Lavoro
Bonus Assunzioni 2015, ecco le regole per fruire del beneficio
Lo sgravio contributivo fino ad 8mila euro l'anno riguarda tutti i nuovi assunti con contratti a tempo indeterminato tra il 1° gennaio ed il 31 Dicembre 2015. Ammessi anche i soggetti non imprenditori.
Kamsin L'Inps ha diramato con la Circolare 17/2015 le istruzioni per ottenere i benefici relativi alle assunzioni a tempo indeterminato di cui alla legge 190/2014. Il beneficio, ricorda l'Inps, si applica a tutti i datori di lavoro privati e, in questo ambito, ancorché con misure, condizioni e modalità di finanziamento specifiche,anche ai datori di lavoro agricoli. Ai fini del diritto all'esonero, non assume rilevanza la sussistenza della natura imprenditoriale in capo al datore di lavoro, pertanto il beneficio e esteso anche ai soggetti non imprenditori ( ad esempio associazioni culturali, politiche, sindacali o di volontariato, studi professionali).
I rapporti di lavoro interessati. L'esonero contributivo riguarda tutti i rapporti di lavoro a tempo indeterminato, anche se part-time, con l'eccezione dei contratti di apprendistato e di lavoro domestico. Nelle tipologie contrattuali incentivate rientra anche il lavoro ripartito a tempo indeterminato (job sharing), purché le condizioni per l'applicazione siano possedute da ambedue i lavoratori coinvolti. Le nuove norme valgono anche per assumere personale con qualifica dirigenziale e per le assunzioni a tempo indeterminato a scopo di somministrazione. Ancora, è possibile fruire del bonus per i rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato instaurati dalle cooperative di produzione e lavoro (legge 112/2001).
Da segnalare, inoltre, che si potranno assumere a tempo indeterminato o stabilizzare anche lavoratori già occupati in azienda con contratti a termine. L'Inps ha chiarito, infatti, che può fruire dell'esonero contributivo il datore di lavoro privato, che adempie all'obbligo (previsto dall'articolo 5, comma 4quater del Dlgs 368/2001), di dare precedenza, nell'assunzione a tempo indeterminato, al lavoratore con il quale, nei 12 mesi precedenti, ha avuto uno o più rapporti di lavoro a termine per un periodo complessivo di attività superiore a sei mesi. Lo stesso vale per i casi di trasformazione di un rapporto di lavoro a termine in un rapporto a tempo indeterminato. In ogni caso, l'incentivo può ritenersi valido anche nel caso dell'assunzione di lavoratori disabili.
Restano esclusi dal beneficio i contratti di apprendistato e i contratti di lavoro domestico. Parimenti sono esclusi dal bonus quei lavoratori che, nei sei mesi precedenti l'assunzione, erano occupati, presso qualsiasi datore di lavoro, con contratto a tempo indeterminato. Da segnalare, inoltre, che non possono fruire del bonus quei lavoratori che, nei tre mesi dal 1° ottobre al 31 dicembre 2014, hanno avuto rapporti di lavoro a tempo indeterminato con il datore di lavoro che chiede l'incentivo (o con società da questi controllate o facenti capo allo stesso datore anche per interposta persona) così come quei lavoratori che hanno avuto un precedente rapporto di lavoro agevolato, in base alla legge di stabilità 2015, con lo stesso datore di lavoro
Il Bonus. L'esonero contributivo consiste, per il datore di lavoro, nella possibilità di non versare i contributi (sia l'aliquota Ivs al Fondo pensioni sia le aliquote minori) fino a un tetto massimo di 8.060 euro all'anno e riguarda le nuove assunzioni effettuate dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015. La durata del bonus è di 36 mesi dalla data di assunzione. Per i rapporti di lavoro part-time, la misura della soglia massima va adeguata in diminuzione in base alla durata dell'orario ridotto di lavoro, in rapporto a quella ordinaria stabilita dalla legge o dai contratti collettivi.
Per la gestione del bonus l'Inps ha deciso di adottare un particolare criterio, introducendo un contatore mensile che aumenta progressivamente. Infatti, per agevolare l'applicazione dell'incentivo, la soglia massima di esonero contributivo è riferita al periodo di paga mensile ed è pari a 671,66 euro (8.060/12) e, per rapporti di lavoro instaurati o risolti nel corso del mese, la soglia va riproporzionata assumendo come riferimento la misura di 22,08 euro (8.060/365 giorni) per ogni giorno di fruizione dell'esonero contributivo.
seguifb
Zedde
Pensioni, Il Censis lancia l'allarme sugli assegni
A causa del sistema contributivo circa il 65% dei giovani occupati dipendenti 25-34enni di oggi avrà una pensione sotto i mille euro, pur con avanzamenti di carriera medi assimilabili a quelli delle generazioni che li hanno preceduti.
Kamsin La 'generazione mille euro' avrà ancora meno a fine carriera. Oggi il 40% dei lavoratori dipendenti di 25-34 anni ha una retribuzione netta media mensile fino a mille euro. E in molti si troveranno ad avere dalla pensione un reddito più basso di quello che avevano a inizio carriera. È quanto emerge da una ricerca realizzata dal Censis.
Il Censis stima che il 65% dei giovani occupati dipendenti 25-34enni di oggi avrà una pensione sotto i mille euro, pur con avanzamenti di carriera medi assimilabili a quelli delle generazioni che li hanno preceduti, considerando l'abbassamento dei tassi di sostituzione.
E la previsione riguarda i più 'fortunati', cioè i 3,4 milioni di giovani oggi ben inseriti nel mercato del lavoro, con contratti standard. Poi ci sono 890.000 giovani 25-34enni autonomi o con contratti di collaborazione e quasi 2,3 milioni di Neet, che non studiano né lavorano. Se continua così, sottolinea il Censis, i giovani precari di oggi diventeranno gli anziani poveri di domani.
Dall'indagine emerge inoltre che solo il 35% degli italiani ha paura di invecchiare: il 15% combatte gli effetti dell'invecchiamento e il 20% si rassegna. Il 65% invece non teme l'invecchiamento: perché lo considera un fatto naturale (53%) o perché pensa che invecchiando si migliora (12%).
A far paura è la perdita di autonomia. Pensando alla propria vecchiaia, il 43% degli italiani giovani e adulti teme l'insorgere di malattie, il 41% la non autosufficienza. E il 54% degli anziani fa coincidere la soglia di accesso alla vecchiaia proprio con la perdita dell'autosufficienza, il 29% con la morte del coniuge e il 24% con il pensionamento.
La fragilità legata all'invecchiamento terrorizza i giovani. Pensando a quando saranno anziani e bisognosi di cure, il 32% di giovani e adulti si preoccupa perché non sa bene che cosa accadrà, il 22% è incerto e disorientato, e solo il 16% si sente tranquillo, perché si sta preparando a quel momento con risparmi e polizze assicurative, o semplicemente conta sul supporto della propria famiglia.
In casa propria, accuditi dai familiari o da una badante: è questo oggi il modello di assistenza agli anziani non autosufficienti, sottolinea il Censis nella ricerca. Le badanti sono più di 700.000 (di cui 361.500 regolarmente registrate presso l'Inps con almeno un contributo versato nell'anno) e costano 9 miliardi di euro all'anno alle famiglie. Finora il modello ha funzionato, per il futuro però potrebbe non essere più così.
Sono 120.000 le persone non autosufficienti che hanno dovuto rinunciare alla badante per ragioni economiche. Il 78% degli italiani pensa che sta crescendo la pressione delle badanti per avere stipendi più alti e maggiori tutele, con un conseguente rialzo dei costi a carico delle famiglie. Per tanti l'impegno economico diventa insostenibile: 333.000 famiglie hanno utilizzato tutti i risparmi per pagare l'assistenza a un anziano non autosufficiente, 190.000 famiglie hanno dovuto vendere l'abitazione (spesso la nuda proprietà) per trovare le risorse necessarie, 152.000 famiglie si sono indebitate per pagare l'assistenza.
E sono oltre 909.000 le reti familiari che si 'autotassano' per pagare l'assistenza del familiare non autosufficiente. E anche quando si ricorre alla badante, l'85% degli italiani sottolinea che è comunque necessario un massiccio impegno dei familiari per coprire giorni di riposo, festivi, ferie, e altro.
seguifb
Zedde
Jobs Act, estese le tutele del contratto di ricollocazione
Non sarà più istituito presso l'Inps, ma presso il ministero del Lavoro, il Fondo per i contratti d ricollocazione, che ha una dote complessiva di 50 milioni per quest'anno e di 20 milioni per il 2016.
Kamsin Il Contratto di ricollocazione sarà esteso verso tutti i disoccupati, e non più solo ai lavoratori licenziati illegittimamente, come prevede lo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri. Sono queste le modifiche concordate dal Governo e dalla Conferenza Stato Regioni, che ieri ha espresso il parere sullo schema di Dlgs di riordino degli ammortizzatori, istitutivo della Naspi (la nuova assicurazione sociale per l'impiego), che passa all'esame della Ragioneria, per andare alle commissioni Lavoro di Camera e Senato per il parere (non vincolante per il governo). Immutato il meccanismo. Il voucher sarà dato al lavoratore a condizione che si ponga a disposizione e cooperi con l'Agenzia per il lavoro (pubblica o privata accreditata), che sarà pagata solo a risultato ottenuto, cioè a ricollocazione avvenuta.
Intanto la commissione lavoro di Montecitorio dovrà esprimersi prima della prossima settimana sul decreto attuativo del nuovo modello di inserimento a tutele crescenti. E, fra le osservazioni e le integrazioni che finiscono nel testo stilato dal presidente e relatore Maurizio Sacconi (Ap), quella più rilevante stabilisce come con riferimento ai licenziamenti collettivi, il governo sia chiamato a valutare «l'opportunità di rivedere il regime sanzionatorio» (fissato nell'articolo 10, in cui si introduce una nuova forma di tutela) mediante il reintegro del posto di lavoro per i dipendenti «in caso di violazione dei criteri previsti dai contratti collettivi».
seguifb
Zedde
Tfr in busta paga, ecco quanto si perde chiedendo l'anticipo
Incassare il trattamento di fine rapporto mensilmente da marzo 2015 a giugno 2018, invece di destinarlo a un fondo pensione, può ridurre notevolmente l'assegno integrativo del 10% ma la penalizzazione può sfiorare anche il 30 per cento.
Kamsin La monetizzazione del Tfr rischia di essere un bluff per i lavoratori. A guadagnarci sarà soprattutto lo stato. Perché sulle somme erogate in busta paga scatta l'applicazione della tassazione ordinaria (la stessa tassa della busta paga) invece di quella «separata», quella normalmente applicata al Ttr intascato a fine carriera. La legge di stabilità legge 190/2014 ha introdotto la possibilità di trasformare, per un periodo limitato di tempo, il trattamento di fine rapporto (Tfr) in una parte integrativa della retribuzione.
Un'opzione che può risultare utile per far fronte alle spese primarie di breve termine, al saldo delle varie imposte previste, e forse per determinare un incremento dei consumi. Tuttavia le conseguenze di questa scelta devono essere comprese in maniera chiara. Infatti la prestazione netta che il lavoratore potrebbe ricevere alla cessazione dal servizio da un fondo pensione si ridurrebbe, in alcuni casi anche in maniera drastica, qualora venisse richiesta l'erogazione del Tfr in busta paga. Senza contare che la tassazione applicata alle somme percepite in anticipo sarà piu' elevata. Il Tfr in busta paga viene, infatti, tassato come reddito da lavoro dipendente, sulla base, cioè, dell'aliquota marginale personale, l'anticipazione risulterà imponibile a un'aliquota pari al 23 per cento.
Un esempio per valutare. Un lavoratore con 20 mila euro di retribuzione annua ha diritto a una quota annua di Tfr di 1.381 euro. Se conserva la via tradizionale dell'incasso a fine carriera, incasserà un Tfr netto di 1.049 euro. Se dovesse scegliere la liquidazione in busta paga, invece, incasserà un Tfr netto di 925 euro rimettendoci dunque ben 124 euro che andranno all'erario.
E non è tutto, perché occorre anche considerare la perdita, come accennato, della rendita erogata dal fondo pensione a cui il TFR era destinato. Il mancato accredito del periodo 1° marzo 2015-giugno 2018 comporta, infatti, una temporanea mancata contribuzione nella sua storia previdenziale e, quindi, una rendita integrativa complessiva minore di quella che sarebbe stata elargita senza l'opzione monetizzazione.
Secondo i Consulenti del Lavoro se si confronta la prestazione finale con quella che il lavoratore otterrebbe qualora decidesse di ricevere dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018 il relativo Tfr in busta paga, la perdita, come si evince dalla tabella, può oscillare tra il 10 ed il 30% sulla prestazione integrativa. Il principio è chiaro: qualora gli accantonamenti di Tfr non siano destinati ai fondi pensione la prestazione finale netta maturata dal lavoratore sarà inferiore.
seguifb
Zedde
Naspi 2015, così cambia l'importo dell'indennità di disoccupazione
Con la Riforma degli ammortizzatori sociali cambierà dal 1° maggio 2015 l'importo dell'idennità mensile spettante in caso di perdita involontaria del posto di lavoro.
Kamsin L'importo dell'indennità Aspi è destinato a cambiare a breve. Chi perde il lavoro a partire dal 1° maggio 2015 fruirà infatti della Naspi, il nuovo sussidio di disoccupazione coniato nel Jobs Act. Gli eventi di disoccupazione intervenuti sino al 30 Aprile 2015 saranno invece coperti dall'attuale Aspi. Vediamo dunque come cambia l'assegno per chi accederà all'ammortizzatore dal prossimo maggio.
Aspi. L’indennità mensile Aspi spettante a un lavoratore è determinata nel seguente modo. Prima di tutto è calcolata la «retribuzione media mensile» del lavoratore, quale risultato della seguente operazione: retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi due anni (retribuzione imponibile esposta in UniEmens), divisa per il totale delle settimane di contribuzione e moltiplicata per il coefficiente 4,33.
A questo punto, per gli eventi di disoccupazione del 2015, l’indennità Aspi mensile è pari: a) al 75% della «retribuzione media mensile» nei casi in cui questa risulti pari o inferiore a 1.195,37; b) al 75% della «retribuzione media mensile» più il 25% della differenza tra la «retribuzione media mensile» e il predetto limite (1.195,37euro) nei casi in cui la «retribuzione media mensile» risulti di importo superiore a 1.195,37 euro.
In ogni caso l’importo della prestazione non può superare un limite massimo fissato ogni anno per legge (articolo unico, secondo comma, lett. b, legge n. 427/1980), che per l’anno 2014 è stato pari a euro 1.166,73 (euro 1.152,90 nell’anno 2013) e nel 2015 passa a 1.167,91 euro. Come visto il calcolo della indennità è disciplinato dalla legge su base mensile; l’Inps ha aggiunto che, nei casi in cui l’indennità da erogare al lavoratore riguardi un periodo di tempo inferiore, l’indennità va divisa per 30 al fine di determinare il valore giornaliero.
L’indennità Aspi così determinata viene erogata: a) in misura piena (al 100%) per i primi sei mesi di fruizione; b) in misura dell’85% (cioè con una riduzione del 15%) dopo i primi sei mesi e per altri sei mesi (fino a dodici mesi complessivi di fruizione dell’indennità); c) in misura del 70% (cioè con una riduzione del 30%) dopo il dodicesimo mese di fruizione e fino allo scadere del diritto all’indennità.
La Naspi. Diversamente da quanto accade attualmente, l'importo della Naspi sarà rapportato alla retribuzione imponibile previdenziale (quella, cioè, su cui sono stati versati i contributi) degli ultimi quattro anni. Infatti, l'importo sarà pari a tale retribuzione divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per il numero 4,33, con i seguenti limiti:
1) se la retribuzione non supera i 1.195 euro mensili (dato valido per il 2015 da rivalutare annualmente), l'indennità mensile sarà pari al 75% di tale retribuzione;
2) se supera i 1.195 euro mensili, l'indennità mensile sarà pari al 75% della retribuzione più il 25% della differenza tra retribuzione e 1.195. L'indennità mensile, in ogni caso, non potrà superare 1.300 euro mensili (importo da rivalutare nel tempo). Dal quarto mese di fruizione l'indennità è ridotta del 3% al mese.
Anche la durata cambia. L'indennità spetta per metà delle settimane lavorate nei quattro anni antecedenti la disoccupazione. Con un tetto di un anno e mezzo dal 2017. In pratica l'ammortizzatore può durare sino ad un massimo di 24 mesi sino al 2016.
Seguifb
Zedde
Bonus Bebè, via libera del Governo al beneficio per i nati dal 1° gennaio
E' stato firmato ieri il decreto di attuazione che consente di rendere operativa l'agevolazione. Ora si dovrà attendere che l'Inps recepisca il provvedimento e ne dia comunicazione con una circolare o un messaggio nei prossimi giorni.
Kamsin Disco verde al bonus bebé, il beneficio a sostegno dei nuovi nati tra il 1° gennaio 2015 e il 31 Dicembre 2017, introdotto dalla legge di stabilità 2015. Il Consiglio dei ministri di ieri ha adottato il decreto di attuazione che consente di rendere operativa l'agevolazione; il decreto del Presidente del consiglio dei ministri era atteso entro la fine di gennaio, scadenza fissata dalla stessa legge di stabilità (la 190/2014).
Quanto vale il bonus. Per favorire le nascite, con il comma 125 della legge 190 ha introdotto un bonus di 960 euro all'anno, da erogarsi su base mensile, per ogni nuovo nato o adottato tra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017. L'incentivo viene riconosciuto alle famiglie che hanno un indicatore della situazione economica equivalente (Isee) non superiore a 25mila euro, valore ottenuto utilizzando il nuovo indicatore entrato in vigore proprio all'inizio di gennaio. Non solo. Se l'Isee non supera i 7.000 euro, l'importo del bonus passa a 1.920 euro l'anno. E qui si presenta un'ulteriore difficoltà, perché proprio dal primo gennaio è entrata in vigore la nuova versione dello strumento per selezionare all'accesso alla prestazioni sociali, rivisto per contrastare gli abusi da parte degli evasori. Il debutto non è stato facile, un po' per la necessità di stipulare nuove convenzioni con i Caf (centri di assistenza fiscale) un po' per la maggiore complessità del nuovo modello, che tra l'altro attribuisce maggiore peso alla componente patrimoniale ed in particolare alle abitazioni. Chi vuole compilare l'Isee deve indicare anche le giacenze medie sul conto corrente, un dato che a quanto pare le banche non sono ancora attrezzate a fornire per questa specifica finalità.
In ogni caso il beneficio viene riconosciuto fino al terzo anno di età del figlio o al terzo anno di entrata in famiglia per quelli adottati. L'erogazione del bonus, però, non è automatica, ma avviene su richiesta all'Inps da parte degli interessati. Le modalità operative necessarie per implementare questa procedura sono contenute nel Dpcm che è stato firmato ieri.
A proposito di sostegno alla famiglia, va ricordato che il nuovo strumento si aggiunge ad altri che già esistono ma funzionano attraverso canali diversi: attualmente ci sono l'assegno al nucleo familiare per i lavoratori dipendenti (Anf), quello simile erogato da i Comuni, l'assegno di maternità per le lavoratrici non occupate, le detrazioni Irpef per i figli a carico e il bonus bebè una tantum riconosciuto da qualche Regione.
seguifb
Zedde