Per le lavoratrici iscritte alla gestione separata, invece, la durata massima si ferma a tre mesi (quindi 1.800 euro in tutto). In caso di lavoratrici a part time, il bonus è ridotto in misura proporzionale alla riduzione dell'orario di lavoro. Ma c'è una postilla. Se le risorse non dovessero bastare è previsto che, a domande già presentate, possa essere fissato un Isee per il riconoscimento del diritto o rideterminato l'importo del bonus.

Come si ottiene il bonus - Per accedere al bonus occorre presentare una domanda in via telematica sul sito inps entro il 31 dicembre di ogni anno, in cui specificare tra l'altro l'opzione scelta (servizi baby sitting o rete pubblica) e il numero di mensilità. Mensilità che poi non potranno più essere fruite sotto forma di congedo parentale e che per questo sono comunicate dall'Inps al datore di lavoro.

L'INPS pagheranno gli incentivi attraverso due modalità a seconda del servizio che viene richiesto. Nel caso in cui la mamma si voglia avvalere della baby sitter gli uffici daranno i voucher che la mamma consegnerà alla baby sitter, con i quali prendere i soldi presso qualsiasi ufficio postale. Nel caso in cui la madre voglia fruire degli asili nido l'Inps intratterrà il rapporto direttamente con le strutture in parola e pagherà le somme dietro presentazione della relativa documentazione.

In tale ipotesi si ricorda che l'Inps ha invitato proprio in questi giorni gli asili nido a convenzionarsi per gli anni 2014 e 2015. Agli asili che si iscriveranno l'Inps riconoscerà il bonus che permetterà alle mamme di evitare del tutto la retta o di pagarla in misura inferiore.

La successione degli atti è la seguente: 1) l'asilo presenta la domanda in via telematica; 2) l'Inps controlla che la struttura sia in regola con le norme previdenziali e del lavoro e abbia i requisiti chiesti dal bando; 3) in caso positivo la struttura viene inserita nell'elenco pubblicato sul sito dell'Inps. A questo punto la parola passa alle mamme: a) presentano la domanda per avere il bonus mensile; b) indicano l'asilo scelto tra quelli elencati dall'Inps; c) presentano l'attestato Isee che documenta le possibilità economiche della famiglia; d) l'Inps accetta o no la domanda.

seguifb

Zedde

La legge di Stabilità, nella versione approvata in via definitiva, non ha bloccato l'aumento dei contributi alla gestione separata dell'Inps e ha dato via agli aumenti decisi dal governo Monti. 

Kamsin Per le "giovani partite Iva" è "sacrosanto un intervento correttivo e mi assumo la responsabilità di fare un provvedimento ad hoc nei prossimi mesi". E' quanto ha indicato il Premier Matteo Renzi, ieri, prima della pausa natalizia lasciando intravedere la possibilità di nuovo intervento entro i primi mesi del 2015 sui giovani professionisti con redditi sino a 30mila annui.

«I giovani - ha ammesso il capo del governo - hanno avuto meno vantaggi di tutti dall'intervento che ha ridotto di un miliardo le tasse alle partite Iva». «La suddivisione interna - ha riconosciuto Renzi-  ha premiato un pò troppo i commercianti e gli artigiani mentre non ha valorizzato la nicchia dei giovani professionisti».

L'esecutivo rilancia, quindi, su un nuovo intervento ridurre su un versante le tasse ai giovani con partita Iva facendo marcia indietro rispetto alla stangata inflitta dalla legge di Stabilità e dall'altro lato accelerare i tempi dell'aumento della contribuzione a carico loro (e dei datori di lavoro) costruendo i presupposti per garantire in futuro pensioni migliori. Un intervento che dovrebbe rivedere da un lato il regime dei minimi, modificato nella legge di stabilità, e la diminuzione delle aliquote previdenziali che dal prossimo anno saliranno dal 27,72 al 29,72 per cento. Un costo insostenibile per molti giovani professionisti.

Il regime fiscale dei minimi, fino ad oggi, prevede che le partite Iva under 35 siano sottoposte ad un prelievo del 5% sull'Irpef. Dal prossimo anno, per effetto della manovra, salirà al 15%. Ma non solo. Il nuovo regime prevede una forfettizzazione del reddito imponibile, mentre il vecchio regime dava la possibilità di portare in deduzione, senza alcun limite, i costi relativi all'attività. Inoltre le regole che stanno per andare in soffitta prevedono un tetto massimo di 30 mila euro mentre il nuovo sistema sì ferma a 15 mila.

In pratica, se prima i freelance potevano garantirsi l'accesso al regime agevolato con un fatturato fino a 30mila euro, da gennaio dovranno restare sotto i 15mila euro. Per i commercianti, invece, il tetto è salito da 30 a 40mila euro. In Via XX Settembre sono convinti che la soluzione migliore sia una armonizzazione dell'aliquota intorno al 15% per tutti con un tetto fissato a 20-30 mila euro.

Con la Stabilità, inoltre, non si è posto alcun correttivo a una norma risalente al periodo Monti-Fornero, che prevede l'aumento dei contributi Inps per coloro che sono iscritti alla gesitone separata. Da qui al 2018, la soglia dell'aliquota passerà dal 27 al 33%, con un gradino al 29% già dal prossimo anno. Una situazione che ha portato l'associazione Acta dei freelance a lanciare l'allarme della "fuga dalla Gestione separata Inps". Insieme ad altre associazioni, ha fatto notare che tra commercianti e gestione separata significa tendere verso "un divario di oltre 9 punti" percentuali. "Oggi la differenza di 4 punti tiene legati alla Gestione separata Inps molti freelance, ma domani, con 9 punti di divario, la fuga sarà questione di sopravvivenza.

Seguifb

Zedde

Il Governo approva la bozza sulla Riforma degli ammortizzatori sociali. Dopo l'Aspi i lavoratori potranno fruire di un ammortizzatore sociale sperimentale di ultima istanza.

Kamsin I lavoratori disoccupati vicini all'età del pensionamento, ma che non abbiano maturato i requisiti per i trattamenti di quiescenza, potranno fruire del nuovo ammortizzatore universale in via prioritaria , nel primo anno di sperimentazione della misura, rispetto agli altri lavoratori. E' quanto prevede un passaggio della bozza di decreto attuativo sulla Riforma degli Ammortizzatori sociali approvato ieri dal Consiglio dei ministri in attuazione della legge delega sul mercato del Lavoro, il cd. jobs act. 

Nel progetto governativo il nuovo ammortizzatore universale, denominato assegno di disoccupazione (Asdi), entrerà in funzione dal 1° maggio 2015 in via sperimentale, avrà una durata massima di 6 mesi e sarà riservato ai lavoratori che hanno già fruito della nuova Aspi a condizione di avere un Isee basso. Per la fruizione del sostegno sarà necessario, inoltre, che il beneficiario partecipi a programmi di reinserimento lavorativo. Circa l'entità del nuovo assegno la bozza prevede che sia pari al 75% dell’ultimo trattamento percepito ai fini della nuova Aspi, se non superiore alla misura dell’assegno sociale. L’ammontare potrà essere incrementato per gli eventuali carichi familiari del lavoratore. 

Nel primo anno di applicazione, dispone l'articolo 15 della bozza di decreto legislativo, gli interventi saranno prioritariamente riservati ai lavoratori appartenenti a nuclei familiari con minorenni e quindi ai lavoratori in età vicina al pensionamento, ma che non abbiano maturato i requisiti per i trattamenti di quiescenza.

Seguifb

Zedde

Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto attuativo del jobs act relativo al contratto a tutele crescenti. Il decreto attuativo del jobs act sul contratto a tutele crescenti non prevede piu' il cosiddetto 'opting out', cioe' la possibilita' di un indennizzo piu' elevato per il lavoratore licenziato ingiustificatamente al posto del reintegro. Kamsin L'indennizzo che spetterà al lavoratori sarà pari a due mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità. Secondo la bozza diffusa dal Governo, inoltre, per le piccole imprese rimane invariata la situazione attuale, cioe' un indennizzo pari a 2-6 mensilita', con un sistema graduale legato all'anzianita' di servizio.

Ecco il testo del decreto legislativo diffuso dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attu azione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.

Art. 1 – Campo di applicazione.

Per i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il regime di tutela nel caso di licenziamento illegittimo è disciplinato dalle disposizioni di cui al presente decreto.

Nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all’entrata in vigore del presente decreto, integri il requisito occupazionale di cui all’articolo 18, ottavo e nono comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, il licenziamento dei lavoratori, anche se assunti precedentemente a tale data, è disciplinato dalle disposizioni del presente decreto.

Art. 2 – Licenziamento discriminatori o, nullo e intimato in forma orale.

Il giudice, con la pronuncia con la quale dichiara la nul lità del licenziamento perché discriminatorio ovvero riconducibile agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non impre nditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende riso lto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di la voro, salvo il caso in cui abbia rich iesto l'indennità di cui al terzo comma del presente articolo. Il regime di cui al pr esente articolo si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale.

Con la pronuncia di cui al comma 1, il giudice condanna altresì il da tore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità e l’inefficacia, stabilendo a tal fine un'indennità commisurata all'u ltima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altr e attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque me nsilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.

Fermo restando il diritto al risarcimento del danno co me previsto al comma 2, al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della re integrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell'indennità deve essere effettuata entr o trenta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione.

Art. 3 – Licenziamento per giustificato motivo e giusta causa.

Salvo quanto disposto dal comma 2 del presente ar ticolo, nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per gius tificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rappor to di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità no n assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ul tima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non supe riore a ventiquattro mensilità.

Esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento pe r giustificato motivo sogget tivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla qual e resta estranea ogni valutazi one circa la sproporzione del licenziamento, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di a ltre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire ac cettando una congrua offerta di la voro ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lett. c, del decreto legislativo 21 apri le 2000, n. 181. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria relativa al periodo antecedente alla pronuncia di rein tegrazione non può essere superiore a dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assi stenziali dal giorno del li cenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione. Al lavoratore è attribuita la facoltà di cui all’articolo 2, comma 3.

La disciplina di cui al comma 2 trova applicazion e anche nelle ipotesi in cui il giudice accerta il difetto di giustificazione per motivo consistente ne ll’inidoneità fisica o ps ichica del lavoratore, anche ai sensi degli articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68.

Al licenziamento dei lavoratori di cui all’articolo 1 non trova applicazione l’ articolo 7 della legge n. 604 del 1966.

Art. 4 – Vizi formali e procedurali.

Nell’ipotesi in cui il licenziamento sia intimato con violazione del requisito di motivazione di cui all’articolo 2, comma 2, della le gge n. 604 del 1966 o della procedur a di cui all’articolo 7 della legge n. 300 del 1970, il giudice dichia ra estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità no n assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a una mensilità dell’ul tima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superior e a dodici mensilità, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavo ratore, accerti la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle tutele di cui agli articoli 2 e 3 del presente decreto.

Art. 5 – Revoca del licenziamento.

Nell'ipotesi di revoca del licenziamento, purché effettuata entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell'impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di c ontinuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non trovano app licazione i regimi sanz ionatori previsti dal presente decreto.

Art. 6 – Offerta di conciliazione.

In caso di licenziamento dei lavoratori di cui all’ articolo 1, al fine di ev itare il giudizio e ferma restando la possibilità per le parti di addivenire a ogni altra modalità di conc iliazione prev ista dalla legge, il datore di lavoro può offrir e al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, in una delle sedi di cui all’ articolo 2113, comma 4, cod. civ., e all’articolo 82, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e non è asso ggettata a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità de ll’ultima retribuzione gl obale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferior e a due e non superiore a diciotto mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circ olare. L’accettazione dell ’assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta l’es tinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta.

L’onere derivante dalla disposizi one di cui al comma 1 pari a due milioni di euro per l’anno 2015, settemilionienovecentomila euro per il 2016 e tredic imilionieottocentomila euro per il 2017 è posto a carico del fondo di cui all’ar ticolo 1, comma 107, della legg e di stabilità per il 2015.

Il sistema permanente di monitoraggio e valutazion e istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92, assicura il monitoraggio su ll’attuazione della pr esente disposizione.

Art. 7 – Computo dell’anzianità negli appalti.

Ai fini del calcolo delle indenni tà e dell’importo di cui all’articolo 3, comma 1, all’articolo 4, e all’articolo 6, l’anzianità di serv izio del lavoratore che passa a lle dipendenze dell’impresa che subentra nell’appalto si computa tenendo conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell’attività appaltata.

Art. 8 – Computo e misura delle indennità per frazioni di anno.

Per le frazioni di anno d’anzianità di servizio, le indennità e l’im porto di cui all’articolo 3, comma 1, all’articolo 4, e all’articolo 6, sono riproporzionati e le frazi oni di mese uguali o superiori a quindici giorni si comput ano come mese intero.

Art. 9 – Piccole imprese e organizzazioni di tendenza.

Ove il datore di lavoro non raggi unga i requisiti dimensionali di cui all’articolo 18, ottavo e nono comma, della legge n. 300 del 1970, non si applica l’articolo 3, comma 2, e l'ammontare delle indennità e dell’importo previsti dall'articolo 3, comma 1, dall’artico lo 4, comma 1 e dall’articolo 6, comma 1, è dimezzato e non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità.

Ai datori di lavoro non imprenditori , che svolgono senza fine di lucr o attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ov vero di religione o di culto, si applica la disciplina di cui al presente decreto.

Art. 10 – Licenziamento collettivo.

In caso di licenziamento colletti vo ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, intimato senza l’osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all’articolo 2 del presente decreto. In caso di violazione delle procedure richiamate al l’articolo 4, comma 12, o dei criteri di scelta di cui all’ art. 5, comma 1, della legge n. 233 del 1991, si applica il regime di cui all'articolo 3, comma 1.

Art. 11 – Contratto di ricollocazione.

È istituito presso l’Istituto Nazi onale della Previdenza Sociale il Fondo per le politiche attive per la ricollocazione dei lavoratori in stato di disoccup azione involontaria, al qual e affluisce la dotazione finanziaria del Fondo istituito dall’articolo 1, comma 215, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, in ragione di 18 milioni di euro per l’anno 2015 e di 20 milioni di euro per il 2016 nonché, per l’anno 2015, l’ulteriore somma di 32 milioni di euro del gett ito relativo al contributo di cui all’articolo 2, comma 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92.

Il lavoratore licenziato illegittimamente o per giustificato motivo oggettivo o per licenziamento collettivo di cui agli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991 n. 223, ha il diritto di ricevere dal Centro per l’impiego territorialmente competente un voucher rappresentativo della dote individuale di ricollocazione, a condiz ione che effettui la procedura di de finizione del profilo personale di occupabilità, ai sensi del D.lgs. attuativo dell a legge delega 10 dicembre 2014, n. 183, in materia di politiche attive per l’impiego.

Presentando il voucher a una agenzia per il lavo ro pubblica o privata accreditata secondo quanto previsto dal D.lgs di cui al comma 2, il lavoratore ha diritto a sottoscrivere con essa il contratto di ricollocazione che prevede:

1) il diritto del lavoratore a una assistenza appropriata nella ri cerca della nuova occupazione, programmata, strutturata e gestita secondo le migliori tecniche del settore, da parte dell’agenzia per il lavoro;

2) il diritto del lavoratore al la realizzazione da parte dell’agenz ia stessa di iniziative di ricerca, addestramento, formazione o riqualificazione pr ofessionale mirate a sbocchi occupazionali effettivamente esistenti e appropriati in relazione alle capacità del lavoratore e alle condizioni del mercato del lavoro nella zona ove il lavoratore è stato preso in carico;

3) il dovere del lavoratore di porsi a di sposizione e di cooperare con l’ agenzia nelle iniziative da essa predisposte. L’ammontare del voucher è proporzionato in relazione al profilo persona le di occupabilità di cui al comma 2 e l’agenzia ha diritto a incassarlo soltanto a risultato ottenuto secondo quanto stabilito dal D.lgs. di cui al comma 2.

Art. 12 – Rito applicabile.

Ai licenziamenti di cui al presente decreto non si applicano le di sposizioni dei commi da 48 a 68 dell’articolo 1 della legge n. 92 del 2012.

Qui il testo della bozza di decreto legislativo diffusa da Palazzo Chigi

Seguifb

Zedde

 
 
 
 
 
Schema di decreto legislativo recante disposizioni
in materia di contratto di lavoro a tempo
indeterminato a tutele crescenti, in attu
azione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.
Art. 1 – Campo di applicazione.
Per i lavoratori che rivestono la qua
lifica di operai, impiegati o qua
dri, assunti con contratto di
lavoro subordinato a tempo indeterm
inato a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, il regime di tutela nel ca
so di licenziamento illegittimo è
disciplinato dalle disposizioni di
cui al presente decreto.
Nel caso in cui il datore di la
voro, in conseguenza di assunzio
ni a tempo indeterminato avvenute
successivamente all’entrata in vigore del presente
decreto, integri il requisito occupazionale di cui
all’articolo 18, ottavo e nono comma, della le
gge 20 maggio 1970, n. 300, il licenziamento dei
lavoratori, anche se assunti precedentemente a tale
data, è disciplinato dalle disposizioni del
presente decreto.
Art. 2 – Licenziamento discriminatori
o, nullo e intimato in forma orale.
Il giudice, con la pronuncia con la
quale dichiara la nul
lità del licenziamento perché discriminatorio
ovvero riconducibile agli altri casi
di nullità espressamente previsti
dalla legge, ordina al datore di
lavoro, imprenditore o non impre
nditore, la reintegrazione del
lavoratore nel posto di lavoro,
indipendentemente dal motivo formalmente addott
o. A seguito dell'ordine
di reintegrazione, il
rapporto di lavoro si intende riso
lto quando il lavoratore non abbia
ripreso servizio entro trenta
giorni dall'invito del datore di la
voro, salvo il caso in cui abbia rich
iesto l'indennità di cui al terzo
comma del presente articolo. Il regime di cui al pr
esente articolo si applica anche al licenziamento
dichiarato inefficace perché intimato in forma orale.
Con la pronuncia di cui al comma
1, il giudice condanna altresì il da
tore di lavoro
al risarcimento
del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di
cui sia stata accertata la
nullità e l’inefficacia,
stabilendo a tal fine un'indennità commisurata all'u
ltima retribuzione globale di fatto maturata dal
giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva
reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel
periodo di estromissione, per lo svolgimento di altr
e attività lavorative. In
ogni caso la misura del
risarcimento non potrà essere inferiore a cinque me
nsilità della retribuzione
globale di fatto. Il
datore di lavoro è condannato, altresì, per il
medesimo periodo, al versamento dei contributi
previdenziali e assistenziali.
Fermo restando il diritto al risarcimento del danno co
me previsto al comma 2, al lavoratore è data la
facoltà di chiedere al datore di
lavoro, in sostituzione della re
integrazione nel posto di lavoro,
un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima
retribuzione globale di fatto, la cui richiesta
determina la risoluzione del
rapporto di lavoro, e che non è
assoggettata a contribuzione
previdenziale. La richiesta dell'indennità deve
essere effettuata entr
o trenta giorni dalla
comunicazione del deposito della pronuncia o dall'invito
del datore di lavoro a riprendere servizio,
se anteriore alla predetta comunicazione.
Art. 3 – Licenziamento per giusti
ficato motivo e giusta causa.
Salvo quanto disposto dal comma 2 del presente ar
ticolo, nei casi in cui
risulta accertato che non
ricorrono gli estremi del licenziamento per gius
tificato motivo oggettivo o
per giustificato motivo
soggettivo o giusta causa, il giudice
dichiara estinto il rappor
to di lavoro alla data del licenziamento
e condanna il datore di lavoro
al pagamento di un'indennità no
n assoggettata a contribuzione
previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ul
tima retribuzione globale di fatto per ogni anno
di servizio, in misura comunque
non inferiore a quattro e non supe
riore a ventiquattro mensilità.
Esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento pe
r giustificato motivo sogget
tivo o per giusta causa
in cui sia direttamente dimostrata
in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al
lavoratore, rispetto alla qual
e resta estranea ogni valutazi
one circa la sproporzione del
licenziamento, il giudice annulla il
licenziamento e condanna il datore
di lavoro alla reintegrazione
del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento
di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima
retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione,
dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di a
ltre attività lavorative, nonché
quanto avrebbe potuto percepire ac
cettando una congrua offerta di la
voro ai sensi dell’articolo 4,
comma 1, lett. c, del decreto legislativo 21 apri
le 2000, n. 181. In ogni caso la misura dell'indennità
risarcitoria relativa al periodo
antecedente alla pronuncia di rein
tegrazione non può essere superiore
a dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di
fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì,
al versamento dei contributi previdenziali e assi
stenziali dal giorno del li
cenziamento fino a quello
dell’effettiva reintegrazione. Al lavoratore è attribuita la facoltà di cui all’articolo 2, comma 3.
La disciplina di cui al comma 2 trova applicazion
e anche nelle ipotesi in
cui il giudice accerta il
difetto di giustificazione per motivo consistente ne
ll’inidoneità fisica o ps
ichica del lavoratore,
anche ai sensi degli articoli 4, comma 4, e
10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68.
Al licenziamento dei lavoratori di cui all’articolo
1 non trova applicazione l’
articolo 7 della legge n.
604 del 1966.
Art. 4 – Vizi formali e procedurali.
Nell’ipotesi in cui il licenziamento sia intimato c
on violazione del requisito
di motivazione di cui
all’articolo 2, comma 2, della le
gge n. 604 del 1966 o della procedur
a di cui all’articolo 7 della
legge n. 300 del 1970, il giudice dichia
ra estinto il rapporto di lavoro
alla data del licenziamento e
condanna il datore di lavoro
al pagamento di un’indennità no
n assoggettata a contribuzione
previdenziale di importo pari a una mensilità dell’ul
tima retribuzione globale di fatto per ogni anno
di servizio, in misura comunque
non inferiore a due e non superior
e a dodici mensilità, a meno che
il giudice, sulla base della domanda del lavo
ratore, accerti la sussistenza dei presupposti per
l’applicazione delle tutele di cui agli
articoli 2 e 3 del presente decreto.
Art. 5 – Revoca del licenziamento.
Nell'ipotesi di revoca del
licenziamento, purché effettuata entro il
termine di quindici giorni dalla
comunicazione al datore di lavoro dell'impugnazione
del medesimo, il rapporto di lavoro si intende
ripristinato senza soluzione di c
ontinuità, con diritto del lavoratore
alla retribuzione maturata nel
periodo precedente alla revoca, e non trovano app
licazione i regimi sanz
ionatori previsti dal
presente decreto.
Art. 6 – Offerta di conciliazione.
In caso di licenziamento dei lavoratori di cui all’
articolo 1, al fine di ev
itare il giudizio e ferma
restando la possibilità per
le parti di addivenire a ogni altra modalità di conc
iliazione prev
ista dalla
legge, il datore di lavoro può offrir
e al lavoratore, entro
i termini di impugnazione
stragiudiziale del
licenziamento, in una delle sedi di cui all’
articolo 2113, comma 4, cod. civ., e all’articolo 82,
comma 1, del decreto legislativo 10 settembre
2003, n. 276, un importo che non costituisce reddito
imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle
persone fisiche e non è asso
ggettata a contribuzione
previdenziale, di ammontare pari a una mensilità de
ll’ultima retribuzione gl
obale di fatto per ogni
anno di servizio, in misura comunque non inferior
e a due e non superiore a diciotto mensilità,
mediante consegna al lavoratore di un assegno circ
olare. L’accettazione dell
’assegno in tale sede da
parte del lavoratore comporta l’es
tinzione del rapporto alla
data del licenziamento e la rinuncia alla
impugnazione del licenziamento anche qualora
il lavoratore l’abbia già proposta.
L’onere derivante dalla disposizi
one di cui al comma 1 pari a due
milioni di euro per l’anno 2015,
settemilionienovecentomila euro per il 2016 e tredic
imilionieottocentomila euro per il 2017 è posto
a carico del fondo di cui all’ar
ticolo 1, comma 107, della legg
e di stabilità per il 2015.
Il sistema permanente di monitoraggio e valutazion
e istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della
legge 28 giugno 2012, n. 92, assicura il monitoraggio su
ll’attuazione della pr
esente disposizione.
Art. 7 – Computo dell’anzianità negli appalti.
Ai fini del calcolo delle indenni
tà e dell’impoto di cui all’articolo 3, comma 1, all’articolo 4, e
all’articolo 6, l’anzianità di serv
izio del lavoratore che passa a
lle dipendenze dell’impresa che
subentra nell’appalto si computa
tenendo conto di tutto il periodo
durante il quale il lavoratore è
stato impiegato nell’attività appaltata.
Art. 8 – Computo e misura delle indennità per frazioni di anno.
Per le frazioni di anno d’anzianità
di servizio, le indennità e l’im
porto di cui all’articolo 3, comma
1, all’articolo 4, e all’articolo
6, sono riproporzionati e le frazi
oni di mese uguali o superiori a
quindici giorni si comput
ano come mese intero.
Art. 9 – Piccole imprese e organizzazioni di tendenza.
Ove il datore di lavoro non raggi
unga i requisiti dimensionali di
cui all’articolo
18, ottavo e nono
comma, della legge n. 300 del 1970, non si applica
l’articolo 3, comma 2, e l'ammontare delle
indennità e dell’importo previsti
dall'articolo 3, comma 1, dall’artico
lo 4, comma 1 e dall’articolo 6,
comma 1, è dimezzato e non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità.
Ai datori di lavoro non imprenditori
, che svolgono senza fine di lucr
o attività di natura politica,
sindacale, culturale, di istruzione ov
vero di religione o di culto, si
applica la disciplina di cui al
presente decreto.
Art. 10 – Licenziamento collettivo.
In caso di licenziamento colletti
vo ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223,
intimato senza l’osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all’articolo
2 del presente decreto. In caso di violazione delle
procedure richiamate al
l’articolo 4, comma 12, o
dei criteri di scelta di cui all’
art. 5, comma 1, della legge n. 233 del 1991, si applica il regime di cui
all'articolo 3, comma 1.
Art. 11 – Contratto di ricollocazione.
È istituito presso l’Istituto Nazi
onale della Previdenza Sociale il Fondo
per le politiche
attive per la
ricollocazione dei lavoratori in stato di disoccup
azione involontaria, al qual
e affluisce la dotazione
finanziaria del Fondo istituito dall’articolo 1, comma 215, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, in
ragione di 18 milioni di euro per l’anno 2015 e di
20 milioni di euro per il 2016 nonché, per l’anno
2015, l’ulteriore somma di 32 milioni di euro del gett
ito relativo al contributo di cui all’articolo 2,
comma 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92.
Il lavoratore licenziato illegittimamente o per
giustificato motivo oggettivo o per licenziamento
collettivo di cui agli articoli 4
e 24 della legge 23 luglio 1991 n. 223,
ha il diritto di ricevere dal
Centro per l’impiego territorialmente competente
un voucher rappresentativo della dote individuale
di ricollocazione, a condiz
ione che effettui la procedura di de
finizione del profilo personale di
occupabilità, ai sensi del D.lgs. attuativo dell
a legge delega 10 dicembre 2014, n. 183, in materia di
politiche attive per l’impiego.
Presentando il voucher a una agenzia per il lavo
ro pubblica o privata accreditata secondo quanto
previsto dal D.lgs di cui al comma 2, il lavoratore ha
diritto a sottoscrivere con essa il contratto di
ricollocazione che prevede:
il diritto del lavoratore a una
assistenza appropriata nella ri
cerca della nuova occupazione,
programmata, strutturata e
gestita secondo le migliori tecniche
del settore, da parte dell’agenzia per
il lavoro;
il diritto del lavoratore al
la realizzazione da parte dell’agenz
ia stessa di iniziative di ricerca,
addestramento, formazione o riqualificazione pr
ofessionale mirate a sbocchi occupazionali
effettivamente esistenti e appropriati in relazione alle capacità del lavoratore e alle condizioni del
mercato del lavoro nella zona ove il
lavoratore è stato preso in carico;
il dovere del lavoratore di porsi a di
sposizione e di cooperare con l’
agenzia nelle iniziative da essa
predisposte.
L’ammontare del voucher è proporzionato
in relazione al profilo persona
le di occupabilità di cui al
comma 2 e l’agenzia ha diritto a
incassarlo soltanto a risultato o
ttenuto secondo quanto stabilito dal
D.lgs. di cui al comma 2.
Art. 12 – Rito applicabile.
Ai licenziamenti di cui al presen
te decreto non si applicano le di
sposizioni dei commi da 48 a 68
dell’articolo 1 della legge n. 92 del 2012.
Qualora l'impresa collochi in mobilità i dipendenti nel periodo compreso tra la fine del 12° mese successivo a quello di emanazione del decreto cigs e la fine del 12° mese successivo a quello di completamento del programma di risanamento dell'unità produttiva interessata dalla cigs, resta comunque fermo il diritto al rimborso delle quote di tfr maturate durante il periodo di concessione.

Kamsin Via libera al rimborso delle quote di tfr durante i periodi di cigs di aziende in fallimento. E' quanto ha precisato il ministero del lavoro in un interpello a risposta di quesiti dei consulenti del lavoro. Secondo il Dicastero di Via Veneto in particolare, per i periodi di cig nei confronti di aziende sottoposte a procedure concorsuali, il diritto al rimborso delle quote di tfr matura in considerazione del fatto che la concessione stessa presuppone la continuità dei rapporti di lavoro.

Qualora l'impresa collochi in mobilità i dipendenti nel periodo compreso tra la fine del 12° mese successivo a quello di emanazione del decreto cigs e la fine del 12° mese successivo a quello di completamento del programma di risanamento dell'unità produttiva interessata dalla cigs, resta comunque fermo il diritto al rimborso delle quote di tfr maturate durante il periodo di concessione.

Inoltre, relativamente ai periodi di un'eventuale interruzione del flusso di cassa integrazione salariale, il ministero ricorda che anche con riferimento alle imprese sottoposte a procedure concorsuali la ripresa dell'attività lavorativa può considerarsi quale evento interruttivo della sospensione, derivandone dunque l'impossibilità di ascrivere le quote di tfr a carico della cigs.

Inoltre, il ministero spiega che alla dichiarazione di fallimento non necessariamente consegue la cessazione del rapporto di lavoro, ma questa ha luogo solo laddove il curatore ritenga che non sia possibile, nemmeno in parte, la continuazione dell'attività dell'impresa. In tale ultima ipotesi, pertanto non sembra che possano maturare ulteriori quote di tfr. Diversamente, nel caso di richiesta del trattamento straordinario di integrazione salariale (ex art. 3 della legge n. 223/1991), secondo il ministero sussiste la continuazione reale e non' fittizia del rapporto di lavoro con l'impresa fallita fino al termine di concessione del trattamento stesso. Nel corso del periodo di fruizione della cigs, pertanto, continuano a maturare le quote di tfr in applicazione degli stessi principi validi con riferimento alle società sottoposte a procedure concorsuali.

Zedde

Una circolare del Ministero del Lavoro precisa gli effetti della Riforma dei trattamenti in deroga. Gli studi professionali e i sindacati restano fuori dai benefici.

Kamsin Sindacati e studi professionali restano fuori dagli ammortizzatori in deroga. E' quanto ha ribadito il ministero del lavoro nella nota prot. n. 5425/2014 con cui ha risposto a diversi quesiti posti delle regioni in merito agli aspetti operativi del Dm 83473/2014, il provvedimento ce ha riformato i criteri per la concessione di cig e mobilità in deroga. I professionisti e i sindacati, pertanto, non vi possorio far ricorso, dato che i trattamenti sono riservati esclusivamente alle imprese. Tra queste sono inclusi anche i c.d. piccoli imprenditori, che sono i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani e i piccoli commercianti perché anche loro sottoposti allo statuto generale dell'imprenditore.

Inoltre, precisa la circolare, possono farvi ricorso anche le cooperative sociali di cui alla legge n. 381 del 1991, con riferimento ai lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato, in quanto anch'esse rientranti nella nozione d'impresa di cui al codice civile. Il ministero precisa, infine, che invece sono esclusi dal campo di applicazione gli studi professionali e le associazioni dei sindacati dei lavoratori e dei datori di lavoro.

In base ai nuovi criteri, la fruizione della cig in deroga è possibile a condizione che l'impresa abbia previamente utilizzato gli strumenti ordinari di flessibilità (ferie residue e maturate, permessi, banca ore, ecc.). Il ministero precisa che tra gli strumenti ordinari di flessibilità si inseriscono anche gli istituti di fonte contrattuale. Inoltre, che per ferie residue e maturate si devono intendere quelle residue dell'anno precedente e quelle maturate fino alla data d'inizio delle sospensioni, mentre sono da escludersi le ferie programmate che coincidono ad esempio con le chiusure aziendali.

Il ministero precisa, ancora, che cig e mobilità in deroga non possono essere concessi in favore dei lavoratori per i quali ricorrono le condizioni di accesso alle analoghe prestazioni previste dalla normativa vigente. Pertanto è da escludersi la concessione della mobilità in deroga ai lavoratori in possesso dei requisiti per accedere prioritariamente alla mobilità ordinaria (ex legge n. 223/1991), alle indennità Aspi e MiniAspi, alle indennità di disoccupazione agricola con requisiti ordinari e ridotti.  Parimenti, secondo la circolare, non è possibile concedere la mobilità in deroga a seguito della conclusione della fruizione di quella ordinaria, dell'indennità Aspi o MiniAspi, delle indennità di disoccupazione agricola.

Per quanto riguarda, infine, la durata, secondo il ministero in riferimento ai lavoratori che, alla data di decorrenza della mobilità, abbiano già fruito di tali prestazioni (mobilità in deroga) per un periodo inferiore a tre anni, può essere concesso, nel corso dell'anno 2014 (gennaio/dicembre senza possibilità di proroga nel 2015), per un ulteriore periodo di sette mesi non ulteriormente prorogabili, più ulteriori tre mesi per i lavoratori residenti nel Mezzogiorno (ex dpr n. 218/1978). La durata massima consentita è calcolata considerando anche tutti i periodi di mobilità già concessi nell'annualità di riferimento per effetto di accordi stipulati in data anteriore all'entrata in vigore del decreto.

Zedde

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