Pensioni d'oro, Tre strade per i tagli in legge di bilancio

Bernardo Diaz Lunedì, 22 Ottobre 2018
La proposta di legge di Lega-CinqueStelle penalizza coloro che si sono ritirati in anticipo sfruttando i requisiti di pensionamento più generosi. Ma la maggioranza potrebbe optare per il contributo di solidarietà.
La volontà del Governo di inserire il taglio alle pensioni d'oro nel disegno di legge di bilancio che a fine ottobre sarà presentato alle Camere apre ad una diversa soluzione su come incidere i trattamenti pensionistici. Allo stato attuale le proposte in campo sono tre. Vediamole.

La prima è quella nota contenuta nel disegno di legge 1071 D'Uva-Molinari incardinato alla Commissione Lavoro della Camera. Il meccanismo sostenuto dalla maggioranza gialloverde si basa su una riduzione delle quote retributive dell'assegno a seconda dell'età di pensionamento, una specie di correzione attuariale delle quote retributive dell'assegno. Come già anticipato su PensioniOggi l'intervento colpirebbe in modo più pesante coloro che si sono ritirati in anticipo, sfruttando i requisiti di pensionamento più favorevoli in passato vigenti.

La decurtazione ha il vantaggio di poter essere effettuato senza procedere alla ricostruzione della carriera lavorativa dell'assicurato ma dall'altro apre problemi di equità perchè prende in considerazione l'età di decorrenza della pensione come scriminante nell'applicazione del taglio. Tuttavia è a forte rischio incostituzionalità per la sua natura o definitiva e retroattiva, non rispettosa del criterio del pro rata. La tavola sottostante mostra le potenziali fasce di decurtazione dell'assegno secondo la proposta di Lega-M5S.

Il contributo di solidarietà

La seconda ipotesi è di reintrodurre il contributo di solidarietà graduale e progressivo sugli assegni pensionistici superiori ad una determinata cifra. Questo sentiero già imboccato dal Governo Letta con la finanziaria 2014 (articolo 1, co. 486 della legge 147/2013) è stato giudicato legittimo dalla Corte Costituzionale del 2017 che ha respinto le varie questioni di costituzionalità. E non a caso è stato applicato anche dall'Inpgi nel corso della Riforma che nel 2017 ha coinvolto anche i giornalisti. Il prelievo era così articolato: il 6% sulla quota di assegno oltre un importo lordo pari a 14 volte il trattamento minimo vigente nel fondo pensione lavoratori dipendenti (circa 500 euro al mese); il 12% oltre le 20 volte il minimo; il 18% oltre le 30 volte. Il contributo, quindi, scattava oltre i 91.000 euro lordi all’anno ed aveva natura progressiva nel senso che decurtava solo la quota di pensione eccedente la cifra predetta. Il prelievo, da notare, aveva natura temporanea (2014-2016).

Questa strada effettivamente avrebbe il pregio di aver già ricevuto la valutazione della Consulta, non richiede la ricostruzione della carriera lavorativa, ma potrebbe avere lo svantaggio di non prendere in considerazione la contribuzione effettivamente versata che potrebbe aver giustificato il raggiungimento di un assegno elevato. Sarebbero cioè incisi anche gli assegni interamente calcolati con il sistema contributivo per il solo fatto di superare la cifra indicata. In linea generale, inoltre, l'intensità dell'incisione sarebbe minore rispetto alla prima proposta.

Il ricalcolo con il sistema contributivo

C'è poi l'ipotesi del ricalcolo in chiave contributiva dell'assegno, percorsa dalla maggioranza in occasione dell'approvazione delle delibere di Camera e Senato contro i vitalizi degli ex parlamentari. Il ricalcolo avrebbe il vantaggio di commisurare il valore dell'assegno all'entità dei contributi effettivamente versati dall'assicurato, quindi tenendo conto della carriera lavorativa. Anche questa strada è però a forte rischio incostituzionalità per le stesse motivazioni della prima proposta, ed è ancora meno percorribile perchè pone una serie di problemi pratici di difficile soluzione. A partire dalla ricostruzione della carriera lavorativa del pensionato per la quale dovrebbero essere impiegate ingenti risorse umane ed economiche. Già in passato l'Inps in occasione di diverse audizioni in Parlamento aveva messo in guardia sull'impossibilità di procedere ad un ricalcolo generalizzato degli assegni pensionistici con il sistema contributivo sia per la mancanza dei dati riferiti agli anni passati, soprattutto nelle gestioni pubbliche, sia per la complessità delle operazioni da effettuare.

In definitiva la soluzione più prudente resta il prelievo di solidarietà che potrebbe essere tarato con alcuni correttivi rispetto alla versione entrata in vigore nel triennio 2014-2016 per tenere conto delle diverse sensibilità della nuova maggioranza politica. A cui ora diversi esponenti di Governo stanno guardando con maggiore interesse. Obiettivo evitare che la proposta di riveli un buco nell'acqua e che venga cancellata con un colpo di spugna dalla Consulta.

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