Pensioni, Cumulo più ampio per gli impiegati in organizzazioni internazionali

Giovedì, 21 Aprile 2022
I chiarimenti in un documento dell'Inps. Cumulo Esteso anche all’ipotesi in cui l’assicurato sia titolare di una prestazione pensionistica a carico dell’ente estero.

L’ex dipendente di un organismo internazionale in pensione non perde il diritto ad ottenere la liquidazione del «pro quota» italiano ai sensi della legge n. 115/2015. Lo rende noto l’Inps nella Circolare n. 50/2022 nella quale – a seguito del mutato orientamento del Ministero del Lavoro – rivede le indicazioni fornite in un primo tempo. Il cumulo «speciale» della contribuzione versata presso l’organismo internazionale e le forme di previdenza obbligatorie domestiche potrà essere utilizzato, infatti, anche se l’ente internazionale gli ha già liquidato la propria quota di pensione.  

La questione

Riguarda la facoltà di cumulare i periodi di contribuzione accreditati presso gli enti pubblici obbligatori italiani e quelli accreditati presso le forme autonome di previdenza delle organizzazioni internazionali derivanti da rapporti di lavoro dipendente svolti nel territorio dell’UE o della Confederazione Svizzera. Si tratta di una facoltà riconosciuta dal 1° gennaio 2016 ai sensi dell’articolo 18 della legge n. 115/2015 per valorizzare i periodi di lavoro svolti presso un’organizzazione internazionale con sede in un altro Stato della UE.

L’istituto è stato introdotto dal legislatore italiano per sanare una procedura di infrazione comunitaria sorta da una controversia tra un impiegato dell’Ufficio europeo dei brevetti (UEB) di Monaco di Baviera e l’INPS in merito al rifiuto dell’INPS di trasferire al regime previdenziale dell’UEB i periodi contributivi relativi al lavoro svolto in Italia.

L’Inps ha diffuso istruzioni con la Circolare n. 71/2017.

Quando si usa

Il cumulo si utilizza per maturare il diritto alla pensione di vecchiaia (è esclusa la pensione di anzianita’), di invalidità o ai superstiti nella legislazione italiana ove l’assicurato non abbia maturato un diritto autonomo a pensione con la sola contribuzione domestica. Viene, quindi, in soccorso nelle ipotesi in cui la contribuzione italiana sia insufficiente alla maturazione di un diritto a pensione in Italia.

Ad esempio un lavoratore con 67 anni e 15 anni di contribuzione nel FPDL ed altri 10 anni di lavoro presso un organizzazione internazionale compresa nel perimetro di applicazione della misura può integrare il requisito contributivo di 20 anni necessario per la liquidazione della pensione di vecchiaia a carico del FPLD. Il cumulo vale solo ai fini del diritto, per cui il «pro quota» domestico sarà calcolato esclusivamente sulla base dei 15 anni di versamenti in Italia. Prima della legge n. 115/2015 l’interessato avrebbe dovuto presentare una domanda di riscatto ai sensi dell’articolo 51, co. 2 della legge n. 153/1969 pagando il relativo onere economico pena la sostanziale perdita della contribuzione versata in Italia.

Via residuale

Siccome il cumulo ha l’obiettivo di far maturare un diritto a pensione in una delle forme pensionistiche obbligatorie italiane non si può utilizzare:

  • se l’assicurato è titolare di pensione (diretta) in Italia;
  • se l’assicurato ha raggiunto i requisiti per un diritto autonomo a pensione secondo la legislazione italiana. A tale fine bisogna considerare anche la possibilità che il diritto sia maturato in regime di cumulo dei periodi assicurativi «domestici» di cui alla legge n. 228/2012 e al dlgs n. 184/1997 e di totalizzazione nazionale di cui al dlgs n. 42/2006.

Nella Circolare n. 71/2017 l’Inps però aveva negato il cumulo agli assicurati titolari di una pensione a carico dell’ordinamento dell’organismo internazionale. Tale condizione, spiega l’Inps, a seguito del mutato orientamento del Ministero del Lavoro, si intende superata in quanto pregiudicherebbe gli interessi dei pensionati interessati. In tal senso la titolarità di un trattamento pensionistico a carico di una delle organizzazioni internazionali non preclude più la facoltà del diritto al cumulo. Nell'esempio di cui sopra, pertanto, la liquidazione del «pro quota» italiano potrà avvenire ancorché l'organismo internazionale abbia liquidato la propria quota di pensione sulla base dei 10 anni di versamenti ivi accreditati, circostanza sino ad ora esclusa.

Documenti: Circolare Inps 50/2022

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